Sarebbe
stato del tutto inutile. Rudy, appena fuori, aveva cominciato a
distruggere ogni singolo atomo di materia che capitava a tiro
dell'incredibile “raggio” che emetteva dal corno posto al centro
della sua enorme testa. Riuscimmo a venire fuori dal laboratorio
solo dopo alcuni minuti dalla “fuga”, ma la città che
avevamo riportato alla luce e ogni parte visibile del deserto del
Sahara lì intorno era completamente distrutta. Dove non era
vetrificata la sabbia, c'erano mura ridotte in polvere oppure altre
cose che bruciavano con fiamme di un'intensità che rivaleggiava con
quella del sole del deserto. I draghi erano ritornati sulla Terra.
Eravamo lì, a guardare quel demone infernale. Rudy interruppe
la sua azione devastatrice, si fermò a mezz'aria per un tempo che
sembrò infinito, guardando nella nostra direzione ed infine
planò su una duna cristallizzata.
“IO
SONO LUCIFERO, NUOVAMENTE SIGNORE E PADRONE DI QUESTO MONDO, ADE”
“Mai.
Ti combatterò fino alla fine della tua vita.”, fu' la risposta di
Paolo. Le parole di Rudy erano esplose nella nostra testa ed io ero
frastornata ma Paolo non sembrava averne risentito affatto.
“SEI
SOLO UN PICCOLO UOMO. IL TUO DESTINO È ADORARMI O MORIRE...
COSA PUOI FARE?”
Era
senz'altro una domanda retorica, ma Paolo è un uomo concreto e
pignolo e ad una domanda cerca sempre di rispondere in maniera
quanto più precisa possibile: “cercherò Dio...”. Fissava Rudy
dritto in quegli occhi sfavillanti. Rudy sembrò impazzire.
Spiccò il volo di nuovo ed emise ancora una volta quell'incredibile
ruggito. Mi misi le mani sulle orecchie che sembrarono quasi
scoppiare. Rudy ci bersagliò con il suo raggio, ma Paolo si era
tirato dietro lo scudo di kerbanio. “Stai qui dietro”, mi disse
tirandomi per un braccio. Lo scudo stava cambiando colore ma
resisteva. Ero avvolta da una luce di una intensità incredibile e
l'energia deflessa dallo scudo fluiva quasi liquida dai bordi.
Sembrava qualcosa di ultraterreno ma sapevo che una spiegazione
scientifica doveva pur esistere, ma Paolo era sparito. Mi girai
giusto in tempo per vedere che stava tornando con il cannone
neutronico. Si affiancò a me con il cannone, ben al riparo
dello scudo dello stesso: “Vediamo se questo gli piace”. Armeggiò
nella scatola dei circuiti elettrici: mi resi conto che escludeva il
pannello di sicurezza che impediva sovraccarichi e picchi energetici.
Richiuse il coperchio. Si girò verso di me, mi guardò e senza dire
una sola parola mi baciò. Puntò il cannone verso Rudy, con i
comandi al massimo e premette il pulsante che faceva attivare
l'emissione di neutroni. Non successe niente ma si cominciò subito a
sentire un ronzio in crescita. Con la modifica che aveva fatto
stava ottenendo di accumulare la carica di neutroni senza emetterla.
Avevo capito cosa voleva fare, ma se avesse sbagliato i tempi,
tanto valeva farsi incenerire dal raggio di Rudy. “Non ancora...
non ancora... aspetta... fermo...” stava guardando il livello di
carica che saliva verso la zona rossa, la raggiungeva e la superava.
Alzò gli occhi verso Rudy, collimò il cannone, attese ancora circa
un miliardo di millenni e poi pigiò il pulsante di rilascio della
carica. Il sibilo acutissimo che aveva accompagnato gli ultimi
istanti di caricamento dei neutroni venne sostituito da uno schianto
che sovrastò il tuonante rombo del raggio di Rudy. Rudy venne
colpito di sorpresa, perché la traiettoria del colpo neutronico
venne mascherato dal suo stesso raggio. Vidi l'onda d'urto espandersi
sul corpo di Rudy. Questa volta Rudy emise un suono di dolore, quasi
un guaito; cambiò addirittura colore, stemperando il suo rosso fuoco
in un verde marcio e crollò a terra. Grida di giubilo si levarono
tutto intorno a me e Paolo. Erano i sopravvissuti ed erano molti più
di quanti potessi sperare. Anche io battevo le mani felice della
vendetta ottenuta. Paolo no. Era rimasto fermo a guardare Rudy,
immobile a terra, dopo aver seguito la caduta. Però mi aveva preso
la mano. Era passato un minuto e la sua mano si strinse un po'. Rudy
si mosse, si mise sulle quattro zampe. Ci guardava ed era di nuovo
del suo colore naturale.
“INSETTI.
SIETE SOLO DEGLI INSETTI!”
Paolo
alzò un sopracciglio, sogghignò e disse, quasi a se stesso:
“certi insetti hanno un veleno parecchio fastidioso, però,
vero?”. Rudy lo fissò ancora più intensamente, si alzò in volo e
quando fù a circa 100 metri di altezza si girò verso l'alto, emise
un raggio quasi nero. L'aria tremolò e mi sembrò di vedere qualcosa
muoversi oltre quel tremolio, ma la sagoma di Rudy si frappose sulla
mia visuale e non fu più possibile vedere altro. Rudy sparì e
l'aria tornò normale.
La conta dei morti fu dolorosa, triste, avvilente. Eravamo arrivati in 5 squadre di 10 componenti ciascuna. Ora eravamo in 28. Per assurdo eravamo stati fortunati, perché l'enormità dello spazio da esplorare e da studiare ci aveva sparpagliati su una superficie molto vasta e alla fine Rudy aveva devastato solo le zone più vicine alla camera di contenimento. Dovevamo mettere un minimo di ordine. La prima cosa fu ricomporre i morti (quando si trovarono i loro corpi) e effettuare la cerimonia di sepoltura provvisoria, fino a che non venisse disposta la riconsegna ai familiari. Durante tutte le operazioni di recupero e ricomposizione, ci furono molte scene di dolore. Amicizie erano state distrutte, ma anche coppie sia di fidanzati che sposate non esistevamo più: uno o entrambi i componenti erano morti. L'unica fortuna, se di una fortuna si può parlare, fu che non vennero lasciati orfani. Ventiquattro ore dopo la fuga di Rudy eravamo sullo spiazzo antistante l'entrata principale del complesso di ricerca degli Atlantidei e chi aveva voluto aveva potuto dire qualche parola per i defunti. Ora era calato un silenzio di attesa: tutti guardavano Paolo, il capo spedizione, il fratello maggiore di tutti e amico, che fino a quel momento non aveva fatto e detto niente. Uno strano sorriso fiorì sulle sue labbra. Mi strinse una mano e si alzò.
“Con
molti di voi...”, il suo sguardo si posò anche sulle sacche nere,
a comprendere gli amici non più presenti, “...ho iniziato quella
che tutti avevamo definito una meravigliosa avventura. Scoprire che
la razza umana era così antica e che aveva potuto raggiungere tali
vette scientifiche e sociali è stata ed è la più grande scoperta
della storia umana. Anche aver perso quella incredibile civiltà
che furono gli Atlantidei, per poi ritrovarli, ci aveva fatto
sperare che un giorno anche noi avremmo potuto ottenere quella pace e
quella prosperità di cui già loro avevano potuto godere.” Si
guardò intorno, incrociando gli sguardi di tutti i presenti. Vidi i
suoi occhi diventare durissimi: “ma ora sappiamo che qualcuno ha
voluto distruggere loro e tutto quello che avevano creato. Questo ha
significato devastare il pianeta come neanche era successo nelle
estinzioni globali avvenute nei 3 miliardi di anni da che la prima
cellula si è evoluta sulla Terra. E' stato genocidio. Premeditato,
organizzato ed attuato con la più assoluta pervicacia. La razza
umana è regredita così tanto da ritornare a condizioni pre-umane,
anche fisicamente. Abbiamo dovuto ripercorrere oltre un milione di
anni di evoluzione. Ma ormai eravamo cambiati. Sono stati anni di
sangue e di lotte senza fine. Abbiamo rischiato di infliggerci noi
stessi l'estinzione. Loro, gli Atlantidei erano nobili e gentili; noi
siamo cani rabbiosi, ci azzanniamo per un osso. Siamo forse il più
grande successo immaginabile per Rudy e per il suo popolo, se esiste.
Il male ha trionfato.” Si girò e andò via. Per chiunque non
conoscesse a fondo Paolo sembrava un discorso disfattista e
rinunciatario, ma io sapevo di no; speravo di no.
Stavo
così male. Mi mancava terribilmente Simona, la sua dolce presenza,
la sua vivida intelligenza... in lei avevo visto una possibile
figlia, ma Chris era viva e tanto mi doveva bastare. Durante il
resto della mattina sentii le persone affaccendarsi intorno a me, ma
fui sordo e cieco. Poi, mi sono addormentato. Una mano mi scosse e
poi mi toccò il viso. Quando aprii gli occhi il sorriso di Chris mi
accolse. “Come stai? Ti ho portato qualcosa da mangiare”. Mi
stirai. “Grazie amore, sto molto meglio.” Infilai la forchetta
nei miei spaghetti preferiti, una norcina con salsicce e tartufo
della mia regione. In genere chi non è abituato dice che i prodotti
di derivazione suina umbri sono troppo saporiti e conditi, ma per chi
è nato e/o cresciuto in Umbria i prodotti suini di altre regioni,
per non parlare di altre nazioni, non hanno un sapore degno del
palato umano. Mangiai di gusto anche la braciola di maiale e le
patate arrosto che seguirono gli spaghetti. Chris mi fece compagnia
in silenzio, seguitando a guardarmi con un sorriso contento. Stavo
covando qualcosa e pur non sapendo di preciso cosa, Chris lo aveva
capito. Raggiunta la pace assoluta, con il mio 'sacro' caffè in
mano, era ora che sfornassi l'uovo. Era un nostro gioco per quando
avevamo delle “illuminazioni” e cioè delle intuizioni che
risolvevano dei problemi in genere ostici. “Due tuorli, giusto
Paolo?”. “Tre”, risposi. “Wow!”, fu l'espressione di Chris
a occhi spalancati.
Ma
dovetti rimandare la frittata, perché Antonio, che era ferito ma
vivo, ci interruppe. “Paolo, sono riuscito a contattare il Q.G.”
(Quartier Generale), “a New York. Ci sono brutte notizie.” Mi
passò il telefono satellitare e la voce del delegato ONU alle
ricerche archeologiche, Micheal Ross, mi accolse. “Ciao Paolo.
Antonio mi ha spiegato cosa avete passato. Pensavamo che foste tutti
morti, perché il trasporto mensile per i rifornimenti ha visto la
scena del drago che distruggeva tutto. Ma devi sapere che qui è
andata pure peggio... Molto, molto peggio. Non esiste più una
singola capitale regionale...” le ex capitali nazionali “...e
anche molte città minori sono state distrutte dal drago sfuggito dal
vostro laboratorio...”. Ero devastato, era passato poco più
di un giorno da quando era andato via: “Mike, sei sicuro che fosse
lui?”. La risposta fu definitiva: “si, le foto che ci avete
inviato ci hanno dato un termine di confronto e poi si è sempre
presentato. Ascolta, questo è il file audio di ciò che ha
udito un sergente dell'esercito e che ha potuto ritrasmettere 2 ore
fa da S. Paolo, Brasile: -IO SONO LUCIFERO. VOI SIETE MIEI
SCHIAVI. ADORATEMI E VI SALVERETE. ALTRIMENTI LA TERRA FARÀ LA FINE
DELLA VOSTRA LUNA. DOMANI, ALLE ORE 18 DI GREENWICH VI MOSTRERÒ IL
MIO POTERE!-. Poi S. Paolo è stata incenerita. Insieme al
sergente che ha registrato il messaggio. Per ora ha smesso, ma la
stima dei morti supera i 2 miliardi.” Lo disse con una voce
orribile, perché quella cifra era circa il 50% della razza umana; ma
se volevamo salvare chi rimaneva dovevo sapere una cosa: “come si
spostava Rudy?”. Sentii Mike chiedere informazioni. “Pare che
appaia dal nulla dopo che una piccola tempesta ha smosso l'aria nel
punto dove poi apparirà.” L'ultimo tassello del puzzle era andato
al posto e mi era tutto chiaro.
Paolo
è sempre stato geniale, ma il suo genio segue percorsi diversi
da quelli canonici. In genere un genio studia una vita seguendo la
strada tracciata da chi lo ha preceduto, così da avere le basi
su cui operare, poi ad un certo punto la sua mente compie un balzo
logico e con esso la conoscenza umana stessa. Paolo di salti
logici sembra compierne dieci tutti insieme. Qualcuno gli parla di un
argomento, magari spiegandogli alcune basi, ad esempio una legge
fisica fondamentale che illustra le interazioni della materia
con l'universo e lui, pur senza conoscenze specifiche risolve
l'enigma, con grande stupore generale. Quello che ha fatto a
Rudy fuori dalla base è stato frutto di questo tipo di balzi
intuitivi; il tecnico che ci aveva consegnato il cannone stava
spiegando il suo funzionamento a Simona e Paolo era presente.
Tanto era bastato per far intuire che se esisteva un meccanismo per
evitare i sovraccarichi, aggirare quel meccanismo poteva rendere
uno strumento l'arma più potente mai concepita fino a quel momento
dall'uomo. Così era stato in grado di salvarci e prendere tempo
per trovare la maniera di salvare ciò che restava della civiltà
e della razza umana.
A
quanto pareva Rudy ci aveva minacciato l'Apocalisse, se non
avessimo riconosciuto in lui il nostro unico dio. Era ora di fare la
frittata. L'appuntamento era per il giorno seguente ore 18 del
meridiano di base a Greenwich, che insieme a Londra, nella quale
era situato, non esisteva più fisicamente, ma solo come
posizione geografica. Mike Ross ci aggiornò alla mattina successiva
e ci salutò; faceva parte del Consiglio Straordinario ONU, vale a
dire ciò che rimaneva dopo la distruzione della sede principale
a New York. Presi da parte Paolo: “come pensi di fare a risolvere
il problema con Rudy?” Paolo mi sorrise: “Rudy è l'unico della
sua specie presente sulla Terra, infatti finché è rimasto confinato
nella gabbia il mondo è stato al sicuro e Mike mi ha confermato che
è stato solo lui a devastare la Terra. Inoltre se ho potuto
abbatterlo è stato perché era indebolito dal lungo confinamento
e dallo sforzo che ha dovuto sostenere per liberarsi. Questo ci dice
che non è invincibile; inoltre esiste qualcosa o qualcuno che lui
teme, Dio, che so cosa può essere e che lui ha potuto leggere nella
mia mente. Un drago bianco, che forse appartiene ad una specie simile
alla sua, ma che gli è nemico.” Lo guardavo attenta, ma non capivo
come avesse potuto immaginare l'esistenza di un drago bianco. Ma ebbi
un'intuizione anche io: “lo hai visto nella sua mente quando ci
parlava!”. Sorrise contento: “l'ho sempre detto che sei
intelligente! Ma dovresti averlo visto anche tu, come tutti gli
altri.” Mossi la testa nell'universale gesto di 'no'. “Allora
abbiamo appena scoperto che sono in grado di leggere la mente
dei draghi, anche se solo quando comunicano con noi.” Ero
esterrefatta: “questa cosa ci può essere molto utile. Ma c'è una
cosa che non capisco. Perché Rudy ci vuole come suoi schiavi?”
Paolo fece spallucce: “credo che siano una specie altamente
sociale, ma stratificata, dove, come in molte comunità di mammiferi,
un maschio domina le femmine e tutti gli altri maschi più giovani o
deboli, che se vogliono un loro harem devono andarsene e creare un
proprio dominio altrove. Rudy è un disadattato, complessato e
frustrato, con ambizioni molto più grandi delle sue qualità di
maschio e quindi il suo istinto al dominio si sfoga con chi può
dominare molto più facilmente: noi. Un ragazzino immaturo e represso
condiziona l'umanità e devasta la Terra da oltre un milione di
anni.”
Ormai
si era stabilito un dialogo in cui io facevo le domande e Paolo mi
dava le sue risposte. “Ma come possiamo contattare Nostro
Signore, il drago bianco; senza contare che se è vero che Rudy
era indebolito in 24 ore ci ha battuti senza problemi e poi può
scappare con il raggio nero, che vai a sapere cosa può essere.” Se
ora mi avesse dato delle spiegazioni 'ragionevoli', anche se tutte da
dimostrare, ero pronta a scolpire a mani nude la sua statua. “Il
raggio nero potrebbe essere benissimo un raggio concentrato di
gravitoni che, adeguatamente modulato, crea un passaggio, un
wormhole, per dove meglio crede, visto che nel distruggere le
capitali regionali ha seguito un percorso intorno al mondo ideale.
Quando gli ho detto che avrei potuto cercare Dio, Rudy si è
infuriato per due motivi: avevo capito con chi avevo a che fare e
stavo per comunicare con il drago bianco, che mi ha pure
percepito. Infatti Rudy ha interrotto subito la comunicazione
telepatica con me. In quanto al combattere e distruggere Rudy,
ci sono due modi: per mano del drago bianco, oppure
ritorcendogli contro la sua stessa arma. Basterà creare un
semi-guscio esattamente uguale alla gabbia di contenimento che
ha tenuto bloccato Rudy per un milione di anni e dotarlo di un
amplificatore di segnale. Rudy ci sputa addosso e noi gli spariamo un
razzo in bocca cento volte più potente. Per contattare il drago
bianco dovrei essere vicino a Rudy. Dovremmo capire dove intende
apparire domani per mostrarci il suo potere sulla Luna.” Credo di
avere fatto una faccia un pelino schifata quando mi alzai e mi
diressi verso la porta che dava sull'esterno. Presi di sorpresa
Paolo, che senza dire una parola mi seguì. Quando vide che
cominciavo a scalpellare un grosso masso volle sapere: “cosa stai
facendo Chris?” Dalla sua voce capii che era leggermente
preoccupato per la mia salute mentale. “Ti faccio la statua”,
spiegai. Paolo scoppiò a ridere e, nonostante i miei tentativi per
resistere, io con lui.
Come
capire la posizione da cui Rudy avrebbe forse attaccato la Luna
fu una intuizione di Antonio. Quella sera a cena lo vedemmo entrare
con un modello del sistema solare a cui erano stati tolti tutti i
pianeti tranne Terra e Luna. Appoggiò il modello al centro del
tavolo e si decise alla fine a parlare: “so dove lo farà”; ci
guardò tutti con uno sguardo circolare e soddisfatto; fui costretto
a tirarlo a terra: “ho sempre apprezzato la tua capacità di
sintesi, ma è stata una giornata pesante e non credo di aver capito
di che cosa stai parlando...”, feci una faccina di scuse. Mi guardò
stupito della mia incapacità a capire una cosa per lui ovvia:
“Rudy...” e smise ancora di parlare; sorrisi paziente e feci quel
movimento circolare con la mano a dire 'prosegui'; proseguì:
“domani, l'attacco alla Luna, no?”; sospirai, socchiudendo
gli occhi (Antonio era una battaglia persa in quanto a loquacità) e
chiesi: “dove, Antonio?” ed ero pronto a dargli una forchettata
alla mano che teneva sul modellino se solo avesse detto ancora
'no?', ma fu sufficientemente saggio e fece l'incommensurabile sforzo
di dire qual benedetto nome senza aggiunte: “New York!”.
Antonio è un altro di quei geni precoci che ci aiutavano
tantissimo nel nostro lavoro ma era anche estremamente timido e
chiuso, ma gli volevamo bene tutti, anche se a volte ci sfiniva nel
tentativo di estorcergli le informazioni che ci forniva goccia a
goccia. Tentai ancora una volta di insegnargli come esprimersi: “so
da dove Rudy attaccherà la Luna... New York! Semplice, diretto,
breve”, lo guardai ma venni ricambiato da uno sguardo vuoto e
disinteressato. Stava già ragionando su altri problemi tanto
che prese e andò via. Chris stava ridacchiando e così gli altri che
erano a cena con noi lì intorno; alzai le braccia al cielo,
sconfortato. “perché proprio sopra New York?” fu la domanda
che venne espressa da un ragazzo del team logistico; lo guardai e mi
ricordai il suo nome: William. Un ragazzone di 25 anni cresciuto a
pesi e bistecche ma che aveva dimostrato di saper ragionare
anche meglio di certi saccentelli laureati e infatti pur
nell'ovvietà della domanda era stato il primo a porla. Ma
ricordai anche che era stato uno di quelli che, come altri, lì al
campo aveva subito una perdita: la sua fidanzata da sempre, Violet.
Gli sorrisi e dissi: “due parole: capitale e sole. Mi spiego meglio
anche se avrete senz'altro capito tutto” ammiccai, riferendomi ai
microsillabi di Antonio, e ricevendo uno schiafetto da Chris: “la
capitale mondiale New York, che infatti è stata lasciata intatta,
per l'effetto psicologico e perché alle 18 di Greenwich il sole
sarà quasi allineato alla luna e quasi sulla perpendicolare di
New York e a Rudy serve energia per le sue 'armi'”. Ovvio, no?
La
Luna. Gran bel posto, se si desiderava calma e tranquillità; sono
ormai più di 50 anni che la luna è una stabile destinazione
turistica, oltre che seguitare ad essere la base avanzata di tutti
gli studi sullo, nello, per lo spazio, ospitando fin dal 2035 Base
Luna; qualcuno aveva suggerito di darle il nome Base Alpha, ma
l'evidente riferimento alla serie televisiva di fantascienza degli
anni '70 era troppo diretto e avendo già avuto la disavventura di
uno shuttle di nome Enterprise si era ritenuto di adottare un nome
più neutro. La disavventura dello shuttle era consistita nell'uso di
emergenza che ne era stato fatto dopo il ritiro dei rimanenti tre
superstiti della flotta NASA: l'Enterprise era stato lo shuttle
prototipo e dopo la cerimonia di inaugurazione (con alcuni degli
attori della serie di telefilm) era stato messo a riposo e
dimenticato, esposto al Jeffersonian di Washington, tra le altre
numerose macchine volanti di tutte le epoche. Durante l'estate del
2018 nella stazione orbitante ISS (anche questa inizialmente chiamata
Alpha), si era sviluppato un incendio devastante, che nessun sistema
di sicurezza era stato in grado di prevenire, rilevare e domare (si
era sviluppato in una sezione senza aria per dei problemi elettrici
causati dai danni dell'impatto di un micro-meteorite e che poi
avevano incendiato dei materiali che, a quanto pare, bruciavano
benissimo anche senza l'ossigeno presente nell'aria e dato che i
sensori di fumo e calore erano presenti solo all'interno delle zone
pressurizzate, nessuno aveva notato il problema se non quando era
ormai di dimensioni ingestibili). Il modulo di recupero di emergenza,
cosa nota, era di dimensioni insufficienti a contenere tutto
l'equipaggio presente sulla stazione in quel momento, in via del
tutto straordinaria. Ma basta una singola volta che tutto vada a
mettersi di traverso (Legge di Murphy) e la catastrofe diventa
praticamente inevitabile. La NASA mise in moto tutti i suoi esperti
di missione per vedere di escogitare una soluzione, pressoché
miracolosa, nel giro di 12 ore (il tempo durante il quale il fuoco si
sarebbe diffuso al resto della struttura, mettendo in trappola
l'intero equipaggio); non c'erano vettori pronti e al minimo ci
sarebbero voluti 2 settimane (!) per allestirne uno e dotarlo di un
modulo di recupero di misura sufficiente ad ospitare anche le persone
rimanenti dopo l'evacuazione con il modulo presente sulla ISS; anche
il lanciatore Russo Soyuz era indisponibile; il prototipo della
navetta ESA-Cina era ancora solo uno scheletro. La soluzione venne
fuori da un nuovo assunto NASA, fan del mondo Star Trek, che si
ricordò dell'esistenza del prototipo Enterprise; nel giro di 20 ore
era sulla rampa di lancio (nel frattempo la ISS era stata evacuata,
approfittando delle tute per le EVA (Extra Veicular Activity), che
davano fino a 10 ore di aria; quando l'Enterprise abbordò i
superstiti era rimasta loro aria per circa 12 minuti; i problemi di
verificarono al rientro, infatti lo shuttle andò incontro a tutti i
problemi che erano poi stati risolti sui suoi fratelli nel corso
degli anni: molte delle piastrelle ceramiche che componevano lo scudo
termico per il rientro si staccarono e l'innalzamento della
temperatura nelle sezioni scoperte provocò molti danni ai sistemi
di controllo, tra cui quelli di manovra, rendendo impossibile
governare il volo planato; una delle ali era stata danneggiata al
decollo a causa del distacco di un pezzo di schiuma isolante del
serbatoio del propellente e seppure in maniera minore rispetto al
danno che aveva provocato il disastro che aveva distrutto un altro
shuttle, rischiava di rendere il rientro movimentato. Appena lo
shuttle toccò l'atmosfera cominciò a mettersi di traverso per le
turbolenze generate sull'ala danneggiata e il blocco dei sistemi di
controllo del timone impedì di correggere l'assetto; lo shuttle
venne giù vorticando su se stesso e andò a schiantarsi in mare; si
ipotizzò che forse erano già tutti morti prima del contatto con
l'acqua, per la centrifuga subita, che si era calcolata essere
intorno ai 20 G di accelerazione: letale al 99%.
Questo
incidente insegnò molte cose; prima di tutto che le situazioni
straordinarie dovevano essere assolutamente vietate: se la
navetta di emergenza conteneva 4 persone, doveva essere vietata la
presenza di più di quattro persone in orbita; sulla defunta ISS ne
erano presenti 12 e se mai fosse stata allestita una nuova stazione
orbitante dovevano essere previsti attacchi multipli per navette
multiple, da rendere disponibili in quantità adeguate a secondo
delle esigenze del momento. Seconda cosa: i costi di sviluppo di
nuove tecnologie di trasporto da e per lo spazio erano enormi
quindi andavano ammortizzati in tempi molto più lunghi e i programmi
di sviluppo dovevano tenere conto di migliorie e aggiornamenti
progressivi e non di progetti completamente nuovi ogni volta; in
parole semplici significava pensare a vettori che durassero
almeno 50 anni e progettati per essere adatti ai compiti prevedibili
anche fra 50 anni ed eventualmente facili da aggiornare in caso
che le previsioni non fossero state giuste; invece di progettare e
sviluppare, ad esempio, dei rover per l'esplorazione sul suolo
marziano ex-novo, con costi di miliardi di dollari, poteva essere
sufficiente prendere un grosso SUV (si, avete capito bene, gli
inutili ed ingombranti macchinoni per falliti di successo) spogliarlo
della carrozzeria, dotarlo di sospensioni e ruote adatte (per il
trasporto sulla terra ne esistono di ogni sorta e genere e sarebbe
sicuramente possibile sceglierne un tipo, o più di uno, adeguato),
di un sistema di propulsione elettrico (pannelli solari, fuell cell a
idrogeno, nucleari o persino a pedali: telefonate ad una qualsiasi
casa di produzione automobilistica e la soluzione, quasi
sicuramente, già esiste e saranno ben lieti di fornirvela quasi
gratis a patto di rendere nota la sua determinante partecipazione) ed
il gioco è fatto; difficilmente si supereranno i dieci milioni
di dollari e ve ne do' un esempio: per costi intorno a qualche
centinaio di migliaia di dollari e fino a circa un milione un privato
cittadino si può costruire, partendo da un pickup o da un suv
qualsiasi, un Big Wheel, vale a dire quelle macchine con enormi ruote
da trattore sterzanti e motrici, sospensioni allungate e
rinforzate; il lavoro può essere fatto o da una ditta specializzata
o dal futuro, orgoglioso, proprietario del mezzo che sappia fare
saldature adeguate per mettere insieme i materiali comprati in una
ferramenta o da una azienda che tratta materiali metallici; il
problema che si pone per un mezzo NASA, è che questo agisce in
ambito di mancanza di gravità e atmosfera, quindi sottoposto ad
escursioni termiche enormi, ma se è vero come è vero che di
materiali sofisticati l'industria ne ha ideati parecchi, non vi è
dubbio che un blend adatto sarà già pronto da mettere in opera;
stesso discorso vale per un eventuale shuttle: pur dovendo progettare
un qualcosa di molto più complesso di un rover, una volta creato un
progetto che incorpori tutte le migliori tecnologie del momento,
per ogni singolo settore (materiali e strutture, sistemi di
propulsione, elettronica di bordo) un progetto può venire
costantemente aggiornato con i miglioramenti tecnologici che via via
verranno resi disponibili; gli shuttle NASA, salvo correre ai ripari
dopo le catastrofi o difronte ad evidenti difetti progettuali, sono
rimasti quasi immutati per 25 anni; non hanno mai sostituito la
schermatura a piastrelle con un materiale diverso (il meglio del
meglio all'epoca del progetto iniziale, ma comunque sempre critici,
per la loro stessa natura modulare, che se da un lato consentiva
una semplificata sostituzione [se si stacca una mattonella, rimetto
una mattonella, invece di sostituire tutto lo scudo danneggiato],
rendeva la struttura debole durante l'uso), né pensato di installare
un sistema di propulsione per il rientro, che rallentando la velocità
di impatto e dando capacità di controllo potesse rendere la manovra
nettamente meno critica; era sufficiente mettere a disposizione in
orbita dei piccoli serbatoi di propellente (a misura della stiva di
carico dello shuttle stesso) che subito prima del rientro sarebbero
stati installati e usati ripetutamente; un altro grosso problema era
la natura prototipale e quindi i piccoli numeri di produzione (5 in
tutto) che non consentivano di effettuare correzioni e migliorie alla
struttura ne di adattarla ad usi diversi. La soluzione a tutti questi
problemi e ad altri fu data da una gara di appalto che il Commissario
della nuova struttura per le attività spaziali americana (USSA,
United States Space Agency, poi UNSA United Nations Space Agency,
quando ESA, agenzia spaziale russa, cinese e giapponese si unirono al
progetto) indisse nel 2019; le specifiche di base erano: struttura
modulare, con cabina di pilotaggio fissa e quattro tipi di strutture
intercambiabili (trasporto persone, materiali, mista delle prima due,
fino alla Luna e una quarta per voli entro il sistema solare, con
schermatura elettromagnetica contro le radiazioni e modulo di
simulazione gravitazionale, per intenderci la ruota per criceti, già
vista in molti film di fantascienza, propulsione sia chimica che
elettromagnetica, se possibile, altrimenti prevedendo la possibilità
di un uso futuro). Le due parti più costose, il modulo di comando e
abitativo, più la propulsione, vengono agganciati a uno qualsiasi
delle quattro strutture a seconda delle necessità, con sistemi di
aggancio di tale resistenza da rendere la struttura più solida che
se fosse stata costruita in un solo blocco (come era il vecchio
shuttle), grazie a materiali avanzatissimi attraversati da correnti
elettromagnetiche scaturite da un generatore nucleare dalla resa
incredibile grazie all'effetto di superconduttività che si origina a
temperature molto vicine allo zero assoluto (-273,15 c°), che
permette alle correnti elettriche e quindi anche a quelle magnetiche
di fluire senza dispersioni e resistenza (quindi senza sprechi)1;
il sistema di propulsione era misto chimico-elettromagnetico, dove il
primo veniva usato per decolli e rientri, mentre il secondo
permetteva di schermare dalle radiazioni (ma era allo studio un
potenziamento che avrebbe permesso anche una certa protezione da
corpi solidi, come micro-meteoriti, sempre agendo sull'opposizione di
carica elettromagnetica)2
oltre che spingere l'astronave all'interno di un campo
elettromagnetico come quello presente all'interno del sistema solare
grazie al vento solare; la grande innovazione del sistema
elettromagnetico risiedeva nella possibilità di variare la carica
del campo di protezione e del flusso propulsivo così da potersi
adattare a qualunque situazione contingente, addirittura il campo di
protezione poteva essere generato nei due stati (sia negativo che
positivo) per poter essere sempre pronto indipendentemente dalla
carica delle particelle o dei corpi che l'astronave incontrava nel
suo cammino; con il generatore nucleare (in realtà ne vengono
installati due; uno per lo scudo e uno per la propulsione)
l'approvvigionamento energetico era garantito per almeno un anno di
uso continuo, grazie al fatto che il sistema di generazione era a
neutroni veloci, che rigenerano parzialmente anche le scorie di
reazione, rendendole nuovamente utilizzabili come combustibile;
rimaneva il problema della propulsione chimica per decolli e
atterraggi, sostituibile (teoricamente) solo manipolando il campo
gravitazionale e vale a dire creando un campo gravitazionale
modulabile opposto a quello terrestre (o di qualsiasi altro pianeta
in cui ci si trovasse ad operare); il problema principale era che i
gravitoni, vale a dire le particelle che veicolano la gravità (come
se fossero dei legacci che collegano tutte i corpi e le particelle
dotate di massa: più massa, più circolazione di gravitoni, più
forza di legame) non sono dotati di carica elettrica o di una
qualsiasi polarità e quindi non esiste una anti-gravità in senso
stretto ma solo la possibilità (sempre teorica) di schermare la
gravità (interrompendo il flusso di gravitoni che collega due
porzioni di materia) e poi agire sulla massa senza peso per muoverla
più agevolmente. All'atto della costruzione dei primi 5 esemplari,
2025, il problema rimase in sospeso; la soluzione, la scoperta del
quale principio portò all'assegnazione del nobel per la fisica 2044,
arrivò nel 2039 grazie ad un giovanissimo genio, il 16enne Chandra
Crishsnamurti, che riuscì a dimostrare che era possibile creare
degli accumuli di gravitoni anche senza la presenza di massa solida:
era stata scoperta la massa virtuale. Si era scoperto, con dei
rilevatori di onde gravitazionali estremamente sensibili, che le
reazioni nucleari oltre che generare energia, generavano flussi di
gravitoni, grazie al fatto che la massa che veniva trasformata in
energia non “intrappolava” più i gravitoni, che quindi vagavano
liberi fino a che non venivano incorporati da altre porzioni di massa
solida; capito questo si trattava “solo” di sapere come
manipolare queste masse virtuali; ancora una volta la soluzione venne
fuori in maniera del tutto casuale; la ricerca tecnologica era andata
avanti parallelamente a quella scientifica e questa aveva permesso la
scoperta di molte nuove interessanti caratteristiche dell'Universo;
quegli stessi rilevatori di gravità che avevano permesso
l'individuazione della materia virtuale, avevano anche permesso di
capire come poterla maneggiare: se masse gravitazionali molto grandi
(galassie o grossi agglomerati di materia) potevano curvare la luce
quasi come grandi telescopi, magari era possibile (a scale più
ridotte) che la luce potesse anche circoscrivere zone in cui sarebbe
potuto essere possibile confinare gravitoni liberi; i primi
esperimenti in questo senso furono incoraggianti: fasci laser a
frequenze elevatissime (fino alla banda gamma) venivano fatti
circolare all'interno di sfere concave, al cui interno degli specchi
di purezza estrema permettevano la circolazione della luce in maniera
che si formasse praticamente una sfera di luce di intensità
spaventosa; nel giro di pochi istanti il gioco di riflessioni
saturava la sfera (che diventava completamente chiusa) e non rimaneva
nessuno spiraglio che potesse consentire il benché minimo varco; a
quel punto i gravitoni generati dalla trasformazione radioattiva di
masse di plutonio arricchito, rimanevano all'interno della sfera di
luce, accumulandosi sempre di più fino a formare una massa
gravitazionale virtuale libera da materia; il passo successivo era
quello di verificare la possibilità che quella massa potesse
sopravvivere anche lasciata libera dalla sfera luminosa; inizialmente
i gravitoni si disperdevano, ma fu chiaro che la soluzione era nel
raggiungere una massa critica tale da creare una velocità di fuga
che potesse contenere i gravitoni e creare quindi una piccola
deformazione spaziale; trovata la misura giusta, equivalente alla
massa di una piccola luna, la massa gravitazionale rimaneva stabile
ma comunque l'unica possibilità di gestirla era quella di spostarla
tramite la sfera luminosa: dove andava la sfera, andava la massa
gravitazionale. Ma non solo: se si creava un condotto (tramite fibre
ottiche dalla riflessione perfetta, onde evitare dispersioni) che
collegasse due sfere luminose, contenenti ognuna una massa virtuale,
era possibile, aprendo con intensità variabile il passaggio fra le
due sfere, manipolare l'interazione fra le due sfere (di cui una
posta all'interno dell'astronave, l'altra all'esterno), per
allontanarle o avvicinarle. L'applicazione a fini propulsivi era
quella di opporre la gravità delle masse virtuali a quella del
pianeta da cui si doveva partire, calibrando la distanza delle masse
virtuali rispetto all'astronave, per il principio che due masse si
attraggono in base ad una forza proporzionalmente inversa alla loro
distanza relativa e cioè più sono vicine, più la forza
dell'attrazione è maggiore, quindi mettere una massa virtuale molto
vicina ad una astronave poteva compensare l'attrazione
gravitazionale, per esempio, della terra e rendere il decollo
estremamente facile: una piccola spinta avrebbe consentito di
superare l'inerzia della massa e di arrivare in orbita, da dove era
poi possibile attivare i motori interplanetari. Manovrando le
posizioni relative (distanza reciproca e angolo rispetto
all'astronave) delle due sfere gravitazionali si otteneva un vettore
che dava la direzione del movimento.
Solo
grazie a questa tecnologia fu possibile evacuare la Luna, avendo così
poco preavviso; i vecchi sistemi a propulsione chimica avrebbero
richiesto settimane per l'allestimento dei razzi (o shuttle),
per il rifornimento del propellente ed in quel caso tanto sarebbe
valso mettersi comodi ed aspettare la fine; purtroppo il panico è il
fratello isterico della paura (la quale ci permette di mantenere uno
stato di allerta, utilissimo a schivare i rischi maggiori) e crea
un'agitazione anche più pericolosa del pericolo che cerca di
allontanare; dei 1962 ricercatori, impiegati, operai, militari e
turisti presenti sulla Luna al momento che venne comunicata
l'evacuazione, riuscirono a salvarsi solo in 1712: due navette
si schiantarono fra di loro uccidendone 200; gli altri subirono una
serie di incidenti tra cui infarti, calpestamenti, decompressioni
(tute di trasferimento mal indossate e un'intera sezione nei
pressi del portello di trasferimento di emergenza); di due di queste
morti c'era stato il sospetto che non fossero state accidentali, ma
non si saprà mai, dato che le prove sono andate distrutte con
l'ipotetica scena del crimine.
Mancavano
circa due ore all'appuntamento con la minacciata distruzione della
Luna da parte di Rudy e mi stavo giusto organizzando per il mio
piano. L'idea era quella di essere quanto più vicino a Rudy per
carpire, se possibile, i suoi pensieri e cercare di comunicare con il
drago bianco; sarei salito su uno dei nuovi shuttle (erano la
versione 7 dello shuttle modulare, appena messi in produzione),
in versione militare; scoprii che non avevo inventato nulla ma semmai
reinventato, quando mi trovai difronte un emettitore di neutroni 100
volte più potente di quello che avevo usato contro Rudy e che doveva
la sua incredibile potenza all'essere collegato ad un terzo
generatore nucleare apposito; questo era stato installato nella
sezione centrale, pesantemente corazzata e schermata, ospitante anche
25 moduli di assalto tattico (vale a dire capsule eiettabili, che
ospitavano un membro del corpo speciale di élite dell'ONU, che
potevano essere sparati, letteralmente, in zona di combattimento),
ma che per l'occasione sarebbero rimasti vuoti ed inutilizzati, salvo
che fosse stato necessario scappare in tutta fretta; il pilota
sarebbe stato un capitano di aviazione, Robert McNamara, assistito
dal tenente Nicolle Rossi; il manovratore del cannone sarei
stato io, per mia espressa richiesta: volevo avere il dito sul
grilletto mentre cercavo di mettere nel sacco Rudy, sia per immediata
difesa che per deterrente (se mai una cosa del genere fosse stata
possibile con un essere che si riteneva, almeno relativamente a noi,
un dio).
Il
piano nella sua logica era semplice: appena Rudy fosse apparso, ci
saremmo avvicinati con la navetta, così che l'eventuale
comunicazione telepatica con il drago bianco potesse essere il più
forte e stabile possibile; avrei tentato di far intervenire il drago
bianco contro Rudy o quantomeno avrei cercato di ottenere
informazioni utili o per la sua distruzione o per il suo
controllo; mi auguravo di poter ottenere una certa collaborazione
senza dover carpire le informazioni di nascosto o senza, al massimo
estremo, dovermi inimicare il popolo del drago bianco, uccidendo Rudy
con il cannone neutronico, perché se uno di loro poteva devastare
orribilmente la Terra come aveva fatto Rudy, non volevo neanche
pensare a cosa avrebbero potuto fare molti draghi uniti insieme
per vendicare uno di loro, maligno, ma sempre appartenente alla loro
razza.
11:59,
eravamo in volo stazionario sulla verticale del palazzo dell'ONU; uno
spostamento d'aria e una macchia di nero si aprì nel cielo e la
forma di quel maledetto drago rosso cominciò ad emergere da
chissà dove, a cominciare dalla testa, dritta davanti a me e verso
di me, come se sapesse esattamente dove mi trovassi; finì di
“passare”, si fermò, guardandomi dritto negli occhi; il suo muso
non poteva creare espressioni, ma più i secondi passavano, più
avevo come la sensazione che mi stesse sorridendo sarcasticamente e
infatti dopo qualche altro secondo se ne venne fuori con un tono
nettamente diverso da quello che aveva tenuto la prima volta che mi
aveva rivolto i suoi pensieri: --fai quello che sei venuto a fare,
non mi opporrò, ma ti avviso, neanche i Gesaz hanno potuto
niente contro di me e sai perfettamente che erano immensamente più
avanzati di voi... quando vuoi--. Ero esterrefatto; aveva abbandonato
completamente la finzione di essere una sorta di divinità, sapeva
esattamente cosa volevo fare e mi parlava con una confidenza che non
avrei mai immaginato; ero lì per fare una cosa: tirai il grilletto
dell'arma che avevo tra le mani; il raggio neutronico scaturì con
tutta la sua potenza colpendo direttamente Rudy sul petto; il
bagliore era perfino più intenso di quello del sole in quel momento
e nonostante gli occhiali protettivi che indossavo, estremamente
scuri, e tenendo gli occhi strizzati, non riuscivo a distinguere che
la sagoma di Rudy e il fluire del raggio neutronico sul suo corpo;
provai allora a opporre un mio dito a quel diluvio di luce,
mascherando il meglio possibile la forma, immobile, del drago,
esattamente come si fa con il sole con i coronografi che coprono il
disco del sole, lasciando visibile la corona; ora vedevo meglio e il
livello del mio allarme era diventato elevatissimo, perché si
maturava sempre più la consapevolezza che l'attacco con il cannone
neutronico non avesse il minimo effetto, giustificando
l'atteggiamento condiscendente di Rudy. Lasciai andare il grilletto
dell'arma e togliendomi gli occhiali vidi che Rudy era perfettamente
integro, maestosamente bello, terribilmente invincibile. Mi era
ancora più chiaro che il mio parziale successo sulle sabbie del
deserto fosse stato dovuto alla debolezza di Rudy dopo millenni di
sforzi per liberarsi dalla gabbia gravitazionale; lo avevo sospettato
il giorno prima e ora ne ero certo, mettendomi difronte alla
devastante certezza della nostra assoluta impotenza nei confronti di
quel mostruoso demone, ma ancora una volta le cose erano destinate a
precipitare: --ora tocca a me...-- disse Rudy girandosi verso la
debole forma diurna della Luna. La sua procedura di sparo fu breve ma
spettacolare: salì per alcune decine di metri, immagino per rimanere
visibile, spalancò le sue enormi ali, mettendosi perfettamente
difronte al disco pieno del sole, sembrando diventare più grande (ma
in realtà distendendosi in tutta la sua enormità), tirò indietro
la testa ed emise, contemporaneamente, il suo urlo di battaglia ed un
raggio rosso (sempre dal corno frontale) che sembrava solido per
quanto era concentrato; il suo stesso urlo era immensamente più
forte di quando lo avevo più volte udito nel deserto e se solo fosse
stato diretto nella nostra direzione avrebbe potuto spazzarci via;
tutto questo stava a dimostrare che ora Rudy era in perfetta forma,
ma la massima conferma venne dalla Luna che venne sbriciolata e
ridotta in polvere atomica, non appena venne colpita dal raggio
rosso. Non avevo certo contato i secondi, ma non credo che ne fossero
passati più di dieci.
1 Anche
noi abbiamo avuto un idea simile agli Atlantidei, ma il risultato è
un pochino diverso...
2 Le
cariche si respingono quando sono uguali e si attraggono quando sono
diverse.
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