domenica 30 ottobre 2011

SIMBOLI: QUINTA PARTE.

Presi Bimba in braccio, il più delicatamente possibile; non pesava più di 45 chili e dovetti riarrangiare la presa su di lei, perché mi stava scivolando via, ma alla fine arrivai vicino al letto, la adagiai e le tolsi di dosso tutto quello che mi sembrò decoroso togliere, lasciandola quindi con gli slip e il reggiseno; alla fine tirai su il lenzuolo e la copertina, pareggiandoli e mettendoli oltre le spalle, intorno al suo collo; la guardai un attimo, le diedi un bacio su una guancia e uscii, spengendo la luce e chiudendo la porta dietro di me.
    Arrivai vicino al divanetto dove Eva si era messa per lungo; quando mi vide fece un po' di spazio anche per me. Ma poi, come avevo preventivato, la tirai a me e lei collaborò appoggiando la sua testa sul mio petto e rilassandosi; tirò un sorso dalla sua bibita, la appoggiò sul tavolino davanti al divanetto e si girò verso di me: --sei veramente innamorato di quella ragazzina--, non era una domanda, ma risposi lo stesso: --mi sono reso conto di aver sempre desiderato dei figli e all'improvviso me ne ritrovo una fatta e finita ed è così...--, non sapevo bene come definirla ma mi venne incontro Eva: --incredibile!--; esattamente, niente di meno.
    Dormimmo dalle 3 alle 13, come fossimo morti e, nonostante il risveglio fosse stato abbastanza difficoltoso, eravamo completamente ristorati, grazie anche alle onnipresenti radiazioni gamma, a basso livello, per non disturbare il sonno. Facemmo “colazione”, in ritardo, ovviamente, e di una quantità (ormai sarà chiaro a tutti) indecente.
    Mi svegliai avvolto dal profumo combinato di caffè, cornetti, uova e altro non meglio identificato. Mi fiorì un sorriso sulle labbra e aprendo gli occhi vidi Bimba, che appoggiata al montante della porta della camera da letto, mi fissava con aria divertita. Chiesi dei chiarimenti: --cosa c'è da ridere... sto' forse sbavando, oppure ho detto qualcosa di compromettente mentre dormivo?--; la guardai di rimando, in attesa della spiegazione, ma mi arrivò in una forma che non mi sarei aspettato davvero, perché i suoi occhi erano puntati verso... bé è chiaro, insomma dovevo fare pipì e la mattina ai maschietti quella pressione fa uno scherzetto, come in questo caso, veramente imbarazzante. La mia reazione fu di coprirmi con le coperte, ma questo scatenò una reazione di devastante ilarità, aggravata da parole umilianti e degradanti (anche se in realtà la cosa era anche per me divertente): --adesso ci puoi fare la doccia con quello...-- la colpii con un cuscino in pieno viso, che lei mi rimandò all'istante, senza neanche cambiare espressione, per fuggire verso la cucina, avendo percepito la mia intenzione di alzarmi e replicare; in realtà non l'avrei mai fatto, non in quelle condizioni, ma lo scopo era proprio quello di farla scappare per avere il tempo di ricompormi. Mi dovetti sforzare non poco per “rilassarmi” e poter così andare al bagno, esterno alla camera, passando davanti alle ragazze dignitosamente. Uscii dalla camera con fare disinvolto, ma quando incrociai lo sguardi di Bimba, che ancora ridacchiava, non potei fare a meno di imitarla, ma cercando anche di riprendere il controllo della situazione, cercando di farle sentire un minimo di rimorso per avermi messo in imbarazzo: --tra cinque minuti arrivo, poi facciamo i conti!-- puntandole un dito contro per sottolineare ulteriormente la cosa, con il risultato di essere preso ulteriormente in giro: --si, si, come no!--. Non ce la potevo fare con lei, era perfettamente chiaro e quindi rinunciai ed entrai al bagno. Nel frattempo Eva aveva seguito la scena distrattamente e ignara dei retroscena, mentre mi chiudevo la porta dietro le spalle, sentii che chiedeva a Bimba: --che sarebbe questa storia; avrete mica litigato?--; le risate che seguirono mi resero chiaro che anche Eva trovava molto buffo e divertente quello che era successo. Ero in balia di quelle due, e per fortuna che mia sorella era “distratta” da Lortan, altrimenti, come avevo avuto modo di vedere sul pianeta dove ci eravamo ritrovati, sarebbero state in tre a darmi il tormento; ma sapevo anche al di là di ogni dubbio che mi rispettavano e quello scherzare era solo una dimostrazione di affetto e amore. Credo che questa poteva essere definita una famiglia.
    Mentre mi sistemavo e mi vestivo, attivai il computer dell'appartamento, per informarmi della situazione all'esterno; rimasi veramente impressionato da quello che vidi: ordine e calma. Nel giro di 24 ore l'emergenza era stata risolta e la maggior parte delle persone stava ritornando nelle proprie case oppure, se questo non era possibile, in alloggi provvisori; inserii le parole chiave per l'accesso al sistema riservato del consiglio, da cui potevo accedere ai dati esatti dei danni, dei decessi, dei feriti (perfino alle schede mediche dei singoli, con diagnosi, prognosi e profilassi) e dei tempi stimati per la completa ri-normalizzazione. Da quanto potevo vedere, nell'arco di 15 giorni, tutto sarebbe stato esattamente come prima. Per quanto lo sembrasse, questa rapidità non era assolutamente miracolosa, ma solo il frutto di una mentalità sociale altamente evoluta, in cui l'emergenza era vista come priorità unica e assoluta: ogni comparto industriale e di servizio cessava la sua attività normale e entrava nella modalità B che era appunto quella dedicata alla rinormalizzazione. Le attività produttive erano sospese e venivano avviate quelle speciali; ogni industria si dedicava completamente alla produzione di ogni cosa che servisse sostituire e ricostruire (in base alle proprie specifiche competenze), fino a che ce ne fosse stato bisogno; ogni singola persona in grado di essere utile si dedicava ad ogni funzione necessaria per risolvere la crisi e per riportare la normalità (stabilita precedentemente sulle attitudini e le competenze personali); quindi anche il pedante babbeo, pur non avendo smesso di svolgere la sua normale attività, stava partecipando alla soluzione dell'emergenza, gestendo gli alloggi non come camere in affitto, ma come alloggi di ricovero per chi non poteva tornare nella propria casa. Il 100% della società lavorava per il ripristino della vita normale. Tutto questo non era che la normale conseguenza del superamento della ridicola dualità che aveva afflitto le persone nelle società post-industriali, in cui ogni singolo essere umano era, o costo (fastidioso) per l'azienda produttrice, da tenere il più basso possibile, creando incertezza ed insicurezza (quello che veniva definito precariato), o “sacro” consumatore, per convincere il quale a spendere denaro si impegnavano ingenti risorse economiche (la ormai defunta “pubblicità”), ma il quale poco ne poteva spendere a causa dell'esiguità dei salari e della necessità di accantonare quanto più possibile per i tempi di disoccupazione. Quando, anche a causa della distruzione ambientale che lo sfruttamento delle risorse stava creando, si capì che quel modello economico andava ripensato, non senza qualche resistenza, la situazione cominciò lentamente a cambiare, in meglio. Stabilita una priorità produttiva (casa, alimentazione, vestiario, mezzi di trasporto personali e pubblici, svaghi, lussi) e controllando il volume della popolazione sostenibile dalle risorse (avendo comunque spinto ai massimi livelli le tecnologie di riciclo delle materie prime e sostituito le fonti energetiche in esaurimento e inquinanti, con un'insieme integrato di fonti rinnovabili e non inquinanti), si capì che le persone non erano più strumenti produttivi e fonti di denaro, ma fonte e destinazione delle necessità produttive. Se veniva consentito che una famiglia avesse dei figli (almeno due, per pareggiare i genitori che venivano “sostituiti”), quei figli avevano diritto a tutti i beni necessari alla loro vita e anche, sebbene con volumi produttivi ridotti e, quindi tempi d'attesa anche molto lunghi, anche a beni di lusso e voluttuari, senza che fosse obbligatorio il lavoro personale; infatti, quell'evoluzione sociale aveva spinto la robotizzazione e l'automazione fino alla completa sostituzione della manodopera, lasciando alla libera volontà personale, la scelta se tenersi occupati lavorando o facendo altro. Anche le occupazioni di concetto vennero ripensate; sparito l'altrettanto ridicolo dualismo lavori qualificati – lavori non qualificati, che aveva spinto le persone verso mestieri più “importanti” e meglio retribuiti, solo per i vantaggi che se ne potevano ricavare, il “peso” del lavoro mentale venne assunto solo da persone realmente capaci e motivate (previo test attitudinale e prova sul campo), elevando la qualità dei servizi a livelli impensabili prima di quella rivoluzione sociale; ovviamente la maturità umana, intesa come razza, è tutto meno che raggiunta e ci si può imbattere in persone come il povero beota, ma la perfezione non è di questo mondo... Era la libertà assoluta, per tutti; ogni singola persona poteva fare quello che voleva, anche oziare tutta la vita, sicuro che ogni sua necessità gli veniva garantita dal semplice fatto di essere vivo, perché la produzione industriale, i servizi, le materie prime, l'ambiente, l'energia, erano organizzati per far si che questo potesse essere possibile. Ma nei fatti, nessuno passava tutta la vita ad oziare, perché il sentirsi liberi di scegliere faceva si che le persone, nell'infinita gamma di possibili scelte, trovassero sempre qualcosa che soddisfaceva i propri gusti e le proprie inclinazioni. Solo nelle situazioni di emergenza le persone si ritrovavano a compiere mansioni “obbligatorie”, ma era per il bene di tutti e quindi nessuno se ne lamentava.
    In questo contesto, riportare alla normalità, una società composta da milioni di individui, era (perdonatemi l'involontario gioco di parole) normale, ma in quel momento, la mia ignoranza di molti degli aspetti di quel mondo, mi fece sembrare tutto straordinariamente magnifico. I miei precedenti 15 anni di vita mi avevano fatto conoscere realtà diverse e perlopiù peggiori. Ecco perché, tra le altre cose, il nostro esempio di vita sociale doveva essere salvaguardato.
    Uscii dal bagno, trovando la sala da pranzo decisamente più affollata di prima; per la colazione si erano uniti a noi anche Lortan e Gloria. Fu una colazione movimentata e allegra, come avviene nelle famiglie in cui si è numerosi e vivere insieme è forse complicato ma molto divertente e appagante. Ancora una volta la genetica ci indica la via (il piacere di stare in compagnia) e la cultura ci da più mezzi che in natura per soddisfare le nostre inclinazioni.
    Alle due e un quarto ci avviammo tutti verso l'appuntamento con Abel; dovemmo passare necessariamente davanti al bancone dove stava appostato il perfetto babbeo; nell'avvicinarci feci cenno con la mano a tutti gli altri per ottenere silenzio: --zitti tutti, sennò rischiamo di sconvolgere la perfetta vita del nostro pregiatissimo impiegato!--; tutti assunsero un'aria di assoluta e garbata signorilità. Al momento sembrò che tutta la scena dovesse andare sprecata, perché apparentemente il nostro amico non era di servizio, visto che dietro il bancone non ve ne era traccia; ci avvicinammo con la massima circospezione, temendo chissà quale minaccia, quando ecco che da una porta, che dall'angolo da cui stavamo arrivando non era stata visibile, comparve, perfettamente vestito e ordinato, ma con un aria un po' sbattuta, proprio lui; nel vederci non fece una piega: --buongiorno, signori, signore e signorina...--, e rivolgendosi a Bimba, accennò un minimo sorriso che mi fece ammorbidire molto su di lui, anche perché mi fu evidente che lui, invece, aveva fatto una levataccia, --...mi auguro che la notte sia stata riposante e la colazione gradita. Posso permettermi di chiedere le loro intenzioni per cena e per la notte...?--; intendeva sapere se prenotare i pasti e mantenere occupate le camere, ma al momento non avevamo piani precisi, quindi Eva gli chiese: --è possibile farlo sapere più tardi?--. Ci guardò, senza cambiare espressione, ma ebbi l'impressione che temesse di non essere in grado (almeno per la cena) di poter fornire il necessario servizio. Dato che non si decideva a rispondere, mi risolsi a toglierlo dall'impasse: --fino a che ora facciamo in tempo ad avvertire che saremo a cena, senza creare disturbo ed eccessive complicazioni?--; sollevato, guardò l'orologio e facendo dei rapidi calcoli, ci servì una soluzione perfetta, dimostrando che in quello che gli competeva era l'uomo giusto al posto giusto: --dipende solo dall'ora in cui volete cenare; con un preavviso di 30-35 minuti posso far preparare loro un pasto completo, con 15 minuti un paio di panini a testa, con 5 minuti caffè-latte e biscotti... a qualunque ora del giorno e della notte; per quanto riguarda le camere, ce ne sono altre libere e quindi non serve confermarle--. Accennò ad un sorriso conclusivo verso tutti. Ringraziammo calorosamente e per ultima Bimba che aveva scoperto il suo nome: --grazie, Robert, sei stato molto gentile e preciso--. Gli fece un cenno con la mano e un sorriso, poi si girò e se andò. Robert rimase impietrito da quelle confidenza che Bimba si era presa, ma aveva sicuramente gradito, perché diventò di un bel rosso pomodoro.
    Raggiungemmo Abel nella sala del consiglio; quel giorno la situazione era molto diversa. Con la crisi planetaria che volgeva verso la risoluzione, buona parte del Consiglio si stava occupando di analizzare i dati che i servizi di intelligence stava facendo confluire per darci quante più informazioni possibili sui nostri nemici, così da consentirci di agire con la massima cognizione di causa.
    Abel alzò gli occhi proprio mentre entravamo nella sala: --ben arrivati, mi hanno giusto informato che la Guardiano II è del tutto pronta all'azione; ma prima vi ragguaglio sui fatti--. Ci avvicinammo alla consolle davanti alla quale stava appunto lavorando Abel; agì su alcune combinazioni di comandi e sullo schermo principale della sala comparve una raffigurazione tridimensionale del settore galattico che comprendeva il Sistema Solare e il Sistema Proxima; un puntino rosso lampeggiante mostrava l'astronave sopravvissuta dei nostri nemici, ad una distanza di circa il 35% da Proxima III; ancora almeno due giorni di viaggio. Abel modificò i parametri di visualizzazione e l'immagine zoomò verso Proxima III, seguendo esattamente la traiettoria della nave, per poi andarsi a fermare dietro ad un satellite naturale del pianeta, poco più di un sasso. Abel si girò verso di noi e con un sorriso ci disse: --ci piazzeremo proprio lì dietro, così potremo osservare cosa combinano quei simpaticoni; partenza prevista domani dopo pranzo. Domande?--. Non ce ne furono, ma ci fu una semplice richiesta, che espresse per tutti, con il solito assoluto senso pratico, Eva: --facci vedere la Guardiano II--. La laconica risposta di Abel fu: --seguitemi--. Passò in mezzo a tutti noi, affiancandomi e superandomi.
    Come era successo solo il giorno prima, appena atterrati sul pianeta (era passato così poco tempo, eppure sembrava essere trascorsa un'epoca geologica, per quanto mi sembrava lontana quella situazione. Ancora una volta grazie alla rapidità con cui tutto stava tornando alla normalità, l'impressione era che fosse stato solo un terribile incubo), ci trovammo tutti davanti alla finestra di osservazione che dava direttamente sopra alla posizione dove era stata parcheggiata la Guardiano II; ancora una volta stavo osservando le ridicole dimensioni di quella astronave, ma ora il mero fatto di aver saputo con quale rapidità potesse coprire qualsiasi distanza me la faceva vedere con occhi completamente diversi. Ma evidentemente l'impressione estetica rimaneva dura a morire: --che scatola di sardine... ridicola!--. Non avevo bisogno di guardare chi avesse pronunciato quelle parole così sprezzanti: era la voce di mia sorella, che dopo aver avuto fra le mani la Guardiano, nel vedere la sua discendente, non riusciva a farsi una ragione della differenza di dimensioni; in fondo lo spazio tra i pianeti è immenso, quindi viaggiare su una astronave di 600 metri, piuttosto che su una di 25, con una superficie abitabile interna di poco più di 75 metri quadrati, non sembrava avere nessuna reale utilità pratica. Ma avremmo scoperto, che aldilà delle sue caratteristiche tecniche e scientifiche, che permettevano quella incredibile economia di spazio, la Guardiano II aveva un'indiscutibile vantaggio tattico nelle dimensioni.
    Abel non si fece impressionare assolutamente dalle parole di Gloria e, anzi, vidi che sorrideva furbescamente, dimostrando di sapere il fatto suo. In quel momento mi venne in mente che lo stesso genere di sorrisetto ironico sovveniva a quei maestri di arti marziali cinesi (ma non solo cinesi) in quelle occasioni in cui venivano attaccati dal prepotente di turno, certo della sua vittoria o perché armato meglio (o semplicemente armato, al contrario del maestro) o perché più grosso fisicamente. Nella stragrande maggioranza dei casi il teppista finiva disteso a terra dolorante e il maestro riprendeva a fare ciò che lo occupava precedentemente. Il mio racconto, se vi ricordate, è iniziato esattamente in questo modo: un gruppo di disgraziati passati prematuramente a miglior vita solo per essere stati convinti, grazie al loro numero, di potermi sopraffare. Le dimensioni a volte contano, ma non bisogna mai sottovalutare ciò che è piccolo presumendo che valga meno e questo è vero a maggior ragione quando in ballo ci sono le forze che regolano la natura. Basti pensare alla scoperta della reazione nucleare che ha portato alla creazione delle armi nucleari. Le prime armi sperimentate erano immensamente più potenti rispetti agli ordigni esplosivi subito precedenti: nelle dimensioni di una piccola automobile era racchiusa una potenza distruttiva equivalente a migliaia di tonnellate di tritolo (1 chiloton = 1000 tonnellate di tritolo): la mitica Little Boy, che distrusse Hiroshima, aveva una potenza di 10 chiloton; Fat boy, 20 chiloton, distrusse Nagasaki; in tutto oltre 300.000 morti. Se le stesse armi, o meglio il loro peso fosse stato costituito da tritolo, forse, in condizioni ottimali, si sarebbero uccise alcune centinaia di persone, perché il raggio dell'esplosione non avrebbe superato i 100 – 150 metri, il tutto perché, nel loro piccolo, l'uranio e il plutonio, convertono in energia molta più materia che non il tritolo o qualunque altro esplosivo chimico. La Guardiano II stava alla Guardiano I come un petardo stava alle più potenti armi ad antimateria mai costruite, che vi ricordo ancora una volta convertono in energia tutta la massa in gioco.
    Arrivammo davanti al portello di entrata della Guardiano II, che comunque vista da vicino faceva un effetto molto migliore; Gloria ci spintonò per essere la prima ad entrare e anche da lontano, mentre entravo anche io e la raggiungevo, non potei fare a meno di notare che era rimasta impressionata dalla strumentazione che le si parava difronte; stava letteralmente saltando da una consolle all'altra, cercando di capire il funzionamento di ogni singolo comando; si girò supplicando Abel con gli occhi perché le spiegasse ogni cosa. Abel attese che tutti fossero dentro e presa sottobraccio Gloria, sia per tranquillizzarla che per renderla protagonista della conoscenza che, come ufficiale di ingegneria designato, era destinata a lei prima che agli altri eventuali membri dell'equipaggio. La spiegazione fu molto breve: --immagino che ricorderete i comandi della prima Guardiano... è tutto esattamente uguale, escluso il fatto che è tutto concentrato in questi cinque pannelli...--, stava indicando una consolle semicircolare che abbracciava tutta la sezione frontale esterna del ponte di comando, divisa in cinque parti più piccole, ma che non mostrava nessun comando o indicatore o pulsante o leva; assolutamente nulla, solo una nera superficie lucida, priva di una qualsivoglia discontinuità che potesse far pensare a pulsanti o comandi nascosti; ma ci tolse dall'impasse in maniera altrettanto semplice, pronunciando: --Guardiano, comandi!--. Improvvisamente si accese tutto di una serie di colori, forme e numeri semplicemente stordente, che creò un'atmosfera di stupita meraviglia, ma anche di timore per l'enorme mole di dati che fluivano da quei pannelli. Nel giro di pochi istanti si alzò un brusio incredibile da noi quattro poveri vampiri (Bimba sapeva già sicuramente tutto, dato che, se non avevo capito male, era responsabile della progettazione e della realizzazione della Guardiano II) che tentavamo di capire chiedendo e ragionando ad alta voce. Di nuovo Abel: --Guardiano, comandi semplificati!--. La situazione migliorò parecchio e, disposizione a parte, riconobbi ogni singolo comando che già avevo visto ed usato sulla Guardiano I, ma di nuovo Abel: --Guardiano, interfaccia neurale!--. La mia visuale cambiò e mi trovai a guardare ciò che circondava l'astronave come se fossi stato seduto sul vetro corazzato che permetteva la visuale verso l'esterno; l'immagine era leggermente sfuocata e cercai di migliorarla strizzando gli occhi ma mi sembrò di volare ad una velocità spaventosa verso avanti; spalancai gli occhi per la sorpresa e il volo si interruppe. Mi girai indietro per vedere l'hangar che conteneva la Guardiano II, ma mi ritrovai a cambiare completamente punto di vista come se mi fossi mosso su una rotaia circolare che girava intorno all'hangar, ritrovandomi a guardare, si dietro, ma oltre l'hangar. Cominciavo a capire; non stavo usufruendo di una visione aumentata proiettata direttamente alla corteccia visiva, ma il mio sistema nervoso centrale era collegato direttamente al sistema di sensori della nave, quindi l'atto di girarmi aveva spostato la visuale ai sensori posteriori, con lo stesso ingrandimento e quindi alla stessa distanza. Per verificare quella supposizione, mi misi a camminare verso avanti, con l'intento di muovere l'astronave ma subito venni riportato alla visuale soggettiva: ero dentro il mio corpo, vicino agli altri e all'interno della Guardiano II. Devo essere saltato, come quando ci si sveglia di colpo, perché Eva, che era la più vicina a me, mi guardò preoccupata: --che succede, sembra che tu abbia visto un fantasma!--. Stavo cercando le parole per spiegare a lei a tutti gli altri quello che avevo scoperto che ancora una volta Abel ci fornì la spiegazione necessaria: --ha tentato di far volare l'astronave, ma il sistema di sicurezza ha rilevato qualche anomalia, tipo l'essere dentro l'hangar con le porte chiuse e impedito la manovra riportandolo indietro. Avrete capito tutti ormai, che i sistemi di comando della G II sono un paio di passi oltre la G I. Ora non viene fornita una visuale diretta al nervo ottico, ma l'I.A. si connette direttamente al sistema nervoso centrale dell'ufficiale designato o provvisoriamente incaricato del singolo sotto-sistema. Al momento le sezioni sono disposte con questo criterio...--, indicò da sinistra verso destra, --...comunicazioni, tattico, navigazione, motori, sostegno vitale, ma possono essere spostati a vostro gradimento. Questa è solo una collocazione logica, ma data la presenza dell'interfaccia neurale, una volta attivati i collegamenti operativi, vale a dire dichiarato l'ufficiale in carica per la singola sezione, potete anche trovarvi sotto la doccia, ed essere operativi al 100%, senza quindi dover essere presenti davanti alla consolle di riferimento. L'implicazione ultima, come stava scoprendo Adam, è che agirete sulla nave come se fosse il vostro stesso corpo; camminare per spostarsi in avanti, strizzare gli occhi per vedere più lontano o vedere oltre gli ostacoli materiali, mettere le mani avanti per alzare gli scudi, dare un pugno per attaccare e così via; il tutto senza muovere un muscolo, con la massima naturalezza. Infatti la I.A. della G II oltre a tenervi collegati con i sistemi dalla nave scollegherà il vostro SNC dai muscoli, impedendovi ogni movimento fisico. Inoltre non si verificherà più lo sfinimento tipico dell'interfaccia mediata precedente, che costringeva a pensare le azioni, risultando immensamente faticosa--.
    Eravamo tutti esterrefatti e per alcuni istanti ci fu un perfetto silenzio. Fu Eva a rompere quell'incantato stupore, perché ancora non sapevamo tutto e la curiosità era tanta: --che ci dici delle prestazioni? Potenza di fuoco, energia degli scudi, eccetera--. Tutti i bambini guardarono il maestro dispensatore di cultura e meraviglia. Questa volta invece di dare comandi vocali, non fece altro che guardare verso il pavimento e, inserito un codice di 15 caratteri alfanumerici, pigiare un tasto verde, scansarsi e aspettare che si alzasse un portello che dava su un compartimento al livello inferiore. Ora erano visibili delle scalette per scendere dentro quello scompartimento. Abel fu il primo a scendere, seguito dalla scolaresca in perfetto ordine. Una volta che tutti fummo dentro, con un gesto plateale indicò quello che già tutti avevano notato, pur senza avere la minima possibilità di capire che cosa potesse essere: una grossa sfera metallica “sospesa” nella parte posteriore della camera, quel tanto che bastava a fare entrare chi eventualmente lo dovesse o volesse fare. Disse: --questa è la più potente fonte di energia continua ed inesauribile che sia mai stata ideata: un campo di Higgs iperconcentrato. È stato ottenuto da un campo di deformazione spaziale normale portato alla massima potenza possibile e lasciato in funzione il più possibile; ad un certo punto, con la normale tecnologia di curvatura (materia – antimateria, accelleratore di particelle per avere gravitoni, focalizzazione di un flusso di gravitoni che deforma lo spazio) eravamo al limite ma avevamo un campo di Higgs provvisorio immensamente concentrato (che è poi un buco nero in miniatura); in genere quando si interrompe la catena di generazione del campo di Higgs iperconcentrato, questo svanisce, evapora, ma abbiamo creato intorno a lui un altro campo di Higgs iperconcentrato e poi un terzo ed un quarto e così via, con un procedimento automatico, che non ci ha permesso di contare i passaggi che si sono resi necessari; alla fine pur rimanendo di dimensioni ragionevoli (ci potrebbe passare dentro la G I) il campo era di una potenza paragonabile a quella di un buco nero galattico di un miliardo di masse solari, che si auto-stabilizza e si autoalimenta. L'energia la ricava dalla caduta delle particelle virtuali che si creano sull'orizzonte degli eventi di ogni livello di campo, caduta che genera una quantità di radiazioni gamma incredibile; la stabilizzazione gli deriva dal fatto di essere collocato fuori dallo spazio normale. In definitiva abbiamo creato una serie di campi sub-spaziali ognuno dei quali “normale” rispetto al suo sub spazio, ma sempre più “collassato” relativamente a quello di base, che è il nostro. Un grammo di materia rende come la massa del sole completamente convertita in energia--. In ultima analisi avevamo a disposizione un GRB (un Gamma Ray Burst, un esplosione di raggi gamma, attualmente la più potente emissione di energia naturale conosciuta, che per pochi secondi raggiunge livelli equivalenti a tutta l'energia emessa da una grande galassia come Andromeda, che conta circa 300 miliardi di stelle), potendolo usare in emissione regolabile e continua.
    Lortan espresse il nostro stupore con sintesi esemplare: --cazzo!--. Di nuovo mi resi conto che le implicazioni dell'avere a disposizione una simile quantità di energia erano appena state valutate, ma portavano le prestazioni della GII ad un ordine di grandezza milioni di volte oltre quanto mai immaginato possibile. Una flotta di migliaia di astronavi della classe della GI non avrebbe potuto neanche sperare di mettere in difficoltà la sola GII. Nulla nell'Universo, che chiunque di noi conoscesse, poteva mettere in difficoltà la GII. La GII poteva generare un campo di isolamento (uno scudo) che neanche l'esplosione ravvicinata di una supernova poteva superare; tutto quello che poteva succedere, era che si venisse trascinati dalla corrente, ma nulla di più, perché l'isolamento impediva che le forze inerziali dell'esplosione arrivassero dentro il campo di isolamento. Però, come ci spiegò Abel, potevamo comunque sapere quello che succedeva all'esterno dello scudo, perché potevamo rilevare le perturbazioni elettromagnetiche, gravimetriche ed energetiche in genere che, colpendo l'esterno dello scudo, si trasmettevano nella superficie interna del campo di isolamento. Con quella potenza a disposizione potevamo emettere un energia tale da distruggere un intero sistema solare con solo impulso, oppure decidere di emettere radiazioni in quantità tale da “sterilizzare” il sistema solare in questione. Era il potere marziale assoluto... una persona collegata alla GII tramite i comandi neurali poteva dominare l'universo. Era chiaro che dovevamo usare quel potere con estrema saggezza e che mai sarebbe dovuto cadere in mani sbagliate. La GI era stata declassata a nave di appoggio, per il trasporto di passeggeri e materiali o al più come mezzo tattico secondario.
    Avevo bisogno di essere tranquillizzato, quindi in quell'atmosfera di meditabondo stupore, dissi: --Abel, che genere di protocollo di accesso è stato previsto per l'attivazione e il controllo dei comandi della nave?--; Abel capì perfettamente la mia preoccupazione, che forse era già sua intenzione dissipare, ma che avevo preceduto: --il più restrittivo che siamo stati in grado di concepire. Prima di tutto la GII è l'unica nave della sua classe di cui sia stata prevista la costruzione; punto numero due, la GII è destinata esclusivamente a voi 5. Solo i vostri tracciati neurali possono essere accettati dalla nave per ricevere ordini. Se per un male augurato incidente doveste essere tutti distrutti o se anche la I.A. dovesse ritenere che siate stati distrutti o essere assolutamente incapaci di avere controllo su voi stessi, la nave non sarebbe più utilizzabile, perché non esiste nessun codice di sblocco che possa permettere a nessun altro di essere un nuovo operatore. La GII rimarrebbe inattiva ed inutilizzabile. Non solo, ma i progetti che hanno reso possibile la sua costruzione, intendo dire l'unica copia, sono memorizzati nella I.A. della GII, che ha ordine tassativo di non consentire l'accesso a quei file a nessuno e di andare a gettarsi nella stella più vicina, affinché tutto l'hardware ed il software della GII venga cancellato dall'universo. Ideazione, progettazione e supervisione, sono state tutte a carico di Bimba e della I.A. della Guardiano II, che è pure il sesto membro dell'equipaggio, e la costruzione è stata effettuata da nano-macchine, così come eventuali, ma improbabili, riparazioni e la manutenzione ordinaria; quindi nessun essere umano o vampiro sa come è fatta e come funziona questa astronave, se non nei particolari ovvi: vola, spara, si difende e mantiene vivi gli occupanti--. "Questo" era un sistema di sicurezza efficace. Se anche qualche vero genio dell'effrazione fosse riuscito ad entrare all'interno della GII (cosa che dubitavo fosse possibile) si sarebbe trovato a che fare con la sua intelligenza artificiale, che lo avrebbe rivoltato come un calzino, per scaraventarlo fuori senza tanti complimenti, usando proficuamente il sistema di manipolazione gravitazionale: una delle più sofisticate tecnologie mai create per dare un bel calcione nelle chiappe del malcapitato. Senza considerare che non avrebbe certo potuto decollare e andarsene; potevamo lasciare ogni portello della nave aperto senza temere niente; entrare nella nave senza essere uno di noi aveva la stessa valenza che entrare in una grotta: potevi metterti seduto, dormire e sbattere la testa contro una paratia per la frustrazione.
    Mentre queste considerazioni rimbalzavano all'interno della mia testa, una voce vagamente maschile si fece udire, ma non avrei saputo dire da quale direzione: --sarebbe ora che mi presentassi Abel; sei il solito chiacchierone, massacri le persone con fiumi di parole, ma le cose importanti bisogna tirartele fuori con le pinze...--, guardai Abel, preoccupato della possibile reazione; insomma lui era il Primo Consigliere, invece stava sogghignando, ma mentre, comunque, apriva la bocca per replicare, venne interrotto dalla I.A. (era ormai ovvio che fosse lui a parlare), che proseguì lo sproloquio, --...e siccome vedo che le tue sinapsi sono tutte scollegate, dovrò evidentemente fare da solo... ciao a tutti io sono STUart che, oltre che essere un bel nome, prende la  S, la T e la U come acronimo per Sistema Tattico Universale; in particolare ciao a Bimba, senza la quale forse la mia esistenza sarebbe stata possibile solo fra un secolo e che, ammetto, è il mio angelo...--, mentre guardavo Bimba che sussurrava un imbarazzatissimo ma altrettanto lusingato “grazie”, diventando veramente rossa e con un sorriso dolcissimo e appoggiandosi con una spalla a Eva, come dire “senti che carino!”, Stuart proseguì con la sua presentazione: --...inoltre vorrei aggiungere che sto' finendo di sviluppare un sistema di comunicazione tra gli operatori, voi, e la nave, me, che funzionerà a qualunque distanza, grazie ad una guida d'onda iper-gravimetrica che avrete puntata su di voi ogni volta che sarete fuori della nave. È tutto, ma se avete domande...--; ne aveva una Lortan: --come facciamo a comunicare con te? Useremo una specie di comunicatore telefonico?--; la risposta fu immediata e, ancora una volta strabiliante: --no, vi verrà impiantato, tramite una costruzione nanotecnologica, un sistema di rice-trasmissione che permetterà un uso dei sistemi della GII identico a quello di cui avete avuto una piccola dimostrazione alcuni minuti fa e di cui vi ha fatto menzione Abel; non solo: in caso o voi, con esplicito comando, o io, rilevata una situazione di estremo pericolo, attiviate il protocollo “difesa personale”, verrete imbozzolati in uno scudo di livello 10 che vi proteggerà da qualunque attacco fisico o energetico, scudo che può essere portato al livello di quello che protegge la nave in caso di allarme tattico; il primo tipo vi permetterà di vedere all'esterno e agire come se foste liberi, il secondo, ovviamente, no.--
    Bé le innovazioni introdotte per questo mezzo spaziale erano assolutamente strabilianti e relativamente al ritmo dell'avanzamento tecnologico della storia sia umana che dei vampiri era stato migliaia di volte maggiore e, per quanto mi era sembrato di capire, la responsabilità era delle I.A., Bimba in testa.
    Una voce fece una proposta sensata: --facciamo un giretto?--, ma siccome non avevo riconosciuto di chi fosse mi girai nella direzione da cui proveniva, imitato da tutti gli altri: stavo guardando un ragazzo di circa 18-20 anni, capelli neri, occhi neri, dal fisico tonico e compatto, sul metro e 75, appoggiato sullo stipite della porta di accesso alla sala comando della GII. Non avevo la minima idea di chi fosse, ma quell'aria sfrontata e leggermente divertita mi fece venire un sospetto: --Stuart?--; il suo sorrisetto si trasformò in un sorriso a 32 denti, sommato a un piccolo accenno con la testa: --eh si, proprio io; era un po' che non controllavo e a quanto pare i nanociti hanno finito prima (sono cosini molto laboriosi...) e allora ho pensato di farvi una sorpresa--. Fece un passo all'interno della sala comando e subito la porta si chiuse dietro di lui e una leggera vibrazione si trasmise dal pavimento; Stuart fece un piccolo gesto di disappunto e mentre agiva su un pannello, commentò: --non sono riuscito ad eliminare questo disallineamento dei due motori di manovra; c'erano un sacco di cose da sistemare ma con questo piccolo viaggio di prova vedremo di mettere a punto il tutto--. La vibrazione sparì e Stuart si girò verso di noi: --per ora è a posto--. Allora guardò verso Bimba e con uno splendido sorriso, le chiese: --come sto'?--; Bimba sorrise di rimando e poi con quattro rapidi passi andò a stringere tra le sue braccia Stuart, che ben felice, ricambiò. Quei due avevano un rapporto che non si poteva che definire sentimentale e che ora forse si poteva trasformare in qualcosa più che un semplice rapporto platonico. Stavo probabilmente assistendo alla nascita di una nuova razza vivente. Il fatto che non fosse di origine biologica ma tecnologica non cambiava assolutamente nulla nella sostanza. In quei giorni in cui avevo potuto conoscere Bimba e con gli sviluppi di quelle ultime ore, avevo potuto rendermi conto di quel fatto.
    Il volo inaugurale della GII fu giusto una passeggiata intorno a casa, perché pur senza usare il tunnel iperspaziale creato dalla ipersingolarità, la velocità di navigazione era molto elevata. In pochi minuti arrivammo presso la colonia umana di Europa, parcheggiammo dietro un piccolo asteroide e demmo una controllata a tutti i sistemi per vedere se ci fossero anomalie o disfunzioni; sembrava tutto a posto. La fase successiva fu quella di provare l'ipersingolarità; la rotta scelta fu in direzione opposta a Proxima tanto per essere sicuri di non imbatterci nei nostri nemici. Il punto di uscita venne impostato a mezza via rispetto al sistema solare direttamente difronte a noi in quella direzione e in quell'occasione ci beccammo una breve lezione su come era possibile, senza un meccanismo di arrivo, tipo un portale, stabilire in maniera arbitraria il punto di uscita. Chiaramente fu Stuart ad impartire la lezione: --il principio teorico ci dice che, nel momento che la trama dello spazio viene attraversata, come avviene con le singolarità quantistiche sia naturali che artificiali, dato che oltre quel livello in realtà non c'è nulla, quello che si trova oltre altro non è che un altro punto di spazio del nostro universo; in realtà lo squarcio si apre in un punto con caratteristiche identiche a quelle di partenza, cioè con un differenziale nullo, il che può essere ovunque nell'universo. Rapido ma inutile ai fini della navigazione volontaria. Il nostro sistema di singolarità agisce forzando le caratteristiche del punto si arrivo desiderato: stabilite le coordinate nello spazio normale vengono inserite nel sistema di manipolazione della singolarità che in definitiva mette a fuoco il flusso gravimetrico rispetto alle coordinate date e “sfonda” la trama dello spazio in uscita. È come cercare su una parete una zona dove esiste un buco coperto solo dalla carta da parati quindi facile da passare, nel caso dei wormhole naturali, o come, nel caso nostro, stabilire dove voler creare un buco e sfondare la parete con una mazza da demolizioni; la manipolazione consiste nel modificare la centratura dei livelli di subspazializzazione...--, Stuart si guardò intorno conscio che gli sguardi della maggior parte delle persone era diventati vitrei nel tentativo di seguire il ragionamento, seguito alla metafora edile, senza peraltro riuscirci, --...ok, facciamola semplice: pensate a quello che vi a ha accennato Abel su come è strutturato il sistema dei livelli multipli di singolarità: viene creata la prima concentrando un'emissione di gravitoni in un punto, poi contro di questa viene concentrata un'altra emissioni di gravitoni, creando un altro collasso quantistico e così fino a che la scala di energia emessa ha raggiunto un livello non misurabile. Ogni passaggio è stato creato sempre da questo spazio quindi l'energia emessa era sempre la stessa, ma ogni volta spostava i livelli precedentemente creati più in 'basso', ok?--, si guardò di nuovo intorno e rassicurato da cenni positivi, borbottii di assenso e quant'altro, proseguì, --adesso pensate a questi livelli sub-spaziali come a sfere concentriche, tutte perfettamente centrate fra di loro rispetto ad un punto; emetteranno la loro energia in maniera uniforme, secondo una diffusione anche questa sferica, che per inciso, viene raccolta per qualunque uso sia necessario, 'smorzandola' fino al livello energetico necessario; esempio: se devo dare calore all'ambiente, avrò bisogno di radiazioni infrarosse, quindi farò fluire l'energia nativa del nucleo attraverso delle piastre di materiale semiconduttore per la quantità di volte necessaria ad ottenere l'energia necessaria, indirizzandola infine ai sistemi energetici ambientali. Tornando ai tunnel sub-spaziali, se però vogliamo creare un punto di uscita, per questa energia ci sarà sufficiente fare si che le sfere vengano decentrate lungo un certo asse, e questo ci darà la direzione, e di una certa quantità che può variare da zero a infinito, e questo ci darà la distanza. Per aiutarvi ad immaginare la scena pensate all'effetto che due specchi posti uno davanti all'altro creano: una sequenza di riflessioni infinita, che assume una curvatura se i due specchi non sono perfettamente paralleli. Un'ultima cosa: sia la schermatura che la capacità di manipolazione sono dovute ad un campo uguale e contrario che circonda l'insieme dei livelli sub-spaziali, che trae energia da quella emessa dal sistema stesso; in definitiva metà dell'energia creata viene usata per schermare e controllare il tutto; è molta, ma quando si ha disposizione una quantità totale praticamente illimitata...--; la lezione era finita, come anche testimoniava il sorriso soddisfatto di Stuart, davanti, ora, a sguardi più consci.
    Stuart passò alla pratica, impostando le coordinate di viaggio e attivò l'energia: il panorama cambiò istantaneamente; secondo le più basilari leggi della fisica un oggetto in movimento tende a mantenere sia la velocità che la direzione iniziali (l'inerzia) e questo è vero anche se si sta' uscendo da un passaggio sub-spaziale, che ha una resistenza al transito trascurabile; noi lo stavamo facendo alla massima velocità possibile data dai motori, un decimo della velocità della luce (0,1 C). fu un errore che non avremmo mai più dovuto ripetere né ripetuto perché quasi ci costò la vita: rientrammo nello spazio normale finendo quasi contro ad una astronave immensa, parcheggiata proprio in quella zona. L'errore era stato quello, che non potendo sapere esattamente cosa avremmo trovato, non avevamo attivato degli schermi adeguati per eventuali collisioni e eravamo usciti troppo velocemente, per avere il tempo di controllare. Ci salvammo solo per la rapidità di reazione di Stuart, che attivò il protocollo di pericolo estremo, che rendeva operativo il massimo livello di protezione... 2,457 centimetri prima della collisione!
    Eravamo tutti paralizzati dal terrore, ma vivi. Stuart stava percuotendo le sue dita sulla consolle di navigazione, imprecando (a quanto pare anche le i.a. lo fanno) e proseguì ad imprecare anche dopo aver smesso di massacrare i comandi, stando con le mani appoggiate sul piano del pannello e con la testa bassa, incassata nelle spalle. Tirai un sospiro di sollievo, passandomi una mano sulla fronte, più che umida, e mi avvicinai a Stuart per confortarlo: --hei, calma; è tutto a posto adesso!--; quando si decise a guardarmi era orribilmente sconvolto: --vi ho quasi fatti morire tutti...--, il suo sguardo andò a posarsi su Bimba, --...perché non ho pensato a creare un protocollo di sicurezza per impedire alla Guardiano di uscire nello spazio A, se non con gli scudi alzati e l-e-n-t-a-m-e-n-t-e--; gli appoggiai una mano su una spalla; dovevamo superare quel momento: --gli errori a cui si sopravvive servono ad imparare e a diventare più bravi, per il noto principio che quello che non ti uccide ti rende più forte; siamo vivi e stiamo bene, quindi non te ne preoccupare più. Ok?--; mi guardò e annuì con la testa: --ho già impostato il protocollo di transito automatico: quando chiunque di noi attiverà un transito sub-spaziale, la Guardiano automaticamente verrà rallentata fino a 1 metro al secondo (meno non è possibile, per poter superare la anche minima resistenza di transito, dato che non siamo fatti di energia ma di materia) e verranno attivati gli scudi di emergenza, giusto per il tempo necessario al transito; poi ci sarà l'arresto completo, rispetto alle coordinate inerziali locali, vale a dire per esempio rispetto alla velocità e direzione di moto del pianeta presso cui siamo arrivati, e verranno riattivati gli scudi di livello 10, per poter controllare l'ambiente esterno, con inseriti tutti i sensori alla massima capacità; vorrei proporre, per il futuro, che ogni volta che a chiunque venissero in mente delle situazioni di pericolo che possono verificarsi inaspettatamente, di farlo presente, così che si possa mettere in atto dei protocolli di reazione automatica--.
    Ora era necessario sapere cosa eravamo quasi andati a sbattere.
    Un'altra cosa che Stuart aveva pensato di fare subito dopo la mancata collisione, fu avviare un protocollo di scansione della nave sconosciuta; Eva, che era da sempre l'ufficiale designato alle operazioni tattiche, in considerazione del suo sangue freddo e della capacità di elaborare all'istante reazioni adeguate a situazioni impreviste, aveva ben pensato di controllare i risultati della scansione; tutti sapevamo che era uno dei suoi compiti e stavamo osservando le sue azioni, che presto si rivelarono: --ok, adesso state fermi lì buoni, buoni...--, e vidi che attivava le armi a emissioni GR (Gamma Ray), creando danni a: motori iperspaziali, inter-sistema, di manovra ed infine armi. L'astronave che, come avevo potuto vedere con la visualizzazione mentale, prelevando le informazioni dalla console tattica di Eva, era lunga circa 1500 metri, larga 700 e alta 350, dalla forma ad ellissoide, con qualche escrescenza spigolosa metallica (forse sensori o armi), era stata resa inoffensiva nel giro di pochi secondi dalla GII, che era al più paragonabile (nelle dimensioni) ad una sua scialuppa di servizio. La cosa imbarazzante era che Eva aveva disattivato quei sistemi colpendo con dei raggi immensamente potenti ma molto sottili, bruciando dei piccoli componenti; come se per bloccare una pistola a proiettili, vaporizzasi, eliminandolo con un sottilissimo raggio, il meccanismo di sgancio del cane comandato dal grilletto...: sarà sempre possibile tirare il grilletto ma la pistola sarà inoffensiva, anche se a prima vista non sarà possibile notare differenze; questa incredibile precisione era dovuta alla capacità della Guardiano di analizzare una nave nemica per conoscere la sua tecnologia nei dettagli più intimi; poi stava all'operatore stabilire il grado di danni da infliggere; Eva aveva deciso di essere delicata, anche perché dove noi non avevamo riportato danni, loro invece avevano subito danni incredibili. Li avevamo attraversati da parte a parte come un coltello caldo fa col il burro. Un'altra informazione che avevamo ricevuto dallo scanning avviato da Stuart, era che quella nave era dello stesso genere di tecnologia delle navi che avevano attaccato Marte pochi giorni prima e da qui le azioni intraprese da Eva. 
    Ora fu la volta di Gloria di intervenire: --Adam, sto' cercando di contattare la nave ostile, ma non rispondono--. Domandai: --le loro comunicazioni funzionano?--; --io non le ho manomesse--, fece eco Eva; la risposta di Gloria seguì le parole di Eva: --sto' controllando e... si, sono funzionanti e stanno ricevendo la mia chiamata--; si girò verso di me per vedere se avevo qualche idea; trasferii la mia coscienza sui controlli neurali, visualizzai la nave (che con quella completezza di visione, valutai di una classe paragonabile a quella della GI, seppure con dimensioni maggiori e tecnologia meno sofisticate), trovai una zona priva di personale, perché danneggiata dal transito della GII e vi sparai contro un raggio modulandolo per ottenere un'esplosione veramente enorme, ma calibrata per non fare danni strutturali tali da uccidere nessuno; poi presi il controllo della consolle comunicazioni e dissi: --questo era un avvertimento amichevole; rispondete alle nostre chiamate; è assolutamente necessario che noi parliamo insieme--. Mentre riportavo la mia coscienza nel mio corpo, arrivò la risposta: --qui parla il comandante Harris della nave ammiraglia della flotta del Consiglio di Resistenza Umana e vi intimiamo la resa immediata e senza condizioni. Avete 5 minuti per comunicarci la vostra resa e farvi abbordare per essere arrestati--. Un allarme si accese sia sulla consolle di navigazione che su quella tattica: una flotta di venti – trenta navi come quella che avevamo speronato ci stava accerchiando, appena rientrate nello spazio A dall'iperspazio. Sollevai un sopracciglio, piuttosto impressionato e guardai Eva, che per niente impressionata, di rimando, disse: --li ho visti riemergere già mentre disattivavo la prima, ma credo che non si siano resi conto di quello che è successo loro; forse pensano che i vari danni che hanno subito siano dovuti all'incidente--. Modificai la mia strategia e tornando in immersione con la GII, mi spiegai meglio: --adesso taglierò a metà la vostra nave, passando esattamente per il ponte di comando, quindi vi consiglio di evacuare il personale di plancia entro 30 secondi, e... Comandante, si porti dietro la gatta e il suo thè nero--. Proiettai le immagini della plancia sullo schermo principale della GII, così che tutti i miei amici potessero vedere la faccia del comandante e del suo personale alle mie parole: tutti si girarono a guardare il comandante, che con gli occhi sgranati si era paralizzato con la mano destra, che teneva la tazza di thè (nero), a mezz'aria, e la mano sinistra congelata in una mossa simile ad una paralisi da ictus, mentre stava accarezzando il gatto (una femmina di soriano). Tornai in presenza fisica, contai silenziosamente fino a trenta e attivai mentalmente il comando del raggio che avevo impostato prima. Un raggio blu elettrico di luminosità spaventosa e anche di grande diametro (così da essere perfettamente visibile ai nostri avversari) scaturì dall'emettitore di prua della GII e toccò lo scafo dell'altra nave, iniziando immediatamente a tranciare metallo, cavi, apparecchiature e-ogni-e-qualunque-cosa incontrasse al suo passaggio. A quel punto la reazione del comandante e del suo equipaggio fu istantanea, la sorpresa di essersi resi conto di essere spiati così da vicino si trasformò in preoccupata fretta (panico in alcuni dei componenti dell'equipaggio di plancia), e nel giro di pochi istanti uscirono dalla plancia per andare a rifugiarsi in un compartimento che sarebbe rimasto intatto, comunque non prima di avere dato avviso a tutto l'equipaggio di trovare riparo nelle zone che sarebbero state risparmiate. Vedemmo tutti il comandante prendere un comunicatore portatile e, con aria sconsolata e rassegnata, parlarvi dentro: --abbiamo capito. Ci dica lei come intende organizzare l'incontro--. Aspettai che la sezionatura della nave fosse ultimata (pochi minuti, durante i quali il panico crebbe esponenzialmente) e con un cenno verso Gloria, riaprii le comunicazioni: --avete il tempo di evacuare il personale della vostra nave danneggiata e risistemarvi; quando sarete pronti potrete avvisarci, così potremo sbarcare su una nave di vostra scelta; vede, la Guardiano ha molte qualità, ma lo spazio non abbonda e siamo già in sette qui dentro; siamo costretti a chiederle di ospitarci...--. La risposta fu immediata: --bene, credo che non ci saranno difficoltà in merito. Chiudo--. Ebbi la netta impressione, dall'espressione che fiorì sul viso del comandante Harris, immediatamente prima che il contatto venisse interrotto e nelle immagini che seguitavamo a vedere con il nostro sistema di sorveglianza remota, che avesse pensato che la mia mossa fosse arrogante e che mi stessi esponendo a dei grossi rischi, a suo favore. Sarebbe stato molto divertente frustrare le sue speranze.

domenica 23 ottobre 2011

SIMBOLI: QUARTA PARTE.


Quando riaprii gli occhi, erano tutti intorno a me. Eva mi sorrideva: --riposato bene il signore? Caffè e biscotti?--. Azzardai a replicare, ma mi fu impedito; Gloria guardandomi severamente e facendo non so bene quali controlli medici, mi apostrofò: --tu devi essere impazzito. I tuoi valori neurali sono fuori scala...-- non mi faceva ne caldo ne freddo --...verso il basso; altri 5 secondi...--, intervenne Bimba: --...4,89...-- Gloria la indicò come per dire “sentito?” e proseguì: --...e avresti esaurito i tuoi neurotrasmettitori e chissà cosa sarebbe potuto succedere!--; la guardai dispiaciuto di averla preoccupata, ma non potei confessare e/o ammettere errori: --se non avessi fatto così non avrei potuto catturare quei due ed era essenziale riuscirci... stavano per autodistruggersi. Sarebbe bastato un secondo di ritardo...-- lasciai in sospeso e guardai Bimba che precisò: --1,25--. Gloria non disse altro, rendendosi conto della realtà delle mie parole, ma per niente felice e da una borsa medica tirò fuori delle barrette alimentari di emergenza, praticamente tirandomele addosso, ordinando a Bimba di attivare gli emettitori interni di raggi gamma, tranne, ovviamente, nella zona dove erano stati rinchiusi i nostri prigionieri. Lortan era seduto su una poltroncina vicino alla mia e non aveva una bella cera, ma era vivo e tanto bastava. Anche lui stava mangiando una delle barrette. Fu il primo a chiedermi lumi sulle mie recenti azioni: --chi pensi che possano essere quei due?--. Tanto per tenerci compagnia anche Eva e Gloria stavano sgranocchiando quelle barrette, che pescavano dalle nostre scorte. Risposi a Lortan: --come minimo, potrebbero essere quelli che hanno ideato questa strategia di attacco nucleare, ma spero che dei due uno possa essere un supervisore meglio a conoscenza delle strategie e dei vertici dei nostri attaccanti. Andiamo a fare la loro conoscenza--. Mi alzai, non senza qualche difficoltà, ma mi resi conto che stavo andando alla cieca. Guardai Bimba: --dove vado?--; --in fondo al corridoio, cabina 1-12--, fu la sua risposta, intendendo ponte 1, cioè quello dove ci trovavamo, cabina 12. ricordai un'altra cosa: --mentre andiamo, programma la rotta per Marte e attua il protocollo di decontaminazione che ti ho mostrato quando siamo partiti per questa missione--. Per un attimo lo sguardo di Bimba si perse nel nulla, per ritornare presente subito dopo: --fatto; orbita in 30 secondi--; ancora una volta fu Lortan a chiedere spiegazioni per primo: --che cosa è questo protocollo?--. Risposi: --la prima cosa che ho controllato è stata lo spettro del materiale radioattivo sparso su Marte, che infatti è uguale a quello contenuto nei proiettili...-- Gloria non mi aveva riferito sui risultati delle analisi che le avevo chiesto di effettuare, ma io ero stato in contatto diretto con Bimba e nel momento stesso che i risultati erano stati registrati nel sistema, avevo potuto “vederli” --...e, inoltre, ho potuto stabilire, che per rimanere in sospensione quanto più a lungo possibile, per potersi diffondere completamente, era carico positivamente, per farsi respingere dal suolo, carico positivamente anche esso. Quando siamo arrivati noi, la polvere stava decadendo e diventando carica negativamente, così da poter rimanere più saldamente a contatto con il suolo, irradiandolo più a lungo. Già in questo momento, il distorsore di navigazione sta emettendo un campo elettro-quantico positivo (dobbiamo agire anche sugli altri numeri quantici, per la maggior specificità possibile, altrimenti ci tireremo dietro mezzo pianeta), che attirerà tutta la polvere in un punto prefissato nello spazio dove poi potremo distruggerla, presumo in circa 15 giorni. Ho programmato di liberare delle zone prima di altre dove le persone potranno rifugiarsi in attesa di aver bonificato l'intero pianeta, che poi sono quelle corrispondenti ai siti dei bunker di difesa planetari--. Erano tutti decisamente impressionati; nel male dell'attacco era andato tutto a finire bene, ne più ne meno come era successo la settimana prima alle ragazze: tanto rumore per nulla. Comunque dovevamo stare in guardia, perché non potevamo sapere se futuri sviluppi di quelle tecnologie potessero diventare efficaci. Qui entravano in gioco i nostri ospiti.
Ordinai a Bimba di disinserire l'irradiazione gamma nel corridoio, prima di aprire la porta della cabina 1-12, perché le pareti sono schermate, ma se si apre una porta le radiazioni sono libere di passare, quindi entrai; la fame mi stava perseguitando, perciò mentre entrai abbassai gli occhi per prelevare una barretta dal marsupio in cui era contenuta la mia scorta; venni colpito da qualcosa direttamente in testa; persi l'equilibrio, più per la sorpresa che per l'efficacia del colpo e mi ritrovai seduto per terra, con la barretta in mano e un'espressione decisamente stupita ed offesa: --ma dai, che maniere!-- protestai; nel frattempo le ragazze, compresa Bimba, ridacchiavano e Lortan mi stava porgendo una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi, guardandomi con un evidentissimo sforzo di non ridermi in faccia. Gliene sono ancora immensamente grato. Cercai con lo sguardo i due che avevamo catturato, trovandomi difronte una donna sui 40 anni, in piedi in atteggiamento di sfida e più lontano, seduto, con fare annoiato, un ragazzo sui 25-30.
Fu lei a fare le presentazioni: --se potessi ti caverei gli occhi, ma magari ti ricrescerebbero. Sei solo un lurido assassino; anche per catturarci, non ti sei perso il piacere di massacrare l'equipaggio della mia nave e...--; era ora di farla finita e stabilire la verità, quindi la interruppi, afferrandola per un braccio e stringendolo quasi fino a fratturarlo, la attirai a me, molto vicino, la guardai negli occhi; le mancava il respiro, sia per il dolore che per l'evidente coscienza della mia natura, ma non emise un singolo suono; impressionante. Parlai: --avete cercato di sterminare tutta la popolazione di Marte, che tra l'altro è composta anche di ignari esseri umani, come te; avete cercato di uccidere me e le persone che amo di più in questo universo; nell'attacco di 15 anni fa ho riportato danni tali da farmi perdere completamente la memoria e, si, mi ricrescerebbero gli occhi, come mi è ricresciuta la gamba che mi è stata staccata la settimana scorsa in un ridicolo attentato esplosivo. Nonostante tutto questo, non è morta una singola persona su quella carretta che chiami astronave e per le manovre extra che sono state necessarie per evitare morti inutili, sono andato vicino a morire io stesso!--. Avevo alzato un pochino la voce per sottolineare le mie parole; ora la donna piangeva, in assoluto silenzio, anche se non credo che fosse per quello che le avevo detto. Completai la mia protesta/dimostrazione: --Bimba, schermo dati tattico--. Davanti agli occhi della donna si materializzò uno schermo dati olografico, che mostrava l'astronave, le condizioni della stessa, numero e condizioni degli occupanti; a quella risoluzione ogni persona era indicata con una piccola sagoma di forma umana colorata a secondo delle condizioni: verde brillante, viva e in perfette condizioni; rosso vivo, in condizioni critiche; nera, cerchiata di rosso, morta; “cliccare” su di una qualsiasi di esse faceva zoomare il monitor ed evidenziava quali parti, eventualmente, erano in crisi, sempre utilizzando la scala di colori da verde a rosso, passando per le varie sfumature. I componenti dell'equipaggio erano tutti sul verde con qualche sfumatura di giallo. La aiutai a evidenziare alcuni di questi feriti, che si rivelarono essere, al più, contusi. Mi guardò, sospettosa: --l'uomo che ti ha fatto saltare in aria era mio amico. Ora è morto--. Stava cavillando, pensando di avere recuperato il possesso della posizione di superiorità morale, svelando una falla nel mio ragionamento, ma le dimostrai che si sbagliava: --in quella situazione non ho potuto evitare di uccidere, perché stavamo correndo un pericolo diretto e immediato. Ma vedo che forse non sono stato chiaro. Non volevo dimostrare che non uccido mai, ma solo che non mi interessa uccidere per divertimento, perché penso che la vita vada rispettata, finché possibile. Ma non devi assolutamente dubitare che se, per salvare la gente del mio popolo, gli esseri umani che vivono vicino a noi e le persone che amo, fosse necessario fare una strage di te e di quelli che ci attaccassero, lo farei senza battere ciglio--. Mentre pronunciavo quella potenziale promessa di morte, il mio sguardo si fece durissimo e si fissò nel suo e vidi il suo viso diventare grigio; ora ero sicuro che lei sapeva che ero sincero. Quella rivelazione che lei aveva appena ricevuto e accettato sembrò darle qualche genere di imbarazzo, perché ora, quegli occhi carichi di odio e determinazione, presero a vagare, incerti; ma notai la cosa solo in maniera vagamente inconscia; tutta la mia attenzione era dedicata a capire le intenzioni future di quei due.
La lasciai andare, perché avevo paura che il suo braccio andasse in pezzi. In effetti era di un colore veramente orrendo e il ripristino della circolazione procurò dei dolori immensi alla donna, che questa volta gemette intensamente e poi svenne; oltre che non provare piacere nell'uccidere, non provo piacere neanche nel far del male, ma l'evidente rifiuto a credere alle mie parole che quella donna aveva dimostrato, dando per scontato il fatto che avessi appena commesso una strage, aveva reso necessario “sottolineare” le mie parole; chiesi a Gloria di intervenire; applicò un antidolorifico ad azione rapida, un antibiotico ad ampio spettro ed infine un composto rigenerativo che avrebbe rimesso a posto ogni danno nel giro di 6-8 ore. Mentre Gloria faceva il suo lavoro, mi rivolsi al ragazzo, che per tutto il tempo era rimasto ad osservare, con crescente preoccupazione e sempre minore apatia, quello che succedeva sotto i suoi occhi: --avrai capito che non hai particolari motivi di temere che vi sia fatto alcun male; se vi ho catturati è per il semplice motivo che ho bisogno di capire chi vi manda e, se possibile, come fare per poter parlare con lui/lei/loro/voi, perché sono millenni che questa storia va avanti, con l'unico risultato di creare danni e morte, ti faccio notare, soprattutto tra la vostra gente--. Lo guardai in attesa; mi stava valutando cercando di capire le mie intenzioni, oltre l'ovvio, e come regolarsi. Le sue labbra atteggiarono un leggero sorriso, sincero ma prudente: --hai ragione, è molto tempo che questa storia va avanti, ma, vedi, ad ogni nuova generazione di noi, l'odio si rinnova, mentre per te e i tuoi amici, forse, sta arrivando la stanchezza e la volontà di andare oltre; questo lo capisco, ma tu devi capire che finché uno solo di voi rimane in vita, esiste anche il rischio che rinasca la volontà di sterminarci; quindi, se anche ci volesse tutto il tempo dell'universo, dovete essere combattuti...--. Ogni allarme della Guardiano iniziò a suonare e lampeggiare e la voce di Bimba tuonò dal sistema di diffusione audio: --tenetevi forte, onda d'urto livello 10, in 5 secondi!--; ci guardammo tutti in faccia l'uno con l'altro e poi fu l'inferno.
Mi ripresi per ultimo, udendo il suono del pianto di Gloria e vedendo il viso di Eva rigato dalle lacrime; Lortan era impietrito e teneva le sue mani sulla testa. Non capivo: --Bimba, rapporto danni!--; Bimba apparve vicino a me con uno schermo olografico in mano; lo schermo stava visualizzando un pianeta spezzato in tre blocchi principali e un'infinità di frammenti minori, in rapido allontanamento: Marte.
Bimba, per cercare di salvarci, aveva attivato i motori I.L., al solo scopo di massimizzare il sistema di smorzamento inerziale; noi eravamo tutti in buone condizioni, anche se disperati; i nostri ospiti erano morti, a causa delle enormi accelerazioni subite quando l'onda d'urto ci aveva colpiti. Subire un'onda d'urto di livello 10 era l'equivalente del trovarsi nel centro di un' esplosione nucleare qualunque. Dalla distanza orbitale a cui ci trovavamo, con il sistema inerziale al massimo, eravamo sopravvissuti solo grazie all'enorme resistenza fisica di noi vampiri, mentre i nostri ospiti non avevano più un solo osso intero.
Mi avvicinai ad Eva, le toccai un braccio per farmi notare; lei si girò verso di me, con gli occhi pieni di lacrime, dolore e tristezza. La presi fra le mie braccia; prese a singhiozzare e andò avanti molto a lungo. Lortan, aveva fatto lo stesso con Gloria. Come al solito, i maschi non mostravano gli stessi sentimenti delle femmine e, almeno per il momento, potevano dare un aiuto immediato e concreto, ma in situazioni estreme come quella che ci trovavamo ad affrontare, non c'era niente che la lucidità rendesse possibile e quindi era del tutto inutile mantenere una qualsiasi forma di calma.
Ero in piedi davanti ad Eva e Gloria, mentre Lortan era seduto vicino a Gloria e la teneva per mano. Bimba era in piedi poco lontano, scioccata ne più ne meno di quanto lo eravamo noi. Guardavo tutto questo e ad ogni istante che passava mi rendevo sempre di più conto che, forse, quelle tre persone erano le ultime rimaste del mio popolo, oltre me. Iniziai a tremare, la vista si fece sfuocata ed in lontananza sentivo qualcuno che urlava, dei colpi all'interno della Guardiano. Certo, qualcuno che si disperava, che sfogava la sua impotenza, la sua frustrazione, il suo dolore, picchiando, forse, i pugni su di un tavolo. Ma le urla erano sempre più forti, i colpi più tremendi. Ora udivo anche un'altra voce, che chiamava il mio nome; ma era lontana e quasi non riusciva a farsi udire oltre quelle urla e quei colpi. Ora le urla ed i colpi erano vicinissimi, erano così forti che sembravano addosso a me e qualcosa cominciò a stringermi molto forte. Ero immobilizzato, i colpi non si sentivano più, ma le urla erano ancora più forti, così forti che erano entrate nella mia testa; un bruciore enorme si irradiava dal mio petto per tutto il mio corpo; di colpo l'insensibilità che mi aveva paralizzato fino a quel momento svanì e tutto fu chiaro: ero io che stavo urlando, ero stato io a colpire una paratia della Guardiano, a mani nude. La paratia mostrava evidenti segni dei miei colpi, ma le mie mani erano distrutte. Ora smisi di urlare, fui completamente conscio del dolore alle mani e svenni, sfinito.
Di nuovo aprii gli occhi e tutti erano intorno a me, ma questa volta Gloria non ebbe di che rimproverarmi, ma mi abbracciò fortemente e con dolcezza; la strinsi anche io, nonostante le mani mi facessero ancora male. Si spostò da me quel tanto che fu utile per guardarmi negli occhi e per farmi guardare nei suoi. Poi sorrise. Ci impiegai alcuni secondi a rendermi conto che il suo sorriso non stava cercando di confortarmi, ma era invece un sorriso di prudente felicità; il mio sguardo dovette manifestare una qualche forma di stupore e allora Gloria mi spiegò: --è quasi un miracolo, ma le vittime sono solo il 5% e per lo più fra la popolazione umana. Ancora una volta si sono sbagliati e ci hanno sottovalutato. Anzi hanno sottovalutato Bimba. Questa deliziosa bambolina, mentre dava l'allarme, ha inventato una soluzione che ha dell'incredibile. Devi sapere che i rifugi che tu stesso hai aiutato a bonificare, sono dotati di schermi difensivi immensamente potenti, auto-alimentati con generatori materia-antimateria praticamente identici a quelli della Guardiano, che producono un campo gravitazionale autonomo, trattengono l'aria e, soprattutto, generano un campo anti-inerziale che impedisce forti accelerazioni. Tutto questo allo scopo di stabilizzare i rifugi in caso di attacchi nucleari o comunque esplosioni enormi. In definitiva quelle zone di Marte si comportano come un'astronave, rendendole autonome, come isole, ma molto più in grande. Il problema era che Marte era a pezzi e c'era il rischio che con il tempo le varie parti si allontanassero fuori dal sistema solare, troppo lontano affinché il Sole potesse più scaldare la superficie. Bimba, sfruttando i motori della Guardiano, ha generato una singolarità gravitazionale enorme, localizzato nel centro di massa che era prima il centro del pianeta e praticamente ha rimesso insieme i pezzi!--. Mi mise davanti agli occhi un d-pad solido, perché, come scoprii poi, l'energia della Guardiano era praticamente esaurita e anche Bimba era entrata in modalità riserva. Il d-pad mostrava Marte di nuovo intero seppure con qualche evidente frattura e qualche pezzo mancante. Allargai l'immagine per vedere che fine avessero fatto le parti mancanti e mi resi conto che stavano lentamente avvicinandosi alle zone da dove provenivano, per poi, presumibilmente, ritornare al loro posto. Comunque, il 5% della popolazione corrispondeva a migliaia di esseri umani. Ancora una volta avevano fallito il loro scopo principale di distruggerci definitivamente, uccidendo quelli che dovevano essere, secondo le loro deliranti intenzioni, difesi.
Con il residuo di energia disponibile, atterrammo per fare scorte di materia ed antimateria, riparare i pochi danni subiti dall'astronave e dare una mano per aiutare in quello che era possibile. All'atterraggio venimmo accolti da un clamore di persone indaffarate a curare i feriti umani, a dispensare cibo, bevande, coperte. Scendemmo dalla Guardiano, consci del miracolo a cui assistevamo. Il pianeta era sostanzialmente intatto; solo una minima parte di atmosfera era andata perduta e sarebbe stata rimpiazzata grazie a processori ambientali, che comunque facevano parte integrante del mantenimento della biosfera; Marte, già a causa della sua ridotta gravità, aggravato dalla mancanza di un campo magnetico che lo difendesse dal vento solare, aveva un elevato tasso di dispersione dell'atmosfera nello spazio, accelerato, inoltre, dell'aumentata temperatura imposta dall'aumento di pressione atmosferica. Ovviamente i processori ambientali erano collocati nelle immediate vicinanze dei rifugi, quindi erano rimasti praticamente integri e funzionanti.
Consegnammo la Guardiano ai tecnici e agli ingegneri, per le operazioni di manutenzione, diretti al centro di comando, sicuri di aver lasciato sia la nave che Bimba in competenti e amorevoli mani.
L'accoglienza che ricevemmo fu decisamente minore rispetto a quello che era stato previsto in un primo momento, ma comunque, visto anche l'apporto alla soluzione della crisi in atto, fu relativamente festosa; Lortan ci accompagnò verso la sala del consiglio, probabilmente uno dei luoghi meglio schermati e difesi dell'Universo. La porta che vi dava accesso, si apriva su un salottino, tutto meno che formale; sulla sinistra un piccolo bar, con dispensatori di alimenti e bevande di ogni sorta e genere; sulla destra un ampio schermo, con una piccola consolle, da cui si poteva accedere a ogni database del pianeta e del sistema solare, Terra compresa. Difronte allo schermo un semicerchio di poltrone, ma sarebbe meglio dire di divanetti, con l'occorrente per comandi base dello schermo e, soprattutto, un tavolino (per ogni divanetto), dove poter appoggiare cibo e bevande. Quello era il luogo dove il consiglio direttivo degli anziani si riuniva per risolvere ogni crisi che si presentava, per emettere nuove direttive, leggi e regole, impiegandoci tutto il tempo necessario. Tutto questo lasciando nella completa ignoranza gli abitanti della Terra e degli altri pianeti che componevano il cosiddetto “dominio umano”. Gli stavamo letteralmente davanti agli occhi, ma come ha detto qualcun altro, “non c'è modo migliore di nascondere qualcosa che dove è più ovvio che NON possa stare: in piena vista”.
Le “poltroncine” erano tutte occupate eccezion fatta per i 4 posti centrali. Quando entrammo nella sala tutte le teste si girarono verso di noi, ansiosamente attesi. Quello che avvenne sembrava essere stato coreografato da abili professionisti della danza: a cominciare dal primo consigliere sulla destra, si alzarono come un'onda umana e si avvicinarono, prima a me, mi strinsero la mano, passando alle ragazze che vennero tutte accuratamente baciate, per finire con Lortan, che era mancato solo per poche ore, ma che tutti erano ben felici di vedere vivo e vegeto. Ci avevano appena invitati ad accomodarci ai nostri posti, che, notai, erano leggermente separati dagli altri e che erano, appunto, quelli centrali, che una voce dal fondo della sala richiamò l'attenzione di tutti: --posso entrare?--. Era Bimba, che pur non invitata, aveva ritenuto di aggregarsi al nostro piccolo gruppo, proiettando la sua immagine nella sala del consiglio. In realtà nessuno aveva pensato di invitarla, visto che, fino a pochi minuti prima, non poteva neanche materializzare la sua immagine, per l'esaurimento dell'energia della Guardiano. Ora, evidentemente, il problema era stato risolto. In realtà c'era qualcosa di strano; l'immagine di Bimba era addirittura più nitida e definita di quello che ero abituato a vedere, ma forse dipendeva dai proiettori olografici della sala, magari più avanzati di quelli della Guardiano. Lei si stava avvicinando timidamente e mi guardava dritto negli occhi; ok, è sempre stata una “ragazzina”, cortese e discreta, ma ora mi sembrava decisamente intimidita; troppo. Sul suo viso si materializzò un sorriso spettacolare e lei corse verso di me, allargando le braccia. Quando il suo piccolo corpo mi colpì, la sorpresa fu così grande che cademmo, tutti e due, sul divanetto di cortesia al centro della sala. Mentre ero lì incredulo e felice, uno dei consiglieri, che successivamente seppi chiamarsi Abel, mi spiegò: --è una delle tante sorprese che ogni tanto ci regala il dipartimento di ricerche avanzate, tutto opera di Bimba stessa e delle sue scoperte, che poi è quello che sta pure costruendo la Guardiano II, ammesso che vogliate mantenere il nome--. Guardai la piccola Bimba che ancora era felicemente abbracciata a me e non avrei saputo dire in cosa differiva da una ragazzina nata da una donna: era calda, morbida, sentivo addirittura il suo cuore battere veloce e il petto alzarsi ed abbassarsi nel respirare; le presi il viso fra le mani, accarezzandolo; perfetta! Anche le lacrime di gioia che scivolavano sulla sua luminosissima pelle, erano più che mai vere. Ancora una volta la felicità, anche nei momenti più tristi, arrivava dalle persone che amavo, perché, ormai, Bimba era vera e reale. Percepivo una forte emozione intorno a me, che si manifestò nella voce di Eva: --Bimba!--. Eva era lì con le braccia aperte, le lacrime agli occhi, felice ancora più di quando aveva saputo che Bimba rappresentava una nostra figlia futura. Bimba si staccò da me e corse fra le braccia di Eva. Si strinsero molto forte (mi sembrò di sentire scricchiolare qualche vertebra) e poi appoggiarono le loro fronti l'una contro l'altra e alla fine Eva baciò la fronte della piccola e le accarezzò il viso sorridendo.
Abel, che aveva atteso pazientemente che quel tornado emotivo potesse sfogarsi, ci richiamò all'ordine: --ho da mostrarvi una cosa molto interessante...--, era alla consolle principale e stava, tramite un comunissimo mouse, estraendo un file video, ad altissima risoluzione, --...mentre stavamo tutti svenendo in preda alle convulsioni, la nostra splendida Bimba ha avviato un processo di monitoraggio video e sensoriale, che ha mantenuto per tutto il tempo, fino al rientro su Marte; ora sappiamo esattamente cosa è successo, perché e soprattutto sappiamo dove sta andando la nave superstite che era occultata dietro Phobos. Infatti pur sapendo quello che stava per succedere, non si sono allontanate in tempo; dei veri fessi, che non solo sono sprovveduti a livello di semplice tattica militare, ma dispongono di una intelligence imbarazzante. Comincio a pensare che siano solo miseri esecutori e che non siano neanche gli ideatori e sviluppatori delle tecnologie che hanno utilizzato per attaccarci--. Intervenni, per aggiungere una idea che mi era balzata in testa proprio a causa di quelle affermazioni riguardanti la pochezza della strategia dei nostri attaccanti: --secondo me è pure peggio di quello che sta emergendo; stanno infatti dimostrando il più assoluto disinteresse per le morti umane collaterali, come fossero accettabili o addirittura di nessun conto. Se il piano di distruggere Marte fosse andato completamente in porto, sarebbero morti oltre un milione di esseri umani; sulla nave andata distrutta, io credo perché non erano stati adeguatamente informati della potenza e della rapidità dell'esplosione, sono morti circa 500 esseri umani e chissà se anche sull'altra non vi siano state vittime. Come minimo si può dire che siano andati persi combattenti anti-vampiro. Credo che i nostri nemici non siano semplici esseri umani--. Sullo schermo era mostrata la posizione della nave superstite, in allontanamento dal Sistema Solare. Apparentemente la sua rotta puntava verso il sistema di Alpha Centauri. Ora, si trattava solo di stare a vedere gli sviluppi e cercare di capire chi, di preciso, fossero i mandanti e quali altre sorprese avessero in serbo.
La mia idea era stata accolta con preoccupazione, da tutti i consiglieri e anche dal nostro gruppo, perché questo portava ad un'ulteriore livello la lotta che, nostro malgrado, combattevamo da ormai tanto tempo.
Abel continuò con le rivelazioni riguardo gli accadimenti: --la frammentazione del pianeta è stata causata dalla trasformazione del materiale depositatosi sulla superficie dopo l'attacco nucleare iniziale. A quanto pare il decadimento della polvere ha dato vita, reagendo con la terra che normalmente compone la superficie marziana, ad un campo antigravitazionale, che seguendo le linee di minor resistenza della struttura planetaria, ne ha determinato la destabilizzazione e quindi la separazione a causa della forza centrifuga. L'intervento di Bimba nel separare e allontanare la polvere nucleare ha limitato i danni; sospettiamo che altrimenti il processo di frammentazione sarebbe proseguito fino al disgregamento totale, polverizzando letteralmente l'intera massa planetaria. Fortunatamente, i sistemi di difesa installati nelle zone di raccolta, che voi avete ulteriormente rafforzato, erano sconosciuti ai nostri attaccanti, contribuendo alla salvaguardia della struttura e riducendo al minimo i danni e le perdite umane--. Disse quelle ultime parole con evidente tristezza, perché molti di quegli umani deceduti nell'attacco erano stati amici e compagni, oltre che colleghi. È questo che i nostri attaccanti non riuscivano a comprendere della civiltà instaurata nella galassia negli ultimi secoli: umani e vampiri stavano integrandosi in un unico popolo, con benefici per entrambe le razze; era ora di mettere fine a tutto questo massacro e l'unica maniera era quella di capire chi fossero questi nostri nuovi nemici e se necessario far capire loro in quale ginepraio si erano andati a cacciare; far infuriare e mettere alle strette gli esseri umani e quindi i vampiri, loro cugini, significava scatenare nell'Universo una forza primordiale che ha sempre comportato devastazioni e morte inimmaginabili e terrificanti. Se come stavo sospettando, i nostri nemici erano addirittura di provenienza extra-galattica, sarebbe stata una lotta mostruosa e sanguinosa, ma necessaria, perché il mio popolo e le persone che amavo erano in pericolo e questo mi rendeva determinato a fare qualunque cosa necessaria per tenerli al sicuro. Purtroppo sospettavo che sarebbe potuta essere anche una guerra sporca, combattuta con mezzi distruttivi assoluti, come peraltro, aveva dimostrato il recentissimo attacco a Marte.
Abel ci richiamò tutti all'attenzione: --adesso, visto che la giornata è stata intensa e siamo tutti sfiniti e stressati, suggerirei di prenderci una pausa e per chi lo vuole possiamo trasferirci nella sala ristorante...--. Nessuno si dimostrò così stanco da non riuscire ad accettare quella favolosa occasione di ristoro e rilassamento. Rapidamente ma con il massimo ordine tutti si diressero verso l'uscita della sala del Consiglio degli Anziani; una mano mi si appoggiò su una spalla; mi girai nella direzione da cui veniva quel richiamo e vidi che era Abel, che sorridendo, mi faceva cenno di seguirlo alla consolle di comando. Si unirono a noi anche le tre ragazze e Lortan. Armeggiando con i comandi fece apparire l'immagine interna di un hangar navale non lontano da dove ci trovavamo; la nave inquadrata sembrava la Guardiano, ma mi resi conto subito che le dimensioni erano molto diverse, perché, nonostante l'immagine dell'astronave fosse tutta all'interno dello schermo, vedevo distintamente delle persone affaccendate intorno ad essa; era più piccola, lunga circa 25 metri. Pensai che potesse essere una classe di navi di appoggio, che prendeva il meglio, in piccolo, dalla tecnologia applicata alla Guardiano. Così domandai: --e la Guardiano II?--. Abel mi guardò serio e con una sfumatura divertita e mi rispose: --è quella la Guardiano II--. Non riuscivo a crederci: --ma è piccolina!-- ero sicuro che non potesse essere possibile e che forse fosse addirittura uno scherzo. Abel senza battere ciglio zoomò sulla chiglia della piccola astronave, subito sotto alla zona frontale e il nome che si rivelò mise fine al mio stupore: Guardiano II.
La forma ovale era stata mantenuta, ma ovviamente le proporzioni era state modificate; la sezione verticale era stata maggiorata, per far fronte al fatto che ora delle persone dovevano potersi muovere agevolmente; il ponte di comando era stato spostato davanti, per consentire una visuale diretta dell'esterno per le manovre a vista, dato che la Guardiano II poteva atterrare sulla superficie di un pianeta, come anche la Guardiano I, che però eseguiva le manovre in maniera automatizzata: selezionava l'area di dimensione adeguata più vicina al punto di atterraggio programmato e tramite sensori appositi, procedeva alle manovre opportune, adattando anche l'altezza relativa dei piloni di appoggio, in maniera che fosse perfettamente livellata; la Guardiano II la si poteva manovrare a vista, davanti, e grazie a cavi a fibra ottica, che rimandavano la luce in maniera analogica, in tutte le altre direzioni; date le così ridotte dimensione poteva entrare in qualsiasi hangar; tutto questo aveva lo scopo di permettere, anche nelle situazioni di emergenza (cioè con i sistemi elettronici in avaria) di manovrare e atterrare. Questo ci stava illustrando Abel, ma Eva ebbe da obiettare: --ho fame; parliamone domani--. Siccome il tono di quell'affermazione non prevedeva dibattiti o rifiuti, tenendo un braccio intorno alle spalle di Bimba, si girò e si avviò verso la sala ristorante; conferenza aggiornata. La seguimmo senza ulteriori indugi.
Dopo la cena, pure troppo abbondante e prolungata, decisi di andare a vedere le operazioni di soccorso a che punto stavano; vidi Lortan dirigersi verso l'uscita del palazzo del consiglio e lo chiamai: --stai andando agli ospedali?--; si girò verso di me sorridendomi; mi resi conto solo allora che era a braccetto con Gloria: --no, sono stati tutti medicati o, purtroppo, sistemati in attesa di essere sepolti e credo che stiano perlopiù dormendo. Vado a vedere domattina, ma se vuoi andare a dare un'occhiata, penso che troverai la mia assistente Nadia di turno--; nel frattempo mi ero avvicinato a loro due e non potei fare a meno di notare che Gloria era sfinita (mi sorrise, a malapena notando la mia presenza). Decisi di rimandare la mia visita di Capo del Consiglio a quando sarebbe stata forse più utile a dare maggiore coscienza del sostegno del Consiglio e quindi presi appunto mentale di recarmi agli ospedali da campo la mattina successiva. Stavo riprendendo il completo contatto con la realtà del mio ruolo nella comunità dei vampiri; anche se io non ricordavo nulla, tutti sul pianeta mi conoscevano e ormai sapevano quello che mi era accaduto e che, al momento, ero a mezzo servizio; ciononostante, avevo compiuto delle azioni molto simili ad atti di eroismo, così le aveva definite Abel, e nessuno si preoccupava delle mie difficoltà mnemoniche: le mie azioni dimostravano quanto mi importava della gente che componeva la popolazione di Marte, sia che fossero umani o che fossero vampiri. Ero a disagio per come mi guardava la gente mentre passavo fra di loro, perché a me era sembrato normale agire in quel modo e anzi mi ero reso conto che la fretta di bonificare il pianeta dalla polvere radioattiva aveva creato le condizioni per la morte di molte persone e questo mi faceva male. Sapevo di non avere colpe; quello che mi disturbava era la consapevolezza di essere stato manipolato; non mi sentivo assolutamente un eroe.
Mentre salutavo Lortan e Gloria, venni raggiunto da Eva e Bimba, evidentemente stanche pure loro1; per decisione unanime il gruppo optò per ritirarsi a dormire. Quando fummo vicini al nostro alloggio (vale a dire mio e di Eva) mi resi conto, stimolato dall'atteggiamento di Bimba, che non accennava ad andarsene, che l'improvviso trasferimento dell'essenza di Bimba nel suo nuovo corpo artificiale, non aveva dato tempo a nessuno di trovare anche per lei un appartamento (ammesso che ne volesse uno). Guardando Eva, alla ricerca di un'approvazione di cui peraltro non dubitavo, mi rivolsi a Bimba: --se non sbaglio, non ti è stata assegnata una stanza, giusto?--; il perfetto sorriso di Bimba mi fece capire che aveva capito dove stava andando a parare il mio discorso e la sua risposta completò la mia impressione: --no; se mi ospitate starò buona buona--; Eva sorrideva verso di me con aria saputa e annuendo; avevamo raggiunto l'appartamento che ci avevano assegnato e aprendo la porta accettai la promessa di buon comportamento di Bimba: --non ne dubito minimamente; rimani quanto vuoi--. Entrammo tutti, girando gli occhi intorno per vedere come erano disposte le camere e, in generale, l'appartamento; fu subito evidente che mancava un letto per Bimba; cercai e trovai il telefono dell'appartamento e digitato lo zero, alla voce che rispose chiesi se avesse saputo indicarmi dove andare a rimediare un letto supplementare. Quello che seguì fu una delle conversazioni più irritanti e imbarazzanti che avessi mai sostenuto; non era proprio la giornata adatta... Un suono (che indicava che dall'altra parte avveniva uno squillo di chiamata) e una voce atona che rispondeva: --in cosa posso esserle utile?--; io: --scusi se la disturbo; il mio nome è Adam e chiamo dalla camera 145. mi servirebbe un letto aggiuntivo--; ascoltai in attesa dell'indicazione che avevo richiesto, ma l'attesa si prolungava; quando avevo ormai deciso di verificare la presenza del mio interlocutore, con perfetto tempismo questi si palesò così: --mi scusi signore, ho controllato, ma la sua camera è matrimoniale e questo significa che prevede solo un letto per due persone...--; smise di parlare, come se quello che aveva appena detto avesse definitivamente risolto qualcosa, ma a me serviva un letto in più, quindi: --me ne ero reso conto da solo entrando, ma ho deciso di ospitare una signorina...--; lo lasciai a meditare sul fatto che la mia decisione era già stata presa, ma di nuovo dall'altro capo del telefono mi arrivò di rimando solo silenzio; attesi ed infine così proseguì il mio interlocutore: --non dubito della sua perfetta capacità analitica a riguardo della composizione dell'appartamento, signore, ma il nostro complesso residenziale è stato progettato in maniera precisa e meticolosa per rispettare ogni esigenza abitativa e andare a modificare questa condizione non è possibile... forse, domani, potremo vedere se sia possibile trovare una sistemazione per la sua ospite supplementare...--; mi stavo decisamente innervosendo e decisi di interrompere quello sproloquio: --mi deve veramente perdonare, ma forse non mi sono spiegato adeguatamente; io devo sistemare la mia ospite per questa notte, non domani; come indicato sul foglio affisso sulla porta, ho selezionato il numero a cui rivolgersi per QUALUNQUE necessità e lei è stata la persona che ha risposto alla chiamata e che quindi dovrebbe cercare di risolvere la mia necessità, che è sistemare la mia ospite, nel mio appartamento, stanotte. Ma, comunque, se questo proprio non le è possibile, è sufficiente che mi indichi dove posso trovare il letto extra che mi serve; provvederò di persona al trasporto--; ancora una volta attesi convinto di essermi espresso con la massima chiarezza; ancora una volta mi ero sbagliato. Lui: --posso sicuramente indicarle il magazzino dove sono stivati i materiali extra, ma questo è vietato e poi dovrei consegnarle le chiavi del suddetto, ed è una cosa assolutamente vietatissima anche questa; senza considerare che abbiamo personale apposito per il trasporto del materiale che eventualmente si rendesse necessario spostare; non posso quindi consentirle di effettuare lo spostamento da solo; lei capisce che se si diffondesse l'abitudine, tra i nostri ospiti, di fare da soli quello che altre persone sono pagate per fare, si rischierebbe di perdere posti di lavoro importanti per le famiglie dei nostri lavoratori--. Adesso venivano fuori anche delle rivendicazioni sindacali. Quell'uomo era un muro di gomma e io stavo prendendo una brutta china: quella che passa per la rabbia e finisce nelle percosse; tentai un'ultima volta, giocando la carta della compassione: --senta, con quello che è successo oggi, è stata una giornata molto, molto faticosa per tutti e abbiamo bisogno di riposo e tranquillità; se potesse chiudere un occhio sulle giuste regole del vostro complesso residenziale, saprei ricompensarla adeguatamente. Si?--; e invece no, per l'ennesima volta: --sono proprio spiacente, signore, ma non posso accettare compensi extra-salariali; sono pagato, e bene, anche per fare rispettare scrupolosamente il regolamento; buona notte--. Mi aveva riattaccato in faccia, offeso. Stavo guardando il telefono, deciso ad atti di ritorsione devastanti, ma contai fino a dieci... tre volte; poi decisi di agire in maniera diversa. Mi girai verso Eva e Bimba, che avevano seguito la mia conversazione con quel pedante e pignolo impiegato, vedendomi sempre più preda dello sconforto e, forse, di una certa irritazione, che poteva anche sfociare in qualcosa di pericoloso. Invece le guardai e me ne uscii con queste parole: --piano B--.
Cominciai a dispiegare i punti del piano; dopo essermi di nuovo guardato intorno ed aver individuato una porta dati, chiamai Bimba vicino ad essa: --dovresti trovare le planimetrie di questo posto; mi serve sapere la posizione del magazzino dove sono stivati i mobili extra per le camere--; Bimba, senza fare una piega, infilò il dito indice della sua mano destra nella presa dati, circolare. Vidi chiaramente l'anatomia del dito trasformarsi per adattarsi perfettamente alla presa, ivi compresa la composizione, vale a dire il materiale di cui era composta: era diventata una spina dati ad alta velocità. Lo sguardo di Bimba divenne vitreo, ma solo per alcuni istanti; sfilò il suo dito dalla presa e guardandomi, un'espressione malignetta apparve sulla sua faccina; si voltò verso la porta e mentre la apriva disse: --trovato; seguitemi, non è molto lontano--. La seguimmo.
Dopo alcune svolte e circa 200 metri di corridoi, ci ritrovammo davanti al segretissimo magazzino. Provai ad aprire la porta, ma era, ovviamente, chiusa. Passai alla modalità iper; la porta, non senza qualche lamento (il suono metallico del chiavistello che si spezzava), si aprì, dischiudendo alla nostra vista la caverna del tesoro: letti, comodini, sedie, qualche armadio e, su delle scaffalature alle pareti, cuscini, lenzuola, coperte e federe. Ci organizzammo così: io afferrai la struttura metallica del letto, Eva il materasso, Bimba coperte cuscino e quant'altro potesse servire.
Ma le sorprese non erano finite, infatti, avevamo appena percorso pochi metri in direzione del nostro appartamento, che ecco arrivare di corsa, in una condizione di affanno totale, tre persone. Uno era molto magro, con i capelli corti e degli occhialini dalla forma rotonda e montatura leggera; gli altri due erano molto più massicci, uno biondo e uno moro e la scritta “sicurezza” li qualificava perfettamente; per esclusione fu ovvio che l'altro doveva essere il mio interlocutore telefonico; Eva mi parlò a bassa voce: --pensa, c'era un allarme collegato alla porta!--; aveva proprio ragione.
Il tipo mi si parò davanti, con tutta la sicurezza di chi si trova dalla parte della ragione, protetto dal rango del suo ruolo, dalle sacre regole che era sua missione far rispettare. Un classico esempio di fallito di successo, quel tipo di persona che del proprio ruolo lavorativo, magari anche di assoluto prestigio, ne ha fatto ragione e UNICA giustificazione della propria vita e che quindi protegge con ogni fibra del proprio essere, senza rendersi conto che il proprio reale valore come persona risiede in ben altre cose: rispetto degli altri, flessibilità nei giudizi, gentilezza fin dove possibile, che a scatenare sante crociate c'è sempre tempo.
Ero sicuro di avere davanti a me mezz'ora di puro e sanissimo divertimento; dopo avermi reso la fine di una giornata, già tragica, ancora più sofferta, adesso era il mio turno; nessuno, per quello che io ricordi, si è mai potuto permettere di mettermi i piedi in testa (e mi riferisco ai 15 anni che ho vissuto ignorando chi fossi realmente), senza pagarne le conseguenze. Lo guardai di rimando, sollevando appena un sopracciglio, in aperta sfida: doveva esporsi fino in fondo, perché io non avevo la minima intenzione di fare un singolo passo indietro.
Un barlume di disappunto balenò nei suoi occhi, dato che era sicuramente convinto che avermi preso con le mani nel vasetto dei biscotti, mi avrebbe messo in imbarazzo e mi avrebbe fatto chinare la testa, sottomesso. Ma in quel momento aveva difronte una faccia di pietra. Recuperò il suo aplomb ed esordì in questa maniera: --signore, lei si trova in grossi guai; secondo il codice di sicurezza vigente, paragrafo 4, comma 12: “chi sottrae senza autorizzazione materiale di appartenenza del complesso residenziale 'il buon riposo', in seguito indicato con 'il complesso', può essere trattenuto, anche con la forza, in attesa delle forze dell'ordine, che lo prenderanno in custodia per svolgere le opportune indagini al fine di stabilire la pena e i danni da rimborsare, siano essi materiali e/o morali”--; detto questo (citato perfettamente a memoria, non ho dubbi, virgola per virgola), fece cenno ai due vigilantes, che si avvicinarono, uno per uno, a me e ad Eva; Bimba, che, per quanto ne sapevano loro era una indifesa ragazzina, venne lasciata tranquilla; uno finì lungo disteso, a scivolare nel corridoio; l'altro, si schiantò contro una parete; entrambi erano svenuti, ma sostanzialmente incolumi. Il nostro amico era decisamente in imbarazzo, ora che le sue guardie del corpo erano fuori gioco; lo vidi tirare fuori da una tasca della giacca verde, di alta sartoria, un piccolo congegno con un unico pulsante rosso, che lui pigiò prontamente e con evidente sollievo. Era un allarme silenzioso, visto che nel giro di pochi secondi, dalla parte di corridoio da cui erano arrivati i nostri aguzzini, arrivarono, in successione, Lortan, Gloria e Abel. Ora veniva il bello. Quando li vide, riprese colore e sicurezza, così cercò di iniziare a spiegare i fatti; venne accuratamente ignorato da tutti e tre, che invece si avvicinarono a me e ad Eva; il colpo di grazia lo inferse, involontariamente, Gloria, rivolgendosi a me: --che succede fratello, è stato attivato l'allarme di massima sicurezza, ma gli schermi di controllo indicano che tutto è a posto--. Aveva in mano un d-pad, con gli indicatori tutti sul verde; lei aveva sicuramente notato il materiale che io, Eva e Bimba avevamo intorno a noi, ma non poteva immaginare quale fosse la reale natura del problema. Sul mio viso si allargò un sorriso e non feci altro che girare gli occhi, ad indicarlo, verso il bel tomo (“te lo spiega quello lì”), che difronte alla definizione che Gloria aveva usato nel rivolgersi a me, era diventato bianco e rigido (credo uno stato di rigor mortis caldo): stava cominciando a realizzare in quale incredibile e devastante vicolo cieco si era infilato.
Gloria e Lortan e Abel si girarono contemporaneamente verso di lui e dalle loro espressioni nel vedere il pulsante che aveva attivato l'allarme, esso capì chiaramente di essere spacciato. Fu quella gentile persona che si era dimostrato Abel ad afferrarlo per un gomito e a trascinarlo, facendogli appena appena toccare i piedi a terra, oltre il primo angolo del corridoio (a circa una ventina di metri) e appena svoltato, a fargli quella che fu una lavata di capo spaventosa; ebbi modo di notare che la voce di un vampiro può raggiungere toni e timbri capaci di incrinare pure il cemento più resistente. Nel mezzo di quella specie di rumore bianco emesso dalle corde vocali di Abel mi parve di riconoscere una particolare combinazione di parole: incosciente, esaltato, pedante burocrate, inframmezzate ad alte parole che, sono sicuro, le vostre orecchie delicate e timorate di Dio (o Dei) troverebbero, ehm..., dolorose, nonché indecorose. Ci fu una breve pausa, circa un minuto, ma forse era solo la relativa differenza di volume a trarmi in inganno, e poi sia l'uno che l'altro ricomparvero. Abel si avvicinò per primo e si mise subito alla destra di Bimba, come una persona che invita un'altra a farsi avanti. Il pedante burocrate si mise difronte a Bimba e fece ammenda: --credo...--, venne interrotto da Abel, vagamente ringhiante: --credi?--; il p.b. (pedante burocrate, povero buffone, perfetto babbeo, ecc...) deglutì e riavvolse il nastro: --sento il bisogno di chiederle di perdonarmi, signorina, perché mi sono comportato senza il minimo riguardo per le sue difficoltà; la prego di credermi che non avevo capito l'importanza della cosa...--, id est2: “con chi avevo a che fare”, --...e di assicurarla che questo genere di disguidi non si verificherà mai più e che qualunque necessità le occorra di risolvere, potrà senz'altro contare sulla mia solerte attenzione--. Nonostante avesse cercato di smorzare i toni delle sue colpe, sembrava sincero e anche Bimba se ne era resa conto; le sembrò normale accettare quelle scuse: --le chiedo scusa per il disagio provocato e mi auguro che questo incidente possa essere dimenticato presto--. Porse la mano al p.b., che la strinse sollevato e impressionato dalla dolcezza e dalla gentilezza di quella strana ragazzina. Poi, con un inchino da perfetto maggiordomo d'altri tempi, si girò sui tacchi e se andò, cercando di recuperare la sua compostezza.
Bimba era una vera principessa e io, come tutti gli altri, ero impressionato. Avevamo davanti a noi una persona artificiale, che racchiudeva le più avanzate conoscenze robotiche, quantistiche e le più deliziose caratteristiche umane in un insieme straordinariamente perfetto di efficienza e bellezza.
L'incidente era chiuso e tutto il nostro gruppo arrivò presso la camera 154 ed entrò (era un appartamento piuttosto spazioso). Solo in quel preciso momento mi resi conto che a fianco della camera matrimoniale c'era un altra porta; la guardai con un aria un po' colpevole, appoggiai a terra la rete del letto e avvicinatomi alla porta la aprii con timore, era un'altra camera completamente arredata, letto escluso. Eva e Bimba erano dietro di me, per osservare come organizzarsi, senza essersi rese conto di quanto stavo invece realizzando io, e quando mi girai in preda ad una certa fretta di controllare una cosa, quasi le travolsi. Eva mi guardava con l'aria di chi non capisce che cosa sta combinando un'altra persona, ma come tutti gli altri dovette aspettare che potessi confermare i miei dubbi. Arrivai alla porta principale dell'appartamento, la aprii, ancora una volta con un certo timore, guardai il numero che indicava la camera. Cazzo, cazzo, cazzo. 154, non 145. Mi girai verso l'interno e guardai gli altri: --oops!--; Eva non capiva e meno che meno gli altri; spiegai: --al pedante burocrate, al telefono, ho detto che la nostra camera era la 145 e a lui risultava che fosse solo matrimoniale--. Tutti alzarono il loro sguardo al numero sulla porta. Mi è stato riferito che le risate sono state sentite in tutto il complesso residenziale.
Quello che era successo era evitabile, anche se alla fine, indipendentemente da come era nato il problema, il p.d. aveva veramente esagerato e si era meritato tutto quello che gli capitato, compreso il 'rimprovero' che aveva subito da Abel. Se però c'era una lezione che poteva essere appresa da quel fatto, era che le situazioni drammatiche, se non addirittura tragiche, facevano sempre emergere il peggio delle persone, che in quella maniera ponevano un muro di difesa contro il malumore e/o il dolore che provavano a causa degli accadimenti. Insisto a dire che poi si meritano comunque di essere punite, perché i motivi del malumore non vanno mai usati come giustificazioni e perché così facendo puniscono altre persone che nulla hanno a che vedere con le cause dei drammi o delle tragedie, ma rimane il fatto che gli esseri umani non sono perfetti e, soprattutto, non sono, se non in rari casi (che non costituiscono statistica) minimamente maturi e quindi in grado di porre in prospettiva fatti e persone.
Era, ormai, molto tardi, ma comunque nessuno di noi si decideva a tornare alla propria camera o appartamento; forse non volevamo rimanere soli, perché quell'incidente ci aveva fatto capire che la patina di civiltà che mostravamo al mondo era in realtà molto sottile e, in quel giorno particolare, aveva subito un duro colpo e mostrava grandi crepature. Come in ogni branco di mammiferi, stavamo vicini e cercavamo conforto gli uni dagli altri. Alla fine fu Gloria a rompere gli indugi: --ragazzi, non riesco a tenere gli occhi aperti, e anche se ora i posti letto sono aumentati...--, guardò verso di me ma io la ignorai accuratamente, --...non ci si sta tutti, quindi, a domani--; cominciò ad alzarsi e a dirigersi verso la porta d'uscita, quando Abel la bloccò: --ho una proposta: ormai è veramente tardi...--, l'orologio indicava quasi le 2 di notte, --...e non vedo che motivo ci possa essere di fare una levataccia, quindi aggiorno il nostro incontro a domani dopo pranzo, diciamo verso le 14 e trenta, così nel pomeriggio vedremo il da farsi e avrò modo di illustrarvi le meraviglie della Guardiano II--; ma Eva non era dello stesso avviso: --non dovremmo iniziare l'inseguimento della nave superstite?--, la domanda era rivolta a tutti oltre che ad Abel, che però si premurò di toglierci ogni genere di preoccupazione: --alla massima spinta quel catorcio arriverà su Proxima III tra un minimo di tre giorni, oggi escluso; a noi sarà sufficiente partire un'ora prima, compresa la manovra di avvicinamento e parcheggio in orbita, quale che sarà l'orbita che decideremo di tenere--. Eravamo tutti letteralmente a bocca aperta: la manovra di avvicinamento e parcheggio in orbita richiedeva, mediamente, 60 minuti; Abel ci stava dicendo che il tempo di viaggio non era da tenere in considerazione e quindi anche la distanza era ininfluente. Quando mi ripresi dalla sorpresa Abel era già andato via, lasciandoci con quell'affermazione misteriosa tutta da scoprire, chiaramente il giorno dopo. Nessuno fece obiezioni e nemmeno ipotesi. Nel giro di un minuto io, Eva e Bimba eravamo soli; già, Bimba. Era letteralmente svenuta dal sonno sopra il divanetto del salotto, mentre i grandi parlavano. Anche se conoscevo, sempre più inconsciamente, la sua natura, sempre più la consideravo solo per la sua apparenza: ora vedevo solo una quindicenne sfinita e placidamente addormentata. Nel frattempo che Eva si adoperava per prepararle il letto, io preparai le poche cose che avremmo dovuto portare con noi per il viaggio, poi aprii il piccolo frigorifero dell'appartamento, per vedere cosa contenesse, perché comunque avevo intenzione di rilassarmi alcuni minuti con Eva prima di mettermi a dormire; era un'eternità che non passavamo del tempo insieme da soli e pur non avendo intenzione di fare del sesso con lei, avevo bisogno di stringerla a me mentre magari bevevamo qualche cosa. Eva riemerse dalla cameretta di Bimba e mi vide proprio davanti al minibar, che tiravo fuori due bibite fresche; mi sorrise dicendo: --il letto è pronto; la porti tu dentro?--; le indicai il divanetto con le bibite appoggiate sopra: --certo, mettiti comoda che arrivo subito--.
1In realtà Bimba non era stanca, ma aveva deciso di programmare, in base a ore di veglia e attività svolte, di simulare l'apparenza delle reazioni umane, compresa l'alimentazione, che comunque trasformava in energia, poi riutilizzata nei suoi sistemi.
2Cioè, in latino.