lunedì 3 giugno 2013

ADE - TERZA PARTE


A questo punto non potevano più esserci dubbi; la razza umana era destinata a diventare schiava di Rudy, pre­cipitando in un era in cui la Terra sarebbe diventata letteral­mente l'Inferno e più prima che poi andare completamente annientata, estinta. Per quanto riguardava me e tutta la re­gione sotto di me, avrei scommesso che saremmo stati in­ceneriti nel giro di pochi secondi. La cosa buffa, se in quella situazione ci poteva essere qualcosa di buffo, era che non mi preoccupava morire (era preferibile morire piuttosto che vedere la razza umana schiava di quell'abominio), ma esse­re così distante da Chris; se proprio dovevamo morire, avrei voluto che avvenisse con lei fra le mie braccia, ma Rudy sta­va volando lentamente verso di me e la navetta e quel mio desiderio non si sarebbe mai realizzato. Si fermò davanti a me, a meno di due metri, mi fissò dritto negli occhi con quel­le due sfere radioattive che erano i suoi occhi, per poi inizia­re un lentissimo avvicinamento, per arrivare a fermarsi nuovamente a meno di 10 centimetri: che avesse deciso di staccarmi la testa con un morso? Potei osservare il suo muso demoniaco come mai avevo avuto occasione di fare prima e rividi il film degli avvenimenti che mi avevano portato in quella posizione, compresa la morte di Simona e ogni timore svanì dalla mia mente; anzi cominciai a provare nuovamente quell'odio devastante che avevo provato quel giorno (era solo ieri, ma sembrava molto più tempo) e con quello che si sarebbe potuto definire un gesto suicida, afferrai quel maledetto corno; venni percorso da una sferzata energetica immensa, tutto il mio corpo sembrò bruciare, esplodere dall'interno, ma non era un vero dolore, ma più un calore che ristorava, corroborava; era come quando dopo essere stati al freddo per tante ore e finalmente si poteva esporre il proprio corpo al calore di fuoco acceso in un caminetto, ci si sentiva sciogliere tutta la rigidità che il corpo aveva acquisito. Mi sentivo... forte, potente e il mio istinto mi disse che non era solo un'illusione; tirai Rudy verso di me, perché sentivo che stava cercando di allontanarsi, per pura reazione; incredibilmente lui non riuscì ad apporsi a me e non so chi dei due fosse il più sorpreso; il punto era che la sua spocchia si stava trasformando in dubbio, la mia rassegnazione in decisione; quella specie di stallo dinamico durava da alcuni secondi e più Rudy cercava di allontanarsi, più io lo trattenevo, così decisi di passare ad un livello superiore; strinsi il corno e applicai una torsione verso sinistra, in senso antiorario; Rudy inizio a girare il collo, incapace di resistere e mostrando di cominciare a provare una lieve forma di panico; d'altronde quando sei abituato ad essere considerato una specie di dio, non riesci a pensare che all'improvviso sei passato al secondo livello della scala naturale e quindi non capisci bene quello che sta succedendo; ma forse lo stavo capendo io: avevo afferrato quella che era, come minimo, l'organo di emissione del suo potere, se non la sua stessa fonte ed invece di venirne distrutto, stavo assorbendo una quantità di energia tale che ora quello più forte ero io; se le cose stavano realmente così forse potevo fare anche di più, così tentai di ritorcere quell'energia contro Rudy stesso; immaginai, desiderai, di emettere la mia volontà di ucciderlo e sentii il calore uscire da me; vidi gli occhi di Rudy spalancarsi, il suo corpo diventare viola ed iniziare a vibrare; ero sicuro che stesse molto, molto male e speravo che stesse per morire, ma come era iniziata, l'energia finì e la trazione che Rudy stava esercitando per sfuggirmi, alla fine ottenne il risultato ed io persi la presa sul corno. Rudy aveva l'aspetto di un animale estremamente malandato e forse fu proprio a causa di quella sua condizione che gli sfuggì qualcosa che mi lasciò molto perplesso: --maledetti Gesaz, ci sono riusciti-- poi emise il suo raggio nero e sparì. Ero vivo, Chris era viva e avevo la netta impressione di aver appena avuto l'aiuto che mi serviva per battere definitivamente Rudy, aka Lucifero; ma ero sfinito e alla fine svenni, proprio mentre il tenente Rossi appariva nella mia visuale, felice, preoccupata e allibita.
Ero in un mondo dagli strani colori, con piante blu, acqua (se era acqua) rossa, animali che si muovevano in lontananza, sotto un cielo viola, illuminato da una stella enorme colorata di un blu elettrico di intensità spaventosa, dalla dimensione apparente di dieci lune. All'improvviso un ombra velò tutta la luce di quello straordinario sole, forse una supergigante azzurra, e seguendo lo spostamento d'aria mi trovai a guardare il dio dei draghi: bianco candido, con una corta ma foltissima peluria che lo ricopriva comple­tamente e almeno dieci volte più grande di Rudy; atterrò da­vanti a me, senza muovere neanche una foglia (se ci fosse­ro state foglie) e solo un lieve spostamento d'aria accarezzò il mio viso; potevo ora vedere il suo muso con dovizia di particolari e la prima cosa che notai fu che invece di essere fatto come di osso rigido, con giusto uno strato di pelle a ricoprirlo, così come sembrava Rudy, aveva una pelle e dei muscoli che costituivano i suoi lineamenti, con tanto di labbra e palpebre che si potevano muovere e creare così innumerevoli espressioni; i suoi occhi erano completamente neri, salvo che per una piccola area centrale di colore bianco, dotati di qualcosa di molto simile ad un cristallino, che poteva così modulare la luce in entrata. Mi sorrise, stringendo i suoi occhi e mostrando i suoi denti, con delle notevoli zanne nella tipica posizione dei canini: --questo è il nostro mondo di origine, Paolo. Non sei quei fisicamente, ma stai vedendo le immagini che io stesso ti sto inviando; è la prima volta, in decine di milioni di anni, che qualche essere senziente riesce a comunicare con noi ed è tutto merito tuo; intendo dire che è la tua mente a riuscire a mettersi in comunicazione con me, altrimenti io non potrei; io non posso neanche venire nel tuo mondo, come tu non potresti venire nel mio, perché le leggi fisiche che li regolano sono diverse e non consentono la nostra vita che nei rispettivi universi-- subito mi venne in mente una ovvia obiezione, ma il drago bianco la anticipò leggendo nella mia mente –Rudy, come lo chiamate voi, è il risultato di un incidente che lo ha reso compatibile alle condizioni del tuo universo, incidente avvenuto proprio nel tentativo di creare un passaggio dal nostro al vostro universo; mentre tentava di attraversare il passaggio, il flusso di energia che teneva aperto il cunicolo trans-universale, ha fluttuato facendo collassare il cunicolo per alcuni infinitesimi istanti; Zertwat, è questo il suo nome tra di noi, è stato investito dalla convergenza dei due sistemi di leggi fisiche, sopravvivendo, ma avendo la sua struttura atomica modificata; siamo poi riusciti a riaprire il cunicolo ma gli fu possibile completare il passaggio solo verso il vostro universo, perché, pur di poco, la sua struttura atomica era maggiormente compatibile proprio con le leggi fisiche del vostro universo--. Smise di parlare, lasciandomi metabolizzare quelle informazioni, ma ci impiegai poco a digerirle, si trattava di dati nudi e crudi e c'era poco da capire; avevo alcune domande per il drago bianco: --come devo rivolgermi a te?--; ci rimuginò sopra un pochino e poi: --il mio nome è Wyklot e tra la mia gente sono il rappresentante diplomatico per i primi contatti con altre culture; il vostro è il primo altro universo con cui entriamo in contatto...-- abbassò gli occhi, sembrando provare imbarazzo ed infatti –...ed è andato tutto storto fin dal primo momento--; era proprio l'aggancio che mi serviva per la mia seconda domanda: --quando è avvenuto l'incidente di Zertwat?--; asciuttamente la risposta di Wyklot fu: --66 milioni di anni fa; giusto il tempo di imbattersi nel vostro pianeta ed entrare in contrasto con la razza dominante, i dinosauri, ed in particolare con la casta regnante dei grandi erbivori e dei loro guerrieri, i grandi carnivori teropodi, quelli che voi chiamate T-Rex...-- ero a dire poco allibito a quelle notizie –...voi non sapete tutto questo perché la distruzione che Zertwat ha portato sul pianeta è stata assoluta, quasi distruggendo il pianeta stesso; infatti la potenza di Zertwat era perfino maggiore di quella che ha ora ed era riuscito ad aumentare la gravità della Terra applicando il raggio gravitonico che usa per spostarsi nel vostro sub-spazio al centro di gravità del pianeta, rendendolo più denso e facendo così ridurre il raggio del pianeta; gli immensi scompensi tettonici e il meteorite che sempre Zertwat a deviato sulla Terra hanno dato il colpo di grazia e il tempo ha cancellato ogni traccia della prima civiltà del vostro pianeta; aveva ottenuto il risultato di non distruggere il pianeta ma di liberarlo da presenze ingombranti e non dominabili e a quel punto pago della sua dimostrata supremazia, ha preso possesso del pianeta, iniziando ad annoiarsi ben presto, per poi andarsene ad esplorare la vostra galassia, senza però trovare altre civiltà da devastare; ha visitato ogni singolo pianeta abitabile, ma poi circa 5 milioni di anni fa ha deciso di far ritorno sulla Terra, tanto per riposarsi un po', ma trovando dei nuovi padroni, i Gesaz, gli Atlantidei; tentando di riappropriarsi del pianeta, si è però reso subito conto che pur essendo una civiltà più giovane, i Gesaz erano anche immensamente più progrediti del popolo dei dinosauri, dato che questa volta l'evoluzione aveva favorito l'intelligenza in animali dalle capacità evolutive nettamente maggiori, in cui cioè il tasso di evoluzione era maggiore di almeno 100 volte; quello che i dinosauri avevano impiegato decine di milioni di anni a creare, i Gesaz lo hanno realizzato in poche migliaia di anni (ma non conosco con assoluta precisione questo dato), dalla scimmia al Homo Atlantideo Superior Superior1--; wow, stava usando la definizione tassonomica che io stesso avevo usato per definire gli estinti Atlantidei, immagino dandole una sorta di sigillo di validità. Rimaneva l'ultima domanda: --cosa intendeva Rudy quando ha detto che i Gesaz ci erano riusciti?--; il sorriso di Wyklot mi disse che era la domanda giusta, quella fondamentale: --sono riusciti, dopo aver intrappolato Rudy...-- mi fece l'occhiolino –...a studiare il suo codice genetico, capendo cosa rendeva possibile la sua capacità di generare vari tipi di radiazione energetica, pur non riuscendo a distruggerlo; hanno inserito questa possibilità nel codice genetico di scimmie dirette discendenti di quelle che si erano evolute per dare origine a loro stessi, imprimendo una spinta evolutiva che ha permesso la vostra venuta in circa un milione di anni e alla fine la speranza era che quella modifica genetica potesse essere utile a battere Zertwat; tu, nelle giuste condizioni, hai espresso la possibilità di controllare l'energia generata da Rudy, ritorcendogliela contro--. Avevo esaurito le domande che mi ero preposto di fare inizialmente ma ora ne era sorta una nuova nuova: --vuoi dire che potrei generare io stesso l'energia come fa Rudy?--; Wyklot fece l'universale gesto di diniego con la sua enorme testa: --no, perché nonostante il tuo codice genetico sia stato modificato non hai dentro di te un nucleo di materia del mio universo che ti consenta di generare l'energia come fa Zertwat; ma di sicuro potresti, avendone a disposizione una certa quantità, controllarne il flusso contro di lui; hai una sola possibilità: rintracciare il laboratorio di ricerca dove gli Atlantidei stavano cercando di creare il passaggio per il centro della nostra stella, da dove avrebbero prelevato alcuni grammi di materia iper-densa utile allo scopo; se ti domandi come posso sapere tutto questo è semplice; lo abbiamo letto nella mente di Rudy stesso; ma questi sono i fatti: durante la guerra contro gli Atlantidei Rudy aveva scoperto le loro intenzioni e riuscì a sorprenderli mettendo contro di loro il vostro stesso sole, causandone una lieve anomalia che provocò un flare, un'esplosione coronale come ce ne sono in continuazione, ma migliaia di volte più forte, che non distrusse la Terra ma le cui radiazioni particolari uccisero tutti gli Atlantidei; infatti sapendo bene di quali difese disponessero, aveva fatto si che le radiazioni schermate dal sistema globale di difesa generassero una cascata secondaria di radiazioni letali per il codice genetico Atlantideo, ma non per le altre creature terrestri; ma tutto questo avvenne solo dopo che Rudy stesso era stato catturato, vanificando in parte il suo piano--; completai il resoconto, con le ovvie deduzioni: --da quel momento le scimmie nostre progenitrici, il cui dna era stato manipolato, iniziarono l'evoluzione che ha portato a noi, che abbiamo scoperto Rudy, che si è liberato e che ha portato alla nostra attuale situazione... ma dove è situato il laboratorio degli Atlantidei in cui dovrebbe essere nascosta la materia stellare che mi serve per battere Rudy?--; il mio amico Wyklot era nuovamente imbarazzato: --non lo sappiamo, perché neanche Zertwat lo sa; ma questo significa che non è sulla Terra, perché ormai hai rintracciato tutte le città e i centri di ricerca degli Atlantidei, che sono evidentemente stati in grado di nascondere questa notizia a Rudy; la prudenza degli Atlantidei ha complicato un po' la cosa, ma la battaglia che tu hai appena vinto ti ha dato molto tempo per trovare ciò che ti serve, perché hai quasi ucciso Rudy e tornare in forma gli richiederà anche degli anni... ma ora devo interrompere la comunicazione, perché è molto faticosa per me; trova la altro-materia e poi contattami; ti aiuterò a padroneggiare il suo controllo; a presto--. La comunicazione era stata interrotta e io aprii gli occhi sul mio mondo; questa volta ero in una camera di ospedale e vicino a me era seduta Chris, che come si avvide che mi ero svegliato, salto in piedi, ultra felice: --hei ma allora il tuo cervello non si è bruciato come hanno detto i dottori!--; mi abbracciò fortissimo, accarezzando il mio viso e baciandomi; quando mi lasciò respirare, le raccontai il mio viaggio virtuale nel mondo dei draghi e tutto quello che avevo saputo da Wyklot, ma prima volli sapere una cosa: --quanto tempo sono stato senza conoscenza?--; la risposta mi lasciò allibito, infatti erano state quasi 12 ore, mentre per la mia percezione erano stati pochi minuti di chiacchiere, più o meno. Nel giro di un'ora lasciai l'ospedale e mi misi in contatto con Michael Ross, per raccontare anche a lui di quella comunicazione con il rappresentante diplomatico della razza dei draghi. Ora bisognava trovare la base extraterrestre degli Atlantidei; non era una cosa di poco conto, perché se solo facevo un mero paragone tra le nostre conoscenze scientifiche e le loro, il risultato mi diceva che potevano benissimo essere stati in grado di andare a nascondere il loro laboratorio dall'altra parte dell'universo e le nostre astronavi ci potevano portare, in tempi ragionevoli, in tutto il Sistema Solare ma non oltre; ad essere precisi era in fase di progetto avanzato la realizzazione di un modulo di propulsione interstellare, che sarebbe stato impiegato per raggiungere ed esplorare alcuni dei sistemi stellari più vicini, come quello di Proxima Centauri, a circa 4 anni luce da noi; il sistema di propulsione era un upgrade del sistema già in uso per la navigazione interplanetaria, più grande e molto più potente, che aumentava di un fattore cento la velocità di navigazione, ma che in ogni caso non avrebbe certamente permesso di raggiungere il sistema di Proxima nel giro di pochi mesi; infatti alla massima velocità lineare prevedibilmente raggiungibile (cioè senza dover aggirare i campi gravitazionali dei vari pianeti del sistema solare eventualmente incontrati durante il viaggio), si era calcolato di ottenere circa 1/100 della velocità della luce (3.000 chilometri al secondo), decisamente elevata, ma che per coprire la distanza con l'obiettivo avrebbe comunque richiesto circa 400 anni di viaggio e tutto questo senza considerare i tempi di accelerazione e decelerazione2 ed eventuali deviazioni; tutto questo ragionamento riferito ai 4 anni luce di distanza da Proxima; ma l'Universo ha una raggio di miliardi di anni luce...

Wow, il mio Paolo era decisamente speciale; bé, lo avevo sempre saputo, ma ne ero innamorata e questo era sicuramente un giudizio poco obiettivo; ora mi rendevo con­to che la sua “specialità” era genetica, dato che, a quanto se ne sapeva, nessun altro era stato in grado di sentire i pen­sieri di quel mostro di Rudy e quindi la manipolazione gene­tica che gli Atlantidei avevano fatto si era persa salvo che in Paolo; senza poi contare il potere di controllare l'energia emessa da Rudy o da quella altro-materia (come l'aveva de­finita Paolo stesso); l'ho già detto: wow! Comunque fosse era una vera manna dal cielo che Paolo avesse quelle carat­teristiche e almeno questo ci permetteva di mettere la spun­ta sulla prima casella delle cose che dovevamo fare; ma le seconda era nettamente più complicata, perché raggiungere la base extraterrestre della Dea sarebbe stato forse impossi­bile; adesso avevamo però deciso di prenderci una serata di calma; oltre al risveglio di Paolo, in mattinata, che mi aveva reso immensamente felice, avevo dovuto assistere alla sce­na di Paolo che riconsegnava Simona a suo padre; gli avevo fatto notare che lei era morta e che quindi non si riconse­gnava Simona ma il corpo di Simona, il suo cadavere, le sue spoglie, ma la sua reazione a quella mia precisazione se­mantica, esclusivamente volta ad evitare imbarazzi, fu un tri­ste sguardo e un lieve sorriso, evidenti sintomi del fatto che per lui Simona sarebbe stata sempre una ferita aperta e una persona sempre presente nei suoi pensieri; Paolo e il padre di Simona, di cui seguito a dimenticare il nome, si abbracciarono e potei vedere le lacrime scaturire copiose dagli occhi di Paolo; le lacrime in un uomo sono sempre un fatto straordinario, perché tutto nella nostra cultura insegna all'uomo a essere duro, quasi impassibile, e sono vagamente accettabili solo in situazioni veramente tragiche, al contrario che nelle donne in cui le lacrime sono molto più frequenti e, a volte, solo sintomo di un certo nervosismo; io, da questo punto di vista ero molto maschile, ma la mia vita con Paolo mi aveva dato varie occasioni di ritrovare la mia natura femminile e anche in quel momento ero con lui in tutto e per tutto. Finito quel trambusto emotivo, avevamo bisogno di rilassarci e avevamo deciso di passare la serata organizzando una cena semplice e abbondante, sicuri di non riceverne che giovamento e ristoro; infatti in nessun caso le enormi quantità di cibo che ingurgitiamo ci provocano aumento di peso: io semplicemente non ingrasso e a Paolo diventano, se possibile, ancora più forti e grossi i muscoli. Ora, almeno per una cosa, completamente soddisfatti, ce ne stavamo seduti nella veranda dell'appartamento dell'Hilton di New York, con me accoccolata fra le braccia di Paolo, in silenzio da almeno dieci minuti; a volte eravamo felici di poter semplicemente stare in contatto fisico, senza fare altro, a guardare insieme nella stessa direzione; ma c'erano delle urgenze e tutte e due le nostre teste stavamo rimuginando su quelle: --dove pensi che potrebbero essersi nascosti?-- gli chiesi, all'improvviso; la sua risposta non tardò ad arrivare: --credo che se esiste l'informazione dell'ubicazione della base extra mondo la potremmo trovare al ReSA e la prima cosa che faremo domani sarà di tornare laggiù e cercarla-- lo guardai per capire come quella decisione potesse coinvolgerlo, ma trovai solo una tranquilla decisione; mi regalò un bacio e prendendomi in braccio, mi portò in camera da letto; nel giro di cinque minuti stavamo dormendo.
Mi svegliai riposata e carica, ma sola; Paolo non era lì vicino a me, ma mi resi conto subito che era sicuramente in giro per l'appartamento; infatti sentivo del movimento, mi stirai e pigramente mi alzai; mi avviai verso il salone dell'appartamento e svoltato l'angolo che vi sfociava mi tro­vai difronte ad una persona che non conoscevo assoluta­mente; non ero stata notata e cercai di sfruttare quel vantag­gio per guadarmi in giro, cercando un qualche tipo di arma; la mia attenzione venne richiamata dal caminetto, ora ovvia­mente spento, ma dotato di tutto punto degli attrezzi neces­sari al governo del fuoco; la mia scelta ricadde sull'attizzato­io, che avrei usato come una sorta di spada appuntita; mi avvicinai lentamente al caminetto, afferrai l'attizzatoio e va­lutando che il suo peso era eccessivo (qualità Hilton), decisi di usarlo con tutte e due le mani; durante tutta la preparazio­ne del mio attacco, lo sconosciuto, che dovetti valutare non essere un barbone e che, quindi, poteva essere un ladro di appartamento di alto profilo, cosa abbastanza regolare dato il luogo, aveva seguitato a voltarmi le spalle; non capivo cosa stesse facendo, ma al momento non ero tanto interes­sata ai dettagli, quanto al sorprenderlo, onde evitare compli­cazioni e chiudere l'incidente incolume... io, lui pazienza; ero ormai a tre passi, pronta a colpirlo; alzai l'attizzatoio e esat­tamente in quel momento lui si girò, spalancò gli occhi, arre­trando e mettendo le mani davanti al viso; era decisamente troppo sulla difensiva: un ladro professionista avrebbe, come minimo, cercato di allontanarsi, se non di contro-attac­care; sorpresa da quell'atteggiamento, esitai e nell'esitare mi resi conto che quella persona era, come dire, strana; era un uomo, intendo dire un maschio, ma i suoi lineamenti erano sottilmente alieni; lo stavo osservando, cercando di capire cosa, in quel volto, mi facesse suonare quel campanello di allarme; venni distratta dalla voce di Paolo: --Chris, metti giù quell'affare!--; mi girai vero la direzione della sua voce, giusto in tempo perché la sua mano afferrasse la mia arma; ritenni di lasciare la presa, ormai condizionata dal senso di protezione che la sua presenza ha sempre infuso in me; lo guardai mettere al suo proprio posto l'attizzatoio e quando alzò lo sguardo, chiedermi scusa con gli occhi: --scusami, ma sono stato fuori solo cinque minuti e stavi dormendo così profondamente, che non ho pensato di svegliarti--; si girò verso quello che ora dovevo considerare un ospite e indicandomi con una mano, anche lui si era rilassato, mi presentò: --lei è mia moglie Christine; chiedo scusa anche a te: è piccolina...-- alzai un sopracciglio –...ma ti avrebbe fatto parecchio male, credimi--; si girò verso di me, facendomi l'occhiolino e presentando ora a me il nostro ospite: --lui è Dersyul, il Comandante dell'Avamposto Esterno degli Atlantidei--; lo guardavo senza riuscire a capire l'informazione, ma all'improvviso tutte le caselle andarono al loro posto, giustificando la mia impressione di alienità su quella persona; mi stava porgendo la mano, sorridendomi; ero esterrefatta, ma mi concentrai e ricambiai la stretta; fu sempre lui a salutarmi: --è un vero piacere conoscerla signora Christine e mi scuso se posso averla preoccupata per la mia presenza--. Una persona veramente civile ed educata, come per altro era ovvio, se tutti i nostri presupposti su quella gente erano validi; mi paralizzai presa in mezzo a due pensieri che mi avevano improvvisamente assalita: il signor Dersyul era molto gentile, ma parlava perfettamente la mia lingua, ergo, fatto numero uno, Paolo mi stava facendo uno scherzo, ma, fatto numero due, Paolo non fa scherzi di quel tipo (pur essendo un tipo simpatico ed ironico), quindi non poteva essere uno scherzo; rivolsi il mio sguardo a Paolo: --è uno scherzo?-- non diedi a Paolo il tempo di rispondere --parla perfettamente la nostra lingua e soprattutto la sua gente dovrebbe essere estinta, aggiungo purtroppo, da almeno un milione di anni--; ancora una volta Paolo non ebbe il tempo di rispondere, perché proprio il protagonista della mia contestazione iniziò a parlare: --mi permetta di spiegarle signora Christine; non è uno scherzo ma solo il frutto del nostro modo di imparare cose nuove-- mi stava tenendo ancora la mano e tirandola, mi fece avvicinare al divano, invitandomi implicitamente a sedermi; la situazione era estremamente strana, infatti a nessuno, salvo che a Paolo, avrei mai permesso di prendersi una simile confidenza, invece ero lì che mi facevo guidare da lui, fidandomi ciecamente; proseguì la sua spiegazione: --sin dai primi tempi in cui la nostra civiltà andò organizzandosi in strutture, diciamo civili, ci fu perfettamente chiaro che l'apprendimento tradizionale e vale a dire con la trasmissione verbale o al più coadiuvata da strumenti informatici, era comunque molto lenta e in una società che progrediva tecnologicamente a ritmi elevatissimi era evidente che i tempi naturali di apprendimento stavano iniziando a richiedere percentuali sempre più rilevanti della vita attiva di una persona, fino ad essere troppo rilevanti, fino a rendere quasi impossibile tenersi aggiornati a causa della maggior rapidità del progresso rispetto all'apprendimento. L'avanzamento scientifico e tecnologico diventava sempre più lento e difficoltoso, perché l'arco di tempo produttivo degli scienziati e degli ingegneri si riduceva sempre di più; mettemmo in moto un progetto di ricerca e sviluppo prioritario che desse come risultato finale una tecnologia di apprendimento automatizzato; il risultato fu la “Macchina dei Sogni”, un modificatore e realizzatore di percorsi neurali e collegamenti sinaptici, che in definitiva imprimeva le conoscenze nella mente di una persona, durante il sonno; l'effetto è quello di sognare cose direttamente collegata alla materia che viene “insegnata”, da qui il nome; quello che può essere paragonato ad un corso di laurea, per esempio in fisica delle particelle, ed ad un master, può venire assimilato in circa una settimana di applicazioni; questo spiega il motivo per il quale parlo così correttamente la sua lingua; è bastato un giorno di applicazione, perché si è trattato di dare solo le traduzioni letterali e le corrispondenze grammaticali, ma al momento non ho potuto imparare nulla della vostra cultura; a riguardo della nostra estinzione è purtroppo una realtà, fatta esclusione per la mia compagna; eravamo nascosti, in uno stato di animazione sospesa, in una camera segreta ad un livello inferiore del laboratorio dove era intrappolato Zertwat; siamo stati risvegliati da un allarme attivato dall'apertura forzata della camera di contenimento e giusto il tempo di imparare la vostra lingua, esaminare gli avvenimenti tramite i nostri satelliti occultati, predisposti proprio per questa evenienza e rintracciare Paolo ed eccoci qua--; mi sorrise e non potei che essere felice che almeno due di loro fosse sopravvissuto e ora, con la calma dell'accettazione della situazione, mi resi conto di quanto fosse, oltre che sottilmente alieno, anche estremamente bello: era circa 10 centimetri più alto di Paolo, il viso era leggermente ovale, racchiudendo due splendidi occhi neri, grandi e rotondi, un naso piccolo ma proporzionato e labbra morbide e mobili; i capelli era corti ma folti, seppure non fosse visibile neanche l'ombra di una barba; fisicamente era del tutto simile a noi, ma in fondo avevamo antenati comuni; mi resi conto che le sue mani avevano solo quattro dita (mancava il mignolo e subito cercai di immaginare la scimmia antropomorfa da cui potesse essere disceso, ma io non sono un'esperta). Le mie osservazioni vennero distratte da un trillio e subito Dersyul si mise una mano dentro la tasca dei suoi pantaloni; assistetti alla versione atlantidea di una telefonata cellulare: --credo che potremo essere pronti in pochi minuti; si, ci vediamo alla base--; si incamminò verso l'uscita dell'appartamento, seguito da Paolo e quindi da me; aveva un passo svelto, ma che non denotava urgenza; lo raggiunsi e dopo averlo affiancato, gli toccai il braccio e lui, senza la minima esitazione, mi toccò la mano e si girò in parte verso di me, sorridendomi: --dimmi Chris--; aveva capito che avevo delle domande da fare ed era ben disposto a darmi subito delle risposte e così approfittai: --che tipo di apparecchio di comunicazione hai usato prima?-- si mise la mano in tasca e me lo porse e mentre lo osservavo aprendo lo sportellino (avevo avuto un cellulare del tutto simile), mi spiegò: --è un sistema di comunicazione multi frequenza; vale a dire che può essere regolato per funzionare con ogni genere di frequenza elettromagnetica tra le microonde e la banda gamma, più un sistema neutrinico; con i tasti si possono selezionare le frequenze esatte oppure, dopo aver pre selezionato la banda di interesse, un codice di corrispondenza con un altro apparecchio simile, un po' come i vostri numeri di cellulare: al posto del prefisso, la banda e al posto del numero, il codice; poco fa infatti mi ha chiamato la mia compagna Monpik, per sapere del nostro arrivo, su banda neutrinica; il mio codice di chiamata è sempre lo stesso, DER390245861, e le è bastato digitarlo per trovarmi; infatti in banda neutrinica la comunicazione è possibile anche attraverso il pianeta, senza ripetitori, dato che i neutrini attraversano la materia quasi senza interferire, ad esclusione delle piastrine di comunicazione, che essendo di iper-materia riescono a captare la comunicazione; se giri l'apparecchio puoi vedere dove vengono stivati i neutrini... ecco qui dentro questo settore; quando dovessi comunicare con qualcuno dall'altra parte del pianeta o, come ora con Monpik, all'interno del pianeta, selezionerei l'emissione neutrinica con questo tasto e digiterei il suo codice e i neutrini verrebbero emessi in tutte le direzioni; non appena l'apparecchio che sto' cercando venisse rintracciato, questo invierebbe nella direzione di provenienza della chiamata un impulso neutrinico, stabilendo un flusso di comunicazione diretto; questo ci permette di non sprecare la carica di neutrini e ci da un'autonomia di conversazione, continuativa, che supera la settimana; la modulazione del segnale è data dall'apertura del passaggio che lascia sfuggire i neutrini, che in definitiva codifica il flusso neutrinico; subito a fianco del contenitore neutrinico, vedi l'alloggiamento della batteria; è costituita da un wafer di un materiale estremamente radioattivo e da elementi modulatori, quindi può controllare l'emissione di radiazione e di conseguenza l'energia rilasciata al sistema di comunicazione--; durante tutta quella spiegazione, ma non prima che Paolo mi avesse spedito a vestirmi un minimo, dato che ero uscita dalla camera con giusto i pantaloncini del pigiama e una maglietta, avevamo camminato verso il sotterraneo dell'Hilton, prendendo anche un ascensore, ma era stato come se fossi rimasta seduta sul divano dell'appartamento, perché non mi ero resa minimamente conto dello spostamento; quello che Dersyul mi aveva spiegato del funzionamento dell'apparecchietto che avevo in mano era strabiliante; per quello che mi era possibile capire, poteva controllare l'emissione di qualunque energia elettromagnetica utile e anche l'emissione modulata di neutrini, le particelle elementari più sfuggenti dell'universo; ma la cosa che più mi aveva stupita era che la batteria era in realtà una piccola ma potentissima centrale nucleare, del tutto simile, dimensioni a parte, a quelle che nel passato della civiltà umana, avevano dato energia (ma anche tanti problemi), alle nostre città e industrie; infatti una tipica centrale nucleare consta, come nucleo, di barre di uranio o plutonio, intercalate da barre di cadmio; le barre di uranio o plutonio sono estremamente radioattive ed emettono neutroni, che colpendo altre nuclei atomici di uranio o plutonio, ne provocano lo spaccamento (o scissione) che genera altri neutroni, in un effetto a cascata (o catena), che scalda il liquido in cui sono contenute, che vaporizza e il cui vapore mette in rotazione delle turbine che generano elettricità; ma se il combustibile radioattivo viene lasciato libero l'aumento di calore cresce a livelli che possono fondere l'intero nucleo, con la distruzione di tutta la centrale nucleare e la conseguente fuoriuscita di materiale radioattivo; questo (salvo incidenti) si evita con l'interposizione di barre di cadmio tra le barre di combustibile, che sono in grado di assorbire i neutroni rilasciati; la modulazione del calore generato avviene grazie al sollevamento (o abbassamento) delle barre di cadmio, che più vengono estratte più consentono una libera circolazione di neutroni; nel “telefono” atlantideo la cosa era identica, salvo che la radioattività generava direttamente energia che tutto il sistema usava per le sue funzioni; mi stavo domandando se potesse esplodere, ma eravamo ormai arrivati nel sotterraneo dell'albergo e seguendo Dersyul ci trovammo davanti ad una piccola astronave (aveva quattro posti), nella quale entrammo; con la diffusione del sistema di antigravità di oggetti di quel tipo se ne vedevano in giro sempre di più, via via che il loro costo calava, ma se tanto mi dava tanto, anche gli oggetti più riconoscibili degli Atlantidei potevano senz'altro nascondere tecnologie strabilianti; infatti il decollo fu del tutto simile a quello che avrei potuto sperimentare con una delle nuove automobili volanti, ma la propulsione era del tutto silenziosa, contrariamente a quanto avveniva con le nostre macchine; mi appellai a Dersyul: --che propulsione ha la tua macchina... è così silenziosa che non sembra neanche di essere in movimento-- tanto per avere la conferma che invece eravamo in movimento guardai fuori del finestrino ed infatti eravamo in movimento, tutto regolare; se Dersyul stava per rispondere, lo interruppi, perché mi stavo rendendo conto di una cosa: --hei, stiamo curvando, ma non sento niente!-- ero con la faccia appiccicata al finestrino, guardando verso il centro della curva, quindi avrei dovuto sentire la forza centrifuga che mi tirava in direzione opposta al mio sguardo: assolutamente nulla; il mio, nuovamente, stupefatto silenzio, permise al nostro ospite di parlare, divertito del mio atteggiamento da bimba stupita: --in entrambi i casi è un'applicazione della stessa tecnologia con cui siamo riusciti a tenere imprigionato Zertwat: in un caso creiamo una deformazione spaziale, concentrando un flusso di gravitoni nella direzione in cui vogliamo andare, che attira la navetta; in contemporanea il sistema di navigazione fa circolare gravitoni in un'apposita intercapedine presente in tutte le pareti interne ed esterne, con l'intensità necessaria a contrastare le forze inerziali--; avevo ancora una domanda: --da dove arrivano i gravitoni?-- avrei scommesso su un acceleratore di particelle; Dersyul si girò in parte verso di me, indicandomi uno sportello sul pavimento: --da un piccolo buco nero artificiale schermato lì sotto--; ah, bé, certo...
il volo fino al ReSA fu regolare e veloce: da New York alla base nel deserto del Sahara cinque minuti, di cui la metà passati a decollare e atterrare; l'atterraggio avvenne in una zona periferica della base che, oltretutto, non conosce­vamo; vidi aprirsi una grande botola, dentro la quale ci infilammo con tutta la navetta; scendemmo parecchio, ma ad un certo punto cominciai a sentirmi “compressa”, perché mi stavo rendendo conto di quanta più massa terrestre mi trovavo sopra la testa, via via che scendevamo più in basso: --ma quanto dobbiamo scendere?-- credo che la mia voce fosse leggermente agitata; in effetti avevo sempre saputo di soffrire di una lieve forma di claustrofobia, ma proprio per­ché lieve in genere non me ne ricordavo; Dersyul, con la massima calma, mi tranquillizzò: --ci siamo quasi; alla fine saremo a circa 50 chilometri in profondità; abbiamo scelto questa zona, perché facendo parte di una zolla tettonica continentale, è molto spessa e del tutto stabile e quindi ci ha permesso di scendere molto per la creazione della base “esterna”-- avevo notato la virgolettatura: --quindi è qui che tenete la materia dell'altro universo?-- sarebbe stato vera­mente il massimo della semplicità; troppo, infatti: --no Chris, sarebbe stato troppo facile per Zertwat percepirla e quindi rintracciarla; questa base è l'unica che non si trova sulla su­perficie, quasi come se fosse in orbita terrestre, ma molto più nascosta, dato che il drago non sa usare i neutrini come mezzo di indagine; la materia del suo universo è conservata in una base che abbiamo creato nei pressi di una binaria buco nero-stella di neutroni, a circa un miliardo di anni luce da qui3, su un pianeta da cui è quasi impossibile sfuggire, dato che si trova al limite dell'orizzonte di fuga gravitazionale del sistema binario; anche con il sistema di spostamento di Zertwat, che sfrutta l'iperspazio, sarebbe molto faticoso uscire dal campo gravitazionale del pianeta; siamo riusciti così a far credere, a chiunque avesse valutato il pianeta come possibile sede della nostra base, che fosse un'ubicazione estremamente improbabile, a causa delle enormi difficoltà di avvicinamento e allontanamento; ma ecco, ci siamo--; si, vedevo anche io la piattaforma di atterraggio; ad attenderci vedevo anche la figura femminile di Monpik, la compagna di Dersyul; come tutti noi a scuola avevo sentito raccontare delle bellissime donne e dee della Grecia antica, a causa delle quali erano state anche combattute delle sanguinosissime guerre; la mia carriera di archeologa aveva avuto origine dall'enorme fascino che quelle storie avevano suscitato in me: adesso avevo davanti la più bella delle dee; Monpik non è bella, è sfolgorante, abbagliante e stava pure sorridendo al suo, evidentemente, amatissimo compagno; non mi è mai risultato di avere delle seppur vaghe tendenze omosessuali; vedo donne e ragazze favolose sulla Terra da quando sono nata e ne ho sempre riconosciuta la bellezza, ma mai, ripeto mai, finora, avevo provato quel genere di attrazione; in realtà, forse, non era attrazione fisica, ma solo estremo apprezzamento estetico, equivalente, credo, a quel genere di “stravolgimento” che in talune persone di manifesta davanti ad opere artistiche straordinarie, la “Sindrome di Stendhal”, mi pare; mentre guardavo Monpik, mi accorsi che Paolo era anche lui al finestrino: erano perfettamente evidenti tutti i sintomi di una estrema attrazione fisica, nonostante la sua intenzione di fare il “vago”; sorrisi divertita: lo giustificavo e lo capivo, perché pur non potendo sapere cosa prova realmente un maschio che ha davanti agli occhi La Femmina, ho imparato che gli istinti non sono controllabili e che quindi occhi sgranati e un'erezione, non fanno male a nessuno (escludendo, forse, chi le prova e non è libero di dar loro sfogo), salvo poi ritrovare il controllo razionale e non andare oltre; in altre rare occasioni in cui Paolo aveva avuto quel genere di reazione, in realtà per me era stato un vantaggio: appena possibile sono stata fatta bersaglio di attenzioni sessuali straordinarie.
Il portello esterno della navetta si aprì e subito dietro a Dersyul scendemmo sia io che Paolo, che nel frattempo aveva recuperato (con risultati incerti, bisogna dire) una cer­ta compostezza; Dersyul accolse Monpik fra le sue braccia, con una tenerezza che riconoscevo, per poi baciarla dolce­mente ed intensamente; non appena si separarono e Mon­pik si girò verso di noi, presi l'iniziativa: --è un vero piacere conoscerti, Monpik; vi studiamo con tanta attenzione e cura da molti anni, ma incontrarvi di persona, nonostante la situa­zione, è il più grande regalo che la vita potesse offrirmi...-- allungai una mano ad afferrare quella di Paolo –...subito dopo aver conosciuto il mio amore--; il sorriso di Monpik si allargò ulteriormente e nei suoi occhi si formò un velo di commozione; mi ritrovai fra le sue braccia: un vero angelo oltre che bella; il commento di Dersyul chiarì meglio la rea­zione di Monpik: --eravamo ormai certi di essere rimasti soli, dopo la devastazione che Zertwat aveva portato sulla Terra, ma ora possiamo sperare di avere trovato una nuova casa per noi e per quelli che abbiamo salvato--;

1Il livello di sviluppo culturale, etico, morale, intellettivo e fisico degli Atlantidei mi aveva fatto decidere di dare loro un grado di relativo superiore avanzamento rispetto a noi, partendo dalla nostra attuale definizione di Homo Sapiens Sapiens (Uomo Molto Sa­piente), che presupponeva un successivo scalino come Homo Superior; Gli Atlantidei non potevano che essere Superior Superior.
2N.d.A. Il sistema di propulsione elettronico o ionico, vale tramite emissione di elettroni o ioni, è comunque un sistema a reazione, che quindi spinge l'astronave nella direzione opposta rispetto l'emissione delle particelle; è un flusso che gradatamente accelera l'astronave, fino a quando la velocità dell'emissione delle particelle non è identica a quella dell'astronave, quindi il raggiungimento della velocità massima può richiedere an­che molto tempo; questo problema non sarebbe che minimamente risolto anche con motori più potenti, in grado cioè di applicare spinte maggiori, in quanto un corpo vivente può sopportare accelerazioni solo fino ad un certo livello (poniamo 10-11 G, che rendono il peso di un corpo 10-11 volte maggiore) e solo per brevi periodi; ecco che anche un motore in grado di spingere un'astronave fino anche ad un decimo della velocità della luce richiederebbe lunghi tempi di accelerazione e decelerazione; anzi, più la velocità finale ottenibile è elevata, più i tempi per raggiungerla si allungano, inficiando in parte il vantaggio della maggiore velocità massima.
3Con buona pace della nostra idea di raggiungerla con una nostra astronave.

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