lunedì 3 giugno 2013

ADE - QUARTA PARTE


mentre Monpik si allontanava un po' da me, ebbi il gesto spontaneo di acca­rezzarla, mentre una lacrima le scivolava giù da una guan­cia, ma mentre guardavo il viso di lei, Paolo anticipò il pen­siero che si stava formando nella mia testa: --chi avete salvato?--; Monpik mi tirò per una mano, verso uno schermo su una parete li vicino, cliccò su alcuni tasti, navigando all'interno di un sistema operativo informatico e in un paio di clic fece apparire l'icona di una web-cam che mostrava una enorme caverna in cui erano stivate migliaia di capsule di sospensione vitale: una parte della razza atlantidea era sopravvissuta; adesso più che mai combattere e vincere contro Rudy era la cosa più importate dell'universo, anzi, l'unica cosa importate dell'Universo. Invitati dai nostri due ospiti proseguimmo la visita di quella base sotterranea; scoprii presto che era di dimensioni incredibili, come peraltro poteva essere facile capire una volta saputo cosa ospitava; innanzitutto ospitava due caverne come quella che avevo già visto grazie alla web-cam, dove erano alloggiati un totale di 500.000 capsule; era Monpik, che tenendomi a braccetto, mi stava descrivendo le meraviglie di quella grotta di Aladino atlantidea: --abbiamo dovuto fare in fretta; la potenza di Zertwat stava esaurendo le nostre capacità difensive molto rapidamente e non potendo accedere alle nostre miniere di elio 3 sulla Luna, dovemmo contingentarle; mettemmo a terra tutte le astronavi di collegamento ed esplorazione, smantellandole e recuperando il combustibile da fusione; abbiamo trasferito la popolazione nelle zone temperate, così da non dover più utilizzare combustibile per il condizionamento atmosferico; abbiamo quindi chiuso tutte le attività produttive; a quel punto è stato fatto il calcolo esatto delle nostre scorte e della quantità di combustibile necessaria a tenere intrappolato Zertwat per tutto il tempo necessario a renderlo più debole e, contemporaneamente, a far evolvere chi avrebbe potuto tirarci fuori tutti dai guai...-- guardò verso Paolo –...rendendoci conto che forse non sarebbe stato sufficiente; ma non avendo alternative abbiamo proseguito con il piano; gli ultimi due passi sono stati, uno, quello di nascondere la altro-materia e, due, quello di selezionare chi sarebbe sopravvissuto nelle camere di sospensione vitale--; la sentii irrigidirsi e mi sembrò naturale prenderle una mano e stringerla un po'; alle mie spalle Dersyul proseguì il racconto: --siamo stati io e lei a dover fare le selezioni; in realtà non sono state selezionate persone speciali, dato che i nostri sistemi di apprendimento possono portare chiunque ai massimi livelli di conoscenze di una materia in pochi giorni, ma è stato semplicemente sorteggiato chi doveva essere inviato alle camere di sospensione vitale e chi no; quindi stabiliti certi criteri, come dare la precedenza alle famiglie, ma escludere i più anziani, e quando non potesse essere più possibile salvare per intero le famiglie, dare la precedenza ai bambini; finite le selezioni e trasferiti tutti i selezionati, noi compresi, è stato messo in moto il piano per l'occultamento della materia dell'altro universo: abbiamo simulato uno sfondamento del blocco, mirato a raggiungere le zone di stoccaggio del combustibile sulla Luna, con una decina di navette, proprio per far credere a Rudy che fossimo disperati e che cercassimo di massimizzare le nostre possibilità di successo; in realtà sapevamo perfettamente che quella era una missione suicida: con Rudy che praticamente se ne stava appollaiato sopra quei depositi, in nessuna maniera saremmo potuti riuscire nel nostro intento, ma sfruttando la scarsissima capacità tattica di Rudy, cosa se ne fa di una simile abilità un essere praticamente invincibile, siamo riusciti a far passare per vero il nostro tentativo di approvvigionamento e a far scappare la nostra astronave, con la massa di altro-materia, verso la nostra base estrema--; era un argomento delicato, ma Paolo, primo promotore delle ricerche sugli Atlantidei e, in particolare, primo fan, voleva sapere del destino di chi non aveva potuto accedere alle camere di ibernazione: --sapete se sono riusciti a sopravvivere?--; Dersyul ci stava guidando verso la sezione di ingegneria della base, che conteneva la centrale energetica e il nucleo dei sistemi informatici, in due sezione attigue, al livello più basso, subito sotto a quello delle due camere di ibernazione; queste erano sormontate dal livello abitativo e da quello dove eravamo arrivati inizialmente, che conteneva l'hangar per le quattro navette planetarie e di collegamento per l'orbita terrestre e lunare, ma soprattutto per l'astronave intergalattica, che avremmo usato per andare a recuperare la altro-materia; stavamo appunto entrando in questo hangar, quando pose la domanda sulla sopravvivenza dei non sorteggiati: --si, in buona parte, perché avevamo previsto di farli rifugiare nelle zone interne delle placche tettoniche, cioè, insomma, dei continenti, al riparo di terremoti, maremoti e vulcani, da catastrofici innalzamenti dei mari e tsunami, da tempeste atmosferiche; l'unica minaccia, che in quelle condizioni di bassissima protezione tecnologica, non avrebbero potuto affrontare era una eventuale pioggia meteorica mirata a quelle zone, ma Rudy non ritenne o non poté organizzare nuovamente niente del genere; hanno potuto vivere tutta la loro vita, seppure regredendo tecnologicamente; sappiamo che si sono estinti dopo dieci generazioni, ma solo perché la nostra razza era ormai troppo dipendente dalle cure mediche e genetiche, per potersi riadattare, in tempi brevi, alla vita in un ambiente completamente naturale; se avessimo avuto più tempo, avremmo potuto inserire nel loro dna delle caratteristiche fisiche e psicologiche adatte, ma è successo tutto nel giro di pochi mesi--; Paolo era decisamente perplesso, ma io non ero da meno ed evidentemente la cosa non era sfuggita ai nostri intelligentissimi amici, che si guardarono, non riuscendo a capire perché le loro parole venissero messe in dubbio; ma Paolo chiarì subito l'equivoco: --vi chiedo scusa in anticipo, ma a me è stata raccontata una storia molto diversa su come Zertwat vi abbia sconfitto e da una fonte di prima mano: il rappresentante diplomatico della razza dei draghi, che ha letto le informazioni direttamente nella mente di Rudy--; se avessi gettato una granata senza sicura in mezzo a loro, non avrei generato un'impressione maggiore; Paolo completò il racconto dell'incontro che aveva avuto con il drago bianco; Dersuyl ci rimuginò sopra qualche momento e poi ipotizzò una giustificazione a quell'incongruenza: --Paolo, hai detto che il drago bianco ha raccolto le informazione direttamente dalla mente di Rudy, quindi mi pare ovvio che le informazioni di Rudy non sono corrette; considera innanzitutto che non ha senso che il nostro dna possa essere compromesso al punto tale da farci morire, mentre quello di ogni altro essere vivente nato su questo pianeta non ne abbia nessun danno, non con delle radiazioni; si dovrebbe creare un virus o un batterio specifico, capace, nel giro di pochi giorni, di uccidere tutti, senza che si fosse in grado di creare un vaccino o un antibiotico efficaci; so perfettamente di quel flare straordinario, ma le radiazioni secondarie che Rudy crede si siano sviluppate nel colpire il nostro scudo di difesa planetario sono esattamente una cosa che non può succedere, in quanto la frequenza e la banda dello scudo sono ottimizzate esattamente per evitare problemi di questo genere, figuriamoci essere presi alla sprovvista; è vero che abbiamo attuato la dispersione dei non selezionati e la discesa qui sotto di tutti gli altri, proprio approfittando delle enormi perturbazioni atmosferiche scatenate dal flare; Rudy ci ha fatto un grande favore, dal momento che in quel momento non avevamo ancora elaborato un diversivo adatto; eravamo pronti e abbiamo agito; finito il flare e acquietatasi l'atmosfera, Rudy ha trovato le città vuote, in effetti con milioni di cadaveri abbandonati a se stessi (faceva parte della messa in scena) e, credendo di aver vinto, non si è minimamente premurato di controllare a fondo tutto il pianeta; vi dovete rendere conto che Rudy, non saprei dire di altri della sua specie, non è un genio militare, ne, evidentemente, conosce bene la fisica di questo universo; quindi le sue conclusioni possono essere e sono facilmente errate; ma questo non lo rende meno pericoloso; se potesse, chissà come, tornare ad essere fatto della materia del suo universo, invece che averne alcuni microgrammi incastonati al proprio interno, potrebbe distruggere l'Universo, l'intero Universo, con uno schiocco di dita--; ora tutto quadrava: questa era la storia degli Atlantidei ai tempi di Lucifero, sul pianeta Ade. Ma a me mancava ancora una tessera di quell'intricatissimo puzzle e cioè i tempi di realizzazione del loro piano di emergenza, pochi mesi... mi sembrava strano: --ma come avete fatto a realizzare tutto questo...-- feci un gesto circolare con la mano, a comprendere tutto quello che ci circondava –...in quel poco tempo?--; mi aspettavo, ormai, qualche nuova mirabolante tecnologia ingegneristica ma, per bocca di Monpik, non questa volta: --no Christine, questa rifugio è stata costruita in 5 anni di lavori forzati-- ero stupita –avevamo giusto scoperto cosa era successo durante l'estinzione dei dinosauri e chi ne era stato il responsabile, e oltre ad accrescere le nostre difese planetarie, avviammo la realizzazione della base estrema, già programmata a fini di studio, e di questa; ultimammo la loro costruzione 15 giorni prima del ritorno di Zertwat; se avesse deciso di anticipare il giro di controllo del suo impero di un solo mese, ci avrebbe trovati intenti ad ultimare l'installazione delle capsule e del reattore a fusione che alimenta tutta la base e sarebbe stata la fine nostra e anche vostra; avrete capito che il nostro risveglio è stato programmato, in certe condizioni, proprio perché potessimo darvi le conoscenze e le capacità che vi fossero mancate per resistere a Zertwat, nel frattempo che fossimo riusciti a trovare il portatore dei geni adatti e a recuperare la altro-materia; bé, la prima parte è stata facile e, anzi, ha reso tutto meno problematico, visto che proprio il portatore ha scoperto e poi momentaneamente battuto, il drago; ora abbiamo il tempo per recuperare la altro-materia e vedere di distruggere il maledetto mostro--; sembrava sollevata che la situazione, nonostante tutto, stesse prendendo una piega positiva, ma Paolo ci vide un buco in tutta quella positività: --se Rudy si riprende mentre siamo in viaggio, rischiamo di trovare la Terra carbonizzata, al nostro ritorno-- credeva di avere messo a nudo un difetto nel piano atlantideo, sperando così di dare modo ai nostri amici atlantidei di rimediare, ma si sbagliava e fu Dersyul a smentirlo tirando fuori dalla tasca il suo straordinario apparecchio multifunzione (ormai definirlo esclusivamente un telefono era chiaramente riduttivo); Dersyul digitò qualcosa sulla sua tastiera e tutta la sala in cui ci trovavamo si scurì per poi tornare a illuminarsi quando l'immagine tridimensionale della base sotterranea apparve: --avevamo previsto la possibilità di dare una difesa provvisoria al pianeta e così abbiamo costruito un sistema, fino a questo momento rimasto spento, molto più potente di quello che avevamo usato noi fino alla nostra distruzione; al momento opportuno e con tutto il combustibile necessario, avremmo potuto attivarlo--; una vibrazione percorse tutta la base e sull'immagine della base venne evidenziato un condotto parallelo a quello che dava accesso all'esterno e vedemmo salire una struttura, che una volta raggiunta la superficie, si dispiegò fino a prendere la forma di una parabola; l'immagine del reattore divenne molto più luminosa, ad indicare che la sua produzione di energia era nettamente aumentata; sia io che Paolo guardavamo Dersyul in attesa di spiegazioni, che non tardarono ad arrivare: --non appena ci siamo risvegliati Monpik ha fatto rientrare le sonde automatiche nascoste in orbita circum solare, che per tutto questo tempo hanno raccolto Elio 3, più quelle che lo hanno raccolto sulla Luna; abbiamo scorte per milioni di anni e nemmeno un esercito di draghi potrebbe sfondare le nostre attuali difese; questo però ci isola completamente dal resto dell'Universo ed in ogni caso non è un bene, perché in caso di un attacco meteorico saremmo del tutto vulnerabili e sono sicuro che sarebbe solo questione di tempo perché Rudy ne organizzi uno--; ma io sapevo una cosa che loro invece non sapevano: --dovrebbe trovare un planetoide da tirarci contro, altrimenti siamo difesi anche da questo tipo di attacco--; l'espressione di Dersyul fu chiara, come dire: “ma bravi!”; Monpik, inaspettatamente, gettò una nota di tristezza in quella serie di buone notizie: --la brama di distruzione di Zertwat mi ha impedito di agire per tempo, quando ha iniziato a distruggere le vostre città intorno a tutto il pianeta e poi la Luna; non ho potuto far rientrare in tempo neanche una della sonde...--; quella notizia mi colpì come una martellata, ma non avevo correlato la distruzione delle città con la difesa planetaria che ora ci proteggeva; avevo rimosso il pensiero della devastazione che aveva colpito la Terra due giorni prima e ora, invece, mi tornava addosso con tutta la sua forza; mi sentii persa per alcuni momenti, ma la mano di Paolo che prendeva la mia e poi i suoi occhi che incrociavano i miei, mi riportarono sulla Terra e ai problemi presenti e futuri; Dersyul prese in mano la situazione: --non so voi, ma io ho proprio fame e credo che anche per voi sia quasi ora di pranzo--; in realtà no, visto che eravamo a metà mattina, ma tutte quelle emozioni mi avevano prosciugato le energie e poi l'incontro con Dersyul all'hotel mi aveva fatto saltare la colazione, l'ottima e abbondante colazione Hilton, quindi avrei felicemente anticipato il pranzo; anche Paolo, non ne dubitavo, ne sarebbe stato felice, infatti: --ma si, dai; giusto mi sento un po' floscio--; mi limitai ad un'alzatina di sopracciglio; dopo un po' più di un'ora, eravamo felicemente rilassati, anche se che sui volti dei nostri ospiti aleggiava un'espressione decisamente incredula; in effetti non credo che avessero mai visto nessuno mangiare le quantità di cibo che io e Paolo avevamo ingurgitato in quel poco tempo; la cosa che ci ha sempre divertito è che non sembra che ci stiamo ingozzando, perché siamo perfettamente in grado di conversare civilmente e non spargiamo cibo in giro, ma alla fine i piatti vuoti si accumulano e le nostre pance sono belle rotonde e il fatto diventa palese; ci avevano proposto sia cibi base umani, ricavati dai dati che le loro sonde di controllo avevano raccolto nel corso del tempo, quindi pane, formaggi, carni varie, frutta di ogni tipo e pure un favoloso tiramisù, che cose uscite direttamente dalle loro scorte; nella maggior parte dei casi, per quanto particolari, avevamo gradito quelle pietanze; quando avevamo chiesto come fossero riusciti a preparare quella varietà di cose in così poco tempo, Dersyul, candidamente, aveva rivelato che alcune sonde erano state incaricate di “prelevare” la materie prime, poi assemblate grazie a ricette reperite su Internet, con le quali era stato istruito il robo-chef; non si può dire che a queste persone manchi il senso pratico; mentre assaporavo un bel bicchiere di the freddo alla pesca ben zuccherato, su base di un the nero molto forte, il mio background di archeologa evidenziò una ovvia, anche se probabilmente solo apparente, anomalia, nel racconto delle vicissitudini che avevano vissuto gli atlantidei non selezionati per essere ibernati: --mi sono resa conto che non abbiamo mai trovato scheletri di qualche componente del vostro popolo, mentre abbiamo trovato numerosi reperti sia di ominidi che di scimmie pre-umane, quindi risalenti sia a periodi anteriori che posteriori all'epoca in cui dovrebbero essere rintracciabili ritrovamenti atlantidei--; mi rispose Monpik: --abbiamo calcolato che tra i primi che si sono insediati in Africa, Asia e poi in altre zone, circa 5 milioni, e quelli delle generazioni successive, non sono stati presenti sul pianeta più di 11-12 milioni di noi e ben difficilmente si possono essere formati dei fossili sopravvissuti fino ad ora--; ogni risposta creava altre domande: --come sarebbe a dire 5 milioni iniziali?--; Monpik proseguì: --si, sono quelli che sono sopravvissuti agli attacchi iniziali; quel mostro è riuscito a uccidere il 99% del nostro popolo--; il calcolo era semplicissimo: al massimo dello splendore, la razza atlantidea contava 500 milioni di individui; pensai ad alta voce: --pensavo che foste molti di più!--, ma la spiegazione di Monpik era semplice: --il nostro tasso riproduttivo è molto basso e la sopravvivenza dei nuovi nati elevatissima; infatti noi donne Gesaz abbiamo, in totale, 10-12 ovuli e possiamo partorire 1-2 volte, anche con parti gemellari di massimo 2 bambini, con una media effettiva di 2,25 parti per coppia; a quel punto gli ovuli rimanenti vengono espulsi; ecco che il tasso di crescita demografica è molto basso; se poi consideri che l'arco vitale della nostra gente è mediamente di 500 anni, ecco che ancora una volta la natura dimostra che si sa regolare perfettamente--; aggiunsi una riflessione: --come al solito la razza umana si dimostra essere una razza anomala: troppi figli e troppo spesso--; feci spallucce, come per dire “che ci vuoi fare”, dato anche che nell'ultimo secolo era stato attuato un rigido controllo delle nascite che stava normalizzando, per così dire, la presenza umana sul pianeta, ma notai subito l'aria imbarazzata di Monpik, che però si chiarì subito: --era necessario un tasso di mutazione e di sviluppo quanto più rapido possibile, per fare si che emergesse una razza senziente il prima possibile; la durata di intervallo di una generazione nuova rispetto a quella vecchia non poteva essere molto di più di circa 25 anni e l'arco di vita molto maggiore di 50-60 anni; sarebbe stato più che sufficiente come arco di vita tecnologicamente e scientificamente produttivo--; mentre sia io che Paolo assimilavamo quell'informazione, Monpik iniziò a piangere; avevano dovuto condizionare pesantemente lo sviluppo genetico dei nostri progenitori, per accorciare i tempi (ricordavo che aveva detto che le scorte di combustibile erano scarse) e per sperare, un giorno, di avere la possibilità di sconfiggere Rudy; la fretta, immagino, aveva lasciato aperte le regolazioni genetiche più dettagliate e sofisticate, con tutti i problemi del caso: la malattie, i tumori, le difese contro i parassiti, i batteri ed i virus e forse anche la difficile e lunga vecchiaia a cui gli esseri umani vanno generalmente incontro; tutto questo poi a scapito di alcuni adattamenti possibili nel loro dna, come ci avevano detto: i loro genetisti potevano lavorare o sui nostri progenitori oppure sulla loro stessa gente e l'unica scelta possibile, con il poco tempo a disposizione, per il migliore risultato sul lungo periodo, erano stati i nostri antenati ancestrali; potevo perfettamente vedere, lì davanti ai miei occhi, quanto quelle difficilissime scelte, avessero pesato su quelle persone gentili e “umane”. Comunque tutto questo travaglio evolutivo aveva creato una razza controversa ma straordinaria, dalla capacità adattativa ed evolutiva incredibile; dove i superstiti atlantidei avevano dovuto soccombere in poche generazioni, pur avendo una genetica ottimizzata, ma evidentemente troppo “civilizzata”, gli esseri umani avevano prosperato e si erano diffusi su tutto il pianeta, trovando anche il tempo di adattarsi alle varie condizioni ambientali che via via andavano incontrando; non solo, quella rabbia bestiale che ci portavamo dentro, frutto delle lotte primordiali, ci aveva fatto rischiare l'auto estinzione in più di una occasione e in più di una maniera, ma ora che il pericolo di farci fuori da soli sembrava scongiurato (grazie, forse, a quel briciolo di intelligenza razionale che accompagnava l'istinto omicida), la razza umana era una forza infinitamente pericolosa per chiunque avesse avuto l'idea di mettersela contro; nel corso degli ultimi millenni abbiamo sviluppato un codice etico e morale che ci pone grandi limiti d'azione e quindi le nostre reazioni non sono più esageratamente violente, ma rimane il fatto che instillare in noi il desiderio di vendetta è la cosa più imbecille ed imprudente che si possa pensare di fare; l'unica cosa sensata da fare è quella di prenderci di sorpresa ed sterminarci tutti, subito; lasciare a metà il lavoro con l'idea di renderci schiavi e, nel frattempo, torturarci, ucciderci, affamarci, opprimerci, è la sicura via per guai molto, molto grossi; lo hanno scoperto tutti i tiranni, invasori ma anche interni, e tutti i loro seguaci; tutto questo, in un Universo ignoto e pericoloso, poteva darci la maniera di sopravvivere dove invece i civilissimi e dolci Atlantidei, non erano riusciti. Ora avevamo davanti la più pericolosa minaccia che mai nessuna altra razza di questo universo aveva dovuto affrontare, Lucifero, Zertwat, Rudy; ma lui avrebbe dovuto affrontare Paolo e la sua strana genetica, in grado di controllare l'energia emessa dalla materia di un universo parallelo al nostro, che lo poneva, forse, allo stesso livello di Rudy; la follia dominatrice di un essere quasi onnipotente, contro la follia omicida di Paolo, l'uomo che amo oltre ogni limite, ma nei cui occhi ho potuto vedere un fuoco di pura violenza e devastazione, fuoco che mi spaventata e rassicurava insieme, fuoco che ha terrorizzato anche lo stesso Lucifero.
Un calcolo prudenziale sulle capacità di recupero di Rudy, ci dava da un minimo di tre mesi fino ad un massimo di un anno, ma sempre per maggior prudenza avevamo de­ciso di agire nel minor tempo possibile e in considerazione che il tempo strettamente necessario a raggiungere il luogo dove era conservata la altro materia e fare ritorno ci avrebbe tenuti fuori del pianeta per circa un mese, quello sarebbe stato il tempo massimo a nostra disposizione; quella notte l'avremmo passata alla base (avevamo chiuso il conto all'Hilton), per poi preparare la partenza con la straordinaria astronave interstellare atlantidea, il giorno successivo, sul tardi; erano necessarie poche ore per preparare la Kryzs (si pronuncia Chris, ma significa speranza); infatti era già carica di viveri per 12 persone, per un anno; i sistemi energetici e di mantenimento vitale erano tenuti al massimo dell'efficien­za e i motori potevano essere resi operativi in due ore, pur essendo tenuti spenti, per non rischiare di rivelare la posi­zione della base fino all'ultimo secondo; in caso di emergen­za l'astronave sarebbe partita simulando la distruzione della base alle sue spalle, che avrebbe però lasciato intatte le ca­mere di ibernazione e i sistemi che le mantenevano attive, perfettamente schermati ad occhi indiscreti. Quando alla fine io e Paolo ci ritrovammo da soli nella nostra camera, pa­ragonabile ad una delle migliori camere di un qualsiasi Hil­ton in giro per il mondo, eravamo sfiniti da tutte quelle novi­tà, ma una parte della cupezza era svanita, perché potevamo ottimisticamente guardare al futuro; le risorse dei nostri amici erano enormi e la situazione volgeva a nostro favore e così, contrariamente alla notte precedente, facem­mo l'amore, ripetutamente; ho sempre benedetto e adorato lo splendido stato di forma di Paolo e non solo perché è esteticamente spettacolare, ma anche perché se il sistema vascolare e cardiocircolatorio funzionano perfettamente, il sangue fluisce al meglio e quindi riempe ottimamente e ripetutamente quel che serve affinché un maschietto possa rendere felice la sua bambolina (pur nei limiti fisiologici umani); questo per quanto riguarda il maschio Paolo, infatti il lato che alla fine a permesso che la nostra storia (almeno dal mio punto di vista) potesse durare tutti questi anni (e che prevedibilmente la farà durare tanti e tanti altri anni ancora) è sicuramente quello dell'uomo Paolo; ho capito molto presto che il genere maschile della razza umana può essere straordinario ma anche estremamente limitato e questo mi ha sempre messa in grande difficoltà: il sesso mi piace, tanto, ma non sono mai riuscita a scinderlo dalla necessità della stabilità, dal bisogno di poter contare sulla presenza dell'uomo, sempre e comunque, pur non dandolo granché a vedere, che tipicamente una donna apprezza e cerca, ma che raramente riesce ad ottenere, perché, al contrario, un maschio cerca, e agisce al fine di ottenere, solo sesso senza impegno e la più grande varietà possibile; in Paolo ho trovato il maschio perfettamente unito all'uomo; Paolo, contrariamente alla maggioranza dei maschi, sa fare scelte e dare priorità alle cose della sua vita e soprattutto essere di una dolcezza infinita, infondendo amore e sicurezza; adora il sesso come tutti i maschi del mondo, ma ha accettato il prezzo della mancanza della varietà, per farlo solo con me e a tutt'oggi non ho mai avuto neanche l'impressione che fosse minimamente annoiato di me e del mio corpo; il lavoro ci unisce, ci appassiona immensamente, tanto che, nonostante non lo si possa trattare come fosse un hobby, raramente ci ha stressato più di tanto, ma Paolo sin dai primi tempi che siamo divenuti una coppia, mi ha detto una cosa che spiega chiaramente quali siano le sue priorità e soprattutto i suoi sentimenti nei miei confronti: --la vita di una persona è necessariamente composta di tante cose diverse, ma ognuna di esse ha una sua importanza relativa rispetto alle altre; ho visto tante persone devastare la propria vita inseguendo il successo, la carriera, i soldi e il potere, creando il vuoto intorno a sé, solo coll'illusione che il raggiungimento di questi obbiettivi li avrebbe resi felici, realizzandosi, salvo poi ritrovarsi soli; io so da sempre, ed in particolare da quando ti conosco, che amare una persona non è importante o importantissimo o la cosa più importante, ma l'unica cosa realmente importante; il resto non conta; se mai dovessi scegliere tra te ed il mio lavoro, non avrei dubbi, anche se dovessi vivere in una capanna, raccogliere bacche e mungere una capretta per avere di che vivere--; ci sono voluti un paio di incidenti (tutti colpa mia) per assimilare completamente quel concetto, ma alla fine è stato come se si fosse impresso a fuoco nel mio DNA.
Tra una cosa ed un'altra avevamo dormito parecchie ore, circa 9, e alla fine, come al solito, la prima a svegliarsi ero stata io; avevo avuto modo di sentire, durante la notte precedente, che anche i nostri amici si erano dedicati ad un po' di sesso, ma ora anche loro stavano riposando, perché non sentivo che un perfetto silenzio; lasciai Paolo dormire1, mi infilai gli slip e il toppino sportivo (altamente contenitivo, che per le attività normali non richiedeva reggiseno: como­dissimo) e uscii per un piccolo giro di perlustrazione solita­rio; in fondo erano solo le sei e mezza e la partenza era pre­vista per il primo pomeriggio, dopo il pranzo; avevo previsto di stare in giro massimo un'ora, per poi fare rientro, sveglia­re Paolo e trascinarlo a fare colazione; avevo programmato di portargli un caffè a letto (se fossi stata in grado di usare il sistema automatizzato della cucina della base), unica cosa realmente capace di fargli aprire il primo occhio, che poi si trascinava dietro il secondo ed il resto del suo corpo; uscii dalla camera, diretta verso le cose più interessanti: l'astrona­ve e il salone di comando; lì vicino c'era anche la mensa; mi incamminai e necessariamente passai davanti alla came­ra di Monpik e Dersyul; dormivano ed erano completamente nudi; non potei fare a meno di fermarmi ad osservare i loro corpi; ancora una volta la loro esotica bellezza mi rapì; feci il confronto tra Dersyul e Paolo e la mia preferenza ricadde inevitabilmente su Paolo; Dersyul era molto bello, proporzio­nato, tonico e magro, ma un po' esile per i miei gusti; pur es­sendo quasi dieci centimetri più alto di Paolo, pesava alme­no trenta chili di meno: era meno muscoloso ma anche la sua struttura scheletrica era più leggera; se poi questa strut­tura fosse più forte (ossa più dense e muscoli più forti) non potevo saperlo;2
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Monpik si mosse, il mio sguardo si posò su di lei e nuovamente il mio respiro cambiò ritmo: il suo corpo era una incredibile e perfetta sintesi di compattezza, velluta­ta morbidezza e assoluta perfezione di proporzioni; mentre i miei occhi scivolavano su di lei, si mosse di nuovo e la sua posizione passò dall'essere appoggiata su di un fianco allo stare sulla schiena e così, involontariamente, le sue gambe si aprirono un po'; accidenti, era ermafrodita, e oltre tutto en­trambi i suoi genitali erano assolutamente perfetti e separati: il pene davanti, al posto del clitoride (che nelle donne uma­ne è infatti ciò che sarebbe diventato un pene se la bambina fosse stata un bambino) e la vagina dietro; niente testicoli; questo spiegava la compattezza del suo corpo e le sue pro­porzioni piene; infatti anche se i testicoli non erano visibili si­curamente dovevano essere presenti e funzionanti, produ­cendo così un po' di testosterone, che le donava qualche chiletto di muscoli in più e qualche chiletto di grasso in meno; questo spiegava anche il forte impatto estetico che provavo, dato che le sue forme, per quanto morbide, aveva­no dei vaghissimi richiami maschili; con la coda dell'occhio notai un particolare e i miei occhi tornarono su Dersyul; die­tro i suoi testicoli, leggermente più piccoli della media uma­na, ora vedevo perfettamente una piccola vagina; mi sentii autorizzata a pensare che due ermafroditi, seppure perfetta­mente distinti nei caratteri sessuali secondari e cioè nell'aspetto fisico, in una razza così abile nel controllo gene­tico, non potevano essere una coincidenza; quindi o gli atlantidei erano tutti così, oppure avevano ritenuto di darsi un ventaglio di piaceri più ampio. Li lasciai al loro riposo e allontanandomi, stavo rimuginando, che la loro doppia ses­sualità, dava anche modo che il sesso omosessuale (am­messo che avesse senso parlare di omosessualità in una razza che si era data fisicamente due sessi) fosse del tutto normale fra di loro e nettamente più piacevole; persa in quei pensieri, venni presa alla sprovvista dalla mano di Monpik che mi si appoggiava su una spalla, ma la delicatezza del suo tocco mi fece trasalire solo leggermente; mi girai verso di lei, sorridendole e venendo ricambiata dal suo dolce e te­nero sorriso; si era vestita con un cortissimo gonnellino a pieghe e con la parte superiore di quello che io avrei chia­mato bikini; lei finì di mettersi di fianco a me e mi prese per mano; persi un battito del mio cuore, perché ero sicura che non fosse un gesto di fanciullesca dolcezza, perché non sentivo quella favolosa ragazza come una semplice amica, perché immediatamente pensai al pene fra le sue gambe e il mio sguardo andò a cercarlo sotto il gonnellino, che trovai alzato a causa di una enorme erezione; persi due battiti di cuore, perché sentivo il mio corpo reagire: la mia vagina era già bagnatissima, il clitoride incredibilmente duro, come i miei capezzoli; il mio cervello si spense e l'unico atto razionale che riuscì a compiere fu quello di guidare lei e me dentro la prima cabina vuota che individuai; la mia dolce irruenza fece ridere Monpik e arrossire il suo meraviglioso viso; automaticamente afferrai i suoi grossi seni e le miei mani sentirono i suoi capezzoli, grossi e duri, sotto le palme delle mie mani; anche lei si diede da fare e così i miei slip volarono via e la sua mano cominciò ad esplorare la mia vagina, ormai allagata; emettei uno strillo di piacere mentre due delle sue quattro dita penetravano le piccole labbra in profondità e cominciavano una dolcissima ma intensissima masturbazione: dopo trenta secondi stavo strillando per uno dei più violenti orgasmi mai provati in tutta la mia vita; durante tutto il tempo Monpik mi aveva guardata dritta negli occhi, baciandomi con quelle labbra polpose e sfiorando la mia lingua con la sua; ero completamente persa in lei e fuori controllo: cercai il suo pene sotto la minigonna, ma rimasi momentaneamente intrappolata nelle pieghe, incapace di alzare il tessuto perché in preda ad un nuovo orgasmo che mi assaliva; finii sdraiata sul letto con le gambe piene di liquido vaginale, ansimando; Monpik, con gli occhi pieni di un desiderio che avevo visto solo in Paolo, si tolse prima il bikini, mostrandomi i più perfetti seni che io avessi mai visto e poi, finalmente, il gonnellino: il suo pene in erezione era assolutamente enorme; me ne resi conto solo dalle dimensioni relative al suo corpo, perché era perfettamente proporzionato; stentavo a credere a quelle misure, perché, a occhio e croce, doveva essere di almeno 25 centimetri; dovevo essere a bocca aperta perché Monpik mi spiegò una cosa: --non ti farò male; ho adattato la misura da quello che ho sentito quando ti ho masturbata, ma se vuoi posso renderlo un po' più piccolo--; il suo sguardo interrogativo ebbe la sua risposta quando, mettendomi seduta e avvicinandomi a lei, afferrai quel pene miracoloso, iniziando a masturbarlo intensamente, bagnandolo con la saliva delle mie labbra; via via che si bagnava di più accelerai il movimento e con esso aumentavano i gemiti di Monpik, che dopo circa due minuti iniziò ad urlare ed ad eiaculare una quantità incredibile di sperma, inzuppandomi letteralmente dalla testa ai piedi; eiaculò a lungo, seguitando a strillare tutto il tempo; quando l'eiaculazione terminò, mi fermai anche io, ma lei, ansimando: --non ti fermare Chris...--; ripresi da dove avevo interrotto e per almeno trenta minuti masturbai il pene di Monpik, che rimase sempre immensamente duro, eiaculando ogni 45 secondi – 1 minuto, tanto che contai quasi 40 orgasmi; dopo 10 minuti avevo, su sua espressa richiesta, anche iniziato a masturbarle la vagina, che le aveva procurato più di 30 orgasmi; dopo un ennesimo spettacolare orgasmo mi aveva fermato le mani e si era buttata sul letto: era sudatissma, piena di sperma e liquido vaginale dappertutto, ma la trovavo più bella e desiderabile che mai e mi dedicai a farle un intensissimo rapporto orale; tenni scoperto il glande con una mano e mi aiutai nella stimolazione con l'altra: arrivò all'orgasmo in pochi secondi e mi riempì la bocca con un'eiaculazione enorme; replicai 5 volte e alla fine mi girai verso il suo viso e la baciai scambiando lo sperma con lei; fu a quel punto che mi fece girare sotto di lei e che mi penetrò la vagina; non era neanche a metà della penetrazione che ebbe un nuovo orgasmo e una nuova immensa eiaculazione; finì la penetrazione, afferrandomi i seni, mentre anche io ebbi il mio orgasmo; se avessi pensato che gli orgasmi che mi aveva procurato masturbandomi erano stati intensi, dovetti ricredermi, perché quello che provai in quel momento e tutti quelli che provai nell'ora successiva, con il suo pene completamente infilato nella mia vagina (aveva riadattato la misura, lasciandolo dello stesso diametro, ma accorciandolo, così, mi disse, da poter stare tutta dentro e vicina a me per toccarmi meglio) furono devastanti, così intensi che se fossero stati solo un pochino più forti sarebbero stati dolorosi; in quell'ora ebbi un orgasmo ogni trenta secondi e di fatto passai tutto il tempo venendo e strillando; tutto il mio corpo sembrava provare l'orgasmo con la mia vagina: dove le sue mani mi toccavano, ovunque fosse, provavo un orgasmo; lei seguì il ritmo dei miei orgasmi con assoluta precisione, venendo oltre decine di volte; quando ci fermammo, sfinite, mi resi conto che la mia vagina non era minimamente indolenzita o irritata, allora la abbracciai da dietro, afferrando il suo pene, ancora durissimo e mentre la masturbavo, ascoltando i suoi gemiti intensi ma dolcissimi, espressi il mio stupore sia per le sue prestazione che per le mie: --sono sempre stata multi-orgasmica ma mai sono riuscita a venire 100 o più volte; tu poi come è possibile che possa avere tanti orgasmi ed eiaculare così tanto...-- proprio mentre veniva per la masturbazione che le stavo facendo; si girò verso di me e mi spiegò: –sono due le cose che provocano tanti orgasmi: quando desideriamo fare sesso con qualcuno emettiamo un ferormone che iper eccita quella persona; potrei farti venire mille volte accarezzandoti i capelli; la seconda è il mio sperma che lubrifica e protegge chi penetro, oltre che me, aumentando ulteriormente la sensibilità all'atto sessuale; a riguardo della quantità, in realtà non vero e proprio liquido seminale, ma al 99% è composto da una emulsione di grasso corporeo e acqua, mista ad una proteina che rende gelatinoso il tutto, aumentandone il volume durante l'eiaculazione, di almeno dieci volte; con un litro di acqua e mezzo chilo di grasso, posso seguitare ad eiaculare per il resto della giornata--; era tutto chiaro, dalla mia perdita di controllo, a quello che avevo provato, a tutte le sue incredibili prestazioni, ma mentre proseguivo nel masturbarla, le chiesi un'ultima cosa: --è una vostra modifica genetica?-- la risposta la strillò venendo: --SII!--; erano le otto e mezzo, in ritardo rispetto ai programmi, così interrompemmo le nostre attività sessuali e andammo a farci una doccia; ovviamente, rinfrescate dall'acqua, non rinunciammo a fare altro sesso e così appoggiata con le mani alla parete della doccia, con l'acqua che ci scorreva addosso, venni intensamente penetrata e scopata; il suo pene era ancora più grosso di prima e per mezzora provai un unico, infinito e violentissimo orgasmo, che fece urlare me, ma anche lei; durante tutto il tempo, potei vedere il riflesso dei nostri corpi in un grande specchio del bagno, ma soprattutto l'immenso pene che entrava ed usciva dalla mia vagina, provocando immense ondate orgasmiche; alla fine Monpik si fermò, sfinita e oltre ai suoi gemiti che sfiorivano, sentivo l'enorme pulsazione del suo pene che emetteva gli ultimi schizzi di sperma; lei tirò fuori il pene dalla mia vagina che stava ancora eiaculando e di nuovo afferrai con una mano il suo glande masturbandola e facendole proseguire orgasmo ed eiaculazione; guardare tutto quello mi faceva eccitare tantissimo e non avrei smesso mai, se non fosse stato per il ritardo che si stava accumulando; finimmo di lavarci e poi ci asciugammo. Uscimmo nel corridoio, giusto in tempo per incontrare Dersyul e Paolo; eravamo nude e vidi che a Monpik tornò in erezione il pene, mentre correva incontro al suo uomo; Dersyul la abbraccio dolcemente e le sussurro qualcosa, che la fece ridacchiare teneramente;
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3 in quel momento, solo in quel preciso momento, mi resi conto che in definitiva avevo tradito Paolo, mi sentii morire e cominciai a piangere, ma subito Paolo mi abbracciò e mi baciò, rassicurandomi: --Dersyul mi ha raccontato cosa stavate facendo voi due, non che fosse evidente di per sé, spiegandomi che una volta che una persona viene “drogata” dai loro ferormoni non può più resistere in nessuna maniera, fino a quando chi l'ha desiderata, in questo caso Monpik, non smette di fare sesso e provare desiderio per lei, in questo caso tu; comunque non potrei mai essere geloso di quell'angelo; mi sono però premurato di spiegare che per noi esseri umani il sesso deve essere consensuale e che in futuro dovranno chiederci se vorremo farlo con loro, accettando un eventuale no; tra di loro il problema non si pone, perché se una persona non desidera fare sesso con un'altra, il corpo produce un antidoto al ferormone, rendendo impossibile il consenso e quindi il sesso tra i due--. Ora quello che mi aveva accennato Monpik era perfettamente chiaro: ero stata sua “schiava”, senza possibilità di resistere, sin da quando aveva messo la sua piccola mano nella mia, quando mi aveva raggiunta nel corridoio; adesso che ero stata completamente scagionata, le quasi tre ore passate con lei le considerai fantastiche ma volli comunque mettermi in pari con Paolo: --sarei felice se facessi l'amore con lei, sempre che lo voglia--; Paolo sembrò titubante, non credo ritenesse necessario dover pareggiare le cose, ma Monpik, che nel frattempo si era vestita ed era tornata vicino a noi, sentì le mie parole e manifestò un enorme entusiasmo all'idea: --ti prego Paolo!--; lui era in difficoltà e ci stava pensando su, ma Monpik prese l'iniziativa, mettendosi sulle punte dei piedi e baciandolo meravigliosamente sulle labbra e così Paolo cedette, afferrandole i seni e facendole una di quelle carezze sulle guance che a me hanno sempre fatto impazzire; Dersyul ci riportò tutti alla ragione: --si, però più tardi; dobbiamo prepararci a partire--; in effetti era tardi e il pranzo ci attendeva; non è che non si potesse saltare il pranzo a terra, ma era sempre meglio, potendo, risparmiare i viveri imbarcati, visto che in caso di emergenza, il pranzo di quattro persone, poteva essere razionato e durare tre-quattro giorni.
Nonostante tutto la partenza avvenne in orario e fu una cosa assolutamente spettacolare; eravamo seduti ognu­no su una poltroncina singola e potevamo osservare tutto quello che succedeva intorno alla Krizs e cambiare anche spettro visivo, dalle microonde ai raggi gamma, per poter analizzare l'ambiente esterno; all'inizio la visuale era impo­stata verso davanti e sulla gamma visibile dell'emissione elettromagnetica, ma subito dopo passò al posteriore, per mostrare la Terra in rapido allontanamento; appena supe­rammo l'orbita della Luna, bé, dove una volta c'era stata la Luna, la visuale assunse una colorazione stranissima, che subito Dersyul ci spiegò: --sto' scandagliando qui attorno per vedere se è possibile trovare Zertwat, e cercare di capire le sue condizioni, dalle differenti emissioni energetiche rispetto a quelle che conosciamo essere normali; in teoria, se sta' bene vedremo una forte luce blu elettrico, che virerà verso il verde e poi il giallo, se sta male o è debole--; la visuale girò intorno, a coprire tutti i settori, ma al primo passaggio non ri­velò nulla, allora Dersyul aumentò l'ingrandimento di cento volte e sembrò quasi come andare a sbattere contro le stelle già inquadrate; quindi la visuale ruotò nuovamente e, quan­do sembrava che neanche questa volta avremmo potuto ve­dere Rudy, ecco che, nel settore direttamente sotto di noi, comparve un puntino giallo chiaro; l'ingrandimento aumentò nuovamente di cento volte e ci trovammo così a guardare un piccolo asteroide, che ruotava lentamente su di sé; dopo pochi secondi la luminosità gialla aumentò, esattamente mentre veniva inquadrato un cunicolo che portava, quasi sicuramente, verso il centro del sasso spaziale; era piuttosto chiaro che Rudy si era scavato una tana dove stare nascosto in attesa di recuperare le forze; mi sembrava un'occasione d'oro: --ora possiamo distruggerlo!--; vedevo la fine dell'incubo Lucifero a portata di mano; ma il mio entusiasmo venne smorzato da Monpik: --non esiste arma che si conosca che possa distruggerlo, anche in quelle condizioni; neppure Paolo potrebbe nulla, perché l'emissione energetica è talmente bassa che non potrebbe sfruttarla per fare del male a Zertwat; volendo, possiamo andare a prenderlo a calci, sicuri che non si ribellerà e forse sarebbe liberatorio, ma sicuramente del tutto inutile; l'unica maniera rimane quella programmata--: fine dell'entusiasmo; rimanemmo a guardare quel maledetto mostro, impotenti, ma curiosi; dopo pochi minuti riprendemmo la via per la nostra destinazione; improvvisamente fui stanchissima e iniziai ad addormentarmi sulla poltroncina; ripresi conoscenza, in parte, vedendo Paolo che mi prendeva fra le sue braccia e mi portava via; mi svegliai di colpo, nella cabina che ci avevano assegnato Dersyul e Monpik; ero sola e non sapevo che ora fosse e cercando il mio orologio da polso mi resi conto che non lo indossavo e che ero nuda, sotto una leggera coperta: --luce!-- ordinai al sistema di gestione ambientale e una luce morbida e calda si accese, mostrandomi la stanza; vidi i miei vestiti e il mio orologio appoggiati su una sedia in fondo al letto, mi alzai e andai a guardare l'ora: avevo dormito quasi sei ore e quindi era quasi ora di cena; mi vestii e mi incamminai verso la sala mensa, aiutandomi con le indicazioni a parete; ogni ponte, alle sue intersezioni, recava un pannello, del tutto simile a quelli che si possono trovare nei centri commerciali e, in genere, nei luoghi pubblici della Terra, con il classico “voi siete qui”, in questo caso in una grafia con non potevo comprende, ma con una grafica inequivocabile: un bel puntino rosso lampeggiante; la legenda era altrettanto chiara: simboli perfettamente comprensibili indicavano le varie destinazioni; seguii le indicazioni che mi conducevano verso il simbolo delle posate incrociate ed era una striscia disegnata a terra di colore bianco; le frecce indicavano la direzione verso la mia destra; non dovetti camminare molto dato che dopo due svolte, una a destra e una a sinistra, cominciai a sentire il suono delle voci degli altri tre, ma in particolare era Monpik che parlava e sembrava decisamente allegra, anzi gioiosa; era un bel passo avanti rispetto a come l'avevo conosciuta, triste e silenziosa e questo mi fece sorridere; la sentii ridere ad una battuta di Paolo, che non capii e svoltai l'ultimo angolo: Dersyul, seduto a destra, sorrideva guardando la sua donna, felice nel vederla rifiorita; Paolo era in piedi, appoggiato ad un bancone alto, che contrariamente alle apparenze non era un banco bar, ma il bancone da dove arrivavano le ordinazioni che venivano preparate dal robo-chef, ed in effetti stava giusto afferrando un vassoio di carne fumante, contornato da patate arrosto; Monpik stava suddividendo le porzioni di un altro vassoio, pieno, invece, di maccheroncini con ragù di cinghiale; lei indossava una cortissima gonnellina scozzese a pieghe, bianca e nera, ma portava degli slippini bianchi; le scarpe da tennis rosse con la punta bianca, indossate sopra delle corte calzine bianche e una polo bianca, che lasciava intravvedere un pochino della sua sodissima pancia, completavano l'immagine di liceale che, forse involontariamente, si era data; Paolo, che stava portando il vassoio verso il tavolo, mi vide e mi salutò: --hei, giusto in tempo; stavo per venire a chiamarti--; Monpik si girò nella direzione dello sguardo di Paolo e sul suo viso si dipinse il più favoloso dei sorrisi; corse verso di me, facendo volare la gonnellina, e si gettò fra le mie braccia; mi baciò molto intensamente e nonostante fossi leggermente imbarazzata, ricambiai con gioia; in quel momento mi resi conto di essere innamorata di quel fantastico angelo, con buona pace della mia eterosessualità; un pensiero mi fece girare gli occhi verso Paolo, ma con mia infinita felicità lui sorrideva e, quando vide che il mio sguardo incrociava i suoi occhi, mi fece l'occhiolino; ero al settimo cielo. Mentre ci andavamo a mettere sedute, Paolo portò il vassoio della carne a tavola e giusto il tempo di appoggiarlo, mi guardò e ammiccando: --mentre dormivi, ci siamo avvicinati a Rudy e ho potuto parlare con il drago bianco, Wyklot; gli ho raccontato tutto quello che era successo, con Rudy-Zertwat-Lucifero e del nostro incontro con loro;-- indicando Dersyul e Monpik, –non sono entrato nei dettagli, perché se mai Rudy dovesse entrare in comunicazione con lui, potrebbe scoprire i particolari del nostro piano, ma anche così il nostro piano gli è sembrato valido, anche se estremamente pericoloso; è d'accordo con noi che è probabilmente l'unica speranza che abbiamo di battere Rudy e salvarci; è stato molto felice di fare la conoscenza della razza atlantidea e altrettanto triste di sapere della loro distruzione; ci siamo salutati, dandoci appuntamento a quando avremo recuperato la altro-materia, che a quel punto mi darà la possibilità regolare e continua di comunicare con lui, senza l'intercessione di Rudy--. 
 
1 In genere dormiva un paio di ore più di me, ma il suo metabolismo era molto attivo, so­prattutto grazie alla sua sviluppata muscolatura, che gli faceva consumare, anche a riposo, più calorie, di conseguenza stancandolo di più e creando la necessità di maggior riposo.
2 Inizia la prima parte di descrizione delle parti anatomiche e sessuali, subito seguita da quella di sesso esplicito...
3Fine della prima parte a carattere sessuale.

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