lunedì 3 giugno 2013

ADE - QUINTA PARTE


Durante tutto il tempo di avvicinamento al nostro obiettivo non ci fu praticamente niente da fare; la Kryzs po­teva volare del tutto autonomamente, grazie ad un sistema di intelligenza artificiale molto avanzato, che seppure non in grado di dialogare in maniera compiuta con una persona (non era fatta per quelle cose, perché la sua “intelligenza” si rivolgeva solo alle questione tecniche), poteva gestire ogni singolo sistema interno, emergenze comprese; tutto stava nel dare dei parametri precisi di comportamento, entro i quali tenersi ed il resto avveniva senza che nessun operatore atlantideo dovesse minimamente scomodarsi; tanto per fare un esempio, era stata indicata una rotta, in base a delle coordinate che facevano capo ad un sistema di riferimento universale; la Kryzs1 di conseguenza teneva la direzione più diretta, evitando pianeti, stelle, asteroidi, perturbazioni gravitazionali; la rotta non era assolutamente una linea retta ma di sicuro era la più veloce possibile; di meglio era possibile fare solo con il metodo di trasferimento che usava Rudy2, che però era possibile solo per brevi distanze, dove per brevi si intendeva entro l'anno luce; il problema era che non era possibile mantenere una rotta di viaggio precisa e l'imprecisione cresceva con l'aumentare della distanza percorsa nel sub-spazio e superato l'anno luce diventava esponenzialmente più grande; riemergere dopo un trasferimento di poco più di un anno luce poteva significare trovarsi ovunque tranne dove si voleva andare, perfino dalla parte opposta dell'Universo; il sub-spazio non è uno spazio lineare in cui delle coordinate spaziali definiscono con precisione le relazioni di posizione relative di ogni singolo punto; dove sembra che il movimento sia lineare e lo spostamento regolare, in realtà non lo è mai, dato che distanza e direzione cambiano costantemente a causa della natura caotica e non lineare del sub-spazio (avere l'illusione di andare dritto avendo, in realtà fatto un “fiocco” e percorso una frazione infinitesima di centimetro o anche un miliardo di anni luce, dove si pensava di aver percorso un metro) e fino a che non si riuscirà a capire come “vedere” queste aberrazioni della trama del sub-spazio, non sarà possibile viaggiare lontano con questo sistema; comunque il metodo di spostamento che la Krizs attuava era efficace e veloce e l'attraversamento della galassia era una cosa che richiedeva pochi giorni. In definitiva, ci comportammo come se fossimo in vacanza, dividendo il tempo tra l'osservazione dello spazio, con le sue infinite bellezze e le sue incredibili caratteristiche e la conoscenza tra di noi; non ci siano fraintendimenti: non tutto questo conoscersi si riferisce al sesso, che comunque fu tantissimo (bé, sapete, i primi tempi che nasce una relazione, l'attrazione è enorme), ma una parte rilevante si compose di chiacchiere, di collaborazione nel fare alcune piccole attività di gestione e manutenzione che Dersyul e Monpik si erano riservati, al di fuori del controllo della Krizs, e nella semplice compagnia che ci davamo l'uno all'altro; una cosa che accomuna atlantidei e umani è la necessità ed il piacere di stare insieme ad altri esseri simili e non (vedi i classici animali domestici) e i sentimenti che si stavano sviluppando fra di noi aumentavano il desiderio di stare insieme.
L'abbraccio tra me e Monpik si sciolse e lei, dandosi uno sguardo lungo il corpo, tornò a guardarmi, spalancò le sue braccia e mi chiese: --come sto' con le tue cose?-- in ef­fetti mi sembrava già di avere familiarità con quegli indu­menti, ma solo ora mi rendevo conto del motivo; provai uno moto di fortissima attrazione e tenerezza per lei: --sei favolo­sa, una vera meraviglia!-- anche se doveva essere ovvio che pensassi una cosa del genere, da come l'avevo guardata, dirlo esplicitamente ottenne il risultato di scatenare un'emo­zione incredibile in Monpik, che divenne rossa in viso e rise piena di gioia; anche in questo eravamo molto simili, intendo dire noi donne umane e atlantidee: ci piace sentirci dire che siamo belle o quantomeno apprezzate, i sottintesi ci lascia­no sempre un po' perplesse e insoddisfatte; Paolo in questo era sempre stato anormale rispetto alla maggior parte degli altri uomini; non era passato giorno (bé, non proprio, ma lo ha sempre fatto spesso) che in un modo o in un altro non mi dicesse quanto era attratto da me, quanto gli piacessi, quan­to ero bella; ad un certo punto avevo pensato che avesse letto “il manuale del Perfetto Amante” per poi scoprire che in realtà aveva piacere nel dirmi quelle cose e nel vedere la mia reazione; la cosa si rispecchiava nelle nostre attività sessuali, tanto che anche quando le sue capacità fisiche ve­nivano meno, molto spesso proseguiva nel darmi piacere sia con le sue dita che con la sua bocca. Questa volta fui io a prendere per mano Monpik (mi stavo abituando alla mia relazione con lei) e andammo verso la tavola, dove Dersyul aveva preso il posto di Monpik nel dividere le porzioni; ades­so era tutto pronto e ci mettemmo seduti; Monpik era vicino a me, a sinistra, a destra avevo Dersyul e difronte Paolo; ap­pena fummo tutti seduti Dersyul mi prese la mano e non ap­pena mi girai verso di lui, mi sorrise dolcemente: --devo ringraziarti infinitamente: finalmente, dopo così tanto tempo, vedo nuovamente felice Monpik-- la guardò con illimitato amore –le infinite tragedie che hanno colpito la nostra gente e la scelta che è stata fatta di riporre in noi due la responsa­bilità del piano di sopravvivenza, hanno creato una pressio­ne infinita in entrambi, ma soprattutto in lei, che non era abituata ad un ruolo decisionale; devi sapere che Monpik è l'ultima rappresentante della casta regnante della dodicesima dinastia e la sua vita è sempre stata dedicata alla ricerca scientifica e allo studio; tutta la nostra gente ha vissuto in quello che voi definireste il Paradiso in Terra, ma i privilegi dei regnanti sono stati sempre leggermente maggiori: dove una persona normale si autogestisce, il familiare della casa regnante ha un gruppo di persone che letteralmente lo viziano e fanno tutto per lui o per lei; ma non pensare che sia uno stato di sottomissione, perché ogni persona ha una sua attività lavorativa primaria e una secondaria, di circa tre ore ciascuna, dove in genere la prima è di ordine scientifico e la seconda è dedicata ad attività al servizio della comunità; tra queste attività c'è il servizio ai nobili, come li definite voi, che hanno come attività secondaria, obbligatoria, la gestione amministrativa e politica della comunità; è l'obbligo che crea il privilegio all'assistenza, perché l'attività politica ed amministrativa è tra le più detestate tra di noi e difficilmente il tempo da dedicare è quello minimo, ma essendo necessaria...; la sua fortuna, nonostante l'appartenenza alla classe dirigenziale è stata di essere una rarissima figlia extra e di non essere mai stata attivamente coinvolta nella gestione amministrativa--; anche in questo gli atlantidei dimostravano la loro superiorità etica: dove, tra di noi il potere che derivava dalle cariche politiche e dirigenziali, era una delle molle principali della disonestà, della corruzione, del sopruso e dell'illegalità, nella civiltà atlantidea si era creata una pseudo nobiltà che era obbligata a presiedere alle cariche dirigenziali e politiche, ripagando la scocciatura con alcuni privilegi (passi del tempo per la carica pubblica e quindi non ne hai per la tua cura, di conseguenza qualcuno farà delle cose per te: non è certo sottomissione al potente), dimostrando che gli interessi atlantidei andavano soprattutto allo studio scientifico e alla ricerca della conoscenza, passando anche per la cura delle altre persone, tramite maniere impensabili per noi esseri umani; una carriera dirigenziale e politica era impensabile tra gli atlantidei: veniva ritenuta una cosa ai limiti della follia, una vera perversione, perché dove aveva una sua utilità pratica per la gestione della civiltà, veniva considerata del tutto inutile ai fini dell'avanzamento scientifico, culturale e “umano” della gente atlantidea, che preferiva “vivere” la scienza e la compagnia delle altre persone, cosa che spiegava gli sforzi profusi nelle modifiche genetiche sessuali; un'altra cosa che si evidenziava dalle parole di Dersyul era che il sesso non era assolutamente un tabù o, ancora più assurdamente, una cosa sporca, ma una, fortissima, espressione sociale, da condividere liberamente. Le parole di Dersyul mi fecero sentire molto felice; ad ogni momento in più che vivevo quell'avventura con quelle persone, sentivo sempre più che la mia vita stava cambiando, anche se non esattamente in meglio (la mia vita con Paolo era stata meravigliosa, immensamente felice), verso una direzione inimmaginabile; io sono figlia unica e i miei genitori sono dei veri falliti, dei dementi come solo nelle celle dei manicomi se ne possono trovare; hanno sempre anteposto delle assurde illusioni di vita alla cura della loro famiglia; mio padre ha trascorso un'intera vita alla ricerca della ricchezza, seguitando a spendere i proventi del suo lavoro in nuovi progetti faraonici, ritrovandosi regolarmente al verde, invece di accontentarsi di vivere una vita regolare, nei limiti delle proprie possibilità, economiche ed intellettive; in questi continui fallimenti ha chiaramente coinvolto me e mia madre, che essendo una debole, ha intelligentemente ritenuto di rifugiarsi nell'autocommiserazione e nell'alcolismo; ho vissuto tutta l'infanzia e la gioventù con il peso di queste situazioni, senza avere mai un punto di riferimento e dovendo crearmelo da sola, tenendomi quanto più possibile alla larga dal gorgo della mia famiglia; alla fine ho incontrato Paolo e la mia vita ha cominciato a prendere una direzione verso l'alto, piuttosto che verso l'abisso; quello che ora stavo iniziando a vivere era la presenza di un gruppo di persone, unite, attente le une alle altre: una famiglia, strana, unica, ma una famiglia, che si reggeva sulla volontà di stare insieme, perché era bello stare insieme e non obbligatorio perché c'erano dei legami di sangue; le parole di Dersyul, l'amore con Monpik, il sostegno di Paolo, che amo infinitamente, mi stavano dando qualcosa che non ho mai avuto, che non ho mai sperato di avere, neanche nei miei più favolosi sogni. Guardai Dersyul che mi teneva la mano e iniziai a piangere come non avevo mai fatto in vita mia, liberando le mie emozioni. Monpik e Dersyul erano perplessi, lo vedevo dalle loro espressioni stupite, ma Paolo spiegò loro, commosso anche lui, che ero felice, facendoli tranquillizzare e sorridere. Quella notte dormii con Paolo, senza fare sesso, ma solo felice della sua presenza rassicurante e avvolgente; mentre stavo scivolando nell'oblio del sonno, pensai a Monpik e Dersyul, rendendomi conto che, forse, il mio rapporto con lui sarebbe stato solo come quello con un fratello, al contrario di quello con Monpik, che amavo follemente, allo stesso modo, ma anche in maniera diversa, di come amavo Paolo; al momento non capivo realmente e precisamente cosa pensasse di tutta questa situazione Paolo; sapevo solo che mi sosteneva e che nulla del suo amore era cambiato nei miei confronti e tanto bastava.

Non ero particolarmente stanco, la mia giornata era stata nettamente meno intensa di quella di Chris, sia per il lato fisico che per quello emotivo, quindi, per la seconda vol­ta quel giorno, la guardai addormentarsi; mentre guardavo il suo splendido viso, sereno e rilassato, in effetti come non la avevo vista spesso e poi facevo scorrere il mio sguardo sul suo bellissimo corpo, esplorai le mie emozioni per tutta quella strana faccenda tra Chris e Monpik; lo avevo già detto a Chris, non ero assolutamente geloso perché ero certo che Monpik fosse, oltre che di una bellezza divina, al punto da essere quasi impossibile smettere di guardarla e contemporaneamente desiderarla, anche una ragazza dolcissima e tenera, che per un uomo come me era impossibile non amare; senza considerare che la sua intelligenza, il suo N.Q.I. (Nuovo Quoziente Intellettivo)3 era almeno triplo rispetto al mio, che non era certo basso (dove, per convenzione il Q.I. medio umano è 100, il mio è 225, 75 punti oltre “genio”; Chris è addirittura 230...) e questo mi intrigava enormemente; mi rendevo conto che il mio più grande amore, Christine, era molto diversa da Monpik, più spigolosa, con una personalità da sgretolare il cemento armato, con un carattere da mettere in soggezione uomini grandi e grossi e, incredibilmente, con delle abilità fisiche tali da poterla sostenere contro uomini grandi e grossi4, ma forse queste due dee si completavano e avendo dei lati che a me piacciono moltissimo, non potevano che attrarmi; alla fine rimane sempre difficile capire esattamente come mai si ama una persona, perché può anche capitare di amare una persona che non rientra nei parametri “preferiti” o, viceversa, non innamorarsi di una persona “perfetta”, dimostrando che l'amore, quello passionale, quello che rende una persona l'unica cosa realmente importante della propria vita, è un fatto del tutto irrazionale e va preso senza tante elucubrazioni. Mi trovavo difronte al fatto compiuto di amare due donne e non sapere scegliere (non che mi interessasse farlo) tra loro: amen. Quella notte, cosa più unica che rara, dormii meno di Chris ed infatti mi svegliai trovandola completamente immersa nel suo sonno; le diedi un bacio sulla fronte e una carezza sul suo viso fresco, e lei, pur seguitando a dormire, sorrise (ho sempre provato un brivido enorme nel toccarla, anche così delicatamente) e uscii, per andare a fare colazione; raggiunsi la mensa, trovandovi Monpik, vestita come il giorno prima, sempre che quell'abbigliamento fosse definibile come “essere vestiti”; ero perfettamente d'accordo con Chris che fosse assolutamente favolosa, ma ero certo che con quelle proporzioni perfette qualunque cosa si mettesse addosso avrebbe dato la stessa immagine; forse solo qualcosa di eccessivamente vistoso, avrebbe fatto una brutta impressione, un po' come quando una bambina viene truccata e vestita dalla propria mamma come una donna adulta: l'effetto è decisamente stridente, volgare; dove Chris è una bellezza dinamica e compatta, ma con quel morbido essenziale su una ragazza, Monpik è una bellezza dolce, femminile e con tante curve perfettamente proporzionate, già sfavillante di per sé, in cui ogni genere di trucco e abbellimento risulta inutile ed eccessivo. Lei sentì i miei passi e si girò; sorrise e facendo cenno alla tavola: --mangi con me?-- le feci di si con la testa, mi avvicinai a lei, la afferrai per i sodissimi fianchi e, mettendola seduta sulla tavola, per farla stare più in alto, la baciai intensamente; mi afferrò il viso con le mani (quelle delicatissime e particolari mani con quattro dita) e mi ricambiò dolcemente, stupita e felice insieme che finalmente mi fossi deciso a cedere al suo amore; avevo capito che, per lei, l'incredibile e prorompente sessualità era solo ed esclusivamente espressione dell'amore nei confronti di una persona; nonostante la libertà di costumi della sua gente, molto, molto raramente, il sesso era un passatempo o semplicemente un divertimento e coinvolgeva sempre i sentimenti delle persone interessate. Me lo aveva spiegato il pomeriggio precedente, mentre Chris dormiva, insieme a Dersyul e ora che lo avevo metabolizzato ero pronto ad aprire il cuore a quella meravigliosa dea atlantica (ora più che mai quella vecchia definizione di Chris aveva un senso). Mi strinse a se e potei sentire distintamente il suo cuore battere forte e veloce contro il mio petto, attraverso i suoi seni perfetti; si allontanò un po' da me e mettendomi nuovamente una mano sul viso, mi disse una cosa che mi lasciò a bocca aperta: --vorrei tanto avere un bambino con te--; preso alla sprovvista da quella cosa enorme, il mio cervello, per alcuni secondi, non fu in grado di emettere una sola scintilla di pensiero razionale, ma se è per questo, neanche irrazionale; quando cominciò a recuperare un barlume di funzionalità, la sola cosa che fu in grado di elaborare, fu una domanda stupida: --ma è possibile?--; la domanda era stupida, perché se Monpik mi aveva proposto una cosa del genere, essendo lei la più grande esperta di genetica mai esistita sulla Terra, doveva necessariamente essere possibile; molto pazientemente mi rispose: --si certo, con dei piccoli aggiustamenti, possiamo avere dei bambini perfettamente sani e molto, molto belli-- ridacchiò divertita dalla sua piccola battuta che era anche un complimento nei miei confronti, oltre che dichiarare l'ovvietà sulla sua bellezza. La presi in braccio, per mettermela sulle ginocchia una volta che mi fui messo a sedere anche io. Con le mie mani avvolte intorno ai suoi fianchi, la guardai dritto negli occhi, in silenzio per alcuni istanti e poi: --sarebbe bellissimo, ma prima vorrei avere dei bambini con Chris-- affermai; il viso di Monpik si illuminò: --allora sarà molto presto, perché Chris è incinta e saranno almeno due gemelli--; sgranai gli occhi: –come fai a saperlo?-- ovviamente stupito; mi rispose con disarmante facilità: --il suo odore è quello tipico di una donna incinta e l'intensità mi dice che saranno 2 o 3 bambini-- mi guardò con aria stupita, perché sicuramente il mio sguardo vacuo, le dimostrava che quello che mi aveva appena detto non mi mi era per niente chiaro –ma voi allora non lo sentite l'odore degli altri!--; dovetti ammettere che la nostra capacità di distinguere l'odore altrui era molto limitata e sicuramente non arrivava a discriminare la maternità di una donna; lei sembrò prendere la notizia con disappunto: --un altro dettaglio genetico che non ho avuto il tempo di sistemare e pensare che fra di noi è una parte della comunicazione fra le persone importatissima; ci dice delle variazioni dell'umore, della salute e anche delle modificazioni metaboliche ed organiche; dall'odore capiamo quando un bambino o una bambina passa allo stadio fertile dello sviluppo e tante altre cose, ma con calma, quando tutta questa faccenda sarà risolta, potremo mettere a posto tutte quelle cose che non ho avuto l'occasione di fare a suo tempo--; era una di quelle situazioni in cui ogni cosa detta ti metteva in difficoltà: --vuoi dire che sei stata tu a fare le modifiche genetiche ai nostri progenitori primati?--; la sua espressione divenne seria, tesa e mi resi conto che forse le stava venendo in testa che mi sarei infuriato con lei, diretta responsabile della nostra travagliata evoluzione, mentre invece io stavo collegando quella notizia con le lacrime che le avevo visto versare quando ci aveva rivelato che loro, gli Atlantidei, erano i responsabili della nostra genetica difettosa, senza, in quel momento, realizzare che quella sofferenza era della persona stessa che non aveva avuto il tempo di aggiustare al meglio il nostro DNA; le misi una mano sul viso, accarezzandola delicatamente: --mi dispiace così tanto, che sia stata costretta a tanto dolore e a tanti compromessi assurdi; nessuno dovrebbe mai essere costretto a nulla del genere...--; lei si strinse a me, con forza e sentii la maglietta, sul petto, bagnarsi. Stavamo finendo la colazione, quando una voce leggermente assonnata, si fece udire dal corridoio che veniva dalle camere da letto: --avete fatto avanzare qualcosa, soprattutto tu mangia-sauro?--; era Chris, come non ricordavo di averla mai vista, dato che era lei a svegliarsi prima di me e che vedevo sempre completamente sveglia; preso da quello spettacolo inedito e veramente affascinante (Chris è favolosa anche mezza addormentata e svela la sua parte più serena e dolce), non ebbi il tempo di rispondere niente di arguto e mi ritrovai le labbra di Chris premute con decisione sulle mie e le sue piccole e fresche mani appoggiate sul viso; fu un bacio delizioso e dolcissimo e anche lungo ma tutto ciò che ha un inizio, ha anche una fine e quindi Chris si staccò da me, girò intorno al tavolo (il giro fu rapido dato che il tavolo era da quattro), per finire, questa volta, a baciare le labbra di Monpik, con il bonus di afferrare e stringere dolcemente uno dei suoi seni, ricambiata entusiasticamente; questo bacio durò molto più a lungo, ma la cosa non mi scandalizzava, perché so perfettamente che le novità stimolano più delle cose note e Monpik, per la ferrea femminista e (finora) assolutamente eterosessuale Chris, era la più incredibile ed eccitante delle novità; certo di questo passo –non resterà molto per noi...--; girai la testa verso Dersyul che aveva completato il mio pensiero mentre arrivava; con una piccola smorfia, insieme divertita e scoraggiata, feci di si con la testa, allungando la mano verso di lui, che me la strinse; venni smentito da una nuvola di capelli biondo-dorati che mi avvolgeva e dal corpo di Chris che mi piombava addosso: --ce ne sarà sempre per te...-- seguita dal corpo di Monpik che si univa a lei in quell'abbraccio: –...e tanto!--; Dersyul si mise a ridere di gusto: --sei un uomo morto... ma bella morte!--; anche loro la pensavano come noi uomini umani in merito all'avere due donne da dover soddisfare, ma ora stavamo tutti giocando e, mentre venivo portato per mano verso la camera da Chris, ringraziai i benefici effetti dell'adrenalina che avevano svegliato Chris e benedicevo la DeA per tutto questo. Riuscii a venire fuori dal turbine sessuale con Chris solo dopo 2 ore, scoprendo, con mio sollievo e a conferma delle sue parole di poco prima, che il sesso con Monpik non aveva minimamente affievolito il desiderio di farne con me e che quindi le due cose erano perfettamente compatibili e sovrapponibili, anche se non necessariamente contemporanee; in fondo, salvo rari casi, come era appunto quella mattina, la mia fisiologia maschile umana, mi faceva dare forfait nel giro di un ora, o poco più (non sono uno di quelli che ha fretta e mi piace godermi il piacere e il corpo e anche le reazioni della mia ragazza)5, quindi il problema era casomai di Monpik che poteva, invece, andare avanti per molto più tempo, con la difficoltà di doverlo trovare il tempo, oppure interrompere prima, rimanendo leggermente insoddisfatta. Tenevo Chris abbracciata a me, quando ad un certo punto mi tornò in mente il discorso fatto con Monpik durante la colazione: --sai, subito prima che arrivasti tu, Monpik mi ha detto che vorrebbe fare un bambino con me...-- Chris si girò verso di me, per potermi guardare negli occhi –...e a quanto pare è possibile, solo che io le ho detto che avevamo in programma di averne uno anche noi e che prima vorrei che nascesse il nostro e poi mi sarebbe piaciuto molto averne uno anche con lei, se per te va bene...-- il suo splendido sorriso mi disse che ne sarebbe stata felicissima –a quel punto è venuto fuori che sarà una cosa di poco tempo, perché pare che tu sia già incinta e probabilmente di un paio di gemelli--; Chris rimase lì, meditabonda, alcuni istanti: --in effetti sono leggermente in ritardo...-- forse non ero stato chiaro, così la interruppi: --Chris, Monpik mi ha dato la notizia come certa, perché ha detto che il tuo odore è quello di una donna incinta e di almeno due gemelli--; mentre completavo la precisazione, l'espressione di Chris cambiò progressivamente, culminando in uno strillo e poi in una risata di assoluta gioia e felicità; ho rischiato di morire, perché l'abbraccio che dovetti subire era degno di quello di un boa constrictor di 12 metri, ma durò poco (fortunatamente), perché l'abbraccio divenne un bacio e poi una corsa intorno alla stanza, con Chris che strillava continuamente: --gemelli... gemelli... gemelli...--; la cosa andò avanti per un po' e poi Chris si buttò di nuovo sul letto, prima vicino a me e poi sopra di me, con i suoi incredibili occhi verdi fissi nei miei: --ciao papà, ci sei riuscito, alla fine--; ricambiai lo sguardo leggermente offeso (non ero serio): --“alla fine” cosa?-- perché erano solo due mesi che ci provavamo e solo negli ultimi giorni, con tutti i fatti che erano successi, c'era stato qualche rallentamento dell'attività, ma lei non raccolse e semplicemente mi abbracciò e baciò intensamente (di nuovo). Per l'ora di pranzo eravamo tutti nuovamente insieme e con uno sguardo di intesa con Chris, annunciai ufficialmente la sua maternità, che avevamo avuto modo di verificare con il test di gravidanza che Chris si portava sempre in giro e senza dire altro, guardai Monpik, che capì al volo e, guardando soprattutto Dersyul, annunciò le nostre intenzioni: --ho chiesto a Paolo di avere un bambino con lui, non appena e solo dopo, per sua espressa volontà, Chris fosse rimasta incinta; mi sono resa conto che ora la cosa riguarda tutti noi e vorrei che anche tu...-- riferendosi appunto a Dersyul –...e Chris diciate cosa ne pensate--. Dersyul fu il primo a prendere la parola, ma la sua espressione ed il suo sorriso già dicevano tutto: --in questi pochi giorni ho imparato ad amare e rispettare queste scimmiette evolute...-- wow, una battuta di spirito dal compassato Dersyul –...e sono infinitamente felice che la vostra e la nostra famiglia diventino una sola famiglia; mi dispiace solo una cosa, che i miei spermatozoi siano finiti, altrimenti avrei fatto volentieri un bambino con te-- guardando Chris, che corse ad abbracciarlo, mentre i suoi occhi si riempivano di liquida emozione; ora, forse, intuivo i motivi della reticenza di Dersyul nei confronti di Chris e per sdrammatizzare la buttai sul tecnico: --sei forse sterile?--; a volte mi rendo conto solo dopo averle dette delle cretinate che dico, perché la risposta di Dersyul potevo immaginarla anche da solo, almeno la prima parte: --ho detto che ho finito gli spermatozoi, non che non li ho mai avuti; vedi, anche noi maschi Gesaz siamo riproduttivamente a “termine” e possiamo avere solo 6 figli, sempre grazie allo scambio di feromoni tra le persone; poi smettiamo di produrre spermatozoi; ne ho avuti 4 con Monpik e due con un altra compagna; sia lei che i due bambini sono morti nel primo attacco di Zertwat-- un brivido mi corse lungo la schiena; Monpik aggiunse, tagliando corto per distrarre Dersyul, una cosa che mi elettrizzò e così anche Chris: --appena tutto questo sarà finito, potremo rianimarli e riabbracciarli e magari potrei mettere in cantiere un bambino anche con Chris--; Chris, ma pure io, era esterrefatta da quella possibilità, ma al momento nessuno di noi due fece commenti: eravamo saturi di emozioni e di informazioni, così accettammo la notizia così come ci era stata data. Chris chiese se erano disponibili delle immagini di quei bambini e Monpik non fece altro che accedere, dal d-pad che si portava in tasca, al sistema di archiviazione della nave; la prima cosa che potei notare fu che non erano esattamente dei bambini; erano infatti compresi tra i 13 e i 18 anni ed erano due maschi e due femmine, alternati dalla più piccola, al fratello di un anno più grande, all'altra sorella e all'ultimo fratello, i primi due e i secondi separati di tre anni; erano tutti belli in maniera incredibile, ma con quei genitori e quella genetica era scontato; la piccola era ancora una bambina, come il fratello subito più grande, ma avrei scoperto che i bambini Gesaz cominciano il passaggio alla pubertà “esattamente” a quindici anni e proseguono per tre anni, poi avendo raggiunto la maturità sessuale, al massimo seguitano a crescere di altezza e misure; infatti i due più grandi mostravano chiaramente i segni di uno sviluppo maggiore, con il maschio che era quasi un uomo e la femmina ancora una via di mezzo tra la ragazzina e la giovane donna; tutti mostravano una gioia di vivere immensa, con occhi brillanti e atteggiamento aperto, deciso e forte il maschio grande e dolce e gentile la femmina grande; i piccoli dovevano essere due terremoti, alleati continuamente nel far impazzire i fratelli più grandi e i genitori; ma mi ero stufato di doverli indicare con “il più grande, la piccola, ecc”: –come si chiamano?-- chiesi a Monpik; me li indicò dalla più giovane a crescere: --Lica, Rolly, Sone e Perz--, ecco, ora li conoscevo meglio e potevo associare nomi e visi e questo automaticamente me li fece avvicinare emotivamente; da come Chris seguitava a scorrere le immagini dei figli di Monpik e Dersyul, era chiaro che si stava innamorando di quei giovani Atlantidei e per me era la stessa cosa; le persone equilibrate, ed io mi ritengo tale, quando iniziano una relazione con una nuova persona, amano i figli di questa persona proprio perché suoi figli e quindi espressione di essa stessa e del suo amore; forse i bambini saranno gelosi, ma il rispetto del loro tempo con i propri genitori e la pazienza, generalmente superano l'ostacolo; alla fine capiranno di non avere nulla da temere e forse ricambieranno l'affetto. Anche questa situazione mi fece vedere quanto la mancanza di una famiglia vera fosse stata una cosa difficile da vivere per Chris e come quello che stava succedendo stesse colmando quella lacuna: io ero stato la sua ancora di salvezza e la sua prima famiglia; ora Monpik, Dersyul, i loro figli e i nostri futuri figli, nelle varie combinazioni, completavano il tutto; intravvedevo un futuro con tanti figli ed un'enorme ma felicissima confusione.
Il viaggio proseguì in un'atmosfera di folle felicità, ed avemmo tutto il tempo di completare la nostra conoscenza reciproca; scoprii in Dersyul un amico straordinario, come non ne avevo mai avuti e soprattutto un maestro, che mi svelò tanti dei segreti delle tecnologie Gesaz; passammo in­teressantissime giornate ad esplorare la Kryzs, collezione pratica di molte delle più avanzate conoscenze Atlantidee: i motori iper-luce, i sistemi di smorzamento dell'inerzia, che consentivano accelerazioni e decelerazioni praticamente istantanei, i sistemi di gravità artificiale, diretta derivazione dei sistemi di controllo dell'inerzia, le camere di stasi, che ol­tre ad essere utili per mantenere in stato di sonno profondo una persona, permettevano di conservare il cibo e ogni so­stanza organica deperibile in maniera indefinita e alla fine il laboratorio di genetica, in cui si potevano manipolare a qual­siasi livello i singoli filamenti di DNA o fare si che tutta la struttura genetica di una persona venisse modificata; fu quella l'occasione per capire come Monpik avesse potuto creare i presupposti per l'evoluzione della razza umana, so­stanzialmente obbligando il DNA dei nostri progenitori pri­mati ad una serie di evoluzioni forzate, che indirizzarono, nel corso di poche centinaia di migliaia di anni l'evoluzione so­prattutto cerebrale e neuronale verso l'intelligenza e l'auto­coscienza; il mattone base era stato (lo avevo sospettato) un virus artificiale che aveva infettato i primati bersaglio, inserendo un DNA che avrebbe modificato, in sta­di successivi, il codice genetico scimmiesco; il trucco era stato quello di determinare una evoluzione programmata del virus e far si che quindi le successive infezioni comportassero una nuova manipolazione del codice genetico “umano”, che quindi faceva un altro salto evolutivo; è sempre stato un mistero come il nostro cervello avesse avuto un ritmo evolutivo talmente elevato, da un dato momento in poi, che se invece avesse mantenuto il tasso di “miglioramento” medio precedente, avrebbe impiegato decine di milioni di anni per raggiungere lo stadio di Homo Sapiens Sapiens; invece nell'arco totale di un milione di anni ecco bello e pronto un nuovo essere senziente; un vero capolavoro, nonostante i difetti; i difetti, appunto; volli indagare sul lato tecnico della faccenda: --devi capire una cosa Paolo; quando si progetta una evoluzione programmata è come scrivere un programma di computer: metti giù un progetto di massima, con gli obiettivi da raggiungere, le sezioni, in questo caso le caratteristiche fisiche (la stazione eretta, pollici opponibili, occhi frontali, visione a colori, ecc.), i sensi e la loro estensione (occhi che vedono solo quella che definiamo luce visibile o magari anche ultravioletto ed infrarossi), gli organi necessari e le loro funzioni e così via; poi si passa alla programmazione del codice genetico delle singole sezioni e, fatto questo, si integrano le sezioni per far si che possano interagire in maniera omogenea; avrai sicuramente notato che è l'equivalente della creazione di un diagramma di flusso di un programma di software, con la differenza che non sono insiemi di bit a interagire in base alle regole della programmazione, ma molecole, sostanze chimiche, neurotrasmettitori, proteine, enzimi e quant'altro che in base alle regole delle biochimica vengono messe in contatto per creare un metabolismo funzionante ed efficace; ma così come in un programma di computer, anche una DNA artificiale deve essere collaudato in situazioni reali e sempre diverse, per scoprire le lacune della programmazione: il classico beta testing, cioè la correzione del programma completo ma non definitivo; è questa fase che non abbiamo avuto il tempo di mettere in atto: il programma era completo ma non è stato possibile effettuare le correzioni o le modifiche necessarie, perché dove, in un software di computer, si possono raggiungere i milioni di linee di codice, considera che l'interazione di tutte le molecole biologiche equivale a miliardi e miliardi di linee di codice; avremmo dovuto testare per almeno dieci anni il DNA finale, invece abbiamo avuto sei mesi. Alla fine su di un codice genetico non ottimizzato ha dovuto intervenire ed agire l'evoluzione naturale, con tutti i problemi del caso--; ok, tutto chiaro adesso, salvo il metodo di test; mi stavo preoccupando che il test dovesse avvenire in vivo, cioè su un prototipo di, che so, scimmia evoluta, a cui venissero applicate continue modificazioni del DNA, ma dovevo aspettarmi che i sensibili Gesaz non ricorressero, in regime di regolare ricerca scientifica, a metodi così invasivi nei confronti di un essere vivente; in realtà, mi spiegò Dersyul, si sarebbe utilizzato un sistema informatico potentissimo, in grado di simulare perfettamente il comportamento di un individuo vivente reale; è chiaro per poter fare una cosa del genere si devono avere mezzi tecnologici straordinari: un computer dalla capacità di calcolo tale da poter simulare le attività di ogni singola cellula dell'essere vivente in questione, da sottoporre a situazioni virtuali che riproducano ogni condizione ambientale possibile alla perfezione: da temperature ambientali estreme, per verificare la capacità di adattamento dei sistemi di controllo della temperatura interna, alle capacità di rigenerare i danni fisici come fratture, tagli, contusioni, ecc. e la cosa più importante di tutte, il sistema immunitario; tutto questo era possibile solo insieme alla perfetta conoscenza del comportamento di ogni singolo atomo in relazioni a tutti gli altri presenti ed interagenti nel corpo del prototipo; noi esseri umani eravamo riusciti, con grandi squilli di tromba, a simulare, con grandi approssimazioni, alcuni organi, proprio in vista di alcune manipolazioni genetiche atte a rendere disponibili gli organi per i trapianti, evitando il problema del rigetto; dove la ricerca medica umana faceva la media del comportamento dell'organo e delle milioni di cellule che lo componevano (creando un modello approssimativo), i Gesaz simulavano ogni singolo atomo presente nell'intero organismo e di tutto l'ambiente in cui questo viveva e si muoveva; mi era chiaro che eravamo ad un livello di complessità simulativa miliardi di volte più grande. I Gesaz avevano sostanzialmente riprodotto in piccolo una parte dell'Universo stesso; infatti è ormai da decenni che la nostra cosmologia teorica considera l'Universo come un computer trattando le leggi fisiche che regolano le interazioni tra le particelle come programmi; immediatamente i nostri scienziati si sono resi conto che ben difficilmente saremmo mai riusciti a creare un computer di tale potenza, ma i Gesaz avevano superato il problema, prima di tutto, limitando l'ambiente della simulazione e poi creando la vera macchina di calcolo quantistica; dove le nostre migliori macchine utilizzavano vari parametri particellari (i numeri quantistici) per estendere la potenza di calcolo di un computer, i Gesaz avevano esteso i calcoli a dimensioni ulteriori, sfruttando la natura multidimensionale nel infinitamente piccolo della trama dello spazio; per noi le sette dimensioni ripiegate (oltre le solite quattro) che componevano la trama dell'Universo erano una teoria quantistica matematica, per loro strumenti di calcolo di uso comune. Ero in piedi davanti al nucleo del computer, una sfera di circa 25 centimetri di diametro; da quello che mi aveva detto Dersyul quella palla aveva la potenza di calcolo di tutti i processori (di qualunque tipo, da quelli presenti nelle calcolatrici a quelli utilizzati nei centri di ricerca più avanzati) esistenti in tutto il sistema solare, che liberati dal case (l'involucro esterno dei processori e dei server), avrebbero occupato un magazzino grande come una grande città. Nei fatti avevo davanti a me un portale dimensionale, che consentiva a tutte le dimensioni di essere in collegamento e grazie a questo creava uno spazio artificiale infinitamente piccolo, per me che lo osservavo, ma in realtà enormemente vasto, in cui le leggi fisiche erano decisamente diverse, ma consentivano alla materia presente di essere manipolata ai fini del calcolo quantistico; Dersyul mi aveva fatto vedere le equazioni che descrivevano quel computer ed il suo funzionamento: decisamente complesse; avevo imparato molto di quel tipo di matematica grazie a Simona ed ero sicuro che non sarei stato in grado di dipanare quelle formule, perché vedevo chiaramente che erano state inserite delle funzioni mai viste in nessun modello fisico elaborato prima; uscimmo dalla sala CQ (Calcolo Quantistico), passando per il laboratorio di genetica, diretti verso la sala motori; avevamo programmato di tornarci in un altro momento per vedere una simulazione in tempo reale di un organismo vivente inventato sul momento, ma ora la mia curiosità per l'apparato motore che riusciva a travalicare quei limiti assoluti che ci erano sempre stati posti dalle leggi fisiche conosciute fino a quel momento, era diventata “impellente”; mentre ci incamminavamo lungo il corridoio G-P (genetica-propulsione) cominciammo a sentire una vibrazione, che di attimo in attimo stava diventando sempre più forte; Dersyul si appoggiò ad una delle pareti per sorreggersi e si girò verso di me: --buco nero--; la sua espressione era decisamente allarmata; mi sorpassò iniziando a correre verso la sala comando; lo seguii senza fare domande e nel giro di 30 secondi entrammo come due missili teleguidati nella sala comando dove una terrorizzata ed indaffaratissima Monpik stava massacrando il touchscreen di controllo dei sistemi di propulsione; mentre iniziavamo a correre in direzione della sala comando, avevamo sentito alle nostre spalle, il motore salire di tono e nonostante che la distanza fosse cresciuta parecchio, il suono emesso dal motore era sempre più forte e suonava parecchio male, segno che il suo equilibrio era stato intaccato; anche Chris era presente nella sala di comando e fissava il suo sguardo, senza battere ciglio, sullo schermo davanti a sé; non era terrorizzata, ma semplicemente preoccupata; girai gli occhi anche io nella direzione di quelli di Chris; io, al contrario di Chris, so esattamente cosa è un buco nero; insieme a Simona era stato una delle cose che avevo sviscerato con la maggiore attenzione, perché le cose immensamente potenti e pericolose, almeno quando stanno alla giusta distanza e sono raffigurate sulla carta o su di un simulatore computerizzato, sono sempre state infinitamente affascinanti, ma ora avevo davanti a me la più immensa forza della natura, talmente potente da fermare il tempo, da curvare lo spazio, da impedire anche alla luce stessa di sfuggire, che nascono dalle più potenti esplosioni di materia, le supernove e che se interagiscono con altri mostri stellari, come le stelle di neutroni o altri buchi neri, generano degli impulsi di energia che per brevi istanti rivaleggiano con l'energia generata dall'intero Universo (i GRB: Gamma Ray Burst); l'indicatore dell'ingrandimento diceva 1:1.000.000 e l'immagine mostrava un enorme voragine nera, che riempiva lo schermo al 80%, circondata da una folle turbinio di materia ed energia; la scala e l'ingrandimento mi dicevano che quel buco nero aveva un raggio di almeno un milione di chilometri e che quindi conteneva una massa di milioni di stelle equivalenti al Sole, una vera mostruosità galattica, in una galassia che conteneva circa 100 miliardi di stelle; tutto questo era molto, ma molto male; la vibrazione era ormai diventa uno scuotimento violentissimo e gli allarmi sia sonori che luminosi urlavano, verrebbe da dire guaivano disperati, i sistemi di smorzamento inerziale erano al limite di sopportazione e presto, se non si fosse riusciti ad uscire dal campo gravitazionale del mega buco nero, la Krizs sarebbe andata in pezzi; mi girai verso la consolle di comando principale, dove ora ad essere in panico totale erano in due, e mi avvicinai al quadro di comando; vidi chiaramente che le impostazioni erano su “auto” e questo significava che il sistema di controllo reagiva al pericolo in maniera automatica, ma dato che per qualche strano motivo eravamo arrivati, in maniera improvvisa, troppo vicini al buco nero, il sistema reagiva a scatti, perché per riuscire a contrastare la potenza di attrazione gravitazionale doveva prima accumulare una quantità sufficiente di energia e poi, raggiunta la soglia, la rilasciava; questo emettere gli impulsi di “antigravità”6, creava la vibrazione e mandava in tilt tutto il sistema di navigazione; cercai di farmi sentire nel frastuono: --Dersyul, dobbiamo mettere in manuale il sistema di controllo!-- mi guardò senza dire una parola, valutando silenziosamente le mie parole, tornò a guardare il touchscreen e dopo alcuni secondi disattivò ogni automatismo, ma non prima di essersi messo seduto sulla poltrona di pilotaggio ed aver messo le mani sul joystick direzionale e sulla manetta che comandava l'emissione di energia dei motori; appena disattivò gli automatismi di sicurezza, iniziammo immediatamente e bruscamente a precipitare verso il buco nero, ma Dersyul modificò prima l'assetto della Kryzs, mettendo la prua in una direzione leggermente sopraelevata rispetto all'orizzonte degli eventi, per poi iniziare a dare potenza ai motori; immediatamente l'inversione della direzione e la mancanza degli smorzatori di inerzia, fecero aumentare la sensazione di peso percepito; la soluzione arrivò immediatamente: --mettetevi seduti e allacciate le cinture di sicurezza; attiverò gli smorzatori di inerzia solo per i sedili!--; appena fummo tutti sistemati, attivò il dispositivo e tornammo ad essere leggeri; ora Dersyul aveva a disposizione tutta la potenza generata dalla Krizs e stava sfruttando anche la stessa attrazione del buco nero per cercare di eluderlo; stavamo planando come un aliante tangenzialmente all'orizzonte degli eventi e sembrava di essere seduti direttamente sopra al motore di una automobile da competizione; era un suono immenso, ma bellissimo, che parlava di brutale determinazione, di ferrea volontà di primeggiare, di non farsi battere e mi sembrava di conoscerlo; di colpo fummo fuori dal campo di attrazione del mega buco nero e la velocità crebbe mostruosamente, venendo a mancare il freno della gravità; Dersyul diminuì la potenza dei motori e non appena fummo completamente al sicuro, portò la manetta a zero; il silenzio che ne derivò era assoluto; iniziai ad allentare le cinture di sicurezza e potei tranquillamente mettere i piedi a terra, dato che la gravità artificiale era stata ripristinata; Dersyul e Monpik era sfiniti, ma Chris, ora che la paura era passata se ne venne fuori con un euforico: --rifacciamolo, era come andare con la macchina del nonno!-- ecco cosa mi ricordava il suono del motore della Kryzs!; Chris si riferiva alla macchina a combustione interna di suo nonno, che avevo conosciuto e guidato in occasione di una vacanza il primo anno che stavamo insieme. 
 
1 Tanto vale considerare l'astronave intera come se fosse il sistema di I.A. stesso, che è come dire che il mio cervello o la mia mente sono io, cioè tutto il mio corpo, dato che il mio corpo non funziona e quindi non esiste come entità attiva, senza il cervello in cui risiede la mia mente, cioè io stessa.
2 Neanche gli atlantidei sanno come Rudy usi lo spostamento nel sub-spazio, ne di con­seguenza sanno se sia in grado di fare spostamenti, relativi allo spazio normale, su grandi distanze.
3 Il metodo con cui si determina il N.Q.I. differisce dal precedente perché contestualizza il test basandolo sulle effettive conoscenze acquisite dalla persona di cui si vuole stabilire il valore di I.A. (Intelligenza Assoluta) e non pretendendo che la persona abbia un back­ground scientifico; in parole povere si va a calcolare la vera capacità di risolvere un problema, la capacità di adattamento, che è la vera espressione dell'intelligenza con­trapposta all'istinto genetico; alla fine si può avere un valore più alto in persone meno istruite o colte, rispetto a persone laureate o molto istruite; in altri tempi c'era un detto che, in fondo, rispecchiava già questa nuova mentalità: “scarpe grosse e cervello fino”, riferendosi a contadini, perfino incapaci di leggere e scrivere, ma estremamente intelli­genti e scaltri, capaci di mettere in scacco nobili finemente istruiti, incapaci di risolvere qualunque cosa se non con l'aiuto di servi e attendenti. Quanti se ne conoscono, che vanno vantandosi dei loro titoli accademici (ottenuti studiando a memoria e ripetendo a pappagallo) e del loro ruolo (ottenuto con i titoli di cui sopra), snobbando chi gli tiene pu­lito l'ufficio 'che essendo senza titoli di studio fa “lo sguattero” (o la sguattera), ma che gli darebbe punti se solo avesse potuto prendersi il benedetto-maledetto pezzo di carta, senza il quale non può accedere che a lavori puramente manuali.
4 Una volta uno di questi uomini grandi e grossi, che era un mio amico all'università e che conoscevo da molto prima di incontrare Chris, ci vide affrontare alcuni suoi compagni della squadra di football, che prima si erano messi ad importunare Chris e che poi ave­vano fatto fronte comune contro di me, accorso a darle man forte (non tanto per difenderla, ma quanto per essere al suo fianco), e vista la loro ritirata vigliacca (erano in sei contro me e lei, ma uno era finito con la spalla lussata da Chris e un altro lo avevo scaraventato di peso cinque metri più in là, contro un muro), si era avvicinato a noi, ci aveva squadrati a tra il divertito e il preoccupato e così ci aveva apostrofati: --neanche un bulldozer ce la farebbe: tu...-- riferendosi a me –...lo spaccheresti in due e tu...-- indi­cando Chris –...lo faresti fuggire terrorizzato!--
5 Ho imparato, con l'esperienza, che l'unica maniera di avere una durata complessiva maggiore è quella di non pretendere di essere super-uomini e che, se si ha una compa­gna fissa e quindi si ha un'attività sessuale regolare, non si può avere più di due orgasmi alla volta e non immediatamente e che si può ripetere la cosa solo dopo varie ore, fino a 8-9; conseguentemente, dato che per una ragazza la cosa è completamente diversa (orgasmi multipli e di vario tipo, amplificati e moltiplicati da stimolazioni di vario genere e sopratutto nulla che debba essere indurito e mantenuto tale, ma che è solo sufficiente lubrificare), è bene imparare a prendersi delle pause, durante le quali ci si potrà dedicare al piacere della propria compagna: durerà di più il nostro coito e alla fine sarà molto più intenso l'orgasmo sia nostro che del nostro amore, che difficilmente, quando tutto sarà finito, rimarrà insoddisfatta. Tutto questo non vuol dire che in qualche rara occasione non ci possano essere delle rapidissime ed intense esplosioni sessuali, ma non se ne può fare una regola: da che mondo è mondo vale solo come sfogo e non soddisfa nessuno; con il passare degli anni, l'invecchiamento colpisce tutte le facoltà, comprese quelle sessuali e le conseguenti capacità di recupero calano: a 18-20 anni farne due-tre di fila la mattina e ripetere la cosa il pomeriggio (pur non tutti i giorni) era possibile, ora quindici anni dopo è un “pochino” più difficile.
6 Come già spiegato la gravità negativa non esiste e si contrastava la gravità con una gravità virtuale che tirava in direzione opposta al campo da contrastare. Ma per conven­zione e semplicità la si chiama antigravità.

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