lunedì 3 giugno 2013

ADE - SESTA PARTE


Era una vecchia Mustang Ford, in versione Shelby GT, del 2011: muscolosa, grintosa, spettacolare; nero lucido con una doppia striscia bianco brillante, che le correva dal cofano per tutto il tetto, fino alla coda; cerchi bruniti a cinque razze sdoppiate da 19 pollici, gomme Goodyear, freni Brembo e cambio a sei marce manuale, con rapporti corti; appena la vidi rimasi a bocca aperta: era perfetta come nuova ed era una vera rarità; di macchine della sua epoca ne erano rimaste veramente poche e ancora meno tenute in quello stato; mi ero avvicinato con reverente ammirazione, dimentico anche delle minime buone maniere, preso dall'estasi di quella meravigliosa creatura; sono state costruite tante automobili straordinarie e leggendarie, ma quella che avevo davanti a me in quel momento, oltre alla sua bellezza rude e brutale (che o si ama o di odia) aveva in se una della più emozionanti realizzazioni motoristiche mai concepite: il V8, aste e bilancieri con compressore, di 540 cavalli, che emetteva il più dirompente suono motoristico della storia; di motori per automobili sportive ne sono stati fatti a bizzeffe, anche più sofisticati (basti considerare Ferrari e Lamborghini) ma quello era IL motore e la sua voce, udita in film, telefilm e vecchi filmati dimostrativi, seguitava a darmi dei brividi incredibili; mente seguitavo ad ammirare la KR (King of the Road, Re della Strada), sentii Chris che mi chiamava; mi girai verso la direzione della sua voce con riluttanza: --ti presento mio nonno James...--; sapevo che quell'uomo, che Chris adorava, doveva avere sui 75 anni, ma sembrava un cugino di Chris: in forma, muscoloso e tonico; quando mi strinse la mano cominciai a capire quale linea genetica aveva creato Chris e ne fui immensamente grato, ma le sorprese non erano finite lì, perché alla presentazione di Chris, lui aggiunse del suo: --Jim per gli amici; Chris mi ha parlato molto di te e sempre bene; i miei complimenti, ci vuole una forza non comune per tenere testa a questa streghetta...-- lo disse con un sorrisetto d'intesa, ma abbassò un poco la voce –...è cresciuta con me, grazie a quei dementi dei suoi genitori1; devo dire che è venuta su molto bene; è stato faticoso ma insieme bellissimo, perché se decide di essere dolce...-- mi guardò con aria di complicità –...ma che te lo dico a fare, lo saprai di sicuro--; cambiò discorso, voltandosi verso la Mustang: --bella macchina; l'ho trovata per caso una ventina di anni fa, buttata a marcire in un capanno, sotto un telo; stavo dando una mano ad un vicino, dopo un tornado e il vento aveva scoperto, rivelandolo, una parte del cofano; l'ho riconosciuta subito e l'ho comprata per pochi soldi; gli ho fatto un favore, a quel mio vicino, non è uno che apprezzi l'antiquariato; ho impiegato cinque anni a sistemarla e per alcuni pezzi mi sono dovuto affidare a ricostruzioni basate sulle informazioni reperite negli archivi della vecchia Internet; si può dire che sia praticamente identica ad una originale, salvo allo scarico, più libero; sai, per dare un po' più di grinta al suono del motore--; sollevai leggermente un sopracciglio: gliene fosse mancata, di grinta... ma si sa a certa gente non basta mai e io ero uno di quelli; mentre cercavo di immaginare quella grinta extra, un suono, come di un sonaglino, richiamò la mia attenzione ed il mio sguardo, seguendo quel suono, incrociò il luccichio di un mazzetto di chiavi, sventolato davanti al mio naso; quando mi resi conto del nome sul portachiavi, capii che erano le chiavi della Mustang; guardai Jim, speranzoso e lui mi esaudì: --provala--; mi fiondai verso di lei e feci appena a tempo a sentire Jim che diceva: --l'entrata della pista è dietro l'officina--; una Mustang Shelby GT con 540 CV, le sue chiavi nelle mie mani e una pista: dovevo essere morto ed essermi meritato il paradiso; accesi il motore, che partì all'istante, con un borbottio sordo; pigiai l'acceleratore e la gloria degli angeli si udì sulla Terra; non avevo mai guidato una automobile di quel genere, ma avevo accumulato migliaia di ore con i video giochi di guida e quella automobile era stata sempre tra le mie preferite; lei e la versione dello stesso anno della Lamborghini Gallardo Superleggera; altro motore dalle caratteristiche e dal suono divino, anche se ben diverso: 10 cilindri a V, 570 CV, trazione integrale sofisticatissima e una linea degna di una dea; inserii la marcia e mollai la frizione rapidamente, accompagnando proporzionalmente con l'acceleratore, per due secondi mi trovai proiettato in un'altra dimensione, non abituato a subire le accelerazioni reali di un'automobile che si mette di traverso, ma resettai immediatamente il mio cervello e, senza alzare di un millimetro il piede dall'acceleratore, presi il controllo della macchina: percorsi tutta la strada (una esse di cui la prima curva più larga della seconda) per l'entrata della pista con le ruote fumanti in un perfetto ed esilarante drift, controllando l'angolo di intraversamento con l'acceleratore; la Shelby aveva una messa a punto perfetta e la manovra fu fluidissima: ero al settimo cielo; ho seguitato a girare su quella pista di cinque chilometri fino a che la macchina non si è fermata da sola, sul momento pensai di averla fusa, ma la voce di Jim, che usciva da un altoparlante connesso ad una radio a corto raggio, mi rassicurò: --hai finito la benzina; arriviamo a portartene un po'--; rimasi seduto, elettrizzato e svuotato insieme; era stata una delle esperienze più esaltanti della mia vita, seconda solo all'essermi innamorato di Chris e alla scoperta di Atlantide e prima di innamorarmi dell'archeologia, ero determinato ad intraprendere una carriera da pilota professionista.
Il motore della Krizs, chissà per quale motivo, aveva un suono molto simile a quello della Mustang; sentii Dersyul, decisamente scosso, domandare retoricamente: --ma come ci siamo finiti dentro a quel diavolo di mega buco nero?-- nessuno rispose, ma sia lui che Monpik seguitarono a esaminare i diari dei sensori; io e Chris rimanemmo in attesa del responso, ma nel frattempo a Chris venne in mente che la soluzione, almeno una parte di essa, era venuta fuori dal mio cervello di scimmietta evoluta: --come ti è venuto pensato di disattivare i sistemi automatici; in teoria dovrebbero essere più reattivi del controllo manuale-- infatti a prima vista era perfettamente logico, ma in quei concitati momenti avevo supposto che ci si trovasse in una situazione anomala: --non credo che la Krizs sia progettata per avventurarsi così vicino ad una singolarità quantistica, di quelle dimensioni, se mai sia possibile progettare un'astronave del genere; il sistema di sicurezza agisce con molto anticipo, proprio per impedire un eccessivo avvicinamento, quindi ha una capacità energetica solo sufficiente a contrastare l'attrazione di gravità e le forze mareali di un buco nero da una certa distanza; i sistemi automatizzati, me lo spiegava Dersyul giusto un paio di giorni fa, cercano di prevenire rischi all'equipaggio, ma cercano anche di auto conservarsi; ergo, se messi troppo sotto pressione, si disattivano, per poi tentare nuovamente di contrastare il pericolo; questo tira e molla è stato quello che abbiamo subito; disattivare gli automatismi ha permesso a Dersyul di prendere il controllo dei motori, dedicando loro tutta l'energia prodotta dai generatori e di indirizzare l'astronave in una maniera che l'intelligenza artificiale, in realtà un pochino limitata, non ha saputo concepire; la logica della I.A. fa si che davanti ad un pericolo come quello che ci siamo trovati ad affrontare, metta a 180° gradi la Krizs e cerchi di dare potenza agli smorzatori di inerzia e di contrastare l'attrazione gravitazionale contemporaneamente, con il risultato di non ottenere nessun successo; il controllo manuale ha consentito a Dersyul di sfruttare la stessa attrazione gravitazionale del buco nero per acquisire la velocità di fuga che ci ha permesso di sfuggire al mostro; siamo stati mooolto fortunati; aver iniziato quella manovra solo un minuto più tardi avrebbe significato l'impossibilità di venire fuori dalla voragine, perché la velocità di fuga necessaria sarebbe stata irraggiungibile. Chris fece una smorfietta di approvazione, davanti alla mia istintiva logica, che ancora una volta, aveva estrapolato da pochi dati una soluzione perfettamente adatta a risolvere una situazione molto rognosa; ma dove Chris era abituata a questi balzi logici da parte mia, ne Dersyul, ne Monpik avrebbero mai immaginato che questo loro arretrato e poco colto nuovo amico avrebbe potuto risolvere una tale situazione dove neanche loro, in collaborazione alla I.A., erano riusciti; entrambi avevano ascoltato la spiegazione che avevo dato a Chris senza dire una parola, ma in fondo la mia logica non faceva una grinza; decisi di approfittarmi un po' di loro, prendendoli in giro: --era facile da capire... è come se in fondo ad un rettilineo, dovendo pestare sui freni e poi cominciare a sterzare, ti ritrovassi senza grip a causa di una chiazza d'olio: seguitare a frenare sarebbe del tutto inutile, neanche il più sofisticato degli ABS può più risolvere il problema; l'unica maniera è mollare i freni, tirando dritto con lo sterzo e sperare di recuperare trazione e grip prima di finire contro il muretto esterno, usando la massima delicatezza possibile; come ha detto Doc Holiday, all'atto del conoscere Wyatt Hearp, giustificando la sua velocità unita alla grande precisione nello sparare: “con calma, ma alla svelta” insomma, sangue freddo e niente panico; dalle espressioni di Dersyul e Monpik era chiaro che ovviamente non avessi spiegato loro un bel niente2; li guardai insistentemente, come stupito della loro difficoltà nel capire, poi Chris mi diede uno schiaffetto su una spalla e non resistetti più, iniziando a ridere, ripromettendomi di far loro vedere quel film, perfetta metafora della natura umana, selvaggia e razionale insieme; mi guardarono con finta disapprovazione, ormai consci di essere stati vittime di uno scherzo; Monpik, fingendosi imbronciata, mi si avvicinò per poi in realtà abbracciarmi e darmi un bacio: --grazie, ci hai salvato la vita!--; replicai: --è stato un vero piacere, amore!--; il silenzio venne rotto da un allarme sia sonoro che luminoso; Dersyul girò lo sguardo verso la consolle “allarmi e riparazioni” e con un gesto spazientito spense l'allarme; Chris lo guardò per una spiegazione, che lui non mancò di dare prontamente: --oh, niente di che', una perdita di pressione nel circuito di raffreddamento del sistema di produzione dei gravitoni... già in corso di riparazione-- guardò verso di Chris facendo spallucce; Chris non poteva evidentemente più di tutte quelle emergenze: --ah, certo, che sarà mai; solo un'altra interessante giornata all'Inferno...-- si girò e prese la via della camera da letto; avevo assistito a quel repentino cambio d'umore, con stupore, ma Monpik, ancora vicino a me, tenendomi per mano, ipotizzò: --gli ormoni cominciano a fare i capricci, vado da lei-- si stava chiaramente riferendo agli ormoni che la maternità stavano iniziando a mettere in circolo in quantità rilevanti ed evidentemente sbilanciate, che purtroppo condizionavano anche le reazioni emotive; mentre guardavo la dolce Monpik avviarsi nella direzione di Chris, mi dovetti rendere conto che sarebbero stati mesi complicati, anche non tenendo conto del problema Zertwat, perché l'equazione -Chris+equilibrio ormonale sballato- sapevo essere equivalente alla famosa equazione einsteniana di conversione materia-energia che giustificava la potenza delle armi nucleari: E=MC2; temevo per la piccola Monpik, ma le diedi fiducia, sapendo anche che con il tempo Chris aveva imparato ad accettare la vicinanza delle altre persone, anche nei momenti in cui era nervosa o arrabbiata, senza prenderle a bastonate; infatti dopo circa mezzora, durante la quale io e Dersyul avevamo controllato le operazioni di riparazione automatiche, Monpik tornò indietro, intera e senza lividi; la guardai, chiedendole: --tutto bene?-- e lei, accennando un si con la testa e confermando: --si, si, adesso si è addormentata; le ho dato un tranquillante e domani penso che potrò dare una regolata al suo sistema ormonale, così non avrà ulteriori problemi--; bene, tutto a posto e anche la Krizs stava tornando alla piena operatività, via via che tutte le spie tornavano sul verde; rimaneva da capire come era potuto succedere di trovarsi quasi dentro ad un buco nero senza preavviso, ma sarebbe stato molto difficile, perché stando alle parole di Dersyul, tutti i sistemi, fino all'esatto momento dell'incidente, risultavano essere in perfetta efficienza, compresi di conseguenza i sensori gravitazionali che avrebbero dovuto rilevare con molto anticipo la presenza di un campo gravitazionale così intenso e fare deviare automaticamente la Krizs, avvisando semplicemente dello scampato pericolo; Dersyul programmò per il giorno dopo un esame più approfondito, di persona, settando, nel frattempo, i sensori alla massima potenza; ci ragionò su e poi vidi che portava la sensibilità oltre il limite massimo; mi sembrò strano: --perché eri titubante?--; in realtà era semplice: --per rendere più sensibili i sensori devo alimentarli pesantemente e questo non fa loro bene; è una procedura sconsigliabile per lunghi periodi, perché può comportare la distruzione dell'isolamento della matrice quantistica alla base del loro funzionamento; renderli nuovamente operativi comporta la loro completa “ricostruzione”, che richiede almeno due giorni, lasciandoci senza margini di sicurezza dovesse avvenire nuovamente un incidente come quello di oggi; solo che non abbiamo alternative a meno che non si faccia raffreddare periodicamente i gruppi sensori e va fatto manualmente, giusto quando stanno per surriscaldarsi--; dal tono deducevo che Dersyul avesse messo fine al ragionamento, rassegnandosi a rischiare la distruzione dei sensori, ma mi venne in mente una possibile via di mezzo, dal non avere sensori sufficientemente sensibili al doverli distruggere per rimediare al problema: --ogni quanto vanno disattivati?--; Dersyul mi guardò: --perché?-- replicai: --potremmo fare dei turni, disattivarli quando sarà il momento e poi riattivarli; potremo così rimanere protetti il più a lungo possibile senza distruggere i sensori--; ne avevo azzeccata un'altra e in quel momento mi resi conto di un fatto: l'avanzatissimo Homo Superior, di cui Dersyul ne era uno dei massimi e migliori esempi, aveva raggiunto vette tecnologiche quasi magiche, ma si affidava completamente a sistemi automatizzati (più o meno intelligenti) e, viziato da tutti questi automatismi, non riusciva più a concepire soluzioni “manuali”, generalmente inadatte a gestire problemi, ma nei fatti unica soluzione quando situazioni anomale mettevano fuori gioco gli automatismi, con parametri eccedenti le loro specifiche di funzionamento, necessariamente non illimitate; in compenso l'Homo Superior era flessibile ed umile, quindi accettava la soluzione evidentemente corretta, senza fare storie: --chi fa il primo turno?--; feci la mia proposta: --se non sei stanco, possiamo rimanere insieme; il primo che crolla, si mette qui da una parte a dormire e l'altro si prende un bel caffè e si mette a passeggiare in giro, qui nella sala o poco oltre; quando sente che non ce la fa più, chiede il cambio e così via; domattina quando le ragazze vengono a fare colazione, ci danno il cambio, per farci riposare adeguatamente e quando ci saremo svegliati, inizieremo la diagnostica manuale--; Dersyul non ebbe obiezioni: --non avrei saputo pensare meglio, ma... che facciamo per reggere insieme?-- lo guardai con atteggiamento di sfida: --vorrei insegnarti un giochino di carte molto diffuso sulla Terra, chiamato poker, precisamente la versione Texas Hold'em...--; le ragazze ci trovarono impegnati in un heads up sanguinoso, dove interi universi avevano cambiato mano innumerevoli volte; era chiaramente uno stallo, tra la mia esperienza e la sua capacità di calcolo delle possibilità, ma ormai presi dalla competizione saremmo andati avanti all'infinito e solo le dure necessità della situazione ci portarono a più miti consigli, proclamando una parità e l'interruzione delle ostilità.
Dopo un'ulteriore tazza di caffè, rinunciando ad an­dare a dormire, ognuno dotato dei suoi strumenti di misura­zione e controllo, iniziammo il giro di verifica della Chris, per cercare di capire come fossimo potuti finire quasi dentro al buco nero, senza il necessario preavviso; non sapevo di preciso cosa misurasse l'apparecchio multifunzione che avevo in dotazione, ma sapevo solo che dovevo controllare il livelli di lettura, ed in caso fossero stati fuori scala, avvisa­re Dersyul che avrebbe fatto le necessarie verifiche. Stava­mo appunto camminando in giro, muovendo davanti a noi a ventaglio gli strumenti, che il livello centrale saltò di colpo a fondo scala, iniziando a tremare violentemente, preso in mezzo dalla spinta al salire di valore e l'elasticità della lancetta che lo faceva rimbalzare indietro, per poi essere nuovamente spinto in avanti e così all'infinito; mentre fischiavo tra i denti dallo stupore di quella reazione, regolai la scala di lettura, che andava di mille in mille, cioè passava, ad esempio, da mille ad un milione ad un miliardo e così via, fino a trovare una posizione “comoda” per la lancetta, in una scala tra 1.000 miliardi ed un milione di miliardi e quindi tra 10 x 1012 e 10 x 1015 ; Dersyul, ovviamente attirato dal mio fischio, si avvicinò a me e gettando un occhio sul mio strumento, fu stupito come me, ma a ragion veduta: --adesso comincio a capire cosa è successo...-- non disse altro, settando anche il suo strumento per rilevare le stesse informazioni del mio e facendo una serie di operazioni di ulteriore analisi; stavo friggendo dalla curiosità, ma lui non si decideva a dirmi niente, così alla fine lo tirai per una manica, come fanno i bambini quando vogliono attirare l'attenzione dei grandi; girò il suo sguardo verso di me, in una sorta di trance mentale, ma lo risvegliai afferrando meglio il suo braccio e scuotendolo un po': --allora... che è successo?--; il suo sguardo tornò lucido e mi si puntò dritto negli occhi: --siamo incappati in una enorme anomalia spaziale; intendo dire una anomalia della trama dello spazio; sono state sempre teorizzate ma mai rilevate prima; si formano quando due enormi buchi neri, entrano in contatto dopo un avvicinamento sempre più veloce; sarebbe più corretto dire che entrano in collisione violenta...-- lo interruppi, credendo di aver intravisto un errore nel suo ragionamento: --ma non è quello che succede di solito e che genera un Gamma Ray Burst?--; fece un piccolo cenno di assenso con la testa, facendomi credere di averci azzeccato, ma in realtà la cosa era un po' diversa: --ma questa ne è la versione estremamente più violenta; i GRB si originano dalla fusione di buchi neri e/o stelle di neutroni nate da due supernove e che sono entrate in orbita reciproca, la quale orbita degenera per poi farle collidere; i campi gravitazionali e magnetici si uniscono e le turbolenze che ne derivano causano il rilascio di un impulso Gamma potentissimo, che come livello energetico rivaleggia, per alcuni istanti, con l'energia emessa da tutto l'universo in quello stesso periodo di tempo; comunque la cosa è spalmata in un certo lasso di tempo; il nostro caso è diverso soprattutto nella scala di tempo; nel nostro caso due buchi neri iper-massicci, si sono diretti in linea retta, l'uno contro l'altro e si sono schiantati a velocità relativistiche, quindi molto vicine alla velocità della luce; un secondo prima non c'era niente, un secondo dopo c'era un mega buco nero, che ha iniziato a emettere un campo gravitazionale immensamente superiore a quello dei due buchi neri esistenti prima; il sistema di sicurezza si è ritrovato dentro a quella tempesta gravitazionale senza preavviso; è come essere stati teletrasportati da molto fuori i confini pericolosi a molto, molto dentro la zona di pericolo--; la conseguenza di tutto questo era che, in realtà, gli apparati della Krizs erano perfettamente funzionanti e che eravamo stati fortunati, davvero tanto, perché anche se tanto vicini, non ci eravamo trovati dentro l'orizzonte degli eventi di quel nuovo mostro cosmico; ora mi era chiaro quasi tutto: --da cosa lo hai capito?-- domandai a Dersyul muovendo l'apparecchio di misurazione a dire: “spiegami cosa hai letto qui e cosa significa”; Dersyul si avvicinò di nuovo a me mi mostrò sul suo strumento, digitale, diversamente dal mio, la sigla che contraddistingueva quella specifica misurazione: RHL, aggiungendo la sua spiegazione: --è la misurazione del Livello della Radiazione di Hawking3, lo avevo tradotto per darti un riferimento, ma ora mi rendo conto di non avertelo spiegato; se non lo sai la Radiazione di Hawking, è il grado di “evaporazione” del buco nero...-- in realtà lo sapevo –...ed è maggiore quanto più grande è il buco nero; questa energia emessa lascia un residuo eccitando leggermente gli elettroni della materia che colpisce secondo uno spettro ben riconoscibile e leggibile; ed ecco spiegato il mistero; aiutai Dersyul a verificare i dati e poi tornammo indietro dalle ragazze; eravamo stati via giusto una mezzora, così Chris sembrò stupita: --già fatto oppure non ce la fate a stare svegli?-- prendendo un biscotto dal suo piatto, rischiando un paio di dita della mia mano sinistra, feci un passo indietro, mentre mi mettevo il maltolto in bocca: --la prima che hai detto; siamo stati testimoni di un evento cosmico rarissimo, talmente raro che è la prima volta che se ne riscontra uno--; l'espressione di Chris fu chiarissima, dato che anche io avevo pensato la stessa cosa: ci dovevamo finire in mezzo proprio noi, evidentemente!; avevo notato che Monpik non era lì con lei e mi girai intorno per cercarla con lo sguardo; Chris capì al volo cosa stessi facendo: --sta facendo una doccia... sai abbiamo fatto l'amore, mentre voi, stanotte, stavate di guardia-- lo disse un po' timidamente, forse ancora imbarazzata di quella relazione extra “noi”; mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sulle labbra, poi rivolto a tutti e due, Chris e Dersyul, mi congedai: --la raggiungo, se non vi dispiace--; Chris fece un sorriso fantastico e Dersyul aggiunse: --sarebbe ora!--; non ero evidentemente l'unico a essermi reso conto di non aver ancora fatto l'amore con Monpik, ma le cose erano state abbastanza complesse in quei giorni e/o, forse, non mi ero ancora sentito pronto; era il momento giusto; aver visualizzato il corpo nudo di Monpik sotto la doccia, pur non conoscendolo realmente, mi aveva reso incredibilmente desideroso di lei; senza frapporre altre parole, mi diressi verso le stanze da letto, ma sbagliai il primo tentativo; avevo pensato che fosse nel bagno della sua camera, invece la trovai in quello della camera mia e di Chris; era ancora nel bagno, ma si stava infilando degli slippini rosa con un fiocchetto azzurro sul davanti, che chiudeva un ricamino azzurro che correva per tutto il perimetro superiore e anche sul perimetro dei passaggi delle gambe; era assolutamente divina e io rimasi completamente sconvolto da quello che vedevo; lei alzò gli incredibili occhi blu ardesia verso di me, appena intravvide la mia presenza e resasi conto delle mie intenzioni e del mio sguardo, si illuminò di una felicità infinita; la sua felicità sessuale comportò una serie di fatti: le si arrossò il viso, i seni si inturgidirono, alzandosi leggermente, insieme ai capezzoli, che raddoppiarono di volume; data la sua natura, a crescere di volume fu anche il suo splendido pene di ermafrodita, ma non fu un semplice raddoppiare; (inizio parte a carattere sessuale)
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Chris mi aveva raccontato di quelle dimensioni, ma un conto sentirselo dire, un conto è vederlo con i propri occhi: su una bambolina di un metro e cinquantacinque, un pene di venticinque centimetri è un'enormità, tant'è che in completa erezione, come era in quel momento, le arrivava quasi all'altezza dei seni; fino a quel momento, un pene in erezione davanti a me, mi avrebbe provocato un certo disagio, comportando la sua appartenenza ad un altro maschio, ma ora non provavo nulla del genere; lo vedevo solo come una parte di una delle più meravigliose ragazze dell'Universo; avevo inoltre notato, che, contrariamente al solito, non era definito, cioè magro, come un pene normale, ma avevo un aspetto più morbido: lo si poteva definire come un pene femminile, così come una ragazza, pure molto in forma e magra, non è e non dovrebbe essere mai troppo definita. Mi avvicinai a lei e la prima cosa che feci fu proprio quella di afferrarle il pene e dolcemente iniziare a masturbarlo; lo sguardo di Monpik era insieme sorpreso ed estasiato, ma iniziò quasi subito a mostrare un orgasmo in arrivo, che infatti si manifestò in gridolini intensi e dolcissimi, uniti ad una abbondantissima eiaculazione; lei mi prese il viso con le sue deliziose manine e baciò con una intensità spettacolare, per poi girarsi di schiena, porgermi la sua vagina e guidarmi una mano nuovamente sul suo pene; iniziammo a fare sesso entrambi: trovai la sua vagina della misura esattamente adatta al mio pene, tanto che completamente infilato, sfioravo l'utero e la larghezza era perfetta, ne troppo stretta ne troppo comoda; dopo aver iniziato a muover il mio pene dentro di lei, ricominciai a masturbare il suo, che adesso trovai scoperto completamente e perfettamente lubrificato dal suo stesso sperma; lei ora emetteva quei suoi deliziosi gridolini in continuazione, avendo stimolati entrambi gli organi sessuali; aveva un orgasmo ogni circa trenta secondi, per ognuno di essi, e nel caso che fossero contemporanei, lei allora urlava molto più forte; dal canto mio ero in estasi: la sua vagina era incredibile, come mi aveva spiegato Chris; iper-lubrificata da un liquido che stimolava il mio piacere e pure il suo e che provocava un mantenimento perpetuo della mia erezione, senza irritazioni e affaticamento; la mia forma fisica faceva il resto; andammo avanti per quasi tre ore, senza significative interruzioni, escluso qualche cambiamento di posizione; una delle più sexy fu con lei che mi stava sopra, muovendo il suo corpo e, quindi la sua vagina, facendosi accarezzare i fantastici seni e masturbandosi da sola il pene; il suo modo di masturbarsi era estremamente intenso: stringeva molto forte il pene e soprattutto il glande, con tutte e due le sue mani ed il movimento era veloce, ma non eccessivamente, e regolare, salvo quando arrivava l'orgasmo; a quel punto, diventava velocissimo e convulso, facendo così spargere tutta l'enorme quantità del suo pseudo sperma dappertutto. La dolce intensità del suo modo di fare sesso, la sua incredibile bellezza e l'amore che provavo per lei resero quell'esperienza assolutamente travolgente, al di là del fatto che in quelle tre ore avessi avuto circa 120 intensissimi orgasmi; anche in questo caso aver provato quelle intensità e quelle quantità fu ben diverso dall'averne sentito parlare da Chris. Alla fine eravamo stanchi entrambi e decidemmo di aggiornare la seduta, così sistemammo il letto e andammo a fare una doccia; tornando in camera trovammo Chris, nuda sopra il letto che si masturbava con due dita; i suoi occhi eccitati ci fissarono, mentre strillava in preda ad un orgasmo; il messaggio era chiaro: voleva che facessimo l'amore con lei, tutti e due; l'accontentammo e con me dentro la sua vagina e Monpik nel secondo canale, reso sensibile come una vagina normale dal liquido stimolante del pene di Monpik, la facemmo venire un sacco di volte; così passò praticamente la giornata; rimase giusto la forza e il tempo per una sostanziosa e nutriente cena e poi ci infilammo tutti a letto, per una dormita epica. Quando mi svegliai, non ero solo, anzi Chris e Monpik stavano facendo sesso vicino a me; stavano su un fianco, una davanti all'altra ma leggermente inclinate, per poter stare più vicine, cosa altrimenti più complicata per via della perfetta corrispondenza dei loro seni, che le avrebbe tenute leggermente a distanza; le guardai baciarsi dolcemente, mentre l'enorme pene di Monpik si muoveva lentamente e profondamente nella vagina di Chris; erano leggermente sudate, salvo tra le gambe, dove erano allagate letteralmente e gemevano dolcemente; non si erano accorte che le stavo osservando, così le lasciai fare per un quarto d'ora buono, assistendo a molti orgasmi di entrambe e tutti e tre i genitali; alla fine, però, non resistei più e misi una mano a contatto del clitoride di Monpik, dato che la sua vagina era occupata da due dita di Chris; tutte e due si accorsero di me e, improvvisamente, interruppero il loro rapporto, per mettersi in una posizione che mi permettesse di partecipare: Monpik in mezzo, con il suo pene dentro la vagina di Chris e con il mio dentro la sua; i movimenti furono necessariamente più condizionati, io dovevo spingere mentre lei tornava verso di me tirandosi indietro da Chris e viceversa, ma fu favoloso lo stesso; ero immerso in una continua meravigliosa cosa a tre con le più straordinarie donne dell'Universo. Dopo circa due ore, venimmo interrotti da Dersyul, che reclamò un po' di sesso anche lui; ci fu l'occasione per Chris di fare la sua conoscenza sessuale; li guardai fare l'amore per ore, senza provare la minima gelosia; Chris, mentre veniva penetrata da un pene ancora più grande di quello di Monpik, strillando intensamente, masturbava la piccola vagina di Dersyul, con una certa intensità, provocando enormi spruzzi di sperma vaginale; nella stessa maniera, Monpik eiaculava tantissimo, urlando in continuazione; ci fu una pausa per il pranzo, ma poi tutto ricominciò di nuovo, salvo che io feci sesso con Chris e Dersyul con Monpik; fu bello tornare con Chris e vederla così immensamente felice e serena; toccavo tutto il suo incredibile corpo, mentre il mio pene seguitava a muoversi dentro di lei; mi resi conto che anche Chris eiaculava moltissimo e veniva ogni trenta secondi, come se stessimo facendo sesso con Monpik; le cose erano due: o avevamo subito una modifica genetica da parte di Monpik, oppure eravamo ancora ben lubrificati dal suo liquido iper-attivo e ne subivamo le fantastiche caratteristiche; in ogni caso andava bene così.
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4In quel momento mi resi conto che la mia futura vita con quelle persone sarebbe stata incredibilmente felice: c'erano due bambini in programma e volevo proprio incontrare e conoscere i figli di Monpik e Dersyul; c'era un ma, ovviamente, ed era rappresentato da Zertwat; dovevamo concludere la nostra missione di recupero dell'iper-materia e completare la distruzione di quel mostro. Se possibile...
l'incidente ci aveva rallentato, ma alla fine eravamo in vista del pianeta che ospitava la stazione di ricerca esterna degli Atlantidei, ma riuscire ad atterrare non sarebbe stata una cosa da poco; le sue particolari condizioni richiedevano una procedura di avvicinamento e atterraggio molto partico­lare e la Krizs non era esattamente nelle sue condizioni mi­gliori. I sistemi di sicurezza era stati riparati, ma aveva mostrato tutta la loro fragilità (sicuramente dovuta alla loro anzianità di servizio) ed eravamo poco convinti della possi­bilità di poterli lasciare agire autonomamente; la prima ipote­si fu quella di effettuare la procedura di atterraggio in maniera manuale, ma le reazioni umane (o atlantidee se è per questo), forse non sarebbero state sufficienti in caso di qualche problema, quindi, non potendo perdere tempo ricostruendo completamente gli apparati di sicurezza, venimmo al compromesso di ricostruire solo il sensore di gravità, tarandolo in maniera estremamente sensibile e “tenendo il dito sul grilletto” (sul sistema di disattivazione che già ci aveva salvato durante l'incontro con il mega buco-nero, che attivava anche i motori nella direzione migliore di allontanamento) in caso di problemi, sperando di poter raccontare quanto eravamo stati fortunati.
Fu un atterraggio molto movimentato, ma per quanto venimmo un pochino sbattuti dai sistemi di controllo, che reagivano in maniera abbastanza brusca a quel tira e molla gravitazionale, non fu neanche lontanamente simile a quello che era successo pochi giorni prima; alla fine fu quasi diver­tente come andare sulle montagne russe, ma senza sapere mai da quale parte saremmo stati buttati; quando alla fine ci ritrovammo fermi sulla superficie di quell'estremo pianeta, la calma e l'immobilità sembrarono veramente una benedizio­ne. Infilammo le tute di sopravvivenza, dato che non c'era una manichetta di collegamento dal laboratorio e una qual­siasi astronave e ci incamminammo verso uno dei portelli di accesso; il paesaggio era veramente straordinario: guardare il “cielo” era una sicura ricetta per il mal di mare, ma era co­munque veramente interessante vedere le stelle esterne creare delle scie luminose multicolore, che oltre tutto (a cau­sa delle enormi forze gravitazionali presenti nelle immediate vicinanze) non seguivano un andamento circolare regolare, ma deviavano bruscamente verso la binaria buco nero – stella di neutroni, con una traiettoria davvero estrema; pur stando con i piedi appoggiati ad un pianeta di massa circa equivalente alla Terra, la velocità di rivoluzione intorno al centro di massa rappresentato dal buco nero era elevatissima e questo provocava delle accelerazioni e delle decelerazioni molto brusche, a secondo che ci si trovasse da un lato o dall'altro del pianeta; per fortuna si trattò di fare pochi passi e poi fummo dentro il laboratorio; lì dentro tutto era perfettamente stabile, grazie a generatori gravitazionali controllati da un sofisticato sistema automatico, che normalizzava il campo gravitazionale; mi sedetti sulla prima sedia libera che trovai ed emettei un bel sospiro di sollievo, perché io sono senz'altro un uomo d'azione, ma preferisco avere un minimo controllo su quello che avviene e le ultime ore, tra manovre di atterraggio e passeggiate, ero stato in balia di forze incontrollabili; a confronto tenere a bada un auto da 500 cv a 300 km orari era un giochino rilassante.
Mi stavo giusto rilassando, che Dersyul mi tirò per un gomito, obbligandomi a rimettermi in piedi: ora che tutto sta­va fermo al suo posto, avevamo un lavoro da fare; venni gui­dato subito verso il laboratorio che conteneva la materia dell'altro continuum spaziale; non capivo, nonostante tutto, la necessità di tutta quella fretta: --hei, potremmo anche ri­lassarci un attimo...-- ma Dersyul era di tutt'altro avviso: --possiamo rimanere sulla superficie un'ora, massimo un'ora e mezza, perché i sistemi di schermatura anti radiazioni non sono attivi e attivarli comporterebbe ore di lavoro; tanto vale prendere quello che ci serve ed andarcene; poi potremo an­che rilassarci, una volta che avremo impostato la rotta di rientro--; ok, le radiazioni, non ci avevo pensato; affrettai il passo. Il laboratorio era vicino e tempo un minuto stavano davanti alla porta di accesso; dopo due minuti di una com­plicatissima procedura di accesso, che passò dal riconosci­mento dell'iride, della retina (si, si, avete capito bene: entrambi), delle impronte digitali di tutte e due le mani, del prelievo e controllo di una goccia di sangue, per il DNA, finalmente la porta di aprì; dopo aver assistito, un po' spazientito, a tutta quella manfrina, non riuscii a trattenere una nota polemica: --pensavate che Zertwat avrebbe provato ad indovinare il PIN, mettendo solo un tastierino numerico per l'accesso?-- Dersyul si paralizzò, guardandomi esterrefatto alcuni istanti, poi ammise: --dici che è un tantino esagerata la procedura di accesso?-- ci andai leggero, ammiccando solo con la testa e le labbra tirate in una smorfietta sardonica: --hm...-- ma stavo sghignazzando e anche Dersyul non riuscì a trattenersi: --si, certo, solo un pochino...--; venimmo raggiunti dalle ragazze che ci trovarono a ridere come scemi, ma troncammo le spiegazioni a più tardi.
Finalmente entrammo nel caveau di contenimento della altro-materia; avevo creduto di vedere non so' quali strane luci o schermature, ma in realtà, il cubo rosso, dai lati smussati, di circa 2,5 cm di lato, era semplicemente appog­giato sopra un parallelepipedo che lo teneva a circa un me­tro da terra, a portata di mano; d'altronde mi era perfettamente noto che in questo continuum quella materia era perfettamente inerte, non emetteva e non assorbiva ra­diazioni, quindi veniva tenuta in quel posto esclusivamente per tenerla quanto più possibile fuori dalle grinfie di Zertwat; mi avvicinai con curiosità e circospezione ma appena fui dentro la stanza mi resi conto di sentirmi stranamente attrat­to dal cubo rosso; mi fermai esitante, pensando di stare su­bendo qualche effetto residuo della folle gravità di quel posto, ma dato che eravamo perfettamente schermati, decisi di fare un altro passo; capii che la strana sensazione che provavo era dovuta alla sempre maggiore vicinanza al cubo; chiusi la distanza che ancora mi separava da quello strano tesoro, troppo curioso di scoprire i suoi segreti e, senza la minima esitazione, impulsivamente ed imprudentemente, lo toccai con una mano: fu come tornare a respirare dopo essere stato costretto a trattenere il respiro sotto l'acqua più nera ed asfissiante, riaprendo gli occhi e tornando lucido dopo il terrore di non riuscire a sopravvivere; quando avevo toccato Zertwat, avevo sentito una scarica di potere incredibile; ora quella sensazione era infinitamente maggiore, perché la quantità di materia con cui venivo in contatto era enormemente superiore; mi sentivo in grado di fare qualsiasi cosa e forse ne ero veramente capace; le mie percezione dell'ambiente che mi circondava era infinitamente amplificate: vedevo, più che percepirne gli effetti, la gravità, le sue linee di forza e la lotta che il campo del buco nero e la gravità controllata, generata dai sistemi del laboratorio, facevano per la supremazia sulla materia che mi circondava; quelle strane linee erano attraenti e spaventose insieme, ma ebbi l'istinto di toccarle; nel laboratorio si creò immediatamente una voragine dimensionale, un passaggio verso l'iperspazio (lo sapevo per certo); questo fu il primo indizio che battere Zertwat sarebbe stato possibile, perché quello era sicuramente il suo stesso metodo di apertura dei wormhole e quasi sicuramente vedere le linee di curvatura delle forze gravitazionali, avrebbe permesso anche di navigarci dentro; mancava di capire come fare a muoversi all'interno di quello spazio anomalo e come scegliere da dove uscirne. Ero completamente preso da quell'affascinante quesito, che venni bruscamente riportato alla mia dimensione “umana” dalla mano di Chris sulla mia spalla; mi stava difronte, con aria preoccupata: --tutto bene?-- ero raggiante: --si, prendiamo questa roba e andiamo via, che ci sono importanti novità e anche un interessante esperimento da fare--; non aggiunsi altro e nuovamente afferrato il cubo di altro-materia, venni seguito rapidamente da tutti per rientrare nella Krizs.
La partenza fu decisamente più rapida e dopo nean­che 15 minuti dalla nostra entrata nel caveau di contenimento, eravamo a distanza di sicurezza da quel maelstrom di gravità e radiazioni; con l'occasione della rapi­da visita al laboratorio, Dersyul si era procurato anche il necessario per riparare in maniera definitiva le apparecchia­ture della Krizs e varie altre cosette utili, come rilevatori, armi e materie prime. La programmazione dell'auto-bot di manutenzione richiese non più di trenta minuti e poi potem­mo, dopo aver assistito stupefatto per alcuni minuti quel sofisticatissimo macchinario muoversi con la massima agili­tà ed abilità all'interno dei comparti dei dispositivi da riparare e rigenerare, riunirci nella stiva di carico 1, la più grande, per capire le qualità e le potenzialità della materia rossa, come era stata ribattezzata; fu la dolce Monpik a fare la domanda che tutti si erano già fatti dentro il laboratorio: --abbiamo vi­sto un “buco nero” aprirsi in mezzo all'aria, e subito l'aria ha cominciato a precipitarsi verso di esso, come se si fosse aperta una camera di compensazione della Krizs, verso il vuoto dello spazio; iperspazio?--; si era anche data una pro­babile risposta e per quello che ne avevo potuto capire, aveva perfettamente ragione, così le spiegai e così a tutti gli altri, quello che avevo visto e percepito: --appena ho toccato il cubo di materia rossa, ho iniziato a sentire le linee di forza gravitazionali e, soprattutto, a vederle, a vedere il loro fluire e mi stavo concentrando su di un nodo che si era creato dall'interferenza di alcune di esse, che si è aperto un pas­saggio nella dimensione B; credo che il passaggio volontario da questa dimensione a quell'altra avvenga grazie alla capa­cità di vedere dove si trovano i nodi e poi sfruttare l'energia della altro-materia per aprire un varco...-- mentre dicevo queste cose, tenevo il cubo in mano e, proprio replicando con la mia volontà quello che dicevo, si aprii una voragine di 5 metri al centro della stiva, che avevamo provveduto a svuotare di ogni genere di materiali e di aria; noi eravamo legati con dei cavi di sicurezza ad appositi anelli inseriti in alcune traversine di rinforzo e indossavamo delle tute ambientali, che ci proteggevano da radiazioni, sbalzi eccessivi di temperatura, luce estrema; fino a quel punto tutto si stava ripetendo uguale a come era avvenuto nel caveau del laboratorio; ora si trattava di capire il metodo di propulsione: --mi avvicino...-- allentai il cavo, per arrivare al confine della voragine e, una volta che fui sufficientemente vicino, allungai una mano; Chris era decisamente preoccupata: --Paolo, no, non mi sembra il caso...--; mi girai a guardarla e, nel farlo incrociai gli occhi di Monpik: era assolutamente terrorizzata; cercai di sdrammatizzare: --infilerò la sinistra, così se va storto qualcosa, mi rimane la magica destra!--; le guardai entrambe, con aria buffonesca; entrambe capirono che scherzavo, avendo perfettamente capito che mi riferivo al mio modo di toccarle quando facevamo l'amore, usando proprio la mano destra; la loro preoccupazione si affievolì un poco, ma l'aspetto contratto del loro corpo, la diceva lunga su quanto le avessi effettivamente rassicurate; mi rivolsi allora a Dersyul: --se vedi che ci sono problemi, tirami fuori, anche con il verricello--; essendo quello che doveva effettuare l'esperimento, ero anche l'unico collegato, tramite il cavo, ad un potentissimo verricello. Ricevuto l'assenso da parte di Dersyul, mi girai nuovamente verso il passaggio e allungai la mano sinistra, attraversando il confine tra le due regioni sub-spaziali; inizialmente venni attirato con grande forza verso lo spazio B, ma puntai i piedi, riuscendo a contrastare agevolmente la forza che mi attirava verso l'interno; rassicurai i miei spettatori: --tutto bene, lo posso contrastare-- dando per scontato che capissero di cosa stessi parlando; in realtà mi ero reso conto che l'opposizione che avevo apposto, non era stata solo fisica, ma anche mentale, di volontà; tirai indietro la mano sinistra e procedetti con un nuovo genere di esperimento che avevo ideato: agendo sul telecomando che Dersyul mi aveva fornito, sbloccai completamente il cavo, così che fosse libero e desiderai muovermi verso il centro dell'apertura, con una ben precisa traiettoria: mi misi letteralmente a volare dentro lo spazio B, prima a destra, poi a sinistra; il cavo si tese bruscamente e venni riportato nella stiva di carico 1, dritto tra le braccia di una sconvolta Chris, che appena mi ebbe al sicuro a contatto con il suo corpo, iniziò a piangere; tornammo in una condizione normale, quindi con atmosfera e senza apertura verso lo spazio-B; mi ero reso conto che avrei dovuto dare un certo preavviso e una traccia del mio piano sperimentale: --scusami amore, ma era tutto sotto controllo; posso muovermi a mio piacimento nello spazio B...-- uno schiaffo acutissimo mi azzittì sul colpo; rimasi paralizzato alcuni istanti, osservando in perfetto silenzio, mentre la mia guancia sinistra pulsava infiammata, il viso di Chris passare da una rabbia omicida, ad una espressione di pentimento e nuovamente ad una di grande spavento; lei tornò a stringersi a me e mezza soffocata dal mio corpo, potei comunque udire la sua voce: --giuro, anzi prometto che, se rifai una cosa del genere senza spiegarmelo prima, ti ammazzo tre volte!--; potei vedere distintamente i nostri amici/amori/amanti sorprendersi delle parole di Chris; ritenendo di dover dare delle spiegazioni: --mi ammazza, mi resuscita, mi ammazza di nuovo, mi resuscita ancora una volta, mi fa fuori per una terza volta; poi decide se merito di essere definitivamente rimesso al mondo...--; Monpik era esterrefatta, ma con un sorrisetto buffo disegnato sulle labbra, Dersyul muovendo leggermente la testa a destra e a sinistra, aveva l'espressione di chi pensa: “ma tu senti che cazzata...” ormai anche lui rassegnato al nostro strano senso dell'umorismo che, peraltro, veniva fuori in qualunque situazione; in genere Chris non reagiva in quel modo, ma gli ormoni della maternità (dovevo chiedere a Monpick di calare ancora un filino il livello dell'intensità delle reazioni di Chris), uniti a tutti i rischi che in quel simpatico periodo stavamo tutti correndo, l'avevano resa troppo sensibile; ma come ho già detto, io sono un orsacchiotto indistruttibile... Per il momento mettemmo fine agli esperimenti, avendo almeno dimostrato che potevo avere un controllo conscio sugli spostamenti nello spazio B e nella creazione di un'apertura di una passaggio per lo stesso; era stata un'altra giornata “interessante”, come mi piaceva a volte definire le giornate piene di sorprese (belle e brutte). Presi per mano un'ancora tremante Chris e senza frapporre altre attese, seguii gli altri verso la sala mensa; in effetti avevo fame e anche bisogno di riposo e calma.
Avevamo davanti a noi parecchio tempo, dovuto al viaggio di ritorno, durante il quale avremmo potuto e dovuto studiare i miei “super-poteri” ed ideare di conseguenza un piano per affrontare Zertwat, che nel frattempo si sarebbe sicuramente rimesso dal nostro precedente incontro; in linea di principio, se solo toccando il suo corno, avevo potuto qua­si ucciderlo, stare a contatto con tutta la materia rossa, mi avrebbe dato un vantaggio immenso, ma c'era il rischio che anche lui, più compatibile di me a quella materia, originaria del suo universo, avrebbe potuto trarne vantaggio, per il semplice fatto di esserne vicino; quindi la prima cosa da considerare era che in nessun caso ed per nessun motivo, Zertwat doveva venire a sapere che possedevamo la materia rossa e, soprattutto, non doveva metterci sopra i suoi artigli; il nostro sospetto era che sarebbe potuto diventare quasi onnipotente; calcoli che già Dersyul, prima di mettersi in iper-sonno con Monpik, milioni di anni prima, aveva fatto, corroborati ora dai dati di assorbimento della potenza che fluiva attraverso di me, davano livelli simili ad una iper-nova, vale a dire ad una supernova nata dall'esplosione di una stella iper-massiccia (oltre le 1.000 masse solari); poche altre cose in natura emettono più energia in così breve tempo; uno, in ordine di grandezza crescente, era un GammaRayBurst, l'altro era il Big-Bang... Tutti questi “iper” e tutti i vari suffissi particolari che continuavamo a mettere davanti ad un sacco di parole, non avendo migliori alternative semantiche, date le scale di valori in campo, cominciavano a darmi fastidio; non era tanto il fatto che non mi piacesse la parola in se stessa, ma il fatto che ogni volta che la sentivo pronunciare, mi rendevo conto della situazione e del fatto che io ero un semplice essere umano, per quanto risultato di una manipolazione genetica tendente ad ottenere proprio quei miei poteri, ed in quanto tale la mia esperienza di potere e forza non andava aldilà del spostare oggetti pesanti, avere capacità di controllo su cose, situazione o, al limite, persone, ad un livello infinitamente inferiore a quello che dovevo affrontare nel combattere Zertwat; sapere che ora avevo dei poteri così grandi, non mi dava quella sicurezza necessaria a sentirmi pronto alla lotta che mi attendeva, perché era una nozione del tutto razionale e non “viscerale”; quando un essere umano, ed in questo caso un uomo come me, svolge una attività fisica, uno sport, un lavoro o fa l'amore con una donna, si sente vivo e forte, perché è istintivamente conscio della sua forza, la vive, ne è compenetrato; quei poteri che mi derivavano dalla possibilità di controllare la materia rossa, erano del tutto estranei alla mia natura umana, perché Monpik non aveva potuto inserire l'istintiva naturalezza della loro esistenza e del loro uso nel mio codice genetico; la tecnologia e le conoscenze scientifiche del suo popolo, per quanto avanzatissime, non avevano assolutamente capito come le molteplici combinazioni genetiche potessero generare quegli istinti e quelle intime sensazioni che ci fanno gioire della vita, nel momento che usufruiamo della nostre innate capacità fisiche e quindi non aveva potuto darmi ciò che mi sarebbe servito di più: il diretto controllo delle forze della natura che avrei dovuto usare nella loro più estrema manifestazione e potenza, per riuscire ad abbattere la più grande minaccia che il nostro Universo aveva mai dovuto affrontare. Purtroppo si profilava la situazione di dover sperimentare sul campo; potevo sicuramente fare una grande pratica dei miei poteri, ma sarebbe servito molto più tempo; ero nella situazione di chi acquisisce l'uso di una mano, mai avuta o mai stata funzionante: può usarla, ma deve accortamente calibrare i movimenti e le azioni seguendo con gli occhi ciò che fa, perché non “sa” fare le cose con il normale automatismo di chi ha sviluppato le necessarie connessioni neuronali in una vita di pratica.
Quella notte fu agitatissima e praticamente non riu­scii a dormire quasi niente; le preoccupazioni che andavano accumulandosi, per l'uso della altro-materia, sulla riuscita del piano volto a distruggere Zertwat, da cui dipendeva la sopravvivenza delle due razze senzienti della Terra e di tutto ciò che su di essa viveva ed era presente (perché non dubi­tavo che, la Terra, sarebbe stata del tutto annientata, per semplice furia devastatrice, se non fossi riuscito nel mio intento), mi stava dando il tormento. Quasi inconsciamente, mi ritrovai a pensare a quanto mi sarebbe servito un consiglio da Wiklot, il drago bianco, che istantaneamente venni catapultato nel suo universo; mi ero dimenticato che lui stesso mi aveva detto che il possesso della materia rossa mi poteva consentire una volontaria comunicazione con l'universo parallelo dei draghi; stavo appunto giocherellando con il cubetto, quasi a cercarvi scritta sopra una qualche istruzione per l'uso, che mi trovai davanti un Wiklot con una malcelata espressione di sollievo: --amico mio! Cominciavo a perdere la speranza di rivederti vivo! Ma ora capisco che hai avuto successo; molto bene...-- lo interruppi, sconsolato: --non direi, non so come usare i poteri della materia rossa contro Zertwat--; le sue parole furono molto incoraggianti: --certo l'esperienza di Zertwat è lunga molti milioni di anni, ma il tuo codice genetico è stato manipolato proprio per integrare la materia rossa con il tuo sistema neuronale; una volta che l'avrai assorbita nel tuo cervello, sarà parte integrante di te e potrai farne l'uso che meglio vorrai; potrai usare le tue azioni e reazioni istintive, senza pensare alla materia rossa; un tuo pugno, per attaccare; una mano aperta, per difendere; pensare di camminare o correre per muoverti nel tuo spazio e nello spazio B; tutto con la massima naturalezza, credimi; è così che Zertwat ha imparato ad usare i suoi poteri, con la differenza che ha dovuto imparare con l'esperienza; io posso guidarti nell'apprendimento, come feci con lui, ma molto più rapidamente--; finalmente un po' di buone notizie, anche se era emerso un fatto che ignoravo: --credevo che Zertwat si fosse ribellato immediatamente a voi, nel momento che era rimasto intrappolato nel nostro universo...--; la risposta sconsolata di Wiklot chiarì quel fatto: --nella nostra struttura sociale solo i più forti hanno diritto ad un harem e alla riproduzione, e lui fisicamente non è certo tra i favoriti, ma nel momento che ha acquisito i poteri della materia rossa è diventato tra i più potenti draghi mai esistiti, forse il più potente in assoluto, anche se isolato in un altro universo; questo ha attivato l'obbligo, da parte mia, di dargli assistenza ed una istruzione di livello superiore, che altrimenti non gli sarebbe spettata; quando ha capito che, in ogni caso, non avrebbe potuto fare parte della nostra società, impossibilitato a tornare in questo universo, semplicemente, ci ha maledetti e se ne è andato, minacciando di distruggerci tutti, se solo avesse, un giorno, potuto fare ritorno--; ebbi un'altra domanda da fare: --potrebbe?-- Wiklot ci pensò su, dubbioso: --forse acquisendo la tua materia rossa, potrebbe aprire un portale tra i due universi, ma nel momento che l'avrai assorbita nel tuo corpo, non potrà più ottenerla--; la domanda da un miliardo: --come faccio ad assorbirla ed integrarla?--; laconicamente: --non sarà facile...--; mi sarei stupito del contrario, ma non avevo alternative, quindi ero pronto a tutto. Per non perdere tempo, iniziammo subito il corso, in due parti (teoria e pratica) su “come diventare un semi-dio inter-dimensionale” e per maggiore sicurezza, saremmo usciti nello spazio esterno alla Krizs, non prima di aver creato una bolla spaziale che mi consentisse di sopravvivere al vuoto e, in particolare, alle condizioni del viaggio a velocità maggiori della luce che la stessa Krizs stava effettuando per riportarci sulla Terra. La prima lezione della sezione “teoria”, fu appunto quella sulle (Cap. 1, par. 1): ”Possibilità di manipolazione della materia e dell'energia” e (Cap. 1, par. 2): “Manipolazione della struttura dello spazio, ovvero del continuum spaziale”; Wiklot aveva appunto finito di spiegarmi che in realtà la materia rossa era un agglomerato stabilizzato di stringhe5, immerse in una reticolo di gravitoni che impediva loro di disperdersi o annullarsi venendo in contatto con la materia “normale”, mettendomi nella condizione di chiedergli come le stringhe potevano aiutarmi, che venni beccato a parlare al vento da Chris, che sul momento non si rese conto di ciò che stava avvenendo: --Paolo, tutto bene?-- non risposi subito, distratto dall'ambientazione virtuale del mondo di Wiklot, che mi faceva sentire solo fiocamente la voce di Chris che mi parlava, che con il suo solito spirito pratico, mi appoggiò le mani sulle spalle per poi iniziare a scuotermi bruscamente; mi concentrai più attivamente sulle percezioni sensoriali del mio universo di nascita, mettendo a fuoco Chris e tutto l'ambiente che ci circondava fisicamente: --tranquilla, sto' parlando con il drago bianco, per imparare ad usare i poteri della materia rossa...-- Wiklot intervenne: --puoi farmi comunicare con lei se la prendi per mano e fai fluire ciò che vedi e senti del mio mondo attraverso di te, verso di lei!--; ancora una volta senza avvisarla, feci ciò che mi aveva suggerito il nostro nuovo amico e mio maestro, con il risultato di far trasalire, ma solo per la sorpresa, la mia Chris; fu Wiklot a rompere il ghiaccio: --piacere di conoscerti Chris; so quasi tutto di te, dalla mente di Paolo, ma incontrarti è un onore e un vero piacere--; Chris lo guardò per alcuni istanti, devo dire con malcelata ammirazione, per poi sorridere in maniera apparentemente amichevole: --non posso che essere onorata di tanta gentilezza... bé sai, dopo le malefatte di quel fetentone di Zertwat...-- chiusi gli occhi e trassi un sospiro, con rassegnazione e pazienza, perché conosco Chris e avrei dovuto immaginare una sua simile osservazione, ma non ci furono problemi, infatti dapprima Wiklot la guardò serio e poi... si mise a ridere, ma intendo come avrei fatto io davanti ad una bambina che genuinamente avesse detto solo quello che tutti pensavano ma nessuno aveva il coraggio di dire con diretta franchezza: --lo so', un vero monellaccio, quel Zertwat; dobbiamo proprio dagli una bella sculacciata ed insegnarli a vivere...-- anche Chris rise di gusto, ammaliata da quel bellissimo, infinitamente saggio e simpatico drago bianco; eravamo stati raggiunti anche da Monpik e Dersyul, che capito al volo cosa succedeva, si erano messi anche loro in comunicazione con l'altro universo, mettendomi lei una mano dentro la mia e lui prendendo la mano di Chris; Monpik era emozionatissima, perché finalmente poteva conoscere il buon drago bianco; feci le presentazioni e Wiklot, di buon grado, fece fare a tutti, me compreso un giro panoramico del suo pianeta e del suo universo; in fondo escludendo i colori particolari e le forme originali degli animali, le differenze non erano enormi, e con un minimo di sforzo era tutto perfettamente comprensibile; c'erano predatori e prede, animali volanti e striscianti; i pianeti giravano intorno alle stelle, che erano raggruppate in galassie; insomma tutto il repertorio noto, almeno apparentemente, dato che senza una comparazione più approfondita non era possibile capire eventuali “alienità” assolute; una triste considerazione mi sorse spontanea: se tra i due universi vi fossero state maggiori differenze, forse Zertwat avrebbe mantenuto un profilo più basso, intimorito da cose troppo aliene e potenzialmente pericolose; aveva invece incontrato razze con culture stratificate e il suo istinto al predominio lo aveva messo subito in competizione per il potere; avesse incontrato alieni composti di pura energia o simili a rocce o chissà cos'altro, li avrebbe quasi sicuramente ignorati... ma piangere sul latte versato non ha mai risolto nulla. Passammo una giornata a conoscerci meglio (del mio universo, poche decine di minuti di quello dei draghi), ma alla fine il saggio maestro mi esortò a riprendere gli studi; mi misi all'opera con alacrità, ma non sapevo cosa mi attendeva, altrimenti un minimo di titubanza in più l'avrei avuta. 
 
1 Di cui uno dei due era suo figlio...
2 Riferimenti motor-automobilistici e cinematografici (il film era un remake di “sfida all'OK Corral”, “Wiatt Hearp”, con Kevin Costner nella parte di Wiatt Hearp, del 1994), con chi ha una cultura dl tutto aliena alla propria erano solo uno scherzo, ma le metafore era calzanti, come poi avrebbero capito i miei amici.
3 La Radiazione di Hawking è la dimostrazione che la fisica quantistica è una realtà del funzionamento dell'Universo; si era sempre ritenuto che da un buco nero non potesse sfuggire nulla, dato che neanche la luce ne era in grado, ma l'evidente radiazione mette­va in discussione questo assioma; Steven Hawking mise in relazione la teorica creazione di particelle virtuali, conseguenza di alcune leggi quantistiche, con le caratte­ristiche di un buco nero, soprattutto al confine dell'orizzonte degli eventi, limite di non ritorno; la teoria quantistica, tra le altre straordinarie cose che postula, dice che il vuoto assoluto, comunemente inteso come assenza di qualunque cosa, non esiste, ma che anzi è un continuo ribollire di coppie di particelle virtuali (materia – anti-materia) che si creano e si distruggono, con risultante media uguale a zero; quando però la creazione delle particelle virtuali avviene esattamente a cavallo dell'orizzonte degli eventi la parte al di dentro verrà risucchiata verso la singolarità quantistica, l'altra parte potrebbe riusci­re a sfuggire; se la parte che riesce a sfuggire è materia e non anti-materia (che si annichilisce a contatto con la materia) in definitiva fa aumentare la materia presente nell'Universo, sottraendola al buco nero, che vedrà calare la sua massa, seppur lenta­mente; in un futuro molto remoto, quando saranno rimasti solo buchi neri, che avranno risucchiato tutta la materia dell'Universo, questo fenomeno di evaporazione li farà scom­parire, lasciando solo il vuoto quantistico a testimoniare la passata esistenza di un universo... se l'Universo dovesse seguitare ad espandersi (come pare stia facendo), in­vece che, magari, ricontrarsi e generare un un nuovo Universo; ma questo è un altro discorso.
4Fine parte a carattere sessuale.
5 Le stringhe sono dei filamenti o anelli vibranti; secondo la teoria quantistica sono la base della materia e non costituite da niente altro che energia; le diverse frequenze di vibrazione che le contraddistinguono identificano le diverse particelle elementari che ne sono la manifestazione materiale; dalle stringhe ai quark (che costituiscono, a gruppi di tre, in diversa combinazione, protoni e neutroni), che insieme ad altre particelle elemen­tari (cioè non costituite da altre particelle: elettroni, particella tau e muone e dai corrispondenti neutrini) e ai bosoni (cioè tutte le particelle che veicolano le forze che le­gano le particelle materiali: fotone per l'elettromagnetismo, come la luce e l'elettricità, i due bosoni W [+ e -] e lo Z, per la forza debole, e il gluone per la forza forte, che tiene insieme i quark; il bosone di Higgs, il cui campo attribuisce massa alla materia e il gravi­tone, bosone che veicola la gravità) compongono tutto ciò che ci circonda, regolato dalle interazioni e dalle leggi fisiche. Ma evitiamo un trattato di fisica delle particelle fuori contesto.

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