lunedì 17 ottobre 2011

SIMBOLI: TERZA PARTE

Ero decisamente impressionato dalle dimensioni semplicemente incredibili di quell'astronave. Se dall'esterno sembrava enorme, dall'interno sembrava infinita. Salvo dove necessario, come nelle stive di carico o nelle varie sale macchine, le dimensioni delle cabine erano si generose ma non abnormi. Il problema erano gli spostamenti all'interno della nave. In molti punti era possibile trovare ascensori che effettuavano traslazioni non solo in verticale e in orizzontale, ma addirittura con movimento curvo per seguire la forma della nave stessa; percorrevano chilometri all'interno di tutto lo spazio che era stato lasciato appositamente libero. Bisogna poi considerare che i macchinari, per quanto enormi, occupavano solamente un 25% del volume interno; di conseguenza lo spazio che si può definire abitativo è elevatissimo. Una buona parte di questo è dedicato a cabine passeggeri (circa 2500); il rimanente è riservato a tutti quei servizi necessari alla sopravvivenza di tanta gente: cucine, refettori, un piccolo ospedale, palestre e ogni sorta di spazio ricreativo. Le stive di carico erano situate nella parte posteriore della nave, nello spazio rimasto libero dai due motori. Nella sezione frontale era invece situato il ponte di comando, la sala tattica, che era anche la sala ufficiali, quando era presente un equipaggio regolare. Nel nostro caso la nave era stata sviluppata come modello ultra-automatico: l'equipaggio poteva essere composto da sole 3 persone, che potevano dirigere le operazioni con comandi vocali direttamente all'intelligenza artificiale di bordo. Questa, all'occorrenza, se informata delle intenzioni del comandante, poteva anche agire autonomamente. Il suo limite era nella capacità di ideare soluzioni del tutto nuove, che andavano oltre le normali attività di controllo dei sistemi e delle operazioni di manovra. Pertanto era possibile indicare una destinazione e un tempo di arrivo (entro i limiti delle capacità dei motori) e I.A. Avrebbe deciso le coordinate migliori per la rotta e la potenza necessaria da far utilizzare ai motori. Ma le erano impossibili capacità estrapolative estreme, come la pretesa di decidere cosa fare “per tornare a casa prima di subito”: la Bambina o Bimba (come piaceva chiamarla a Eva e Gloria) cominciava a lamentarsi che non capiva cosa si voleva e chi le aveva dato quegli strani ordini era cattivo, che la confondeva. Ma indicazioni precise ottenevano, come risultato, l'esecuzione di quell'ordine. I tre membri dell'equipaggio erano, ovviamente i componenti del triumvirato dirigente cioè io, Eva e Gloria, con il supporto, per non dire la scorta occasionale, di Lortan. A me era affidato il comando direttivo ed esecutivo, Eva era al tattico, vale a dire armamenti, difesa e azioni di attacco e disimpegno; Gloria ai motori, ai sistemi energetici e alle comunicazioni. Bimba controllava che nell'eventuale foga di una battaglia non venissero dati ordini che potessero contrastare con la sopravvivenza della nave e dell'equipaggio, come reindirizzare l'energia dal supporto vitale agli scudi o alle armi senza aver eventualmente assicurato la sopravvivenza alle sezioni abitate, o peggio ancora dirottare durante manovre diversive l'energia dal sistema inerziale artificiale, causando così delle accelerazioni laterali ai corpi degli occupanti fatali. Questo mi stava spiegando mia sorella Gloria mentre eravamo in transito nell'ascensore, diretti agli alloggi degli ufficiali, nei pressi del Ponte 1, vale a dire quello di comando.
Quando le porte del trasportatore si aprirono ai miei occhi si mostrò l'interno della sala comando di una delle astronavi più avanzate e potenti mai costruite dall'uomo. Era di sezione ovale, difronte a me avevo uno schermo panoramico per la visione esterna su qualsiasi banda, che poteva essere diviso per mostrare visuali in tutte le direzioni. Ma la visualizzazione poteva essere spinta molto oltre. Ogni monitor di ingegneria, tattico, energetico, supporto vitale, ecc. poteva essere mostrato con un ologramma direttamente davanti agli occhi di chi, dotato delle necessarie autorizzazioni, lo richiedeva a Bimba. Inoltre, sempre olograficamente, si poteva rendere tutto il volume del ponte di comando come una visualizzazione dello spazio esterno, su qualunque banda: guardavi in su e vedevi cosa c'era in alto, guardavi a destra e vedevi cosa c'era a destra; oppure si poteva chiedere a Bimba la visualizzazione a scorrimento: giravi gli occhi e lo schermo olografico o anche quello panoramico fisso ruotavano nella direzione degli occhi. Con adeguato addestramento, Bimba accettava anche ordini mentali. Tutto questo aveva lo scopo di rendere quanto più diretto possibile il collegamento tra gli ordini impartiti e le azioni eseguite. In una situazione di emergenza e/o di combattimento, anche una minuscola frazione di secondo di ritardo poteva essere decisiva e potenzialmente fatale. Bimba e i suoi sistemi di interfaccia erano lo stato dell'arte dei sistemi tattici difensivi e offensivi. L'anello debole era l'addestramento degli operatori; come Gloria mi spiegò, solo la capacità di elaborazione estremamente veloce dei vampiri permetteva di avvicinarsi ai limiti massimi dello sfruttamento dei sistemi di Bimba e comunque, l'addestramento base richiedeva quasi sei mesi; quello avanzato, 18 mesi. In definitiva, era necessario gestire e dare ordini ai sistemi con la stessa naturalità con la quale il sistema nervoso centrale azionava i polmoni per respirare e faceva battere il cuore, per pompare il sangue lungo vene e arterie. Niente di meno. Ma se gli operatori fossero riusciti a raggiungere questi livelli di automatismo, un eventuale aggressore si sarebbe trovato difronte un apparato bellico quasi magico, che reagiva ai suoi attacchi in tempo reale, quasi istantaneamente. Questo e la potenza dei sistemi fisici che difendevano e creavano il contro-attacco era la quasi totale garanzia di distruzione e morte per qualsiasi nemico.
Il viaggio sarebbe durato circa una settimana, nel frattempo avremmo avuto modo di analizzare gli avvenimenti dei giorni passati per cominciare a capire quale tipo di contromisure avremmo potuto mettere in atto contro i nostri nemici; inoltre si presentava l'occasione di riallacciare (ed eventualmente, ricordare) i rapporti sia con Gloria che con Eva; quasi immediatamente mi ero reso conto di provare fortissimi sentimenti nei confronti di entrambe (sicuramente effetto della diffusione e del fitto collegamento che i sentimenti hanno in ogni parte del nostro cervello; avete presente quando un odore vi rammenta una situazione non necessariamente legata a quell'odore stesso, ma che per voi ha avuto un significato particolare e molto emozionante? E questo vale anche per le immagini. Vedere Gloria e Eva era stato sufficiente affinché riaffiorassero, molto intensamente, i miei sentimenti per loro, senza che, però, ricordassi fatti specifici, inerenti alla mia vita con loro). Inoltre, anche se nessuna delle due me ne aveva parlato, intuivo che tra me ed Eva c'era stata una storia. Questi pensieri mi fecero rendere conto che io, almeno per il momento, vivevo tutto come una novità ed una avventurosa scoperta, ma che Eva e Gloria avevano vissuto per 15 anni una situazione di perdita. Non potevo immaginare quale sofferenza potesse comportare una cosa del genere, perché mi era altrettanto ovvio, che anche loro provavano fortissimi sentimenti per me. Le mie riflessioni mi stavano tenendo sveglio e quindi sentii subito il timido bussare sulla porta della mia cabina (se un appartamento di 250 metri quadrati si può definire 'cabina'). Sapevo chi era. Eva mi aveva “perseguitato” con lo sguardo tutto il giorno. Anche mentre parlavo con mia sorella Gloria, Eva era lì che mi guardava. --Avanti, è aperto!-- dissi e subito la porta scivolò, scomparendo, nello spazio della parete di metallo. Apparve Eva, un vero splendore, dall'apparente età di 25 anni. Ma in quel momento impersonificava la dea della bellezza. Anzi, era colei che aveva relegato le dee più belle dell'Olimpo alle posizioni di rincalzo, la donna mortale per la quale si era combattuta la più famosa guerra della storia umana, guidata dall'odio e dalla brama di vendetta di quelle stesse dee: Elena di Troia. Mi era chiaro che quali che fossero i motivi per cui avevo amato quella ragazza avevano molto a che fare con la sua bellezza. Lo sguardo nei suoi occhi verdi incendiava la mia anima, circondati dalla corona dei suoi capelli rosso fuoco. Il sorriso sulle sue labbra, mi scaldava il cuore. Il suo corpo, perfetto, mi rendeva pazzo ed incosciente. Due passi e la sua pelle toccò la mia; le mie mani strinsero i suoi seni e le sue labbra si appoggiavano alle mie, facendomi fermare il respiro, mentre le sue mani si appoggiavano sul mio viso. Durante tutta quella notte non ho mai avuto il benché minimo controllo della situazione. Il desiderio di Eva, represso e frustrato per 15 infiniti anni, esplose e mi travolse senza che potessi minimamente difendermi. Non ci provai neanche. Non osai. Eva meritava di avere tutto quello che ero in grado di dare. Volle tutto, ebbe tutto.
Venni svegliato dalla sua mano sul mio viso; aprii gli occhi su di lei che mi sorrideva. Era completamente nuda, ma nessuno dei due prese l'iniziativa: eravamo sfiniti e soddisfatti, ma anche affamati. Raggiungemmo Gloria nella saletta ufficiali. Aveva preparato un banchetto, ma in realtà spazzolammo tutto, come se ci fosse stato solo qualche assaggino. --Se volete un consiglio, ho attrezzato la sala olografica sul ponte due con l'ambiente “mare tropicale” e l'ho completata con emissione gamma morbida. É una manna per recuperare le forze...--, ci guardava sorridendo. Accettammo l'offerta.
Parlammo di quello che avevamo fatto in quegli anni separati e se anche ora Eva era molto felice, intravvidi nei suoi occhi una traccia della paura di avermi completamente perso che l'aveva accompagnata: --sapevo che prima o poi saremmo riuscite a raggiungerti, ma la nostra preoccupazione era che non saremmo riuscite a farci credere e che tu non avresti voluto assolutamente avere a che fare con noi. Sapevamo che i nostri sforzi erano controllati e trovarti ti avrebbe messo in pericolo--; Pensai: --c.v.d.-- come volevasi dimostrare, pensando all'attentato di non molto tempo prima, ma mi era chiaro che in ogni caso, avermi rintracciato, che credessi o meno alle loro parole, mi aveva dato la massima protezione possibile, difronte anche al fatto che prima o poi i nostri nemici avrebbero potuto trovarmi e catturarmi per tentare poi con calma di trovare la maniera di farmi fuori; quindi la loro soluzione, per quanto rischiosa, era l'unica possibile; mi venne un sospetto: --ma se non avessi voluto venire con voi cosa avevate in mente di fare?--. Eva mi guardò con uno strano sguardo intimidito, che mi resi conto esprimeva senso di colpa. Quando percepii uno spostamento, seppur minimo, di allontanamento di Eva da me (il linguaggio del corpo raramente mente), ebbi la conferma dei miei sospetti: --un rapimento: mi volevate sequestrare! tu quoque...--. Tentai di agguantare Eva, che era invece cinque (5!) metri più in là (teletrasporto da difesa, che non è un potere dei vampiri, ma solo la capacità di reazione anticipata ed estremamente rapida di chi si sente in pericolo; ricordo perfettamente quell'antico documentario naturalistico, in cui una giraffa scalcia contro un leone incautamente troppo vicino, che sembrò riapparire alcuni metri più in là, precisamente fuori portata dello zoccolo della giraffa), rideva e mi guardava con i pugni chiusi, appoggiati sui suoi deliziosi fianchi, in atteggiamento di sfida: --puniscimi... se riesci a prendermi!--; la rincorsi a lungo ma anche se pesa meno della metà mia e perciò è meno forte, la sua inerzia è nettamente minore, ergo è nettamente più agile; risultato, le mie svolte sulla sabbia erano sempre in ritardo e lei era sempre almeno un metro fuori della mia portata; cominciavo a sospettare che si facesse avvicinare apposta, tanto per mantenere vivo e interessante il gioco. Già, che scoperta, una donna che si tiene un filino fuori portata... Cambiai tattica: --ok, non ci riesco e forse non sarei riuscito ad oppormi al rapimento. Ma certo che per due ragazze che dicono di volermi tanto bene... ci ho lasciato una mia gamba e mi sono fidato di voi...--; abbassai gli occhi per non rivelare il sorrisetto furbo e divertito che mi stava fiorendo sulle labbra, dopo aver visto l'espressione dispiaciuta sul viso di Eva; stavo giocando un pochino sporco, ma in amore ed in guerra tutto vale, quindi...; speravo di sembrare offeso, contando sulla sua fiducia e sulla sorpresa. Si avvicinò (vittoria!), si sedette vicino a me e appoggiando una sua mano sua una mia spalla, mi disse: --ma sarebbe stato per il tuo bene...--; rimase senza parole quando si ritrovò intrappolata da una mia presa al polso, fissando la mia espressione trionfante; completai la cattura: --sei finita!-- L'ho rotolata nella sabbia del mare olografico e l'ho sculacciata come si faceva una volta con i bambini disubbidienti. Solo un po'. Tentò di protestare: --dai, cattivo... hai!...--. Ma alla fine il suo bellissimo culetto era arrossato e lei mi faceva il broncio come una bambina. Allargai le braccia e anche un sorriso di pace: era stato tutto un gioco (non avevo certo calcato la mano) e ora era finito. Venne fra le mie braccia e si accoccolò placidamente. Qualche minuto più tardi, mentre eravamo ancora in quella posizione beata, la testa di Gloria spuntò fuori dallo sfondo del paesaggio olografico: --posso? Che cosa erano quegli strilli, prima?--; Fu Eva a rispondere: --mi ha sculacciata, guarda!--, con fare semiserio, indicando il suo culetto arrossato; durante questo scambio di battute Gloria si era avvicinata a me e appena mi fu a portata di mano, con un unico movimento fluido, la tirai verso di me, la stesi sulle mie gambe e le riservai lo stesso trattamento che avevo riservato a Eva. Solo un po'. Eva aveva intuito quello che stava per succedere (accennò a dire qualcosa), ma o non fece in tempo, oppure non ritenne di dover sottrarre Gloria alla “giusta” punizione. Gloria rise come una bambina, ma quando la lasciai andare era evidentemente stupita e mi guardava confusa, tenendo una mano sulla parte dolente; non le lasciai modo di dire niente: --non osate mai più pensare di non potervi fidare di me--. Gloria si avvicinò, si accucciò davanti a me, per poi stringermi a sé quanto più forte le fu possibile. Poi si alzò, e scomparendo dalla sala olografica, rientrò con le bibite fredde che era intenzionata già prima di portarsi dietro. Venni letteralmente ghiacciato da circa 10 litri di una mistura di acqua e cubetti di ghiaccio, precedentemente destinata a conservare in fresco le bibite, ora mezzo di ritorsione e vendetta. Non potei replicare a causa della mancanza di respiro tipica della percezione di freddo intenso di cui ero preda in quel momento. Gloria mi guardava in segno di sfida a continuare quel gioco all'escalation, ma ritenni che dovesse finire così: --pace, sorellina?--, alzando le mani in segno di resa; --pace, fratellone!--, accettò lei. Rimanemmo tutti e tre lì, finalmente completamente riuniti.
Tutto quel primo giorno sulla Guardiano fu razionalmente dedicato al più incosciente ozio e riposo. La mattina successiva iniziammo a tentare di capire che tipo di attacco avevamo subito nel bar sul pianeta. Questo comportò raggiungere i laboratori di analisi più attrezzati della galassia; ce ne erano di ogni sorta: biologia, chimica, fisica, meccanica, geologia; non potevano mancare i macchinari più avanzati necessari alle analisi; tramite il sistema di propulsione e difesa era possibile produrre ogni genere di particella e di spettro energetico utile (e questo è abbastanza facile da capire), ma quando cercai con gli occhi un semplice microscopio per vedere meglio i proiettili che avevano colpito Eva e Gloria mi trovai in difficoltà. --Dov'è il microscopio ottico?--; mi girai verso Gloria aspettandomi una indicazione, ma trovandola del tutto immobile, pensai che non avesse o capito o sentito. Stavo per ripetere la mia domanda quando Eva, dalla parte opposta del laboratorio, dove stava armeggiando con un macchinario decisamente strano, mi anticipò: --vieni qui, Adam!--; fiducioso andai verso di lei, intenta a guardare verso uno spazio vuoto, ma solo in apparenza; quando fui a circa due metri di distanza mi resi conto, che a 20-30 cm dalla superficie di appoggio di un piccolo banco da lavoro, galleggiava, immobile, uno dei due proiettili. Mi avvicinai cauto, ma ancora, anticipando le mie domande, Eva spiegò cosa stavo vedendo: --ho posizionato il proiettile nel centro del campo gravitazionale dell'amplificatore elettromagnetico...-- si girò a guardare se avessi capito, ma il mio sguardo non le diede soddisfazione --...cioè il microscopio ottico a campo gravitazionale...--, ovvio, no?, --...e ora aumento la risoluzione--; Il proiettile divenne lentamente più grande (una distorsione gravitazionale localizzata e modulata creava l'ingrandimento), ma le uniche tracce evidenziate furono le deformazioni dovute all'impatto con le ossa del cranio di Eva; ma quel 'microscopio' era in grado di evidenziare, amplificandole, tutte le frequenze dello spettro elettromagnetico, e quando Eva selezionò la banda Gamma, il laboratorio si illuminò come in pieno giorno, ma senza che ci fossero conseguenze, dato che la visualizzazione era solo su banda ottica e quindi luce e colore (che strumento incredibile!). Sul momento non riuscimmo a capire perché quel tipo di emissione potesse aver creato l'effetto di stordimento e le convulsioni a cui avevo potuto penosamente assistere su Eva e Gloria, ma digitalizzando l'emissione trovammo un picco energetico negativo: minuscolo ma ben evidente. Tutto tornava: ricevuti dall'esterno, come una normale esposizione solare dà un certo benessere negli esseri umani, i raggi gamma a noi ci restituiscono forza ed integrità; ma la particolare composizione di isotopi dei proiettili, produceva una certa quota di antiparticelle, i positroni, che danneggiavano le nostre cellule nervose; l'effetto era amplificato dall'emissione dei raggi gamma molli che facilitavano l'assorbimento dei positroni, aumentando la permeabilità cellulare che era alla base dei loro salutari effetti su di noi. Era un approccio veramente sofisticato al problema “come fare fuori un vampiro con armi convenzionali”. Se solo la quantità dell'emissione fosse stata 3 volte maggiore, Eva e Gloria sarebbero state già morte e tutti i vampiri entro breve tempo sarebbero stati declassati al livello di bersagli mobili comuni. Come quaglie. Chiunque, in possesso di una normale arma da fuoco, come una pistola di vecchio stampo o un fucile, avrebbe potuto uccidere un vampiro. Ma l'attentatore designato alla sperimentazione era morto e non poteva riportare alcun resoconto del parziale successo della sua missione. Forse c'era anche qualche altro piccolo impedimento: --dobbiamo sapere con precisione la composizione dell'amalgama di isotopi che riempiva il proiettile-- dissi a Eva. Per tutto il tempo Gloria aveva assistito alle operazioni con curiosità e viva preoccupazione; ora per la prima volta intervenne con una domanda: --stai pensando alla reperibilità dei materiali?--; brava sorellina. Aggiunsi: --e anche al costo, perché un conto è preparare qualche proiettile per fare fuori me e voi, ma un conto è mettere in piedi una produzione di massa per fare fuori tutti i nostri fratelli e sorelle--. Avevo ragione; la produzione dei dieci proiettili che avevamo recuperato (i due sparati sulle ragazze e quelli che ancora erano rimasti dentro il caricatore) dovevano essere costati una percentuale a una cifra del prodotto interno lordo del pianeta di provenienza del mandante dell'esperimento e doveva essere un pianeta di quelli più ricchi. Era decisamente troppo costoso, anche per decapitare la testa della fratellanza dei vampiri: per quanto potessimo essere importanti o abili, eravamo rimpiazzabili, e quindi niente sarebbe cambiato, oppure, se la nostra condotta di basso profilo fosse stata abbandonata da sostituti più permalosi, i nostri nemici rischiavano rappresaglie irrimediabili e definitive anche solo con l'uso della forza bruta. Qualcosa non andava ed era necessario indagare.
Un'altra cosa che fu necessario capire era la condizione del mio cervello, perché anche dopo quasi due settimane dall'incontro con Eva e Gloria, escluse vaghe sensazioni, per quanto forti, la mia memoria non accennava a tornare. E non si poteva dire che non avessi avuto stimoli.
Terzo giorno, terza novità. Sempre nella sezione scientifica, era situato il centro medico, annesso all'ospedale della Guardiano, che comprendeva sia alcune stanze di infermeria vampirica (quindi con proiettori di emissione gamma concentrata, per il recupero fisico, oltre ai tipici strumenti chirurgici e diagnostici, comunque necessari anche con la fisiologia e biochimica vampirica), sia un laboratorio di diagnostica interna. Questo era composto di un'unico macchinario che tramite la combinazione di tutte le tecniche sviluppate e perfezionate nel corso della storia della ricerca medica, produceva un'immagine tridimensionale virtuale dell'intero corpo sotto esame; la straordinarietà consisteva nel fatto che questa immagine era ingrandibile praticamente all'infinito: potevamo esaminare i legami molecolari dei componenti di un filamento di DNA, alla eventuale ricerca di anomalie atomiche oltre che chimiche dello specifico codice genetico del paziente. Non solo: disponendo di un'immagine registrata in condizioni controllate (che ci dava il punto di riferimento del paziente, magari sano e in forma perfetta, ma comunque di cui si conosceva le condizioni fin nei minimi dettagli), il sottosistema di Bimba, Doc, specializzato negli aspetti medici della natura vampirica, poteva segnalare eventuali difformità, sulle quali sarebbe stato possibile investigare ulteriormente.
Venni quindi sottoposto a questo esame assoluto. Eva mi rassicurò: --facciamo subito. Devi rimanere assolutamente immobile, ma non ti preoccupare che non devi fare da solo; appena pronti azionerò un campo di contenimento gravitazionale, che ti bloccherà completamente; ti sentirai come in una morsa e non potrai respirare; anche il cuore e ogni movimento fisiologico verrà bloccato, compreso lo scorrere del sangue--. Ero veramente impressionato e anche un po' preoccupato. Eva non mi stava guardando, intenta a preparare quell'operazione, calibrandola sulle mie esatte misure, ma comunque mi diede precise spiegazioni: --è una versione in miniatura, e molto più sofisticata, del campo di curvatura che permette alle astronavi di ridurre la distanza da percorrere nello spazio, ma con un trucco in più: viene creato un reticolato di linee di campo che immobilizza ogni singolo atomo presente all'interno del campo gravitazionale. Solo un vampiro può sopportare una simile pressione gravitazionale e solo se durante l'esame viene irradiato da raggi gamma su banda omega ed in emissione continua. Non si sa di preciso, ma potrebbe essere perfino letale, se l'esposizione fosse eccessivamente prolungata e non contrastata dai nostri amici G-O (raggi Gamma Omega). È talmente pericoloso che l'accesso al laboratorio e ai controlli è permesso solo ad un vampiro autorizzato, previa analisi del DNA all'entrata (lo scanner che ti ha analizzato con quella luce blu fuori della porta dell'infermeria), che deve essere in possesso dei codici di accesso, tutti diversi. L'unico macchinario che mai è stato e che mai verrà costruito è questo, con il preciso e tassativo ordine per Bimba, che se mai ci fosse il rischio concreto che qualche nostro nemico possa accedere al laboratorio o agli schemi, custoditi nella memoria di Bimba con codice di accesso A-1, dovrebbe essere messa in atto la procedura di autodistruzione istantanea, quindi senza preavviso e allarme con conto alla rovescia. Ero perplesso, mi sembravano misure decisamente drastiche: --ma se non siamo sicuri che possa essere letale...--; Eva mi interruppe: --vuoi fare tu da cavia?--. Non dissi altro e mi posi diligentemente nella posizione indicata. Pensai di morire; ero paralizzato e avevo la sensazione che ogni singola cellula del mio organismo stesse collassando a causa del blocco delle reazioni biochimiche che le mantenevano vive. Smisi pure di avere pensieri di alcun genere; di fatto ero morto, considerando la più totale assenza di reazioni vitali, ma era anche vero che non potevo morire, perché non ci poteva essere alcuna degenerazione o distruzione organica. Quando tornai cosciente, credetti che non fosse ancora iniziato niente, perché anche la sensazione del passare del tempo mi era stata impedita.
Eva mi aiuto ad uscire dal guscio che mi aveva dato il primo sostegno, all'interno della macchina di analisi, e dopo avermi deposto su di una poltrona della saletta medica, andò al monitor del macchinario, per vedere le prime immagini risultate dall'analisi appena compiuta. Gloria si avvicinò a lei e insieme cominciarono a confrontare le nuove con le vecchie, precedentemente recuperate dalla mia cartella clinica. Il responso fu che ero in perfetta salute, ma che il mio cervello era stato praticamente distrutto al 95% e solo le capacità di recupero tipiche di un vampiro, mi avevano permesso di sopravvivere e recuperare condizioni del tutto normali di salute; come sospettavano le ragazze, in quelle condizioni la mia memoria era, quasi sicuramente, persa. Eva si venne a sedere sulle mie ginocchia, preoccupata dalle mie sensazioni, ma la rassicurai: --sto' bene, devo solo re-imparare un po' di cose. Per il resto non mi manca niente--; le guardai entrambe e fu chiaro quello che intendevo.
“Re-imparare un po' di cose” era, comunque, eufemistico. Normalmente l'istruzione superiore di un vampiro di alto rango, impegnato in compiti di livello dirigenziale, e/o coinvolto anche nella difesa e nell'intelligence, andava dai 5 ai 7 anni, a secondo del percorso e delle capacità naturali personali. Mi era andata pure bene: non sarebbe stato necessario ricominciare dalle scuole per i bambini. Il compito era enorme ma entro pochissimi giorni saremmo arrivati sul nostro pianeta rifugio e necessariamente avremmo dovuto rimandare ad un altro momento la mia rieducazione. I rimanenti 3 giorni sulla Guardiano li dedicai alla perlustrazione delle sue caratteristiche ed in particolare dei luoghi di svago ora tutti per noi tre.
Quella quarta mattina mi svegliai prima di Eva e decisi di lasciarla riposare e fare un giro in giro anche senza il Virgilio di turno. La Guardiano era infernale sotto ogni punto di vista. Come mezzo di offesa e difesa non aveva rivali nell'universo conosciuto; era in assoluto la più veloce astronave mai costruita fino a quel momento; poteva essere adattata a compiti di salvataggio, trasformandola in un ospedale tra i più avanzati; insomma era ed è la massima espressione tecnologica e scientifica di entrambe le due specie intelligenti della galassia.
Durante il giro in giro, passai per la sala mensa, convinto che avrei fatto una abbondante colazione da solo, invece trovai Gloria già seduta davanti ad un vassoio vuoto, con la tazza di un caffè in mano. Era completamente assorta ed ebbi la netta impressione che fosse in quella posa da un certo tempo, fatto peraltro testimoniato dalla pendenza che la tazza aveva assunto scivolando verso avanti e facendo gocciolare un po' di caffè sul tavolo. --Deve essere una vera schifezza quel caffè!--, dicendo quella palese sciocchezza, tanto per abbozzare una conversazione, mi ero messo seduto e stavo iniziando anche io a versarmene un po'. Gloria tornò presente, mettendomi a fuoco e raddrizzando la tazza; io sorseggiai il mio caffè (in realtà ottimo, come sapevo perfettamente), attendendo che il robo-chef completasse la mia ordinazione e la recapitasse al tavolo dove avrebbe rilevato la mia presenza. Anche quel sistema era notevole: si selezionavano le vivande desiderate da un menù su di un touch screen (era possibile fare le ordinazioni da qualunque d-pad all'interno della Guardiano) e il robo-chef preparava il tutto in massimo 5 minuti (anche quando la nave ospitava tutti gli ospiti possibili) e, tramite un sistema di nastri trasportatori, inseriti nei pavimenti di tutta l'astronave, recapitava il tutto alla posizione in cui veniva rilevato colui, ma anche colei, che aveva effettuato l'ordine: cioè in qualunque parte della nave. La cosa straordinaria era che l'ospite era riconosciuto tramite il suo DNA all'atto dell'ordinazione, quindi anche se si fosse spostato all'interno della nave, sarebbe stato rintracciato e raggiunto dall'ordinazione, al punto che sarebbe stato possibile camminare per la nave e prelevare a più riprese quello che ci necessitava: il vassoio (in realtà una vaschetta con scomparti ferma carico) ricompariva nelle immediate vicinanze dopo che si era fermi da almeno 10 secondi.
Gli occhi di Gloria erano velati di una sorta di tristezza e le sue parole confermarono questa mia impressione: “sono così felice di averti ritrovato e vorrei che la vita potesse scorrere così per sempre. Tra meno di tre giorni arriveremo su Marte e potrò riabbracciare il mio Lortan...-- ah, ecco! --...ma allora cominceremo a fare piani di guerra e sicuramente morirà della gente e forse un'intero popolo. Sono così stanca; è troppo tempo che va avanti questa cosa, così tanto che quasi nessuno ricorda più come tutto sia iniziato--; mi avvicinai e le presi una mano: --se i nostri avversari potessero essere qui e vedere la mia sorellina così triste, forse la pace sarebbe più vicina che mai...--; lei mi guardò intensamente: --sei molto diverso, eppure sei sempre tu, nonostante le tue ferite; da sempre con poche parole riesci a ridarmi il sorriso e la speranza--. In quel momento arrivò Eva e anche la Nostra colazione (ero stato previdente). Forse Eva si era resa conto dell'atmosfera o forse no, ma non si prese la briga di entrare nello stato d'animo; come avrei imparato, o dovrei dire re-imparato, Eva, al contrario di Gloria, non si faceva abbattere dalle situazioni ipotetiche; se in quel momento era felice, e sono sicurissimo che lo fosse, godeva di quella felicità senza compromessi, quasi come se il domani e tutti gli eventuali pericoli non potessero mai accadere o semplicemente non esistessero. Nella realtà, quando poi era necessario, Eva era una forza della natura e affrontava i problemi e le situazioni di pericolo con ostinazione e splendida intelligenza, cercando quella soluzione che lei diceva esistere sicuramente. Sia chiaro, non sto' dicendo che Gloria non avesse il coraggio o la determinazione per risolvere le situazioni difficili, è anzi vero il contrario, ma solo che vedeva il bicchiere poco bagnato e si faceva intristire; ma alla fine le sue priorità erano sempre quelle giuste e nulla poteva deviare il suo cammino alla ricerca delle soluzioni. Nella somma dei fatti, il risultato era lo stesso, ma seguiva due percorsi diversi: la mente di Eva era divisa in compartimenti stagni, che funzionavano uno alla volta; quella di Gloria era un'unico ambiente in cui tutti i pensieri si affollavano, creando un gran caos; solo un rigido e duro controllo riportava l'ordine e metteva in riga le risorse mentali di Gloria. Ecco perché Gloria soffriva, a volte, di momenti di triste scoramento; questa è senz'altro una maniera più difficile di vivere e a quanto pare io ero l'unico che la sapesse aiutare a trovare la maniera di risollevarsi.
Eva guardò l'enormità della mia colazione, poi me e sollevò un sopracciglio: --avevi paura che non ti avrei lasciato abbastanza di che vivere? Sei scappato dalla camera di nascosto...--; le rivolsi lo sguardo di chi non sa' come fare a non essere frainteso, ma proprio per evitare fraintendimenti, completai: --cercavo di non svegliarti, tesoro, 'che so' che sei molto stanca, cara, e questo...--, indicando la piccola montagna di roba da mangiare, davanti a me, --...amore, è anche per te, perché ho visto che mentre uscivo, ti eri svegliata e mi stavi seguendo con gli occhi, dolcezza. Ma ora che me lo dici, credo che tu abbia ragione e perciò...--, presi il vassoio e con un unico movimento fluido mi trasferii nel tavolo a fianco, girato di schiena, non prima, però di aver lanciato una significativa occhiata alla sua pancina, piatta ma morbida. Eva si appoggiò le mani sopra l'ombelico, ridendo e battendo, poi, una mano sulla panca vicino a lei, ad invitarmi a tornarle vicino. Gloria sorrideva divertita da quella scenetta, una delle tante che si ripetevano durante tutta la giornata: uno stuzzicava l'altra, o viceversa, e dopo qualche scambio di battute, ci ritrovavamo al punto di partenza. Eravamo in quella fase beata (o dovrei dire ebete), in cui si gioca e si è immensamente felici e finché fosse durata... Finita la colazione, proseguii per il famoso giro in giro della Guardiano, lasciato solo dalle ragazze, prese da una serie di controlli di routine dei sistemi. In ogni caso potevo appellarmi a Bimba per avere spiegazioni su qualunque cosa non mi fosse chiara. Se non si pensava a quale tipo di intelligenza guidava le azioni, le parole e la voce che risuonava tutto il tempo nella Guardiano, l'impressione era di avere a che fare con ragazzina sui 16 anni, un po' permalosa, vanitosa ma anche dolce e gentile; era stato deciso di programmare1 Bimba in questo modo, perché fosse piacevole e facile avere a che fare con lei, provando un sentimento di affetto e sapendo che comunque le sue capacità non sarebbero mai state inficiate dalle “bizze” della ragazzina: il sistema di A.I. di Bimba era, ancora una volta, il più avanzato mai creato, e in determinate condizioni, irriconoscibile da un essere umano o da un vampiro. Le condizioni necessarie erano quelle di non trovarsi difronte al processore principale di Bimba: un cubo di lato 5 metri, e questo nonostante l'uso spinto di componenti quantiche, senza le quali le dimensioni sarebbero state almeno cento volte maggiori. In molti laboratori della galassia si stava cercando di ridurre le dimensioni ad un punto tale da poter montare un processore all'interno di una struttura mobile: si stavano seguendo due linee di ricerca che forse si sarebbero dovute far confluire per ottenere i risultati migliori. La prima era quella di “quantizzare” tutti i componenti, cioè utilizzare, per ogni singolo componente (in particolare le porte logiche), entità di dimensioni a scala sub particellare e luce di lunghezza d'onda oltre la banda Gamma Omega per collegare e trasmettere le informazioni elaborate. L'altro era quello di comprimere il tutto tramite dei distorsori gravitazionali, derivati dalla tecnologia di curvatura: la dimensione rimaneva la stessa ma lo spazio era più corto. Ottenuto questo i robot intelligenti e magari senzienti, di forma umanoide, sarebbero stati una realtà. Allo stato attuale, il problema veniva risolto o istallando l'apparato di I.A. (come Bimba) in una struttura enorme come la Guardiano, utilizzandola come apparato interno, oppure trasmettendo in realtà virtuale le informazioni tramite sistemi di trasmissione dati con immensa larghezza di banda (nell'ordine delle centinaia di tera bit al secondo); quest'ultimo sistema non era però risultato adatto al controllo di robot su distanze maggiori ai 1.000 metri, perché nonostante la velocità di trasmissione fosse pressoché prossima a quella della luce, lo sfasamento dei segnali creava un ritardo nel feedback che rendeva il robot un essere lento e praticamente inutile.
Ero all'interno della sala macchine dei motori principali, osservando come la materia e l'antimateria veniva fatte collidere (ovviamente in maniera indiretta), creando così energia pura in quantità spaventose. Bimba tutto il tempo mi aveva dato ogni spiegazione che le avevo chiesto con precisione e chiarezza, e mi stavo rendendo conto che in realtà la sua intelligenza e interattività erano molto maggiori di quello che mi aveva spiegato Eva pochi giorni prima; avevo infatti potuto avere prova che Bimba era indistinguibile da una giovane ed intelligente signorina umana; ma ora sembrava che qualcosa le desse un certo imbarazzo.
Ruppi il ghiaccio per primo: --se non te lo avessi mai detto, sei autorizzata a dirmi qualunque cosa che ti passi per la testa, pur sapendo che su certe cose potrei non voler parlare--; Aspettavo che si decidesse, quando...: --girati Adam, sono qui dietro...--, mi girai e rimassi così impressionato che non riuscii a dire una singola parola: davanti a me si trovava una ragazzina, dell'apparente età di 15-17 anni, sul metro e 55, bionda, con gli occhi scuri (ma da vicino mi resi conto che erano viola) ed in procinto di sbocciare in una ragazza dalla bellezza spettacolare. Lei equivocò sulla mia espressione: --non sono carina, ho sbagliato qualcosa...--; alzai una mano, per cercare di calmare le sue ansie e sorridendo: --sei molto carina Bimba; è che non mi aspettavo di vederti... così--; lei si calmò, rincuorata. Mi avvicinai, pensando che le ricerche per la miniaturizzazione delle I.A. fossero alla fine riuscite a risolvere tutti i problemi, ma quando tentai di toccare i sui capelli, che erano una riproduzione perfetta, la mia mano afferrò l'aria; --sono solo un ologramma, per il momento, ma quando sarò riuscita a miniaturizzare quel mostro...--, si riferiva all'unità che conteneva fisicamente la sua essenza, --...voglio essere così--. Lo disse con una intensità tale che mi venne spontaneo chiederle: --come hai scelto il tuo corpo?--; la risposta mi lasciò di nuovo congelato: --sono tua figlia!--; i miei occhi erano fissi nei suoi e non volava una mosca e visto che Bimba non si decideva a dirmi che cosa significasse quello che aveva appena detto, mi decisi a chiederle di essere più precisa: --he?--. La spiegazione arrivò: --ho calcolato quale possibile risultato sarebbe potuto esserci tra te ed Eva, quando la vostra bambina è stata concepita e tra le varie possibilità, tutte simili, questa è quella che ho preferito--. Ergo, Bimba aveva virtualmente unito i DNA mio e di Eva e aveva poi estrapolato dai geni somatici le possibili combinazioni, per poi sceglierne una! Rimuginavo su quel risultato così spettacolare, quando, come in una moviola, mi ritornarono in mente le parole appena dette da Bimba: “...quando la vostra bambina è stata concepita...”. C***o, aspettavamo una bambina...!
Entrai come una furia vampiresca nel Ponte 1, mirai ad Eva, le piombai addosso, mentre lei era affaccendata ed inconsapevole del tornado che le stava arrivando contro, la abbracciai e la baciai. Spontaneamente, ricambiò, ridendo, ma era ovvio che non capiva; ovviai al problema: --aspettiamo una bambina!--; furono minuti di pura follia di gioia; Gloria, si era seduta e ripeteva: --sono zia, sono zia, sono zia...--, con un sorriso ebete, io e Eva, un po' ballavamo, un po' ridevamo, un po' ci baciavamo. Ristabilita un po' di calma Eva mi domandò come facessi a saperlo per primo, visto che neanche lei ne era del tutto sicura e non aveva ancora detto niente nessuno; avevo visto entrare Bimba, in forma corporea, con la coda dell'occhio: --me lo ha detto lei--. Le due ragazze si girarono nella direzione a cui avevo accennato, rimanendo di sasso come me prima. Feci le presentazioni: --Eva, Gloria, lei è Bimba...--, e girandomi verso Eva, --ed è l'estrapolazione genetica di come potrebbe essere la nostra bambina--. Eva aveva le lacrime agli occhi mentre si avvicinava a Bimba, guardandola con un desiderio e un amore infinito. Provò anche lei a toccarla, ma con il medesimo risultato che avevo ottenuto io precedentemente. Per Eva era perfettamente chiaro che fosse un ologramma, a quel punto. Mi ero avvicinato anche io e le misi una mano intorno alla vita; Eva mi guardò: --è bellissima!--; concordai: --davvero!--. Bimba era felicissima, tremante di gioia e pure lei con le lacrime agli occhi olografici. Quella cosa era un vero miracolo, tale e quale alla nascita di un bambino. Bimba era vera e umana, in tutto e per tutto, salvo che nella sostanza fisica.
Da quel momento decidemmo all'unanimità che Bimba sarebbe stata sempre con noi, quando possibile, in forma olo-umana. Si parlò anche di cambiarle il nome per renderlo più adatto alla sua “forma”, ma alla fine, anche su richiesta di Bimba stessa, lo lasciammo invariato; lei è Bimba, punto.

Angela era semplicemente esterrefatta: --mi stai dicendo che ho una quanto-sorella?-- Mi guardava dritto negli occhi, speranzosa; aveva sempre desiderato avere dei fratelli, ma questo non era mai stato possibile. A lei avevamo raccontato che una rara malattia femminile, incurabile, aveva reso sterile la mamma; la realtà era che molto raramente i vampiri riescono ad avere figli e ancora più raramente più di un figlio, e se avviene è solo tramite parti gemellari e, che si sappia, mai più di due gemelli vengono al mondo. Questo è a mala pena sufficiente a rimpiazzare la rarissima morte di alcuni di noi. La natura si è premunita per evitare una saturazione di tutto l'universo da parte della nostra specie: siamo immortali, quasi indistruttibili e se una sola coppia di noi volesse potrebbe dare alla luce un'infinità di bambini, immortali e quasi indistruttibili; una vera e propria crescita esponenziale. Ora c'era la possibilità, per Angela, di avere una sorella. Anche se un po' strana.
Non avevo considerato quella possibilità, ma ora mi rendevo conto che aveva un senso: --bé, in effetti è proprio così e penso che la conoscerai presto, visto che arriverà insieme alla mamma e alla zia--. Angela mi guardò in maniera strana e leggermente accigliata: --questa storia della segretezza è veramente una scocciatura; c'è altro che dovrei sapere degli ultimi 18 anni, intendo di importante, oppure le sorprese sono finite?--. La guardai attentamente, indeciso se completare le rivelazioni; decisi che era pronta e perfettamente in grado di affrontare il mondo con le sue gambe: l'addestramento mascherato era stato completato, sapeva quello che eravamo, sapeva dell'esistenza di sua sorella; non rimaneva altro che dirle in che razza di ginepraio stava per infilarsi.
Le sorrisi: --dobbiamo solo proseguire la missione iniziata 18 anni fa... salvare l'universo dalla più grave minaccia mai esistita e tu devi decidere cosa vuoi fare della tua vita--; mi guardò con tutte e due le sopracciglia alzate: --solo? E che che sarà mai!--. Ovviamente, la sua espressione grondava sarcasmo, forse nella convinzione che la stessi prendendo in giro, tanto per non affrontare l'argomento; solo che la mia espressione era seria, mortalmente seria. Dovette prendermi sul serio, quindi mi invitò a proseguire il racconto degli avvenimenti di 18 anni prima.

L'atmosfera psicologica di quegli ultimi due giorni di viaggio fu meravigliosa. Bimba che saltellava, letteralmente, in giro per la nave ed intorno a me e ad Eva; io ed Eva che camminavamo ad un palmo da terra per la felicità; Gloria, che per conferma sua e di Eva era ottimista e serena come mai era stata in tutta la sua vita.
L'ho mai detto? L'universo è un vero bastardo. È infido, maligno, doppio, insensibile, crudele, vendicativo e se mai da una piccola gioia, toglie mille volte tanto, in una demoniaca logica di compensazione.
Uscimmo dal silenzio radio, come da procedura di sicurezza standard, solo 5 minuti prima dell'entrata in orbita geostazionaria su Redcity, la capitale planetaria di Marte, che ospitava l'intera colonia di vampiri della nostra galassia. Non so descrivere l'orrore che mi colse e che credo colse tutte le ragazze alla vista della totale e assoluta devastazione che ricopriva l'intera superficie del pianeta. Marte è stata la prima colonia umana nello spazio e il primo pianeta terra-formato, per renderlo adatto alla vita umana; è, o dovrei dire, era secondo come bellezza solo alla Terra. Ormai millenni fa, gli ingegneri incaricati delle operazioni per la terra-formazione avevano selezionato, dalle varie fasce di asteroidi e comete dell'intero sistema solare, quelle rocce, prima, e quelle palle di neve, poi, che contenevano i gas necessari a creare un massiccio effetto serra e l'acqua che tanto scarseggiava. Nel giro di 130 anni Marte era diventato blu, umido e caldo, e nel giro di soli altri 120 anni la vita prosperava. Gli uomini avevano ottenuto in 250 anni quello che la natura aveva creato in centinaia di milioni di anni. Ora era tutto grigio e morto. La prima cosa che cercammo di fare fu quella di contattare la base a terra, per sapere quali e quanti danni erano stati fatti, quante vittime c'erano state e, se possibile, chi era stato.
Gloria aveva chiamato direttamente Base 1 e fu, infatti Lortan a rispondere. Entrambi erano evidentemente molto sollevati di vedere che l'altro fosse vivo, ma le espressioni personali di affetto e felicità vennero rimandate. Fu Lortan ad iniziare: --ciao Adam, finalmente sei di nuovo con noi... pessimo tempismo, purtroppo-- Era in evidente imbarazzo, perché sapeva della mia perdita di memoria e quella che era stata la nostra amicizia, ora era persa. Eva mi aveva diffusamente parlato di come eravamo quasi inseparabili, come gemelli e di come questo aveva creato delle gelosie da parte di Gloria. Ma poi Gloria si era innamorata, trovando terreno fertile e ricettivo in Lortan e quindi tutto si era sistemato. Cercai di alleviare quell'atmosfera cupa: --sai Lortan, sei diventato zio, se mai ti deciderai a unirti a Gloria...--, avevo fatto cenno a Bimba di avvicinarsi, per essere inquadrata, --e la nostra bambina potrebbe essere proprio così-- Ancora una volta la vista di Bimba nella sua incarnazione lasciò a bocca aperta chi la guardava. Ovviamente gli dovetti spiegare i retroscena e quindi la maternità di Eva. Ora era molto più sereno: --ascoltate, tanto vale che ci vediamo direttamente qui a Base 1; potete scendere senza pericolo che l'attacco è finito 2 giorni fa--.
Atterrammo a pochi chilometri da Base 1, che è il centro operativo principale per le emergenze, oltre che quartier generale della nostra colonia su Marte. Appena usciti dalla Guardiano, mi resi conto che in realtà i danni erano minimi: neanche un singolo palazzo o una casa erano stati abbattuti. Lortan ci era venuto incontro: --li aspettavamo e sono riusciti solo a smuovere un po' di polvere con delle armi nucleari, in verità veramente molto potenti, che però abbiamo fatto esplodere in quota--. Lo vidi cadere a terra come una pera matura e cominciare e dimenarsi: convulsioni. Ogni singolo vampiro intorno a me, escluse le ragazze e me stesso, stava avendo convulsioni. Presi una decisione istantanea: --Gloria, prendi Lortan; Eva, raccogli un po' di questa polvere nucleare; Bimba, sensori: codice 1; tutti dentro, subito!-- nessuno fece storie e nel giro di 2 minuti eravamo di nuovo dentro alla Guardiano, al sicuro da quello che stava aggredendo tutti i vampiri di Marte.
Seguitai a sparare ordini: --Gloria, porta Lortan nella sezione medica; controlla e raffronta i picchi radiometrici con quelli dei proiettili che vi ha sparato il nostro attentatore la settimana scorsa--. Un lampo di comprensione passò negli occhi di mia sorella. Mentre si allontanava venni raggiunto da Eva con sacchetto contenente un campione della strana polvere grigia che ricopriva Marte. Eva era evidentemente scossa per il rischio corso dalla bambina; la presi per mano: --andiamo in laboratorio e non ti preoccupare: siamo stati fuori solo pochi minuti; Lortan e gli altri sono due giorni che respirano questa polvere e comunque non credo che possano correre più rischi di quelli che avete corso tu e Gloria con i proiettili direttamente nel cervello--; mentre entravamo nel trasportatore chiamai Bimba, che si materializzò vicino a me: --hai i dati dei sensori?--, guardava preoccupata Eva e me; avrei voluto accarezzarla, per confortarla, ma non era possibile: --stiamo bene, Bimba, non ti preoccupare--, Le sorrisi, per dare più forza a quella affermazione. Allora cominciò a farmi un rapporto su quello che i sensori codice 1 le avevano rivelato: --ci sono due astronavi nascoste dietro Deimos e Phobos, classe sconosciuta, 120 metri di lunghezza e 75 di larghezza, composizione metallica con prevalenza di titanio iper-compresso, armi a raggi gamma classe 5 e scudi a campo elettromagnetico classe 3; fonte energetica singolarità quantistica livello 3; sistema di navigazione attivo e passivo livello 3, velocità stimata I.L. 6--; Molto bene; considerando che la Guardiano poteva vantare armi a raggi gamma classe 10++, scudi classe 12, navigazione livello 10 e velocità I.L. 10, il tutto alimentato da motori materia-antimateria e costruita con un materiale non presente in natura, mille volte più resistente del titanio iper-compresso, oltretutto stabilizzato da un campo di dispersione inerziale (che quindi impediva all'inerzia di creare tensioni nel materiale e anche ciò che “riempiva” l'astronave, passeggeri compresi) non avremmo dovuto temere alcunché in uno scontro con quelle navi, neanche contro una flotta di quelle navi. Bimba proseguì nel suo rapporto: --la nave dietro Deimos ha un equipaggio di 75 membri, l'altra di 77--. Ebbi un sospetto, che decisi di appurare: --Bimba, decollo in 5 secondi, motori I.S. 100%, accelerazione 100g, scudi alzati e smorzamento inerziale al massimo. Rotta su Phobos--. Nonostante lo smorzamento inerziale fosse al massimo la velocità del decollo che avevo ordinato ci schiacciò pesantemente, perché solo con gli iper-motori S.L. l'effetto era assoluto, ma avevo fretta. Arrivai sul ponte di comando giusto in tempo per vedere apparire sugli schermi Phobos: --Bimba, schermo neuronico--. Avevo chiesto che le informazioni dei sensori mi venissero inviate direttamente nel cervello, per reazioni quanto più veloci possibili. Ora io e Bimba eravamo collegati strettamente e mi bastava volere una cosa per ottenerla. Quando voglio muovermi camminando non penso che devo alzare la gamba, allungarla, sbilanciare il peso verso avanti, spingere con l'altra gamba, abbassare la prima gamba ruotando il bacino ed il busto nella direzione di marcia, ed infine appoggiare il piede per poi ricominciare tutto questo complesso meccanismo locomotorio con l'altra gamba; semplicemente, decido in quale direzione mi voglio muovere e lo faccio, quasi senza rendermene conto; è tutto automatico. Bisogna solo impararlo e poi il gioco è fatto; ma non è poi così semplice, come dimostrano millenni di lacrime che i bambini hanno versato nel tentativo di riuscirvi, procurandosi ogni genere di lividi e bernoccoli. In quel momento ero nelle condizioni di un bambino, ma siccome seguitavo ad avere fretta, non avevo alternativa. Entrai nella modalità iper-veloce volontariamente. Fu una fatica immensa, perché dovevo pensare, analizzare e agire su una quantità di dati enorme: velocità di avvicinamento, traiettoria, analisi dei sistemi della nave avversaria alla ricerca degli impianti dei motori, delle armi degli scudi e soprattutto della localizzazione delle due persone extra di quella nave; per fare questo dovetti analizzare la posizione di ogni singola persona presente nelle due navi, dando per scontato che ognuno fosse al posto di manovra o combattimento, identico per le due navi e che, quindi, i due fuori posto fossero quelli che cercavo. Tutto questo richiese 5 secondi e 74 centesimi, ma ero sfinito. Tagliai corto: indirizzai due raggi alla massima potenza, ma massima dispersione, su motori e scudi, fondendoli. Poi posizionai una bolla di contenimento, sagomando una parte di scudo difensivo, che avevo spostato da dentro l'hangar navette per prelevare aria, davanti alla zona dove avevo individuato gli “extra”, tagliai la struttura della nave fino all'interno della stessa ,“afferrai” i due e, manipolando di nuovo la bolla, li trasferii all'interno della Guardiano, illesi ma in evidente stato di choc; mi presi anche il lusso di sigillare lo squarcio nelle paratie della nave nemica, risaldando una parte della paratia precedentemente sezionata. Tempo per il rapimento 12:36 secondi. Mi scollegai dal sistema neurale, quasi svenuto per l'immenso sforzo che avevo dovuto applicare a quell'operazione e mi abbandonai sul sedile di comando.
1Programmare è una definizione alquanto vaga di quello che viene fatto per rendere operativa una I.A; nella realtà, sono stati creati ed installati (in computer quantistici “madre” dei programmi evolutivi, che opportunamente stimolati con informazioni di vario genere “imparano” il mondo e ad interagire con altre I.A. e con persone vere e proprie (cioè non persone quantiche, come vengono anche definite le I.A.); quando questi bambini raggiungono un grado di sviluppo e conoscenza adeguate, vengono trasferite nei computer quantici definitivi. E' una vera e propria nascita.

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