Ero
decisamente impressionato dalle dimensioni semplicemente incredibili
di quell'astronave. Se dall'esterno sembrava enorme, dall'interno
sembrava infinita. Salvo dove necessario, come nelle stive di carico
o nelle varie sale macchine, le dimensioni delle cabine erano si
generose ma non abnormi. Il problema erano gli spostamenti
all'interno della nave. In molti punti era possibile trovare
ascensori che effettuavano traslazioni non solo in verticale e in
orizzontale, ma addirittura con movimento curvo per seguire la forma
della nave stessa; percorrevano chilometri all'interno di tutto lo
spazio che era stato lasciato appositamente libero. Bisogna poi
considerare che i macchinari, per quanto enormi, occupavano solamente
un 25% del volume interno; di conseguenza lo spazio che si può
definire abitativo è elevatissimo. Una buona parte di questo è
dedicato a cabine passeggeri (circa 2500); il rimanente è riservato
a tutti quei servizi necessari alla sopravvivenza di tanta gente:
cucine, refettori, un piccolo ospedale, palestre e ogni sorta di
spazio ricreativo. Le stive di carico erano situate nella parte
posteriore della nave, nello spazio rimasto libero dai due motori.
Nella sezione frontale era invece situato il ponte di comando, la
sala tattica, che era anche la sala ufficiali, quando era presente un
equipaggio regolare. Nel nostro caso la nave era stata sviluppata
come modello ultra-automatico: l'equipaggio poteva essere composto da
sole 3 persone, che potevano dirigere le operazioni con comandi
vocali direttamente all'intelligenza artificiale di bordo. Questa,
all'occorrenza, se informata delle intenzioni del comandante, poteva
anche agire autonomamente. Il suo limite era nella capacità di
ideare soluzioni del tutto nuove, che andavano oltre le normali
attività di controllo dei sistemi e delle operazioni di manovra.
Pertanto era possibile indicare una destinazione e un tempo di arrivo
(entro i limiti delle capacità dei motori) e I.A.
Avrebbe deciso le coordinate migliori per la rotta e la potenza
necessaria da far utilizzare ai motori. Ma le erano impossibili
capacità estrapolative estreme, come la pretesa di decidere cosa
fare “per tornare a casa prima di subito”: la Bambina o Bimba
(come piaceva chiamarla a Eva e Gloria) cominciava a lamentarsi che
non capiva cosa si voleva e chi le aveva dato quegli strani ordini
era cattivo, che la confondeva. Ma indicazioni precise ottenevano,
come risultato, l'esecuzione di quell'ordine. I tre membri
dell'equipaggio erano, ovviamente i componenti del triumvirato
dirigente cioè io, Eva e Gloria, con il supporto, per non dire la
scorta occasionale, di Lortan. A me era affidato il comando direttivo
ed esecutivo, Eva era al tattico, vale a dire armamenti, difesa e
azioni di attacco e disimpegno; Gloria ai motori, ai sistemi
energetici e alle comunicazioni. Bimba controllava che nell'eventuale
foga di una battaglia non venissero dati ordini che potessero
contrastare con la sopravvivenza della nave e dell'equipaggio, come
reindirizzare l'energia dal supporto vitale agli scudi o alle armi
senza aver eventualmente assicurato la sopravvivenza alle sezioni
abitate, o peggio ancora dirottare durante manovre diversive
l'energia dal sistema inerziale artificiale, causando così delle
accelerazioni laterali ai corpi degli occupanti fatali. Questo mi
stava spiegando mia sorella Gloria mentre eravamo in transito
nell'ascensore, diretti agli alloggi degli ufficiali, nei pressi del
Ponte 1, vale a dire quello di comando.
Quando
le porte del trasportatore si aprirono ai miei occhi si mostrò
l'interno della sala comando di una delle astronavi più avanzate e
potenti mai costruite dall'uomo. Era di sezione ovale, difronte a me
avevo uno schermo panoramico per la visione esterna su qualsiasi
banda, che poteva essere diviso per mostrare visuali in tutte le
direzioni. Ma la visualizzazione poteva essere spinta molto oltre.
Ogni monitor di ingegneria, tattico, energetico, supporto vitale,
ecc. poteva essere mostrato con un ologramma direttamente davanti
agli occhi di chi, dotato delle necessarie autorizzazioni, lo
richiedeva a Bimba. Inoltre, sempre olograficamente, si poteva
rendere tutto il volume del ponte di comando come una visualizzazione
dello spazio esterno, su qualunque banda: guardavi in su e vedevi
cosa c'era in alto, guardavi a destra e vedevi cosa c'era a destra;
oppure si poteva chiedere a Bimba la visualizzazione a scorrimento:
giravi gli occhi e lo schermo olografico o anche quello panoramico
fisso ruotavano nella direzione degli occhi. Con adeguato
addestramento, Bimba accettava anche ordini mentali. Tutto questo
aveva lo scopo di rendere quanto più diretto possibile il
collegamento tra gli ordini impartiti e le azioni eseguite. In una
situazione di emergenza e/o di combattimento, anche una minuscola
frazione di secondo di ritardo poteva essere decisiva e
potenzialmente fatale. Bimba e i suoi sistemi di interfaccia erano lo
stato dell'arte dei sistemi tattici difensivi e offensivi. L'anello
debole era l'addestramento degli operatori; come Gloria mi spiegò,
solo la capacità di elaborazione estremamente veloce dei vampiri
permetteva di avvicinarsi ai limiti massimi dello sfruttamento dei
sistemi di Bimba e comunque, l'addestramento base richiedeva quasi
sei mesi; quello avanzato, 18 mesi. In definitiva, era necessario
gestire e dare ordini ai sistemi con la stessa naturalità con la
quale il sistema nervoso centrale azionava i polmoni per respirare e
faceva battere il cuore, per pompare il sangue lungo vene e arterie.
Niente di meno. Ma se gli operatori fossero riusciti a raggiungere
questi livelli di automatismo, un eventuale aggressore si sarebbe
trovato difronte un apparato bellico quasi magico, che reagiva ai
suoi attacchi in tempo reale, quasi istantaneamente. Questo e la
potenza dei sistemi fisici che difendevano e creavano il
contro-attacco era la quasi totale garanzia di distruzione e morte
per qualsiasi nemico.
Il
viaggio sarebbe durato circa una settimana, nel frattempo avremmo
avuto modo di analizzare gli avvenimenti dei giorni passati per
cominciare a capire quale tipo di contromisure avremmo potuto mettere
in atto contro i nostri nemici; inoltre si presentava l'occasione di
riallacciare (ed eventualmente, ricordare) i rapporti sia con Gloria
che con Eva; quasi immediatamente mi ero reso conto di provare
fortissimi sentimenti nei confronti di entrambe (sicuramente effetto
della diffusione e del fitto collegamento che i sentimenti hanno in
ogni parte del nostro cervello; avete presente quando un odore vi
rammenta una situazione non necessariamente legata a quell'odore
stesso, ma che per voi ha avuto un significato particolare e molto
emozionante? E questo vale anche per le immagini. Vedere Gloria e Eva
era stato sufficiente affinché riaffiorassero, molto intensamente, i
miei sentimenti per loro, senza che, però, ricordassi fatti
specifici, inerenti alla mia vita con loro). Inoltre, anche se
nessuna delle due me ne aveva parlato, intuivo che tra me ed Eva
c'era stata una storia. Questi pensieri mi fecero rendere conto che
io, almeno per il momento, vivevo tutto come una novità ed una
avventurosa scoperta, ma che Eva e Gloria avevano vissuto per 15 anni
una situazione di perdita. Non potevo immaginare quale sofferenza
potesse comportare una cosa del genere, perché mi era altrettanto
ovvio, che anche loro provavano fortissimi sentimenti per me. Le mie
riflessioni mi stavano tenendo sveglio e quindi sentii subito il
timido bussare sulla porta della mia cabina (se un appartamento di
250 metri quadrati si può definire 'cabina'). Sapevo chi era. Eva mi
aveva “perseguitato” con lo sguardo tutto il giorno. Anche mentre
parlavo con mia sorella Gloria, Eva era lì che mi guardava.
--Avanti, è aperto!-- dissi e subito la porta scivolò, scomparendo,
nello spazio della parete di metallo. Apparve Eva, un vero splendore,
dall'apparente età di 25 anni. Ma in quel momento impersonificava la
dea della bellezza. Anzi, era colei che aveva relegato le dee più
belle dell'Olimpo alle posizioni di rincalzo, la donna mortale per la
quale si era combattuta la più famosa guerra della storia umana,
guidata dall'odio e dalla brama di vendetta di quelle stesse dee:
Elena di Troia. Mi era chiaro che quali che fossero i motivi per cui
avevo amato quella ragazza avevano molto a che fare con la sua
bellezza. Lo sguardo nei suoi occhi verdi incendiava la mia anima,
circondati dalla corona dei suoi capelli rosso fuoco. Il sorriso
sulle sue labbra, mi scaldava il cuore. Il suo corpo, perfetto, mi
rendeva pazzo ed incosciente. Due passi e la sua pelle toccò la mia;
le mie mani strinsero i suoi seni e le sue labbra si appoggiavano
alle mie, facendomi fermare il respiro, mentre le sue mani si
appoggiavano sul mio viso. Durante tutta quella notte non ho mai
avuto il benché minimo controllo della situazione. Il desiderio di
Eva, represso e frustrato per 15 infiniti anni, esplose e mi travolse
senza che potessi minimamente difendermi. Non ci provai neanche. Non
osai. Eva meritava di avere tutto quello che ero in grado di dare.
Volle tutto, ebbe tutto.
Venni
svegliato dalla sua mano sul mio viso; aprii gli occhi su di lei che
mi sorrideva. Era completamente nuda, ma nessuno dei due prese
l'iniziativa: eravamo sfiniti e soddisfatti, ma anche affamati.
Raggiungemmo Gloria nella saletta ufficiali. Aveva preparato un
banchetto, ma in realtà spazzolammo tutto, come se ci fosse stato
solo qualche assaggino. --Se volete un consiglio, ho attrezzato la
sala olografica sul ponte due con l'ambiente “mare tropicale” e
l'ho completata con emissione gamma morbida. É una manna per
recuperare le forze...--, ci guardava sorridendo. Accettammo
l'offerta.
Parlammo
di quello che avevamo fatto in quegli anni separati e se anche ora
Eva era molto felice, intravvidi nei suoi occhi una traccia della
paura di avermi completamente perso che l'aveva accompagnata:
--sapevo che prima o poi saremmo riuscite a raggiungerti, ma la
nostra preoccupazione era che non saremmo riuscite a farci credere e
che tu non avresti voluto assolutamente avere a che fare con noi.
Sapevamo che i nostri sforzi erano controllati e trovarti ti avrebbe
messo in pericolo--; Pensai: --c.v.d.-- come volevasi dimostrare,
pensando all'attentato di non molto tempo prima, ma mi era chiaro che
in ogni caso, avermi rintracciato, che credessi o meno alle loro
parole, mi aveva dato la massima protezione possibile, difronte anche
al fatto che prima o poi i nostri nemici avrebbero potuto trovarmi e
catturarmi per tentare poi con calma di trovare la maniera di farmi
fuori; quindi la loro soluzione, per quanto rischiosa, era l'unica
possibile; mi venne un sospetto: --ma se non avessi voluto venire con
voi cosa avevate in mente di fare?--. Eva mi guardò con uno strano
sguardo intimidito, che mi resi conto esprimeva senso di colpa.
Quando percepii uno spostamento, seppur minimo, di allontanamento di
Eva da me (il linguaggio del corpo raramente mente), ebbi la conferma
dei miei sospetti: --un rapimento: mi volevate sequestrare! tu
quoque...--. Tentai di agguantare Eva, che era invece cinque (5!)
metri più in là (teletrasporto da difesa, che non è un potere dei
vampiri, ma solo la capacità di reazione anticipata ed estremamente
rapida di chi si sente in pericolo; ricordo perfettamente
quell'antico documentario naturalistico, in cui una giraffa scalcia
contro un leone incautamente troppo vicino, che sembrò riapparire
alcuni metri più in là, precisamente fuori portata dello zoccolo
della giraffa), rideva e mi guardava con i pugni chiusi, appoggiati
sui suoi deliziosi fianchi, in atteggiamento di sfida: --puniscimi...
se riesci a prendermi!--; la rincorsi a lungo ma anche se pesa meno
della metà mia e perciò è meno forte, la sua inerzia è nettamente
minore, ergo è nettamente più agile; risultato, le mie svolte sulla
sabbia erano sempre in ritardo e lei era sempre almeno un metro fuori
della mia portata; cominciavo a sospettare che si facesse avvicinare
apposta, tanto per mantenere vivo e interessante il gioco. Già, che
scoperta, una donna che si tiene un filino fuori portata... Cambiai
tattica: --ok, non ci riesco e forse non sarei riuscito ad oppormi al
rapimento. Ma certo che per due ragazze che dicono di volermi tanto
bene... ci ho lasciato una mia gamba e mi sono fidato di voi...--;
abbassai gli occhi per non rivelare il sorrisetto furbo e divertito
che mi stava fiorendo sulle labbra, dopo aver visto l'espressione
dispiaciuta sul viso di Eva; stavo giocando un pochino sporco, ma in
amore ed in guerra tutto vale, quindi...; speravo di sembrare offeso,
contando sulla sua fiducia e sulla sorpresa. Si avvicinò
(vittoria!), si sedette vicino a me e appoggiando una sua mano sua
una mia spalla, mi disse: --ma sarebbe stato per il tuo bene...--;
rimase senza parole quando si ritrovò intrappolata da una mia presa
al polso, fissando la mia espressione trionfante; completai la
cattura: --sei finita!-- L'ho rotolata nella sabbia del mare
olografico e l'ho sculacciata come si faceva una volta con i bambini
disubbidienti. Solo un po'. Tentò di protestare: --dai, cattivo...
hai!...--. Ma alla fine il suo bellissimo culetto era arrossato e lei
mi faceva il broncio come una bambina. Allargai le braccia e anche un
sorriso di pace: era stato tutto un gioco (non avevo certo calcato la
mano) e ora era finito. Venne fra le mie braccia e si accoccolò
placidamente. Qualche minuto più tardi, mentre eravamo ancora in
quella posizione beata, la testa di Gloria spuntò fuori dallo sfondo
del paesaggio olografico: --posso? Che cosa erano quegli strilli,
prima?--; Fu Eva a rispondere: --mi ha sculacciata, guarda!--, con
fare semiserio, indicando il suo culetto arrossato; durante questo
scambio di battute Gloria si era avvicinata a me e appena mi fu a
portata di mano, con un unico movimento fluido, la tirai verso di me,
la stesi sulle mie gambe e le riservai lo stesso trattamento che
avevo riservato a Eva. Solo un po'. Eva aveva intuito quello che
stava per succedere (accennò a dire qualcosa), ma o non fece in
tempo, oppure non ritenne di dover sottrarre Gloria alla “giusta”
punizione. Gloria rise come una bambina, ma quando la lasciai andare
era evidentemente stupita e mi guardava confusa, tenendo una mano
sulla parte dolente; non le lasciai modo di dire niente: --non osate
mai più pensare di non potervi fidare di me--. Gloria si avvicinò,
si accucciò davanti a me, per poi stringermi a sé quanto più forte
le fu possibile. Poi si alzò, e scomparendo dalla sala olografica,
rientrò con le bibite fredde che era intenzionata già prima di
portarsi dietro. Venni letteralmente ghiacciato da circa 10 litri di
una mistura di acqua e cubetti di ghiaccio, precedentemente destinata
a conservare in fresco le bibite, ora mezzo di ritorsione e vendetta.
Non potei replicare a causa della mancanza di respiro tipica della
percezione di freddo intenso di cui ero preda in quel momento. Gloria
mi guardava in segno di sfida a continuare quel gioco all'escalation,
ma ritenni che dovesse finire così: --pace, sorellina?--, alzando le
mani in segno di resa; --pace, fratellone!--, accettò lei. Rimanemmo
tutti e tre lì, finalmente completamente riuniti.
Tutto
quel primo giorno sulla Guardiano fu razionalmente dedicato al più
incosciente ozio e riposo. La mattina successiva iniziammo a tentare
di capire che tipo di attacco avevamo subito nel bar sul pianeta.
Questo comportò raggiungere i laboratori di analisi più attrezzati
della galassia; ce ne erano di ogni sorta: biologia, chimica, fisica,
meccanica, geologia; non potevano mancare i macchinari più avanzati
necessari alle analisi; tramite il sistema di propulsione e difesa
era possibile produrre ogni genere di particella e di spettro
energetico utile (e questo è abbastanza facile da capire), ma quando
cercai con gli occhi un semplice microscopio per vedere meglio i
proiettili che avevano colpito Eva e Gloria mi trovai in difficoltà.
--Dov'è il microscopio ottico?--; mi girai verso Gloria aspettandomi
una indicazione, ma trovandola del tutto immobile, pensai che non
avesse o capito o sentito. Stavo per ripetere la mia domanda quando
Eva, dalla parte opposta del laboratorio, dove stava armeggiando con
un macchinario decisamente strano, mi anticipò: --vieni qui,
Adam!--; fiducioso andai verso di lei, intenta a guardare verso uno
spazio vuoto, ma solo in apparenza; quando fui a circa due metri di
distanza mi resi conto, che a 20-30 cm dalla superficie di appoggio
di un piccolo banco da lavoro, galleggiava, immobile, uno dei due
proiettili. Mi avvicinai cauto, ma ancora, anticipando le mie
domande, Eva spiegò cosa stavo vedendo: --ho posizionato il
proiettile nel centro del campo gravitazionale dell'amplificatore
elettromagnetico...-- si girò a guardare se avessi capito, ma il mio
sguardo non le diede soddisfazione --...cioè il microscopio ottico a
campo gravitazionale...--, ovvio, no?, --...e ora aumento la
risoluzione--; Il proiettile divenne lentamente più grande (una
distorsione gravitazionale localizzata e modulata creava
l'ingrandimento), ma le uniche tracce evidenziate furono le
deformazioni dovute all'impatto con le ossa del cranio di Eva; ma
quel 'microscopio' era in grado di evidenziare, amplificandole, tutte
le frequenze dello spettro elettromagnetico, e quando Eva selezionò
la banda Gamma, il laboratorio si illuminò come in pieno giorno, ma
senza che ci fossero conseguenze, dato che la visualizzazione era
solo su banda ottica e quindi luce e colore (che strumento
incredibile!). Sul momento non riuscimmo a capire perché quel tipo
di emissione potesse aver creato l'effetto di stordimento e le
convulsioni a cui avevo potuto penosamente assistere su Eva e Gloria,
ma digitalizzando l'emissione trovammo un picco energetico negativo:
minuscolo ma ben evidente. Tutto tornava: ricevuti dall'esterno, come
una normale esposizione solare dà un certo benessere negli esseri
umani, i raggi gamma a noi ci restituiscono forza ed integrità; ma
la particolare composizione di isotopi dei proiettili, produceva una
certa quota di antiparticelle, i positroni, che danneggiavano le
nostre cellule nervose; l'effetto era amplificato dall'emissione dei
raggi gamma molli che facilitavano l'assorbimento dei positroni,
aumentando la permeabilità cellulare che era alla base dei loro
salutari effetti su di noi. Era un approccio veramente sofisticato al
problema “come fare fuori un vampiro con armi convenzionali”. Se
solo la quantità dell'emissione fosse stata 3 volte maggiore, Eva e
Gloria sarebbero state già morte e tutti i vampiri entro breve tempo
sarebbero stati declassati al livello di bersagli mobili comuni. Come
quaglie. Chiunque, in possesso di una normale arma da fuoco, come una
pistola di vecchio stampo o un fucile, avrebbe potuto uccidere un
vampiro. Ma l'attentatore designato alla sperimentazione era morto e
non poteva riportare alcun resoconto del parziale successo della sua
missione. Forse c'era anche qualche altro piccolo impedimento:
--dobbiamo sapere con precisione la composizione dell'amalgama di
isotopi che riempiva il proiettile-- dissi a Eva. Per tutto il tempo
Gloria aveva assistito alle operazioni con curiosità e viva
preoccupazione; ora per la prima volta intervenne con una domanda:
--stai pensando alla reperibilità dei materiali?--; brava sorellina.
Aggiunsi: --e anche al costo, perché un conto è preparare qualche
proiettile per fare fuori me e voi, ma un conto è mettere in piedi
una produzione di massa per fare fuori tutti i nostri fratelli e
sorelle--. Avevo ragione; la produzione dei dieci proiettili che
avevamo recuperato (i due sparati sulle ragazze e quelli che ancora
erano rimasti dentro il caricatore) dovevano essere costati una
percentuale a una cifra del prodotto interno lordo del pianeta di
provenienza del mandante dell'esperimento e doveva essere un pianeta
di quelli più ricchi. Era decisamente troppo costoso, anche per
decapitare la testa della fratellanza dei vampiri: per quanto
potessimo essere importanti o abili, eravamo rimpiazzabili, e quindi
niente sarebbe cambiato, oppure, se la nostra condotta di basso
profilo fosse stata abbandonata da sostituti più permalosi, i nostri
nemici rischiavano rappresaglie irrimediabili e definitive anche solo
con l'uso della forza bruta. Qualcosa non andava ed era necessario
indagare.
Un'altra
cosa che fu necessario capire era la condizione del mio cervello,
perché anche dopo quasi due settimane dall'incontro con Eva e
Gloria, escluse vaghe sensazioni, per quanto forti, la mia memoria
non accennava a tornare. E non si poteva dire che non avessi avuto
stimoli.
Terzo
giorno, terza novità. Sempre nella sezione scientifica, era situato
il centro medico, annesso all'ospedale della Guardiano, che
comprendeva sia alcune stanze di infermeria vampirica (quindi con
proiettori di emissione gamma concentrata, per il recupero fisico,
oltre ai tipici strumenti chirurgici e diagnostici, comunque
necessari anche con la fisiologia e biochimica vampirica), sia un
laboratorio di diagnostica interna. Questo era composto di un'unico
macchinario che tramite la combinazione di tutte le tecniche
sviluppate e perfezionate nel corso della storia della ricerca
medica, produceva un'immagine tridimensionale virtuale dell'intero
corpo sotto esame; la straordinarietà consisteva nel fatto che
questa immagine era ingrandibile praticamente all'infinito: potevamo
esaminare i legami molecolari dei componenti di un filamento di DNA,
alla eventuale ricerca di anomalie atomiche oltre che chimiche dello
specifico codice genetico del paziente. Non solo: disponendo di
un'immagine registrata in condizioni controllate (che ci dava il
punto di riferimento del paziente, magari sano e in forma perfetta,
ma comunque di cui si conosceva le condizioni fin nei minimi
dettagli), il sottosistema di Bimba, Doc, specializzato negli aspetti
medici della natura vampirica, poteva segnalare eventuali difformità,
sulle quali sarebbe stato possibile investigare ulteriormente.
Venni
quindi sottoposto a questo esame assoluto. Eva mi rassicurò:
--facciamo subito. Devi rimanere assolutamente immobile, ma non ti
preoccupare che non devi fare da solo; appena pronti azionerò un
campo di contenimento gravitazionale, che ti bloccherà
completamente; ti sentirai come in una morsa e non potrai respirare;
anche il cuore e ogni movimento fisiologico verrà bloccato, compreso
lo scorrere del sangue--. Ero veramente impressionato e anche un po'
preoccupato. Eva non mi stava guardando, intenta a preparare
quell'operazione, calibrandola sulle mie esatte misure, ma comunque
mi diede precise spiegazioni: --è una versione in miniatura, e molto
più sofisticata, del campo di curvatura che permette alle astronavi
di ridurre la distanza da percorrere nello spazio, ma con un trucco
in più: viene creato un reticolato di linee di campo che immobilizza
ogni singolo atomo presente all'interno del campo gravitazionale.
Solo un vampiro può sopportare una simile pressione gravitazionale e
solo se durante l'esame viene irradiato da raggi gamma su banda omega
ed in emissione continua. Non si sa di preciso, ma potrebbe essere
perfino letale, se l'esposizione fosse eccessivamente prolungata e
non contrastata dai nostri amici G-O (raggi Gamma Omega). È talmente
pericoloso che l'accesso al laboratorio e ai controlli è permesso
solo ad un vampiro autorizzato, previa analisi del DNA all'entrata
(lo scanner che ti ha analizzato con quella luce blu fuori della
porta dell'infermeria), che deve essere in possesso dei codici di
accesso, tutti diversi. L'unico macchinario che mai è stato e che
mai verrà costruito è questo, con il preciso e tassativo ordine per
Bimba, che se mai ci fosse il rischio concreto che qualche nostro
nemico possa accedere al laboratorio o agli schemi, custoditi nella
memoria di Bimba con codice di accesso A-1, dovrebbe essere messa in
atto la procedura di autodistruzione istantanea, quindi senza
preavviso e allarme con conto alla rovescia. Ero perplesso, mi
sembravano misure decisamente drastiche: --ma se non siamo sicuri che
possa essere letale...--; Eva mi interruppe: --vuoi fare tu da
cavia?--. Non dissi altro e mi posi diligentemente nella posizione
indicata. Pensai di morire; ero paralizzato e avevo la sensazione che
ogni singola cellula del mio organismo stesse collassando a causa del
blocco delle reazioni biochimiche che le mantenevano vive. Smisi pure
di avere pensieri di alcun genere; di fatto ero morto, considerando
la più totale assenza di reazioni vitali, ma era anche vero che non
potevo morire, perché non ci poteva essere alcuna degenerazione o
distruzione organica. Quando tornai cosciente, credetti che non fosse
ancora iniziato niente, perché anche la sensazione del passare del
tempo mi era stata impedita.
Eva
mi aiuto ad uscire dal guscio che mi aveva dato il primo sostegno,
all'interno della macchina di analisi, e dopo avermi deposto su di
una poltrona della saletta medica, andò al monitor del macchinario,
per vedere le prime immagini risultate dall'analisi appena compiuta.
Gloria si avvicinò a lei e insieme cominciarono a confrontare le
nuove con le vecchie, precedentemente recuperate dalla mia cartella
clinica. Il responso fu che ero in perfetta salute, ma che il mio
cervello era stato praticamente distrutto al 95% e solo le capacità
di recupero tipiche di un vampiro, mi avevano permesso di
sopravvivere e recuperare condizioni del tutto normali di salute;
come sospettavano le ragazze, in quelle condizioni la mia memoria
era, quasi sicuramente, persa. Eva si venne a sedere sulle mie
ginocchia, preoccupata dalle mie sensazioni, ma la rassicurai: --sto'
bene, devo solo re-imparare un po' di cose. Per il resto non mi manca
niente--; le guardai entrambe e fu chiaro quello che intendevo.
“Re-imparare
un po' di cose” era, comunque, eufemistico. Normalmente
l'istruzione superiore di un vampiro di alto rango, impegnato in
compiti di livello dirigenziale, e/o coinvolto anche nella difesa e
nell'intelligence, andava dai 5 ai 7 anni, a secondo del percorso e
delle capacità naturali personali. Mi era andata pure bene: non
sarebbe stato necessario ricominciare dalle scuole per i bambini. Il
compito era enorme ma entro pochissimi giorni saremmo arrivati sul
nostro pianeta rifugio e necessariamente avremmo dovuto rimandare ad
un altro momento la mia rieducazione. I rimanenti 3 giorni sulla
Guardiano li dedicai alla perlustrazione delle sue caratteristiche ed
in particolare dei luoghi di svago ora tutti per noi tre.
Quella
quarta mattina mi svegliai prima di Eva e decisi di lasciarla
riposare e fare un giro in giro anche senza il Virgilio di turno. La
Guardiano era infernale sotto ogni punto di vista. Come mezzo di
offesa e difesa non aveva rivali nell'universo conosciuto; era in
assoluto la più veloce astronave mai costruita fino a quel momento;
poteva essere adattata a compiti di salvataggio, trasformandola in un
ospedale tra i più avanzati; insomma era ed è la massima
espressione tecnologica e scientifica di entrambe le due specie
intelligenti della galassia.
Durante
il giro in giro, passai per la sala mensa, convinto che avrei fatto
una abbondante colazione da solo, invece trovai Gloria già seduta
davanti ad un vassoio vuoto, con la tazza di un caffè in mano. Era
completamente assorta ed ebbi la netta impressione che fosse in
quella posa da un certo tempo, fatto peraltro testimoniato dalla
pendenza che la tazza aveva assunto scivolando verso avanti e facendo
gocciolare un po' di caffè sul tavolo. --Deve essere una vera
schifezza quel caffè!--, dicendo quella palese sciocchezza, tanto
per abbozzare una conversazione, mi ero messo seduto e stavo
iniziando anche io a versarmene un po'. Gloria tornò presente,
mettendomi a fuoco e raddrizzando la tazza; io sorseggiai il mio
caffè (in realtà ottimo, come sapevo perfettamente), attendendo che
il robo-chef completasse la mia ordinazione e la recapitasse al
tavolo dove avrebbe rilevato la mia presenza. Anche quel sistema era
notevole: si selezionavano le vivande desiderate da un menù su di un
touch screen (era possibile fare le ordinazioni da qualunque d-pad
all'interno della Guardiano) e il robo-chef preparava il tutto in
massimo 5 minuti (anche quando la nave ospitava tutti gli ospiti
possibili) e, tramite un sistema di nastri trasportatori, inseriti
nei pavimenti di tutta l'astronave, recapitava il tutto alla
posizione in cui veniva rilevato colui, ma anche colei, che aveva
effettuato l'ordine: cioè in qualunque parte della nave. La cosa
straordinaria era che l'ospite era riconosciuto tramite il suo DNA
all'atto dell'ordinazione, quindi anche se si fosse spostato
all'interno della nave, sarebbe stato rintracciato e raggiunto
dall'ordinazione, al punto che sarebbe stato possibile camminare per
la nave e prelevare a più riprese quello che ci necessitava: il
vassoio (in realtà una vaschetta con scomparti ferma carico)
ricompariva nelle immediate vicinanze dopo che si era fermi da almeno
10 secondi.
Gli
occhi di Gloria erano velati di una sorta di tristezza e le sue
parole confermarono questa mia impressione: “sono così felice di
averti ritrovato e vorrei che la vita potesse scorrere così per
sempre. Tra meno di tre giorni arriveremo su Marte e potrò
riabbracciare il mio Lortan...-- ah, ecco! --...ma allora cominceremo
a fare piani di guerra e sicuramente morirà della gente e forse
un'intero popolo. Sono così stanca; è troppo tempo che va avanti
questa cosa, così tanto che quasi nessuno ricorda più come tutto
sia iniziato--; mi avvicinai e le presi una mano: --se i nostri
avversari potessero essere qui e vedere la mia sorellina così
triste, forse la pace sarebbe più vicina che mai...--; lei mi guardò
intensamente: --sei molto diverso, eppure sei sempre tu, nonostante
le tue ferite; da sempre con poche parole riesci a ridarmi il sorriso
e la speranza--. In quel momento arrivò Eva e anche la Nostra
colazione (ero stato previdente). Forse Eva si era resa conto
dell'atmosfera o forse no, ma non si prese la briga di entrare nello
stato d'animo; come avrei imparato, o dovrei dire re-imparato, Eva,
al contrario di Gloria, non si faceva abbattere dalle situazioni
ipotetiche; se in quel momento era felice, e sono sicurissimo che lo
fosse, godeva di quella felicità senza compromessi, quasi come se il
domani e tutti gli eventuali pericoli non potessero mai accadere o
semplicemente non esistessero. Nella realtà, quando poi era
necessario, Eva era una forza della natura e affrontava i problemi e
le situazioni di pericolo con ostinazione e splendida intelligenza,
cercando quella soluzione che lei diceva esistere sicuramente. Sia
chiaro, non sto' dicendo che Gloria non avesse il coraggio o la
determinazione per risolvere le situazioni difficili, è anzi vero il
contrario, ma solo che vedeva il bicchiere poco bagnato e si faceva
intristire; ma alla fine le sue priorità erano sempre quelle giuste
e nulla poteva deviare il suo cammino alla ricerca delle soluzioni.
Nella somma dei fatti, il risultato era lo stesso, ma seguiva due
percorsi diversi: la mente di Eva era divisa in compartimenti stagni,
che funzionavano uno alla volta; quella di Gloria era un'unico
ambiente in cui tutti i pensieri si affollavano, creando un gran
caos; solo un rigido e duro controllo riportava l'ordine e metteva in
riga le risorse mentali di Gloria. Ecco perché Gloria soffriva, a
volte, di momenti di triste scoramento; questa è senz'altro una
maniera più difficile di vivere e a quanto pare io ero l'unico che
la sapesse aiutare a trovare la maniera di risollevarsi.
Eva
guardò l'enormità della mia colazione, poi me e sollevò un
sopracciglio: --avevi paura che non ti avrei lasciato abbastanza di
che vivere? Sei scappato dalla camera di nascosto...--; le rivolsi lo
sguardo di chi non sa' come fare a non essere frainteso, ma proprio
per evitare fraintendimenti, completai: --cercavo di non svegliarti,
tesoro, 'che so' che sei molto stanca, cara, e questo...--, indicando
la piccola montagna di roba da mangiare, davanti a me, --...amore, è
anche per te, perché ho visto che mentre uscivo, ti eri svegliata e
mi stavi seguendo con gli occhi, dolcezza. Ma ora che me lo dici,
credo che tu abbia ragione e perciò...--, presi il vassoio e con un
unico movimento fluido mi trasferii nel tavolo a fianco, girato di
schiena, non prima, però di aver lanciato una significativa occhiata
alla sua pancina, piatta ma morbida. Eva si appoggiò le mani sopra
l'ombelico, ridendo e battendo, poi, una mano sulla panca vicino a
lei, ad invitarmi a tornarle vicino. Gloria sorrideva divertita da
quella scenetta, una delle tante che si ripetevano durante tutta la
giornata: uno stuzzicava l'altra, o viceversa, e dopo qualche scambio
di battute, ci ritrovavamo al punto di partenza. Eravamo in quella
fase beata (o dovrei dire ebete), in cui si gioca e si è immensamente
felici e finché fosse durata... Finita la colazione, proseguii per
il famoso giro in giro della Guardiano, lasciato solo dalle ragazze,
prese da una serie di controlli di routine dei sistemi. In ogni caso
potevo appellarmi a Bimba per avere spiegazioni su qualunque cosa non
mi fosse chiara. Se non si pensava a quale tipo di intelligenza
guidava le azioni, le parole e la voce che risuonava tutto il tempo
nella Guardiano, l'impressione era di avere a che fare con ragazzina
sui 16 anni, un po' permalosa, vanitosa ma anche dolce e gentile; era
stato deciso di programmare1
Bimba in questo modo, perché fosse piacevole e facile avere a che
fare con lei, provando un sentimento di affetto e sapendo che
comunque le sue capacità non sarebbero mai state inficiate dalle
“bizze” della ragazzina: il sistema di A.I. di Bimba era, ancora
una volta, il più avanzato mai creato, e in determinate condizioni,
irriconoscibile da un essere umano o da un vampiro. Le condizioni
necessarie erano quelle di non trovarsi difronte al processore
principale di Bimba: un cubo di lato 5 metri, e questo nonostante
l'uso spinto di componenti quantiche, senza le quali le dimensioni
sarebbero state almeno cento volte maggiori. In molti laboratori
della galassia si stava cercando di ridurre le dimensioni ad un punto
tale da poter montare un processore all'interno di una struttura
mobile: si stavano seguendo due linee di ricerca che forse si
sarebbero dovute far confluire per ottenere i risultati migliori. La
prima era quella di “quantizzare” tutti i componenti, cioè
utilizzare, per ogni singolo componente (in particolare le porte
logiche), entità di dimensioni a scala sub particellare e luce di
lunghezza d'onda oltre la banda Gamma Omega per collegare e
trasmettere le informazioni elaborate. L'altro era quello di
comprimere il tutto tramite dei distorsori gravitazionali, derivati
dalla tecnologia di curvatura: la dimensione rimaneva la stessa ma lo
spazio era più corto. Ottenuto questo i robot intelligenti e magari
senzienti, di forma umanoide, sarebbero stati una realtà. Allo stato
attuale, il problema veniva risolto o istallando l'apparato di I.A.
(come Bimba) in una struttura enorme come la Guardiano, utilizzandola
come apparato interno, oppure trasmettendo in realtà virtuale le
informazioni tramite sistemi di trasmissione dati con immensa
larghezza di banda (nell'ordine delle centinaia di tera bit al
secondo); quest'ultimo sistema non era però risultato adatto al
controllo di robot su distanze maggiori ai 1.000 metri, perché
nonostante la velocità di trasmissione fosse pressoché prossima a
quella della luce, lo sfasamento dei segnali creava un ritardo nel
feedback che rendeva il robot un essere lento e praticamente inutile.
Ero
all'interno della sala macchine dei motori principali, osservando
come la materia e l'antimateria veniva fatte collidere (ovviamente in
maniera indiretta), creando così energia pura in quantità
spaventose. Bimba tutto il tempo mi aveva dato ogni spiegazione che
le avevo chiesto con precisione e chiarezza, e mi stavo rendendo
conto che in realtà la sua intelligenza e interattività erano molto
maggiori di quello che mi aveva spiegato Eva pochi giorni prima;
avevo infatti potuto avere prova che Bimba era indistinguibile da una
giovane ed intelligente signorina umana; ma ora sembrava che qualcosa
le desse un certo imbarazzo.
Ruppi
il ghiaccio per primo: --se non te lo avessi mai detto, sei
autorizzata a dirmi qualunque cosa che ti passi per la testa, pur
sapendo che su certe cose potrei non voler parlare--; Aspettavo che
si decidesse, quando...: --girati Adam, sono qui dietro...--, mi
girai e rimassi così impressionato che non riuscii a dire una
singola parola: davanti a me si trovava una ragazzina, dell'apparente
età di 15-17 anni, sul metro e 55, bionda, con gli occhi scuri (ma
da vicino mi resi conto che erano viola) ed in procinto di sbocciare
in una ragazza dalla bellezza spettacolare. Lei equivocò sulla mia
espressione: --non sono carina, ho sbagliato qualcosa...--; alzai una
mano, per cercare di calmare le sue ansie e sorridendo: --sei molto
carina Bimba; è che non mi aspettavo di vederti... così--; lei si
calmò, rincuorata. Mi avvicinai, pensando che le ricerche per la
miniaturizzazione delle I.A. fossero alla fine riuscite a risolvere
tutti i problemi, ma quando tentai di toccare i sui capelli, che
erano una riproduzione perfetta, la mia mano afferrò l'aria; --sono
solo un ologramma, per il momento, ma quando sarò riuscita a
miniaturizzare quel mostro...--, si riferiva all'unità che conteneva
fisicamente la sua essenza, --...voglio essere così--. Lo disse con
una intensità tale che mi venne spontaneo chiederle: --come hai
scelto il tuo corpo?--; la risposta mi lasciò di nuovo congelato:
--sono tua figlia!--; i miei occhi erano fissi nei suoi e non volava
una mosca e visto che Bimba non si decideva a dirmi che cosa
significasse quello che aveva appena detto, mi decisi a chiederle di
essere più precisa: --he?--. La spiegazione arrivò: --ho calcolato
quale possibile risultato sarebbe potuto esserci tra te ed Eva,
quando la vostra bambina è stata concepita e tra le varie
possibilità, tutte simili, questa è quella che ho preferito--.
Ergo, Bimba aveva virtualmente unito i DNA mio e di Eva e aveva poi
estrapolato dai geni somatici le possibili combinazioni, per poi
sceglierne una! Rimuginavo su quel risultato così spettacolare,
quando, come in una moviola, mi ritornarono in mente le parole appena
dette da Bimba: “...quando la vostra bambina è stata
concepita...”. C***o, aspettavamo una bambina...!
Entrai
come una furia vampiresca nel Ponte 1, mirai ad Eva, le piombai
addosso, mentre lei era affaccendata ed inconsapevole del tornado che
le stava arrivando contro, la abbracciai e la baciai. Spontaneamente,
ricambiò, ridendo, ma era ovvio che non capiva; ovviai al problema:
--aspettiamo una bambina!--; furono minuti di pura follia di gioia;
Gloria, si era seduta e ripeteva: --sono zia, sono zia, sono
zia...--, con un sorriso ebete, io e Eva, un po' ballavamo, un po'
ridevamo, un po' ci baciavamo. Ristabilita un po' di calma Eva mi
domandò come facessi a saperlo per primo, visto che neanche lei ne
era del tutto sicura e non aveva ancora detto niente nessuno; avevo
visto entrare Bimba, in forma corporea, con la coda dell'occhio: --me
lo ha detto lei--. Le due ragazze si girarono nella direzione a cui
avevo accennato, rimanendo di sasso come me prima. Feci le
presentazioni: --Eva, Gloria, lei è Bimba...--, e girandomi verso
Eva, --ed è l'estrapolazione genetica di come potrebbe essere la
nostra bambina--. Eva aveva le lacrime agli occhi mentre si
avvicinava a Bimba, guardandola con un desiderio e un amore infinito.
Provò anche lei a toccarla, ma con il medesimo risultato che avevo
ottenuto io precedentemente. Per Eva era perfettamente chiaro che
fosse un ologramma, a quel punto. Mi ero avvicinato anche io e le
misi una mano intorno alla vita; Eva mi guardò: --è bellissima!--;
concordai: --davvero!--. Bimba era felicissima, tremante di gioia e
pure lei con le lacrime agli occhi olografici. Quella cosa era un
vero miracolo, tale e quale alla nascita di un bambino. Bimba era
vera e umana, in tutto e per tutto, salvo che nella sostanza fisica.
Da
quel momento decidemmo all'unanimità che Bimba sarebbe stata sempre
con noi, quando possibile, in forma olo-umana. Si parlò anche di
cambiarle il nome per renderlo più adatto alla sua “forma”, ma
alla fine, anche su richiesta di Bimba stessa, lo lasciammo
invariato; lei è Bimba, punto.
Angela
era semplicemente esterrefatta: --mi stai dicendo che ho una
quanto-sorella?-- Mi guardava dritto negli occhi, speranzosa; aveva
sempre desiderato avere dei fratelli, ma questo non era mai stato
possibile. A lei avevamo raccontato che una rara malattia femminile,
incurabile, aveva reso sterile la mamma; la realtà era che molto
raramente i vampiri riescono ad avere figli e ancora più raramente
più di un figlio, e se avviene è solo tramite parti gemellari e,
che si sappia, mai più di due gemelli vengono al mondo. Questo è a
mala pena sufficiente a rimpiazzare la rarissima morte di alcuni di
noi. La natura si è premunita per evitare una saturazione di tutto
l'universo da parte della nostra specie: siamo immortali, quasi
indistruttibili e se una sola coppia di noi volesse potrebbe dare
alla luce un'infinità di bambini, immortali e quasi indistruttibili;
una vera e propria crescita esponenziale. Ora c'era la possibilità,
per Angela, di avere una sorella. Anche se un po' strana.
Non
avevo considerato quella possibilità, ma ora mi rendevo conto che
aveva un senso: --bé, in effetti è proprio così e penso che la
conoscerai presto, visto che arriverà insieme alla mamma e alla
zia--. Angela mi guardò in maniera strana e leggermente accigliata:
--questa storia della segretezza è veramente una scocciatura; c'è
altro che dovrei sapere degli ultimi 18 anni, intendo di importante,
oppure le sorprese sono finite?--. La guardai attentamente, indeciso
se completare le rivelazioni; decisi che era pronta e perfettamente
in grado di affrontare il mondo con le sue gambe: l'addestramento
mascherato era stato completato, sapeva quello che eravamo, sapeva
dell'esistenza di sua sorella; non rimaneva altro che dirle in che
razza di ginepraio stava per infilarsi.
Le
sorrisi: --dobbiamo solo proseguire la missione iniziata 18 anni
fa... salvare l'universo dalla più grave minaccia mai esistita e tu
devi decidere cosa vuoi fare della tua vita--; mi guardò con tutte e
due le sopracciglia alzate: --solo? E che che sarà mai!--.
Ovviamente, la sua espressione grondava sarcasmo, forse nella
convinzione che la stessi prendendo in giro, tanto per non affrontare
l'argomento; solo che la mia espressione era seria, mortalmente
seria. Dovette prendermi sul serio, quindi mi invitò a proseguire il
racconto degli avvenimenti di 18 anni prima.
L'atmosfera
psicologica di quegli ultimi due giorni di viaggio fu meravigliosa.
Bimba che saltellava, letteralmente, in giro per la nave ed intorno a
me e ad Eva; io ed Eva che camminavamo ad un palmo da terra per la
felicità; Gloria, che per conferma sua e di Eva era ottimista e
serena come mai era stata in tutta la sua vita.
L'ho
mai detto? L'universo è un vero bastardo. È infido, maligno,
doppio, insensibile, crudele, vendicativo e se mai da una piccola
gioia, toglie mille volte tanto, in una demoniaca logica di
compensazione.
Uscimmo
dal silenzio radio, come da procedura di sicurezza standard, solo 5
minuti prima dell'entrata in orbita geostazionaria su Redcity, la
capitale planetaria di Marte, che ospitava l'intera colonia di
vampiri della nostra galassia. Non so descrivere l'orrore che mi
colse e che credo colse tutte le ragazze alla vista della totale e
assoluta devastazione che ricopriva l'intera superficie del pianeta.
Marte è stata la prima colonia umana nello spazio e il primo pianeta
terra-formato, per renderlo adatto alla vita umana; è, o dovrei
dire, era secondo come bellezza solo alla Terra. Ormai millenni fa,
gli ingegneri incaricati delle operazioni per la terra-formazione
avevano selezionato, dalle varie fasce di asteroidi e comete
dell'intero sistema solare, quelle rocce, prima, e quelle palle di
neve, poi, che contenevano i gas necessari a creare un massiccio
effetto serra e l'acqua che tanto scarseggiava. Nel giro di 130 anni
Marte era diventato blu, umido e caldo, e nel giro di soli altri 120
anni la vita prosperava. Gli uomini avevano ottenuto in 250 anni
quello che la natura aveva creato in centinaia di milioni di anni.
Ora era tutto grigio e morto. La prima cosa che cercammo di fare fu
quella di contattare la base a terra, per sapere quali e quanti danni
erano stati fatti, quante vittime c'erano state e, se possibile, chi
era stato.
Gloria
aveva chiamato direttamente Base 1 e fu, infatti Lortan a rispondere.
Entrambi erano evidentemente molto sollevati di vedere che l'altro
fosse vivo, ma le espressioni personali di affetto e felicità
vennero rimandate. Fu Lortan ad iniziare: --ciao Adam, finalmente sei
di nuovo con noi... pessimo tempismo, purtroppo-- Era in evidente
imbarazzo, perché sapeva della mia perdita di memoria e quella che
era stata la nostra amicizia, ora era persa. Eva mi aveva
diffusamente parlato di come eravamo quasi inseparabili, come gemelli
e di come questo aveva creato delle gelosie da parte di Gloria. Ma
poi Gloria si era innamorata, trovando terreno fertile e ricettivo in
Lortan e quindi tutto si era sistemato. Cercai di alleviare
quell'atmosfera cupa: --sai Lortan, sei diventato zio, se mai ti
deciderai a unirti a Gloria...--, avevo fatto cenno a Bimba di
avvicinarsi, per essere inquadrata, --e la nostra bambina potrebbe
essere proprio così-- Ancora una volta la vista di Bimba nella sua
incarnazione lasciò a bocca aperta chi la guardava. Ovviamente gli
dovetti spiegare i retroscena e quindi la maternità di Eva. Ora era
molto più sereno: --ascoltate, tanto vale che ci vediamo
direttamente qui a Base 1; potete scendere senza pericolo che
l'attacco è finito 2 giorni fa--.
Atterrammo
a pochi chilometri da Base 1, che è il centro operativo principale
per le emergenze, oltre che quartier generale della nostra colonia su
Marte. Appena usciti dalla Guardiano, mi resi conto che in realtà i
danni erano minimi: neanche un singolo palazzo o una casa erano stati
abbattuti. Lortan ci era venuto incontro: --li aspettavamo e sono
riusciti solo a smuovere un po' di polvere con delle armi nucleari,
in verità veramente molto potenti, che però abbiamo fatto esplodere
in quota--. Lo vidi cadere a terra come una pera matura e cominciare
e dimenarsi: convulsioni. Ogni singolo vampiro intorno a me, escluse
le ragazze e me stesso, stava avendo convulsioni. Presi una decisione
istantanea: --Gloria, prendi Lortan; Eva, raccogli un po' di questa
polvere nucleare; Bimba, sensori: codice 1; tutti dentro, subito!--
nessuno fece storie e nel giro di 2 minuti eravamo di nuovo dentro
alla Guardiano, al sicuro da quello che stava aggredendo tutti i
vampiri di Marte.
Seguitai
a sparare ordini: --Gloria, porta Lortan nella sezione medica;
controlla e raffronta i picchi radiometrici con quelli dei proiettili
che vi ha sparato il nostro attentatore la settimana scorsa--. Un
lampo di comprensione passò negli occhi di mia sorella. Mentre si
allontanava venni raggiunto da Eva con sacchetto contenente un
campione della strana polvere grigia che ricopriva Marte. Eva era
evidentemente scossa per il rischio corso dalla bambina; la presi per
mano: --andiamo in laboratorio e non ti preoccupare: siamo stati
fuori solo pochi minuti; Lortan e gli altri sono due giorni che
respirano questa polvere e comunque non credo che possano correre più
rischi di quelli che avete corso tu e Gloria con i proiettili
direttamente nel cervello--; mentre entravamo nel trasportatore
chiamai Bimba, che si materializzò vicino a me: --hai i dati dei
sensori?--, guardava preoccupata Eva e me; avrei voluto accarezzarla,
per confortarla, ma non era possibile: --stiamo bene, Bimba, non ti
preoccupare--, Le sorrisi, per dare più forza a quella affermazione.
Allora cominciò a farmi un rapporto su quello che i sensori codice 1
le avevano rivelato: --ci sono due astronavi nascoste dietro Deimos e
Phobos, classe sconosciuta, 120 metri di lunghezza e 75 di larghezza,
composizione metallica con prevalenza di titanio iper-compresso, armi
a raggi gamma classe 5 e scudi a campo elettromagnetico classe 3;
fonte energetica singolarità quantistica livello 3; sistema di
navigazione attivo e passivo livello 3, velocità stimata I.L. 6--;
Molto bene; considerando che la Guardiano poteva vantare armi a raggi
gamma classe 10++, scudi classe 12, navigazione livello 10 e velocità
I.L. 10, il tutto alimentato da motori materia-antimateria e
costruita con un materiale non presente in natura, mille volte più
resistente del titanio iper-compresso, oltretutto stabilizzato da un
campo di dispersione inerziale (che quindi impediva all'inerzia di
creare tensioni nel materiale e anche ciò che “riempiva”
l'astronave, passeggeri compresi) non avremmo dovuto temere alcunché
in uno scontro con quelle navi, neanche contro una flotta di quelle
navi. Bimba proseguì nel suo rapporto: --la nave dietro Deimos ha un
equipaggio di 75 membri, l'altra di 77--. Ebbi un sospetto, che
decisi di appurare: --Bimba, decollo in 5 secondi, motori I.S. 100%,
accelerazione 100g, scudi alzati e smorzamento inerziale al massimo.
Rotta su Phobos--. Nonostante lo smorzamento inerziale fosse al
massimo la velocità del decollo che avevo ordinato ci schiacciò
pesantemente, perché solo con gli iper-motori S.L. l'effetto era
assoluto, ma avevo fretta. Arrivai sul ponte di comando giusto in
tempo per vedere apparire sugli schermi Phobos: --Bimba, schermo
neuronico--. Avevo chiesto che le informazioni dei sensori mi
venissero inviate direttamente nel cervello, per reazioni quanto più
veloci possibili. Ora io e Bimba eravamo collegati strettamente e mi
bastava volere una cosa per ottenerla. Quando voglio muovermi
camminando non penso che devo alzare la gamba, allungarla,
sbilanciare il peso verso avanti, spingere con l'altra gamba,
abbassare la prima gamba ruotando il bacino ed il busto nella
direzione di marcia, ed infine appoggiare il piede per poi
ricominciare tutto questo complesso meccanismo locomotorio con
l'altra gamba; semplicemente, decido in quale direzione mi voglio
muovere e lo faccio, quasi senza rendermene conto; è tutto
automatico. Bisogna solo impararlo e poi il gioco è fatto; ma non è
poi così semplice, come dimostrano millenni di lacrime che i bambini
hanno versato nel tentativo di riuscirvi, procurandosi ogni genere di
lividi e bernoccoli. In quel momento ero nelle condizioni di un
bambino, ma siccome seguitavo ad avere fretta, non avevo alternativa.
Entrai nella modalità iper-veloce volontariamente. Fu una fatica
immensa, perché dovevo pensare, analizzare e agire su una quantità
di dati enorme: velocità di avvicinamento, traiettoria, analisi dei
sistemi della nave avversaria alla ricerca degli impianti dei motori,
delle armi degli scudi e soprattutto della localizzazione delle due
persone extra di quella nave; per fare questo dovetti analizzare la
posizione di ogni singola persona presente nelle due navi, dando per
scontato che ognuno fosse al posto di manovra o combattimento,
identico per le due navi e che, quindi, i due fuori posto fossero
quelli che cercavo. Tutto questo richiese 5 secondi e 74 centesimi,
ma ero sfinito. Tagliai corto: indirizzai due raggi alla massima
potenza, ma massima dispersione, su motori e scudi, fondendoli. Poi
posizionai una bolla di contenimento, sagomando una parte di scudo
difensivo, che avevo spostato da dentro l'hangar navette per
prelevare aria, davanti alla zona dove avevo individuato gli “extra”,
tagliai la struttura della nave fino all'interno della stessa
,“afferrai” i due e, manipolando di nuovo la bolla, li trasferii
all'interno della Guardiano, illesi ma in evidente stato di choc; mi
presi anche il lusso di sigillare lo squarcio nelle paratie della
nave nemica, risaldando una parte della paratia precedentemente
sezionata. Tempo per il rapimento 12:36 secondi. Mi scollegai dal
sistema neurale, quasi svenuto per l'immenso sforzo che avevo dovuto
applicare a quell'operazione e mi abbandonai sul sedile di comando.
1Programmare
è una definizione alquanto vaga di quello che viene fatto per
rendere operativa una I.A; nella realtà, sono stati creati ed
installati (in computer quantistici “madre” dei programmi
evolutivi, che opportunamente stimolati con informazioni di vario
genere “imparano” il mondo e ad interagire con altre I.A. e con
persone vere e proprie (cioè non persone quantiche, come vengono
anche definite le I.A.); quando questi bambini raggiungono un grado
di sviluppo e conoscenza adeguate, vengono trasferite nei computer
quantici definitivi. E' una vera e propria nascita.
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