domenica 23 ottobre 2011

SIMBOLI: QUARTA PARTE.


Quando riaprii gli occhi, erano tutti intorno a me. Eva mi sorrideva: --riposato bene il signore? Caffè e biscotti?--. Azzardai a replicare, ma mi fu impedito; Gloria guardandomi severamente e facendo non so bene quali controlli medici, mi apostrofò: --tu devi essere impazzito. I tuoi valori neurali sono fuori scala...-- non mi faceva ne caldo ne freddo --...verso il basso; altri 5 secondi...--, intervenne Bimba: --...4,89...-- Gloria la indicò come per dire “sentito?” e proseguì: --...e avresti esaurito i tuoi neurotrasmettitori e chissà cosa sarebbe potuto succedere!--; la guardai dispiaciuto di averla preoccupata, ma non potei confessare e/o ammettere errori: --se non avessi fatto così non avrei potuto catturare quei due ed era essenziale riuscirci... stavano per autodistruggersi. Sarebbe bastato un secondo di ritardo...-- lasciai in sospeso e guardai Bimba che precisò: --1,25--. Gloria non disse altro, rendendosi conto della realtà delle mie parole, ma per niente felice e da una borsa medica tirò fuori delle barrette alimentari di emergenza, praticamente tirandomele addosso, ordinando a Bimba di attivare gli emettitori interni di raggi gamma, tranne, ovviamente, nella zona dove erano stati rinchiusi i nostri prigionieri. Lortan era seduto su una poltroncina vicino alla mia e non aveva una bella cera, ma era vivo e tanto bastava. Anche lui stava mangiando una delle barrette. Fu il primo a chiedermi lumi sulle mie recenti azioni: --chi pensi che possano essere quei due?--. Tanto per tenerci compagnia anche Eva e Gloria stavano sgranocchiando quelle barrette, che pescavano dalle nostre scorte. Risposi a Lortan: --come minimo, potrebbero essere quelli che hanno ideato questa strategia di attacco nucleare, ma spero che dei due uno possa essere un supervisore meglio a conoscenza delle strategie e dei vertici dei nostri attaccanti. Andiamo a fare la loro conoscenza--. Mi alzai, non senza qualche difficoltà, ma mi resi conto che stavo andando alla cieca. Guardai Bimba: --dove vado?--; --in fondo al corridoio, cabina 1-12--, fu la sua risposta, intendendo ponte 1, cioè quello dove ci trovavamo, cabina 12. ricordai un'altra cosa: --mentre andiamo, programma la rotta per Marte e attua il protocollo di decontaminazione che ti ho mostrato quando siamo partiti per questa missione--. Per un attimo lo sguardo di Bimba si perse nel nulla, per ritornare presente subito dopo: --fatto; orbita in 30 secondi--; ancora una volta fu Lortan a chiedere spiegazioni per primo: --che cosa è questo protocollo?--. Risposi: --la prima cosa che ho controllato è stata lo spettro del materiale radioattivo sparso su Marte, che infatti è uguale a quello contenuto nei proiettili...-- Gloria non mi aveva riferito sui risultati delle analisi che le avevo chiesto di effettuare, ma io ero stato in contatto diretto con Bimba e nel momento stesso che i risultati erano stati registrati nel sistema, avevo potuto “vederli” --...e, inoltre, ho potuto stabilire, che per rimanere in sospensione quanto più a lungo possibile, per potersi diffondere completamente, era carico positivamente, per farsi respingere dal suolo, carico positivamente anche esso. Quando siamo arrivati noi, la polvere stava decadendo e diventando carica negativamente, così da poter rimanere più saldamente a contatto con il suolo, irradiandolo più a lungo. Già in questo momento, il distorsore di navigazione sta emettendo un campo elettro-quantico positivo (dobbiamo agire anche sugli altri numeri quantici, per la maggior specificità possibile, altrimenti ci tireremo dietro mezzo pianeta), che attirerà tutta la polvere in un punto prefissato nello spazio dove poi potremo distruggerla, presumo in circa 15 giorni. Ho programmato di liberare delle zone prima di altre dove le persone potranno rifugiarsi in attesa di aver bonificato l'intero pianeta, che poi sono quelle corrispondenti ai siti dei bunker di difesa planetari--. Erano tutti decisamente impressionati; nel male dell'attacco era andato tutto a finire bene, ne più ne meno come era successo la settimana prima alle ragazze: tanto rumore per nulla. Comunque dovevamo stare in guardia, perché non potevamo sapere se futuri sviluppi di quelle tecnologie potessero diventare efficaci. Qui entravano in gioco i nostri ospiti.
Ordinai a Bimba di disinserire l'irradiazione gamma nel corridoio, prima di aprire la porta della cabina 1-12, perché le pareti sono schermate, ma se si apre una porta le radiazioni sono libere di passare, quindi entrai; la fame mi stava perseguitando, perciò mentre entrai abbassai gli occhi per prelevare una barretta dal marsupio in cui era contenuta la mia scorta; venni colpito da qualcosa direttamente in testa; persi l'equilibrio, più per la sorpresa che per l'efficacia del colpo e mi ritrovai seduto per terra, con la barretta in mano e un'espressione decisamente stupita ed offesa: --ma dai, che maniere!-- protestai; nel frattempo le ragazze, compresa Bimba, ridacchiavano e Lortan mi stava porgendo una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi, guardandomi con un evidentissimo sforzo di non ridermi in faccia. Gliene sono ancora immensamente grato. Cercai con lo sguardo i due che avevamo catturato, trovandomi difronte una donna sui 40 anni, in piedi in atteggiamento di sfida e più lontano, seduto, con fare annoiato, un ragazzo sui 25-30.
Fu lei a fare le presentazioni: --se potessi ti caverei gli occhi, ma magari ti ricrescerebbero. Sei solo un lurido assassino; anche per catturarci, non ti sei perso il piacere di massacrare l'equipaggio della mia nave e...--; era ora di farla finita e stabilire la verità, quindi la interruppi, afferrandola per un braccio e stringendolo quasi fino a fratturarlo, la attirai a me, molto vicino, la guardai negli occhi; le mancava il respiro, sia per il dolore che per l'evidente coscienza della mia natura, ma non emise un singolo suono; impressionante. Parlai: --avete cercato di sterminare tutta la popolazione di Marte, che tra l'altro è composta anche di ignari esseri umani, come te; avete cercato di uccidere me e le persone che amo di più in questo universo; nell'attacco di 15 anni fa ho riportato danni tali da farmi perdere completamente la memoria e, si, mi ricrescerebbero gli occhi, come mi è ricresciuta la gamba che mi è stata staccata la settimana scorsa in un ridicolo attentato esplosivo. Nonostante tutto questo, non è morta una singola persona su quella carretta che chiami astronave e per le manovre extra che sono state necessarie per evitare morti inutili, sono andato vicino a morire io stesso!--. Avevo alzato un pochino la voce per sottolineare le mie parole; ora la donna piangeva, in assoluto silenzio, anche se non credo che fosse per quello che le avevo detto. Completai la mia protesta/dimostrazione: --Bimba, schermo dati tattico--. Davanti agli occhi della donna si materializzò uno schermo dati olografico, che mostrava l'astronave, le condizioni della stessa, numero e condizioni degli occupanti; a quella risoluzione ogni persona era indicata con una piccola sagoma di forma umana colorata a secondo delle condizioni: verde brillante, viva e in perfette condizioni; rosso vivo, in condizioni critiche; nera, cerchiata di rosso, morta; “cliccare” su di una qualsiasi di esse faceva zoomare il monitor ed evidenziava quali parti, eventualmente, erano in crisi, sempre utilizzando la scala di colori da verde a rosso, passando per le varie sfumature. I componenti dell'equipaggio erano tutti sul verde con qualche sfumatura di giallo. La aiutai a evidenziare alcuni di questi feriti, che si rivelarono essere, al più, contusi. Mi guardò, sospettosa: --l'uomo che ti ha fatto saltare in aria era mio amico. Ora è morto--. Stava cavillando, pensando di avere recuperato il possesso della posizione di superiorità morale, svelando una falla nel mio ragionamento, ma le dimostrai che si sbagliava: --in quella situazione non ho potuto evitare di uccidere, perché stavamo correndo un pericolo diretto e immediato. Ma vedo che forse non sono stato chiaro. Non volevo dimostrare che non uccido mai, ma solo che non mi interessa uccidere per divertimento, perché penso che la vita vada rispettata, finché possibile. Ma non devi assolutamente dubitare che se, per salvare la gente del mio popolo, gli esseri umani che vivono vicino a noi e le persone che amo, fosse necessario fare una strage di te e di quelli che ci attaccassero, lo farei senza battere ciglio--. Mentre pronunciavo quella potenziale promessa di morte, il mio sguardo si fece durissimo e si fissò nel suo e vidi il suo viso diventare grigio; ora ero sicuro che lei sapeva che ero sincero. Quella rivelazione che lei aveva appena ricevuto e accettato sembrò darle qualche genere di imbarazzo, perché ora, quegli occhi carichi di odio e determinazione, presero a vagare, incerti; ma notai la cosa solo in maniera vagamente inconscia; tutta la mia attenzione era dedicata a capire le intenzioni future di quei due.
La lasciai andare, perché avevo paura che il suo braccio andasse in pezzi. In effetti era di un colore veramente orrendo e il ripristino della circolazione procurò dei dolori immensi alla donna, che questa volta gemette intensamente e poi svenne; oltre che non provare piacere nell'uccidere, non provo piacere neanche nel far del male, ma l'evidente rifiuto a credere alle mie parole che quella donna aveva dimostrato, dando per scontato il fatto che avessi appena commesso una strage, aveva reso necessario “sottolineare” le mie parole; chiesi a Gloria di intervenire; applicò un antidolorifico ad azione rapida, un antibiotico ad ampio spettro ed infine un composto rigenerativo che avrebbe rimesso a posto ogni danno nel giro di 6-8 ore. Mentre Gloria faceva il suo lavoro, mi rivolsi al ragazzo, che per tutto il tempo era rimasto ad osservare, con crescente preoccupazione e sempre minore apatia, quello che succedeva sotto i suoi occhi: --avrai capito che non hai particolari motivi di temere che vi sia fatto alcun male; se vi ho catturati è per il semplice motivo che ho bisogno di capire chi vi manda e, se possibile, come fare per poter parlare con lui/lei/loro/voi, perché sono millenni che questa storia va avanti, con l'unico risultato di creare danni e morte, ti faccio notare, soprattutto tra la vostra gente--. Lo guardai in attesa; mi stava valutando cercando di capire le mie intenzioni, oltre l'ovvio, e come regolarsi. Le sue labbra atteggiarono un leggero sorriso, sincero ma prudente: --hai ragione, è molto tempo che questa storia va avanti, ma, vedi, ad ogni nuova generazione di noi, l'odio si rinnova, mentre per te e i tuoi amici, forse, sta arrivando la stanchezza e la volontà di andare oltre; questo lo capisco, ma tu devi capire che finché uno solo di voi rimane in vita, esiste anche il rischio che rinasca la volontà di sterminarci; quindi, se anche ci volesse tutto il tempo dell'universo, dovete essere combattuti...--. Ogni allarme della Guardiano iniziò a suonare e lampeggiare e la voce di Bimba tuonò dal sistema di diffusione audio: --tenetevi forte, onda d'urto livello 10, in 5 secondi!--; ci guardammo tutti in faccia l'uno con l'altro e poi fu l'inferno.
Mi ripresi per ultimo, udendo il suono del pianto di Gloria e vedendo il viso di Eva rigato dalle lacrime; Lortan era impietrito e teneva le sue mani sulla testa. Non capivo: --Bimba, rapporto danni!--; Bimba apparve vicino a me con uno schermo olografico in mano; lo schermo stava visualizzando un pianeta spezzato in tre blocchi principali e un'infinità di frammenti minori, in rapido allontanamento: Marte.
Bimba, per cercare di salvarci, aveva attivato i motori I.L., al solo scopo di massimizzare il sistema di smorzamento inerziale; noi eravamo tutti in buone condizioni, anche se disperati; i nostri ospiti erano morti, a causa delle enormi accelerazioni subite quando l'onda d'urto ci aveva colpiti. Subire un'onda d'urto di livello 10 era l'equivalente del trovarsi nel centro di un' esplosione nucleare qualunque. Dalla distanza orbitale a cui ci trovavamo, con il sistema inerziale al massimo, eravamo sopravvissuti solo grazie all'enorme resistenza fisica di noi vampiri, mentre i nostri ospiti non avevano più un solo osso intero.
Mi avvicinai ad Eva, le toccai un braccio per farmi notare; lei si girò verso di me, con gli occhi pieni di lacrime, dolore e tristezza. La presi fra le mie braccia; prese a singhiozzare e andò avanti molto a lungo. Lortan, aveva fatto lo stesso con Gloria. Come al solito, i maschi non mostravano gli stessi sentimenti delle femmine e, almeno per il momento, potevano dare un aiuto immediato e concreto, ma in situazioni estreme come quella che ci trovavamo ad affrontare, non c'era niente che la lucidità rendesse possibile e quindi era del tutto inutile mantenere una qualsiasi forma di calma.
Ero in piedi davanti ad Eva e Gloria, mentre Lortan era seduto vicino a Gloria e la teneva per mano. Bimba era in piedi poco lontano, scioccata ne più ne meno di quanto lo eravamo noi. Guardavo tutto questo e ad ogni istante che passava mi rendevo sempre di più conto che, forse, quelle tre persone erano le ultime rimaste del mio popolo, oltre me. Iniziai a tremare, la vista si fece sfuocata ed in lontananza sentivo qualcuno che urlava, dei colpi all'interno della Guardiano. Certo, qualcuno che si disperava, che sfogava la sua impotenza, la sua frustrazione, il suo dolore, picchiando, forse, i pugni su di un tavolo. Ma le urla erano sempre più forti, i colpi più tremendi. Ora udivo anche un'altra voce, che chiamava il mio nome; ma era lontana e quasi non riusciva a farsi udire oltre quelle urla e quei colpi. Ora le urla ed i colpi erano vicinissimi, erano così forti che sembravano addosso a me e qualcosa cominciò a stringermi molto forte. Ero immobilizzato, i colpi non si sentivano più, ma le urla erano ancora più forti, così forti che erano entrate nella mia testa; un bruciore enorme si irradiava dal mio petto per tutto il mio corpo; di colpo l'insensibilità che mi aveva paralizzato fino a quel momento svanì e tutto fu chiaro: ero io che stavo urlando, ero stato io a colpire una paratia della Guardiano, a mani nude. La paratia mostrava evidenti segni dei miei colpi, ma le mie mani erano distrutte. Ora smisi di urlare, fui completamente conscio del dolore alle mani e svenni, sfinito.
Di nuovo aprii gli occhi e tutti erano intorno a me, ma questa volta Gloria non ebbe di che rimproverarmi, ma mi abbracciò fortemente e con dolcezza; la strinsi anche io, nonostante le mani mi facessero ancora male. Si spostò da me quel tanto che fu utile per guardarmi negli occhi e per farmi guardare nei suoi. Poi sorrise. Ci impiegai alcuni secondi a rendermi conto che il suo sorriso non stava cercando di confortarmi, ma era invece un sorriso di prudente felicità; il mio sguardo dovette manifestare una qualche forma di stupore e allora Gloria mi spiegò: --è quasi un miracolo, ma le vittime sono solo il 5% e per lo più fra la popolazione umana. Ancora una volta si sono sbagliati e ci hanno sottovalutato. Anzi hanno sottovalutato Bimba. Questa deliziosa bambolina, mentre dava l'allarme, ha inventato una soluzione che ha dell'incredibile. Devi sapere che i rifugi che tu stesso hai aiutato a bonificare, sono dotati di schermi difensivi immensamente potenti, auto-alimentati con generatori materia-antimateria praticamente identici a quelli della Guardiano, che producono un campo gravitazionale autonomo, trattengono l'aria e, soprattutto, generano un campo anti-inerziale che impedisce forti accelerazioni. Tutto questo allo scopo di stabilizzare i rifugi in caso di attacchi nucleari o comunque esplosioni enormi. In definitiva quelle zone di Marte si comportano come un'astronave, rendendole autonome, come isole, ma molto più in grande. Il problema era che Marte era a pezzi e c'era il rischio che con il tempo le varie parti si allontanassero fuori dal sistema solare, troppo lontano affinché il Sole potesse più scaldare la superficie. Bimba, sfruttando i motori della Guardiano, ha generato una singolarità gravitazionale enorme, localizzato nel centro di massa che era prima il centro del pianeta e praticamente ha rimesso insieme i pezzi!--. Mi mise davanti agli occhi un d-pad solido, perché, come scoprii poi, l'energia della Guardiano era praticamente esaurita e anche Bimba era entrata in modalità riserva. Il d-pad mostrava Marte di nuovo intero seppure con qualche evidente frattura e qualche pezzo mancante. Allargai l'immagine per vedere che fine avessero fatto le parti mancanti e mi resi conto che stavano lentamente avvicinandosi alle zone da dove provenivano, per poi, presumibilmente, ritornare al loro posto. Comunque, il 5% della popolazione corrispondeva a migliaia di esseri umani. Ancora una volta avevano fallito il loro scopo principale di distruggerci definitivamente, uccidendo quelli che dovevano essere, secondo le loro deliranti intenzioni, difesi.
Con il residuo di energia disponibile, atterrammo per fare scorte di materia ed antimateria, riparare i pochi danni subiti dall'astronave e dare una mano per aiutare in quello che era possibile. All'atterraggio venimmo accolti da un clamore di persone indaffarate a curare i feriti umani, a dispensare cibo, bevande, coperte. Scendemmo dalla Guardiano, consci del miracolo a cui assistevamo. Il pianeta era sostanzialmente intatto; solo una minima parte di atmosfera era andata perduta e sarebbe stata rimpiazzata grazie a processori ambientali, che comunque facevano parte integrante del mantenimento della biosfera; Marte, già a causa della sua ridotta gravità, aggravato dalla mancanza di un campo magnetico che lo difendesse dal vento solare, aveva un elevato tasso di dispersione dell'atmosfera nello spazio, accelerato, inoltre, dell'aumentata temperatura imposta dall'aumento di pressione atmosferica. Ovviamente i processori ambientali erano collocati nelle immediate vicinanze dei rifugi, quindi erano rimasti praticamente integri e funzionanti.
Consegnammo la Guardiano ai tecnici e agli ingegneri, per le operazioni di manutenzione, diretti al centro di comando, sicuri di aver lasciato sia la nave che Bimba in competenti e amorevoli mani.
L'accoglienza che ricevemmo fu decisamente minore rispetto a quello che era stato previsto in un primo momento, ma comunque, visto anche l'apporto alla soluzione della crisi in atto, fu relativamente festosa; Lortan ci accompagnò verso la sala del consiglio, probabilmente uno dei luoghi meglio schermati e difesi dell'Universo. La porta che vi dava accesso, si apriva su un salottino, tutto meno che formale; sulla sinistra un piccolo bar, con dispensatori di alimenti e bevande di ogni sorta e genere; sulla destra un ampio schermo, con una piccola consolle, da cui si poteva accedere a ogni database del pianeta e del sistema solare, Terra compresa. Difronte allo schermo un semicerchio di poltrone, ma sarebbe meglio dire di divanetti, con l'occorrente per comandi base dello schermo e, soprattutto, un tavolino (per ogni divanetto), dove poter appoggiare cibo e bevande. Quello era il luogo dove il consiglio direttivo degli anziani si riuniva per risolvere ogni crisi che si presentava, per emettere nuove direttive, leggi e regole, impiegandoci tutto il tempo necessario. Tutto questo lasciando nella completa ignoranza gli abitanti della Terra e degli altri pianeti che componevano il cosiddetto “dominio umano”. Gli stavamo letteralmente davanti agli occhi, ma come ha detto qualcun altro, “non c'è modo migliore di nascondere qualcosa che dove è più ovvio che NON possa stare: in piena vista”.
Le “poltroncine” erano tutte occupate eccezion fatta per i 4 posti centrali. Quando entrammo nella sala tutte le teste si girarono verso di noi, ansiosamente attesi. Quello che avvenne sembrava essere stato coreografato da abili professionisti della danza: a cominciare dal primo consigliere sulla destra, si alzarono come un'onda umana e si avvicinarono, prima a me, mi strinsero la mano, passando alle ragazze che vennero tutte accuratamente baciate, per finire con Lortan, che era mancato solo per poche ore, ma che tutti erano ben felici di vedere vivo e vegeto. Ci avevano appena invitati ad accomodarci ai nostri posti, che, notai, erano leggermente separati dagli altri e che erano, appunto, quelli centrali, che una voce dal fondo della sala richiamò l'attenzione di tutti: --posso entrare?--. Era Bimba, che pur non invitata, aveva ritenuto di aggregarsi al nostro piccolo gruppo, proiettando la sua immagine nella sala del consiglio. In realtà nessuno aveva pensato di invitarla, visto che, fino a pochi minuti prima, non poteva neanche materializzare la sua immagine, per l'esaurimento dell'energia della Guardiano. Ora, evidentemente, il problema era stato risolto. In realtà c'era qualcosa di strano; l'immagine di Bimba era addirittura più nitida e definita di quello che ero abituato a vedere, ma forse dipendeva dai proiettori olografici della sala, magari più avanzati di quelli della Guardiano. Lei si stava avvicinando timidamente e mi guardava dritto negli occhi; ok, è sempre stata una “ragazzina”, cortese e discreta, ma ora mi sembrava decisamente intimidita; troppo. Sul suo viso si materializzò un sorriso spettacolare e lei corse verso di me, allargando le braccia. Quando il suo piccolo corpo mi colpì, la sorpresa fu così grande che cademmo, tutti e due, sul divanetto di cortesia al centro della sala. Mentre ero lì incredulo e felice, uno dei consiglieri, che successivamente seppi chiamarsi Abel, mi spiegò: --è una delle tante sorprese che ogni tanto ci regala il dipartimento di ricerche avanzate, tutto opera di Bimba stessa e delle sue scoperte, che poi è quello che sta pure costruendo la Guardiano II, ammesso che vogliate mantenere il nome--. Guardai la piccola Bimba che ancora era felicemente abbracciata a me e non avrei saputo dire in cosa differiva da una ragazzina nata da una donna: era calda, morbida, sentivo addirittura il suo cuore battere veloce e il petto alzarsi ed abbassarsi nel respirare; le presi il viso fra le mani, accarezzandolo; perfetta! Anche le lacrime di gioia che scivolavano sulla sua luminosissima pelle, erano più che mai vere. Ancora una volta la felicità, anche nei momenti più tristi, arrivava dalle persone che amavo, perché, ormai, Bimba era vera e reale. Percepivo una forte emozione intorno a me, che si manifestò nella voce di Eva: --Bimba!--. Eva era lì con le braccia aperte, le lacrime agli occhi, felice ancora più di quando aveva saputo che Bimba rappresentava una nostra figlia futura. Bimba si staccò da me e corse fra le braccia di Eva. Si strinsero molto forte (mi sembrò di sentire scricchiolare qualche vertebra) e poi appoggiarono le loro fronti l'una contro l'altra e alla fine Eva baciò la fronte della piccola e le accarezzò il viso sorridendo.
Abel, che aveva atteso pazientemente che quel tornado emotivo potesse sfogarsi, ci richiamò all'ordine: --ho da mostrarvi una cosa molto interessante...--, era alla consolle principale e stava, tramite un comunissimo mouse, estraendo un file video, ad altissima risoluzione, --...mentre stavamo tutti svenendo in preda alle convulsioni, la nostra splendida Bimba ha avviato un processo di monitoraggio video e sensoriale, che ha mantenuto per tutto il tempo, fino al rientro su Marte; ora sappiamo esattamente cosa è successo, perché e soprattutto sappiamo dove sta andando la nave superstite che era occultata dietro Phobos. Infatti pur sapendo quello che stava per succedere, non si sono allontanate in tempo; dei veri fessi, che non solo sono sprovveduti a livello di semplice tattica militare, ma dispongono di una intelligence imbarazzante. Comincio a pensare che siano solo miseri esecutori e che non siano neanche gli ideatori e sviluppatori delle tecnologie che hanno utilizzato per attaccarci--. Intervenni, per aggiungere una idea che mi era balzata in testa proprio a causa di quelle affermazioni riguardanti la pochezza della strategia dei nostri attaccanti: --secondo me è pure peggio di quello che sta emergendo; stanno infatti dimostrando il più assoluto disinteresse per le morti umane collaterali, come fossero accettabili o addirittura di nessun conto. Se il piano di distruggere Marte fosse andato completamente in porto, sarebbero morti oltre un milione di esseri umani; sulla nave andata distrutta, io credo perché non erano stati adeguatamente informati della potenza e della rapidità dell'esplosione, sono morti circa 500 esseri umani e chissà se anche sull'altra non vi siano state vittime. Come minimo si può dire che siano andati persi combattenti anti-vampiro. Credo che i nostri nemici non siano semplici esseri umani--. Sullo schermo era mostrata la posizione della nave superstite, in allontanamento dal Sistema Solare. Apparentemente la sua rotta puntava verso il sistema di Alpha Centauri. Ora, si trattava solo di stare a vedere gli sviluppi e cercare di capire chi, di preciso, fossero i mandanti e quali altre sorprese avessero in serbo.
La mia idea era stata accolta con preoccupazione, da tutti i consiglieri e anche dal nostro gruppo, perché questo portava ad un'ulteriore livello la lotta che, nostro malgrado, combattevamo da ormai tanto tempo.
Abel continuò con le rivelazioni riguardo gli accadimenti: --la frammentazione del pianeta è stata causata dalla trasformazione del materiale depositatosi sulla superficie dopo l'attacco nucleare iniziale. A quanto pare il decadimento della polvere ha dato vita, reagendo con la terra che normalmente compone la superficie marziana, ad un campo antigravitazionale, che seguendo le linee di minor resistenza della struttura planetaria, ne ha determinato la destabilizzazione e quindi la separazione a causa della forza centrifuga. L'intervento di Bimba nel separare e allontanare la polvere nucleare ha limitato i danni; sospettiamo che altrimenti il processo di frammentazione sarebbe proseguito fino al disgregamento totale, polverizzando letteralmente l'intera massa planetaria. Fortunatamente, i sistemi di difesa installati nelle zone di raccolta, che voi avete ulteriormente rafforzato, erano sconosciuti ai nostri attaccanti, contribuendo alla salvaguardia della struttura e riducendo al minimo i danni e le perdite umane--. Disse quelle ultime parole con evidente tristezza, perché molti di quegli umani deceduti nell'attacco erano stati amici e compagni, oltre che colleghi. È questo che i nostri attaccanti non riuscivano a comprendere della civiltà instaurata nella galassia negli ultimi secoli: umani e vampiri stavano integrandosi in un unico popolo, con benefici per entrambe le razze; era ora di mettere fine a tutto questo massacro e l'unica maniera era quella di capire chi fossero questi nostri nuovi nemici e se necessario far capire loro in quale ginepraio si erano andati a cacciare; far infuriare e mettere alle strette gli esseri umani e quindi i vampiri, loro cugini, significava scatenare nell'Universo una forza primordiale che ha sempre comportato devastazioni e morte inimmaginabili e terrificanti. Se come stavo sospettando, i nostri nemici erano addirittura di provenienza extra-galattica, sarebbe stata una lotta mostruosa e sanguinosa, ma necessaria, perché il mio popolo e le persone che amavo erano in pericolo e questo mi rendeva determinato a fare qualunque cosa necessaria per tenerli al sicuro. Purtroppo sospettavo che sarebbe potuta essere anche una guerra sporca, combattuta con mezzi distruttivi assoluti, come peraltro, aveva dimostrato il recentissimo attacco a Marte.
Abel ci richiamò tutti all'attenzione: --adesso, visto che la giornata è stata intensa e siamo tutti sfiniti e stressati, suggerirei di prenderci una pausa e per chi lo vuole possiamo trasferirci nella sala ristorante...--. Nessuno si dimostrò così stanco da non riuscire ad accettare quella favolosa occasione di ristoro e rilassamento. Rapidamente ma con il massimo ordine tutti si diressero verso l'uscita della sala del Consiglio degli Anziani; una mano mi si appoggiò su una spalla; mi girai nella direzione da cui veniva quel richiamo e vidi che era Abel, che sorridendo, mi faceva cenno di seguirlo alla consolle di comando. Si unirono a noi anche le tre ragazze e Lortan. Armeggiando con i comandi fece apparire l'immagine interna di un hangar navale non lontano da dove ci trovavamo; la nave inquadrata sembrava la Guardiano, ma mi resi conto subito che le dimensioni erano molto diverse, perché, nonostante l'immagine dell'astronave fosse tutta all'interno dello schermo, vedevo distintamente delle persone affaccendate intorno ad essa; era più piccola, lunga circa 25 metri. Pensai che potesse essere una classe di navi di appoggio, che prendeva il meglio, in piccolo, dalla tecnologia applicata alla Guardiano. Così domandai: --e la Guardiano II?--. Abel mi guardò serio e con una sfumatura divertita e mi rispose: --è quella la Guardiano II--. Non riuscivo a crederci: --ma è piccolina!-- ero sicuro che non potesse essere possibile e che forse fosse addirittura uno scherzo. Abel senza battere ciglio zoomò sulla chiglia della piccola astronave, subito sotto alla zona frontale e il nome che si rivelò mise fine al mio stupore: Guardiano II.
La forma ovale era stata mantenuta, ma ovviamente le proporzioni era state modificate; la sezione verticale era stata maggiorata, per far fronte al fatto che ora delle persone dovevano potersi muovere agevolmente; il ponte di comando era stato spostato davanti, per consentire una visuale diretta dell'esterno per le manovre a vista, dato che la Guardiano II poteva atterrare sulla superficie di un pianeta, come anche la Guardiano I, che però eseguiva le manovre in maniera automatizzata: selezionava l'area di dimensione adeguata più vicina al punto di atterraggio programmato e tramite sensori appositi, procedeva alle manovre opportune, adattando anche l'altezza relativa dei piloni di appoggio, in maniera che fosse perfettamente livellata; la Guardiano II la si poteva manovrare a vista, davanti, e grazie a cavi a fibra ottica, che rimandavano la luce in maniera analogica, in tutte le altre direzioni; date le così ridotte dimensione poteva entrare in qualsiasi hangar; tutto questo aveva lo scopo di permettere, anche nelle situazioni di emergenza (cioè con i sistemi elettronici in avaria) di manovrare e atterrare. Questo ci stava illustrando Abel, ma Eva ebbe da obiettare: --ho fame; parliamone domani--. Siccome il tono di quell'affermazione non prevedeva dibattiti o rifiuti, tenendo un braccio intorno alle spalle di Bimba, si girò e si avviò verso la sala ristorante; conferenza aggiornata. La seguimmo senza ulteriori indugi.
Dopo la cena, pure troppo abbondante e prolungata, decisi di andare a vedere le operazioni di soccorso a che punto stavano; vidi Lortan dirigersi verso l'uscita del palazzo del consiglio e lo chiamai: --stai andando agli ospedali?--; si girò verso di me sorridendomi; mi resi conto solo allora che era a braccetto con Gloria: --no, sono stati tutti medicati o, purtroppo, sistemati in attesa di essere sepolti e credo che stiano perlopiù dormendo. Vado a vedere domattina, ma se vuoi andare a dare un'occhiata, penso che troverai la mia assistente Nadia di turno--; nel frattempo mi ero avvicinato a loro due e non potei fare a meno di notare che Gloria era sfinita (mi sorrise, a malapena notando la mia presenza). Decisi di rimandare la mia visita di Capo del Consiglio a quando sarebbe stata forse più utile a dare maggiore coscienza del sostegno del Consiglio e quindi presi appunto mentale di recarmi agli ospedali da campo la mattina successiva. Stavo riprendendo il completo contatto con la realtà del mio ruolo nella comunità dei vampiri; anche se io non ricordavo nulla, tutti sul pianeta mi conoscevano e ormai sapevano quello che mi era accaduto e che, al momento, ero a mezzo servizio; ciononostante, avevo compiuto delle azioni molto simili ad atti di eroismo, così le aveva definite Abel, e nessuno si preoccupava delle mie difficoltà mnemoniche: le mie azioni dimostravano quanto mi importava della gente che componeva la popolazione di Marte, sia che fossero umani o che fossero vampiri. Ero a disagio per come mi guardava la gente mentre passavo fra di loro, perché a me era sembrato normale agire in quel modo e anzi mi ero reso conto che la fretta di bonificare il pianeta dalla polvere radioattiva aveva creato le condizioni per la morte di molte persone e questo mi faceva male. Sapevo di non avere colpe; quello che mi disturbava era la consapevolezza di essere stato manipolato; non mi sentivo assolutamente un eroe.
Mentre salutavo Lortan e Gloria, venni raggiunto da Eva e Bimba, evidentemente stanche pure loro1; per decisione unanime il gruppo optò per ritirarsi a dormire. Quando fummo vicini al nostro alloggio (vale a dire mio e di Eva) mi resi conto, stimolato dall'atteggiamento di Bimba, che non accennava ad andarsene, che l'improvviso trasferimento dell'essenza di Bimba nel suo nuovo corpo artificiale, non aveva dato tempo a nessuno di trovare anche per lei un appartamento (ammesso che ne volesse uno). Guardando Eva, alla ricerca di un'approvazione di cui peraltro non dubitavo, mi rivolsi a Bimba: --se non sbaglio, non ti è stata assegnata una stanza, giusto?--; il perfetto sorriso di Bimba mi fece capire che aveva capito dove stava andando a parare il mio discorso e la sua risposta completò la mia impressione: --no; se mi ospitate starò buona buona--; Eva sorrideva verso di me con aria saputa e annuendo; avevamo raggiunto l'appartamento che ci avevano assegnato e aprendo la porta accettai la promessa di buon comportamento di Bimba: --non ne dubito minimamente; rimani quanto vuoi--. Entrammo tutti, girando gli occhi intorno per vedere come erano disposte le camere e, in generale, l'appartamento; fu subito evidente che mancava un letto per Bimba; cercai e trovai il telefono dell'appartamento e digitato lo zero, alla voce che rispose chiesi se avesse saputo indicarmi dove andare a rimediare un letto supplementare. Quello che seguì fu una delle conversazioni più irritanti e imbarazzanti che avessi mai sostenuto; non era proprio la giornata adatta... Un suono (che indicava che dall'altra parte avveniva uno squillo di chiamata) e una voce atona che rispondeva: --in cosa posso esserle utile?--; io: --scusi se la disturbo; il mio nome è Adam e chiamo dalla camera 145. mi servirebbe un letto aggiuntivo--; ascoltai in attesa dell'indicazione che avevo richiesto, ma l'attesa si prolungava; quando avevo ormai deciso di verificare la presenza del mio interlocutore, con perfetto tempismo questi si palesò così: --mi scusi signore, ho controllato, ma la sua camera è matrimoniale e questo significa che prevede solo un letto per due persone...--; smise di parlare, come se quello che aveva appena detto avesse definitivamente risolto qualcosa, ma a me serviva un letto in più, quindi: --me ne ero reso conto da solo entrando, ma ho deciso di ospitare una signorina...--; lo lasciai a meditare sul fatto che la mia decisione era già stata presa, ma di nuovo dall'altro capo del telefono mi arrivò di rimando solo silenzio; attesi ed infine così proseguì il mio interlocutore: --non dubito della sua perfetta capacità analitica a riguardo della composizione dell'appartamento, signore, ma il nostro complesso residenziale è stato progettato in maniera precisa e meticolosa per rispettare ogni esigenza abitativa e andare a modificare questa condizione non è possibile... forse, domani, potremo vedere se sia possibile trovare una sistemazione per la sua ospite supplementare...--; mi stavo decisamente innervosendo e decisi di interrompere quello sproloquio: --mi deve veramente perdonare, ma forse non mi sono spiegato adeguatamente; io devo sistemare la mia ospite per questa notte, non domani; come indicato sul foglio affisso sulla porta, ho selezionato il numero a cui rivolgersi per QUALUNQUE necessità e lei è stata la persona che ha risposto alla chiamata e che quindi dovrebbe cercare di risolvere la mia necessità, che è sistemare la mia ospite, nel mio appartamento, stanotte. Ma, comunque, se questo proprio non le è possibile, è sufficiente che mi indichi dove posso trovare il letto extra che mi serve; provvederò di persona al trasporto--; ancora una volta attesi convinto di essermi espresso con la massima chiarezza; ancora una volta mi ero sbagliato. Lui: --posso sicuramente indicarle il magazzino dove sono stivati i materiali extra, ma questo è vietato e poi dovrei consegnarle le chiavi del suddetto, ed è una cosa assolutamente vietatissima anche questa; senza considerare che abbiamo personale apposito per il trasporto del materiale che eventualmente si rendesse necessario spostare; non posso quindi consentirle di effettuare lo spostamento da solo; lei capisce che se si diffondesse l'abitudine, tra i nostri ospiti, di fare da soli quello che altre persone sono pagate per fare, si rischierebbe di perdere posti di lavoro importanti per le famiglie dei nostri lavoratori--. Adesso venivano fuori anche delle rivendicazioni sindacali. Quell'uomo era un muro di gomma e io stavo prendendo una brutta china: quella che passa per la rabbia e finisce nelle percosse; tentai un'ultima volta, giocando la carta della compassione: --senta, con quello che è successo oggi, è stata una giornata molto, molto faticosa per tutti e abbiamo bisogno di riposo e tranquillità; se potesse chiudere un occhio sulle giuste regole del vostro complesso residenziale, saprei ricompensarla adeguatamente. Si?--; e invece no, per l'ennesima volta: --sono proprio spiacente, signore, ma non posso accettare compensi extra-salariali; sono pagato, e bene, anche per fare rispettare scrupolosamente il regolamento; buona notte--. Mi aveva riattaccato in faccia, offeso. Stavo guardando il telefono, deciso ad atti di ritorsione devastanti, ma contai fino a dieci... tre volte; poi decisi di agire in maniera diversa. Mi girai verso Eva e Bimba, che avevano seguito la mia conversazione con quel pedante e pignolo impiegato, vedendomi sempre più preda dello sconforto e, forse, di una certa irritazione, che poteva anche sfociare in qualcosa di pericoloso. Invece le guardai e me ne uscii con queste parole: --piano B--.
Cominciai a dispiegare i punti del piano; dopo essermi di nuovo guardato intorno ed aver individuato una porta dati, chiamai Bimba vicino ad essa: --dovresti trovare le planimetrie di questo posto; mi serve sapere la posizione del magazzino dove sono stivati i mobili extra per le camere--; Bimba, senza fare una piega, infilò il dito indice della sua mano destra nella presa dati, circolare. Vidi chiaramente l'anatomia del dito trasformarsi per adattarsi perfettamente alla presa, ivi compresa la composizione, vale a dire il materiale di cui era composta: era diventata una spina dati ad alta velocità. Lo sguardo di Bimba divenne vitreo, ma solo per alcuni istanti; sfilò il suo dito dalla presa e guardandomi, un'espressione malignetta apparve sulla sua faccina; si voltò verso la porta e mentre la apriva disse: --trovato; seguitemi, non è molto lontano--. La seguimmo.
Dopo alcune svolte e circa 200 metri di corridoi, ci ritrovammo davanti al segretissimo magazzino. Provai ad aprire la porta, ma era, ovviamente, chiusa. Passai alla modalità iper; la porta, non senza qualche lamento (il suono metallico del chiavistello che si spezzava), si aprì, dischiudendo alla nostra vista la caverna del tesoro: letti, comodini, sedie, qualche armadio e, su delle scaffalature alle pareti, cuscini, lenzuola, coperte e federe. Ci organizzammo così: io afferrai la struttura metallica del letto, Eva il materasso, Bimba coperte cuscino e quant'altro potesse servire.
Ma le sorprese non erano finite, infatti, avevamo appena percorso pochi metri in direzione del nostro appartamento, che ecco arrivare di corsa, in una condizione di affanno totale, tre persone. Uno era molto magro, con i capelli corti e degli occhialini dalla forma rotonda e montatura leggera; gli altri due erano molto più massicci, uno biondo e uno moro e la scritta “sicurezza” li qualificava perfettamente; per esclusione fu ovvio che l'altro doveva essere il mio interlocutore telefonico; Eva mi parlò a bassa voce: --pensa, c'era un allarme collegato alla porta!--; aveva proprio ragione.
Il tipo mi si parò davanti, con tutta la sicurezza di chi si trova dalla parte della ragione, protetto dal rango del suo ruolo, dalle sacre regole che era sua missione far rispettare. Un classico esempio di fallito di successo, quel tipo di persona che del proprio ruolo lavorativo, magari anche di assoluto prestigio, ne ha fatto ragione e UNICA giustificazione della propria vita e che quindi protegge con ogni fibra del proprio essere, senza rendersi conto che il proprio reale valore come persona risiede in ben altre cose: rispetto degli altri, flessibilità nei giudizi, gentilezza fin dove possibile, che a scatenare sante crociate c'è sempre tempo.
Ero sicuro di avere davanti a me mezz'ora di puro e sanissimo divertimento; dopo avermi reso la fine di una giornata, già tragica, ancora più sofferta, adesso era il mio turno; nessuno, per quello che io ricordi, si è mai potuto permettere di mettermi i piedi in testa (e mi riferisco ai 15 anni che ho vissuto ignorando chi fossi realmente), senza pagarne le conseguenze. Lo guardai di rimando, sollevando appena un sopracciglio, in aperta sfida: doveva esporsi fino in fondo, perché io non avevo la minima intenzione di fare un singolo passo indietro.
Un barlume di disappunto balenò nei suoi occhi, dato che era sicuramente convinto che avermi preso con le mani nel vasetto dei biscotti, mi avrebbe messo in imbarazzo e mi avrebbe fatto chinare la testa, sottomesso. Ma in quel momento aveva difronte una faccia di pietra. Recuperò il suo aplomb ed esordì in questa maniera: --signore, lei si trova in grossi guai; secondo il codice di sicurezza vigente, paragrafo 4, comma 12: “chi sottrae senza autorizzazione materiale di appartenenza del complesso residenziale 'il buon riposo', in seguito indicato con 'il complesso', può essere trattenuto, anche con la forza, in attesa delle forze dell'ordine, che lo prenderanno in custodia per svolgere le opportune indagini al fine di stabilire la pena e i danni da rimborsare, siano essi materiali e/o morali”--; detto questo (citato perfettamente a memoria, non ho dubbi, virgola per virgola), fece cenno ai due vigilantes, che si avvicinarono, uno per uno, a me e ad Eva; Bimba, che, per quanto ne sapevano loro era una indifesa ragazzina, venne lasciata tranquilla; uno finì lungo disteso, a scivolare nel corridoio; l'altro, si schiantò contro una parete; entrambi erano svenuti, ma sostanzialmente incolumi. Il nostro amico era decisamente in imbarazzo, ora che le sue guardie del corpo erano fuori gioco; lo vidi tirare fuori da una tasca della giacca verde, di alta sartoria, un piccolo congegno con un unico pulsante rosso, che lui pigiò prontamente e con evidente sollievo. Era un allarme silenzioso, visto che nel giro di pochi secondi, dalla parte di corridoio da cui erano arrivati i nostri aguzzini, arrivarono, in successione, Lortan, Gloria e Abel. Ora veniva il bello. Quando li vide, riprese colore e sicurezza, così cercò di iniziare a spiegare i fatti; venne accuratamente ignorato da tutti e tre, che invece si avvicinarono a me e ad Eva; il colpo di grazia lo inferse, involontariamente, Gloria, rivolgendosi a me: --che succede fratello, è stato attivato l'allarme di massima sicurezza, ma gli schermi di controllo indicano che tutto è a posto--. Aveva in mano un d-pad, con gli indicatori tutti sul verde; lei aveva sicuramente notato il materiale che io, Eva e Bimba avevamo intorno a noi, ma non poteva immaginare quale fosse la reale natura del problema. Sul mio viso si allargò un sorriso e non feci altro che girare gli occhi, ad indicarlo, verso il bel tomo (“te lo spiega quello lì”), che difronte alla definizione che Gloria aveva usato nel rivolgersi a me, era diventato bianco e rigido (credo uno stato di rigor mortis caldo): stava cominciando a realizzare in quale incredibile e devastante vicolo cieco si era infilato.
Gloria e Lortan e Abel si girarono contemporaneamente verso di lui e dalle loro espressioni nel vedere il pulsante che aveva attivato l'allarme, esso capì chiaramente di essere spacciato. Fu quella gentile persona che si era dimostrato Abel ad afferrarlo per un gomito e a trascinarlo, facendogli appena appena toccare i piedi a terra, oltre il primo angolo del corridoio (a circa una ventina di metri) e appena svoltato, a fargli quella che fu una lavata di capo spaventosa; ebbi modo di notare che la voce di un vampiro può raggiungere toni e timbri capaci di incrinare pure il cemento più resistente. Nel mezzo di quella specie di rumore bianco emesso dalle corde vocali di Abel mi parve di riconoscere una particolare combinazione di parole: incosciente, esaltato, pedante burocrate, inframmezzate ad alte parole che, sono sicuro, le vostre orecchie delicate e timorate di Dio (o Dei) troverebbero, ehm..., dolorose, nonché indecorose. Ci fu una breve pausa, circa un minuto, ma forse era solo la relativa differenza di volume a trarmi in inganno, e poi sia l'uno che l'altro ricomparvero. Abel si avvicinò per primo e si mise subito alla destra di Bimba, come una persona che invita un'altra a farsi avanti. Il pedante burocrate si mise difronte a Bimba e fece ammenda: --credo...--, venne interrotto da Abel, vagamente ringhiante: --credi?--; il p.b. (pedante burocrate, povero buffone, perfetto babbeo, ecc...) deglutì e riavvolse il nastro: --sento il bisogno di chiederle di perdonarmi, signorina, perché mi sono comportato senza il minimo riguardo per le sue difficoltà; la prego di credermi che non avevo capito l'importanza della cosa...--, id est2: “con chi avevo a che fare”, --...e di assicurarla che questo genere di disguidi non si verificherà mai più e che qualunque necessità le occorra di risolvere, potrà senz'altro contare sulla mia solerte attenzione--. Nonostante avesse cercato di smorzare i toni delle sue colpe, sembrava sincero e anche Bimba se ne era resa conto; le sembrò normale accettare quelle scuse: --le chiedo scusa per il disagio provocato e mi auguro che questo incidente possa essere dimenticato presto--. Porse la mano al p.b., che la strinse sollevato e impressionato dalla dolcezza e dalla gentilezza di quella strana ragazzina. Poi, con un inchino da perfetto maggiordomo d'altri tempi, si girò sui tacchi e se andò, cercando di recuperare la sua compostezza.
Bimba era una vera principessa e io, come tutti gli altri, ero impressionato. Avevamo davanti a noi una persona artificiale, che racchiudeva le più avanzate conoscenze robotiche, quantistiche e le più deliziose caratteristiche umane in un insieme straordinariamente perfetto di efficienza e bellezza.
L'incidente era chiuso e tutto il nostro gruppo arrivò presso la camera 154 ed entrò (era un appartamento piuttosto spazioso). Solo in quel preciso momento mi resi conto che a fianco della camera matrimoniale c'era un altra porta; la guardai con un aria un po' colpevole, appoggiai a terra la rete del letto e avvicinatomi alla porta la aprii con timore, era un'altra camera completamente arredata, letto escluso. Eva e Bimba erano dietro di me, per osservare come organizzarsi, senza essersi rese conto di quanto stavo invece realizzando io, e quando mi girai in preda ad una certa fretta di controllare una cosa, quasi le travolsi. Eva mi guardava con l'aria di chi non capisce che cosa sta combinando un'altra persona, ma come tutti gli altri dovette aspettare che potessi confermare i miei dubbi. Arrivai alla porta principale dell'appartamento, la aprii, ancora una volta con un certo timore, guardai il numero che indicava la camera. Cazzo, cazzo, cazzo. 154, non 145. Mi girai verso l'interno e guardai gli altri: --oops!--; Eva non capiva e meno che meno gli altri; spiegai: --al pedante burocrate, al telefono, ho detto che la nostra camera era la 145 e a lui risultava che fosse solo matrimoniale--. Tutti alzarono il loro sguardo al numero sulla porta. Mi è stato riferito che le risate sono state sentite in tutto il complesso residenziale.
Quello che era successo era evitabile, anche se alla fine, indipendentemente da come era nato il problema, il p.d. aveva veramente esagerato e si era meritato tutto quello che gli capitato, compreso il 'rimprovero' che aveva subito da Abel. Se però c'era una lezione che poteva essere appresa da quel fatto, era che le situazioni drammatiche, se non addirittura tragiche, facevano sempre emergere il peggio delle persone, che in quella maniera ponevano un muro di difesa contro il malumore e/o il dolore che provavano a causa degli accadimenti. Insisto a dire che poi si meritano comunque di essere punite, perché i motivi del malumore non vanno mai usati come giustificazioni e perché così facendo puniscono altre persone che nulla hanno a che vedere con le cause dei drammi o delle tragedie, ma rimane il fatto che gli esseri umani non sono perfetti e, soprattutto, non sono, se non in rari casi (che non costituiscono statistica) minimamente maturi e quindi in grado di porre in prospettiva fatti e persone.
Era, ormai, molto tardi, ma comunque nessuno di noi si decideva a tornare alla propria camera o appartamento; forse non volevamo rimanere soli, perché quell'incidente ci aveva fatto capire che la patina di civiltà che mostravamo al mondo era in realtà molto sottile e, in quel giorno particolare, aveva subito un duro colpo e mostrava grandi crepature. Come in ogni branco di mammiferi, stavamo vicini e cercavamo conforto gli uni dagli altri. Alla fine fu Gloria a rompere gli indugi: --ragazzi, non riesco a tenere gli occhi aperti, e anche se ora i posti letto sono aumentati...--, guardò verso di me ma io la ignorai accuratamente, --...non ci si sta tutti, quindi, a domani--; cominciò ad alzarsi e a dirigersi verso la porta d'uscita, quando Abel la bloccò: --ho una proposta: ormai è veramente tardi...--, l'orologio indicava quasi le 2 di notte, --...e non vedo che motivo ci possa essere di fare una levataccia, quindi aggiorno il nostro incontro a domani dopo pranzo, diciamo verso le 14 e trenta, così nel pomeriggio vedremo il da farsi e avrò modo di illustrarvi le meraviglie della Guardiano II--; ma Eva non era dello stesso avviso: --non dovremmo iniziare l'inseguimento della nave superstite?--, la domanda era rivolta a tutti oltre che ad Abel, che però si premurò di toglierci ogni genere di preoccupazione: --alla massima spinta quel catorcio arriverà su Proxima III tra un minimo di tre giorni, oggi escluso; a noi sarà sufficiente partire un'ora prima, compresa la manovra di avvicinamento e parcheggio in orbita, quale che sarà l'orbita che decideremo di tenere--. Eravamo tutti letteralmente a bocca aperta: la manovra di avvicinamento e parcheggio in orbita richiedeva, mediamente, 60 minuti; Abel ci stava dicendo che il tempo di viaggio non era da tenere in considerazione e quindi anche la distanza era ininfluente. Quando mi ripresi dalla sorpresa Abel era già andato via, lasciandoci con quell'affermazione misteriosa tutta da scoprire, chiaramente il giorno dopo. Nessuno fece obiezioni e nemmeno ipotesi. Nel giro di un minuto io, Eva e Bimba eravamo soli; già, Bimba. Era letteralmente svenuta dal sonno sopra il divanetto del salotto, mentre i grandi parlavano. Anche se conoscevo, sempre più inconsciamente, la sua natura, sempre più la consideravo solo per la sua apparenza: ora vedevo solo una quindicenne sfinita e placidamente addormentata. Nel frattempo che Eva si adoperava per prepararle il letto, io preparai le poche cose che avremmo dovuto portare con noi per il viaggio, poi aprii il piccolo frigorifero dell'appartamento, per vedere cosa contenesse, perché comunque avevo intenzione di rilassarmi alcuni minuti con Eva prima di mettermi a dormire; era un'eternità che non passavamo del tempo insieme da soli e pur non avendo intenzione di fare del sesso con lei, avevo bisogno di stringerla a me mentre magari bevevamo qualche cosa. Eva riemerse dalla cameretta di Bimba e mi vide proprio davanti al minibar, che tiravo fuori due bibite fresche; mi sorrise dicendo: --il letto è pronto; la porti tu dentro?--; le indicai il divanetto con le bibite appoggiate sopra: --certo, mettiti comoda che arrivo subito--.
1In realtà Bimba non era stanca, ma aveva deciso di programmare, in base a ore di veglia e attività svolte, di simulare l'apparenza delle reazioni umane, compresa l'alimentazione, che comunque trasformava in energia, poi riutilizzata nei suoi sistemi.
2Cioè, in latino.

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