Quando
riaprii gli occhi, erano tutti intorno a me. Eva mi sorrideva:
--riposato bene il signore? Caffè e biscotti?--. Azzardai a
replicare, ma mi fu impedito; Gloria guardandomi severamente e
facendo non so bene quali controlli medici, mi apostrofò: --tu devi
essere impazzito. I tuoi valori neurali sono fuori scala...-- non mi
faceva ne caldo ne freddo --...verso il basso; altri 5 secondi...--,
intervenne Bimba: --...4,89...-- Gloria la indicò come per dire
“sentito?” e proseguì: --...e avresti esaurito i tuoi
neurotrasmettitori e chissà cosa sarebbe potuto succedere!--; la
guardai dispiaciuto di averla preoccupata, ma non potei confessare
e/o ammettere errori: --se non avessi fatto così non avrei potuto
catturare quei due ed era essenziale riuscirci... stavano per
autodistruggersi. Sarebbe bastato un secondo di ritardo...-- lasciai
in sospeso e guardai Bimba che precisò: --1,25--. Gloria non disse
altro, rendendosi conto della realtà delle mie parole, ma per niente
felice e da una borsa medica tirò fuori delle barrette alimentari di
emergenza, praticamente tirandomele addosso, ordinando a Bimba di
attivare gli emettitori interni di raggi gamma, tranne, ovviamente,
nella zona dove erano stati rinchiusi i nostri prigionieri. Lortan
era seduto su una poltroncina vicino alla mia e non aveva una bella
cera, ma era vivo e tanto bastava. Anche lui stava mangiando una
delle barrette. Fu il primo a chiedermi lumi sulle mie recenti
azioni: --chi pensi che possano essere quei due?--. Tanto per tenerci
compagnia anche Eva e Gloria stavano sgranocchiando quelle barrette,
che pescavano dalle nostre scorte. Risposi a Lortan: --come minimo,
potrebbero essere quelli che hanno ideato questa strategia di attacco
nucleare, ma spero che dei due uno possa essere un supervisore meglio
a conoscenza delle strategie e dei vertici dei nostri attaccanti.
Andiamo a fare la loro conoscenza--. Mi alzai, non senza qualche
difficoltà, ma mi resi conto che stavo andando alla cieca. Guardai
Bimba: --dove vado?--; --in fondo al corridoio, cabina 1-12--, fu la
sua risposta, intendendo ponte 1, cioè quello dove ci trovavamo,
cabina 12. ricordai un'altra cosa: --mentre andiamo, programma la
rotta per Marte e attua il protocollo di decontaminazione che ti ho
mostrato quando siamo partiti per questa missione--. Per un attimo lo
sguardo di Bimba si perse nel nulla, per ritornare presente subito
dopo: --fatto; orbita in 30 secondi--; ancora una volta fu Lortan a
chiedere spiegazioni per primo: --che cosa è questo protocollo?--.
Risposi: --la prima cosa che ho controllato è stata lo spettro del
materiale radioattivo sparso su Marte, che infatti è uguale a quello
contenuto nei proiettili...-- Gloria non mi aveva riferito sui
risultati delle analisi che le avevo chiesto di effettuare, ma io ero
stato in contatto diretto con Bimba e nel momento stesso che i
risultati erano stati registrati nel sistema, avevo potuto “vederli”
--...e, inoltre, ho potuto stabilire, che per rimanere in sospensione
quanto più a lungo possibile, per potersi diffondere completamente,
era carico positivamente, per farsi respingere dal suolo, carico
positivamente anche esso. Quando siamo arrivati noi, la polvere stava
decadendo e diventando carica negativamente, così da poter rimanere
più saldamente a contatto con il suolo, irradiandolo più a lungo.
Già in questo momento, il distorsore di navigazione sta emettendo un
campo elettro-quantico positivo (dobbiamo agire anche sugli altri
numeri quantici, per la maggior specificità possibile, altrimenti ci
tireremo dietro mezzo pianeta), che attirerà tutta la polvere in un
punto prefissato nello spazio dove poi potremo distruggerla, presumo
in circa 15 giorni. Ho programmato di liberare delle zone prima di
altre dove le persone potranno rifugiarsi in attesa di aver
bonificato l'intero pianeta, che poi sono quelle corrispondenti ai
siti dei bunker di difesa planetari--. Erano tutti decisamente
impressionati; nel male dell'attacco era andato tutto a finire bene,
ne più ne meno come era successo la settimana prima alle ragazze:
tanto rumore per nulla. Comunque dovevamo stare in guardia, perché
non potevamo sapere se futuri sviluppi di quelle tecnologie potessero
diventare efficaci. Qui entravano in gioco i nostri ospiti.
Ordinai
a Bimba di disinserire l'irradiazione gamma nel corridoio, prima di
aprire la porta della cabina 1-12, perché le pareti sono schermate,
ma se si apre una porta le radiazioni sono libere di passare, quindi
entrai; la fame mi stava perseguitando, perciò mentre entrai
abbassai gli occhi per prelevare una barretta dal marsupio in cui era
contenuta la mia scorta; venni colpito da qualcosa direttamente in
testa; persi l'equilibrio, più per la sorpresa che per l'efficacia
del colpo e mi ritrovai seduto per terra, con la barretta in mano e
un'espressione decisamente stupita ed offesa: --ma dai, che
maniere!-- protestai; nel frattempo le ragazze, compresa Bimba,
ridacchiavano e Lortan mi stava porgendo una mano per aiutarmi a
rimettermi in piedi, guardandomi con un evidentissimo sforzo di non
ridermi in faccia. Gliene sono ancora immensamente grato. Cercai con
lo sguardo i due che avevamo catturato, trovandomi difronte una donna
sui 40 anni, in piedi in atteggiamento di sfida e più lontano,
seduto, con fare annoiato, un ragazzo sui 25-30.
Fu
lei a fare le presentazioni: --se potessi ti caverei gli occhi, ma
magari ti ricrescerebbero. Sei solo un lurido assassino; anche per
catturarci, non ti sei perso il piacere di massacrare l'equipaggio
della mia nave e...--; era ora di farla finita e stabilire la verità,
quindi la interruppi, afferrandola per un braccio e stringendolo
quasi fino a fratturarlo, la attirai a me, molto vicino, la guardai
negli occhi; le mancava il respiro, sia per il dolore che per
l'evidente coscienza della mia natura, ma non emise un singolo suono;
impressionante. Parlai: --avete cercato di sterminare tutta la
popolazione di Marte, che tra l'altro è composta anche di ignari
esseri umani, come te; avete cercato di uccidere me e le persone che
amo di più in questo universo; nell'attacco di 15 anni fa ho
riportato danni tali da farmi perdere completamente la memoria e, si,
mi ricrescerebbero gli occhi, come mi è ricresciuta la gamba che mi
è stata staccata la settimana scorsa in un ridicolo attentato
esplosivo. Nonostante tutto questo, non è morta una singola persona
su quella carretta che chiami astronave e per le manovre extra che
sono state necessarie per evitare morti inutili, sono andato vicino a
morire io stesso!--. Avevo alzato un pochino la voce per sottolineare
le mie parole; ora la donna piangeva, in assoluto silenzio, anche se
non credo che fosse per quello che le avevo detto. Completai la mia
protesta/dimostrazione: --Bimba, schermo dati tattico--. Davanti agli
occhi della donna si materializzò uno schermo dati olografico, che
mostrava l'astronave, le condizioni della stessa, numero e condizioni
degli occupanti; a quella risoluzione ogni persona era indicata con
una piccola sagoma di forma umana colorata a secondo delle
condizioni: verde brillante, viva e in perfette condizioni; rosso
vivo, in condizioni critiche; nera, cerchiata di rosso, morta;
“cliccare” su di una qualsiasi di esse faceva zoomare il monitor
ed evidenziava quali parti, eventualmente, erano in crisi, sempre
utilizzando la scala di colori da verde a rosso, passando per le
varie sfumature. I componenti dell'equipaggio erano tutti sul verde
con qualche sfumatura di giallo. La aiutai a evidenziare alcuni di
questi feriti, che si rivelarono essere, al più, contusi. Mi guardò,
sospettosa: --l'uomo che ti ha fatto saltare in aria era mio amico.
Ora è morto--. Stava cavillando, pensando di avere recuperato il
possesso della posizione di superiorità morale, svelando una falla
nel mio ragionamento, ma le dimostrai che si sbagliava: --in quella
situazione non ho potuto evitare di uccidere, perché stavamo
correndo un pericolo diretto e immediato. Ma vedo che forse non sono
stato chiaro. Non volevo dimostrare che non uccido mai, ma solo che
non mi interessa uccidere per divertimento, perché penso che la vita
vada rispettata, finché possibile. Ma non devi assolutamente
dubitare che se, per salvare la gente del mio popolo, gli esseri
umani che vivono vicino a noi e le persone che amo, fosse necessario
fare una strage di te e di quelli che ci attaccassero, lo farei senza
battere ciglio--. Mentre pronunciavo quella potenziale promessa di
morte, il mio sguardo si fece durissimo e si fissò nel suo e vidi il
suo viso diventare grigio; ora ero sicuro che lei sapeva che ero
sincero. Quella rivelazione che lei aveva appena ricevuto e accettato
sembrò darle qualche genere di imbarazzo, perché ora, quegli occhi
carichi di odio e determinazione, presero a vagare, incerti; ma notai
la cosa solo in maniera vagamente inconscia; tutta la mia attenzione
era dedicata a capire le intenzioni future di quei due.
La
lasciai andare, perché avevo paura che il suo braccio andasse in
pezzi. In effetti era di un colore veramente orrendo e il ripristino
della circolazione procurò dei dolori immensi alla donna, che questa
volta gemette intensamente e poi svenne; oltre che non provare
piacere nell'uccidere, non provo piacere neanche nel far del male, ma
l'evidente rifiuto a credere alle mie parole che quella donna aveva
dimostrato, dando per scontato il fatto che avessi appena commesso
una strage, aveva reso necessario “sottolineare” le mie parole;
chiesi a Gloria di intervenire; applicò un antidolorifico ad azione
rapida, un antibiotico ad ampio spettro ed infine un composto
rigenerativo che avrebbe rimesso a posto ogni danno nel giro di 6-8
ore. Mentre Gloria faceva il suo lavoro, mi rivolsi al ragazzo, che
per tutto il tempo era rimasto ad osservare, con crescente
preoccupazione e sempre minore apatia, quello che succedeva sotto i
suoi occhi: --avrai capito che non hai particolari motivi di temere
che vi sia fatto alcun male; se vi ho catturati è per il semplice
motivo che ho bisogno di capire chi vi manda e, se possibile, come
fare per poter parlare con lui/lei/loro/voi, perché sono millenni
che questa storia va avanti, con l'unico risultato di creare danni e
morte, ti faccio notare, soprattutto tra la vostra gente--. Lo
guardai in attesa; mi stava valutando cercando di capire le mie
intenzioni, oltre l'ovvio, e come regolarsi. Le sue labbra
atteggiarono un leggero sorriso, sincero ma prudente: --hai ragione,
è molto tempo che questa storia va avanti, ma, vedi, ad ogni nuova
generazione di noi, l'odio si rinnova, mentre per te e i tuoi amici,
forse, sta arrivando la stanchezza e la volontà di andare oltre;
questo lo capisco, ma tu devi capire che finché uno solo di voi
rimane in vita, esiste anche il rischio che rinasca la volontà di
sterminarci; quindi, se anche ci volesse tutto il tempo
dell'universo, dovete essere combattuti...--. Ogni allarme della
Guardiano iniziò a suonare e lampeggiare e la voce di Bimba tuonò
dal sistema di diffusione audio: --tenetevi forte, onda d'urto
livello 10, in 5 secondi!--; ci guardammo tutti in faccia l'uno con
l'altro e poi fu l'inferno.
Mi
ripresi per ultimo, udendo il suono del pianto di Gloria e vedendo il
viso di Eva rigato dalle lacrime; Lortan era impietrito e teneva le
sue mani sulla testa. Non capivo: --Bimba, rapporto danni!--; Bimba
apparve vicino a me con uno schermo olografico in mano; lo schermo
stava visualizzando un pianeta spezzato in tre blocchi principali e
un'infinità di frammenti minori, in rapido allontanamento: Marte.
Bimba,
per cercare di salvarci, aveva attivato i motori I.L., al solo scopo
di massimizzare il sistema di smorzamento inerziale; noi eravamo
tutti in buone condizioni, anche se disperati; i nostri ospiti erano
morti, a causa delle enormi accelerazioni subite quando l'onda d'urto
ci aveva colpiti. Subire un'onda d'urto di livello 10 era
l'equivalente del trovarsi nel centro di un' esplosione nucleare
qualunque. Dalla distanza orbitale a cui ci trovavamo, con il sistema
inerziale al massimo, eravamo sopravvissuti solo grazie all'enorme
resistenza fisica di noi vampiri, mentre i nostri ospiti non avevano
più un solo osso intero.
Mi
avvicinai ad Eva, le toccai un braccio per farmi notare; lei si girò
verso di me, con gli occhi pieni di lacrime, dolore e tristezza. La
presi fra le mie braccia; prese a singhiozzare e andò avanti molto a
lungo. Lortan, aveva fatto lo stesso con Gloria. Come al solito, i
maschi non mostravano gli stessi sentimenti delle femmine e, almeno
per il momento, potevano dare un aiuto immediato e concreto, ma in
situazioni estreme come quella che ci trovavamo ad affrontare, non
c'era niente che la lucidità rendesse possibile e quindi era del
tutto inutile mantenere una qualsiasi forma di calma.
Ero
in piedi davanti ad Eva e Gloria, mentre Lortan era seduto vicino a
Gloria e la teneva per mano. Bimba era in piedi poco lontano,
scioccata ne più ne meno di quanto lo eravamo noi. Guardavo tutto
questo e ad ogni istante che passava mi rendevo sempre di più conto
che, forse, quelle tre persone erano le ultime rimaste del mio
popolo, oltre me. Iniziai a tremare, la vista si fece sfuocata ed in
lontananza sentivo qualcuno che urlava, dei colpi all'interno della
Guardiano. Certo, qualcuno che si disperava, che sfogava la sua
impotenza, la sua frustrazione, il suo dolore, picchiando, forse, i
pugni su di un tavolo. Ma le urla erano sempre più forti, i colpi
più tremendi. Ora udivo anche un'altra voce, che chiamava il mio
nome; ma era lontana e quasi non riusciva a farsi udire oltre quelle
urla e quei colpi. Ora le urla ed i colpi erano vicinissimi, erano
così forti che sembravano addosso a me e qualcosa cominciò a
stringermi molto forte. Ero immobilizzato, i colpi non si sentivano
più, ma le urla erano ancora più forti, così forti che erano
entrate nella mia testa; un bruciore enorme si irradiava dal mio
petto per tutto il mio corpo; di colpo l'insensibilità che mi aveva
paralizzato fino a quel momento svanì e tutto fu chiaro: ero io che
stavo urlando, ero stato io a colpire una paratia della Guardiano, a
mani nude. La paratia mostrava evidenti segni dei miei colpi, ma le
mie mani erano distrutte. Ora smisi di urlare, fui completamente
conscio del dolore alle mani e svenni, sfinito.
Di
nuovo aprii gli occhi e tutti erano intorno a me, ma questa volta
Gloria non ebbe di che rimproverarmi, ma mi abbracciò fortemente e
con dolcezza; la strinsi anche io, nonostante le mani mi facessero
ancora male. Si spostò da me quel tanto che fu utile per guardarmi
negli occhi e per farmi guardare nei suoi. Poi sorrise. Ci impiegai
alcuni secondi a rendermi conto che il suo sorriso non stava cercando
di confortarmi, ma era invece un sorriso di prudente felicità; il
mio sguardo dovette manifestare una qualche forma di stupore e allora
Gloria mi spiegò: --è quasi un miracolo, ma le vittime sono solo il
5% e per lo più fra la popolazione umana. Ancora una volta si sono
sbagliati e ci hanno sottovalutato. Anzi hanno sottovalutato Bimba.
Questa deliziosa bambolina, mentre dava l'allarme, ha inventato una
soluzione che ha dell'incredibile. Devi sapere che i rifugi che tu
stesso hai aiutato a bonificare, sono dotati di schermi difensivi
immensamente potenti, auto-alimentati con generatori
materia-antimateria praticamente identici a quelli della Guardiano,
che producono un campo gravitazionale autonomo, trattengono l'aria e,
soprattutto, generano un campo anti-inerziale che impedisce forti
accelerazioni. Tutto questo allo scopo di stabilizzare i rifugi in
caso di attacchi nucleari o comunque esplosioni enormi. In definitiva
quelle zone di Marte si comportano come un'astronave, rendendole
autonome, come isole, ma molto più in grande. Il problema era che
Marte era a pezzi e c'era il rischio che con il tempo le varie parti
si allontanassero fuori dal sistema solare, troppo lontano affinché
il Sole potesse più scaldare la superficie. Bimba, sfruttando i
motori della Guardiano, ha generato una singolarità gravitazionale
enorme, localizzato nel centro di massa che era prima il centro del
pianeta e praticamente ha rimesso insieme i pezzi!--. Mi mise davanti
agli occhi un d-pad solido, perché, come scoprii poi, l'energia
della Guardiano era praticamente esaurita e anche Bimba era entrata
in modalità riserva. Il d-pad mostrava Marte di nuovo intero seppure
con qualche evidente frattura e qualche pezzo mancante. Allargai
l'immagine per vedere che fine avessero fatto le parti mancanti e mi
resi conto che stavano lentamente avvicinandosi alle zone da dove
provenivano, per poi, presumibilmente, ritornare al loro posto.
Comunque, il 5% della popolazione corrispondeva a migliaia di esseri
umani. Ancora una volta avevano fallito il loro scopo principale di
distruggerci definitivamente, uccidendo quelli che dovevano essere,
secondo le loro deliranti intenzioni, difesi.
Con
il residuo di energia disponibile, atterrammo per fare scorte di
materia ed antimateria, riparare i pochi danni subiti dall'astronave
e dare una mano per aiutare in quello che era possibile.
All'atterraggio venimmo accolti da un clamore di persone indaffarate
a curare i feriti umani, a dispensare cibo, bevande, coperte.
Scendemmo dalla Guardiano, consci del miracolo a cui assistevamo. Il
pianeta era sostanzialmente intatto; solo una minima parte di
atmosfera era andata perduta e sarebbe stata rimpiazzata grazie a
processori ambientali, che comunque facevano parte integrante del
mantenimento della biosfera; Marte, già a causa della sua ridotta
gravità, aggravato dalla mancanza di un campo magnetico che lo
difendesse dal vento solare, aveva un elevato tasso di dispersione
dell'atmosfera nello spazio, accelerato, inoltre, dell'aumentata
temperatura imposta dall'aumento di pressione atmosferica. Ovviamente
i processori ambientali erano collocati nelle immediate vicinanze dei
rifugi, quindi erano rimasti praticamente integri e funzionanti.
Consegnammo
la Guardiano ai tecnici e agli ingegneri, per le operazioni di
manutenzione, diretti al centro di comando, sicuri di aver lasciato
sia la nave che Bimba in competenti e amorevoli mani.
L'accoglienza
che ricevemmo fu decisamente minore rispetto a quello che era stato
previsto in un primo momento, ma comunque, visto anche l'apporto alla
soluzione della crisi in atto, fu relativamente festosa; Lortan ci
accompagnò verso la sala del consiglio, probabilmente uno dei luoghi
meglio schermati e difesi dell'Universo. La porta che vi dava
accesso, si apriva su un salottino, tutto meno che formale; sulla
sinistra un piccolo bar, con dispensatori di alimenti e bevande di
ogni sorta e genere; sulla destra un ampio schermo, con una piccola
consolle, da cui si poteva accedere a ogni database del pianeta e del
sistema solare, Terra compresa. Difronte allo schermo un semicerchio
di poltrone, ma sarebbe meglio dire di divanetti, con l'occorrente
per comandi base dello schermo e, soprattutto, un tavolino (per ogni
divanetto), dove poter appoggiare cibo e bevande. Quello era il luogo
dove il consiglio direttivo degli anziani si riuniva per risolvere
ogni crisi che si presentava, per emettere nuove direttive, leggi e
regole, impiegandoci tutto il tempo necessario. Tutto questo
lasciando nella completa ignoranza gli abitanti della Terra e degli
altri pianeti che componevano il cosiddetto “dominio umano”. Gli
stavamo letteralmente davanti agli occhi, ma come ha detto qualcun
altro, “non c'è modo migliore di nascondere qualcosa che dove è
più ovvio che NON possa stare: in piena vista”.
Le
“poltroncine” erano tutte occupate eccezion fatta per i 4 posti
centrali. Quando entrammo nella sala tutte le teste si girarono verso
di noi, ansiosamente attesi. Quello che avvenne sembrava essere stato
coreografato da abili professionisti della danza: a cominciare dal
primo consigliere sulla destra, si alzarono come un'onda umana e si
avvicinarono, prima a me, mi strinsero la mano, passando alle ragazze
che vennero tutte accuratamente baciate, per finire con Lortan, che
era mancato solo per poche ore, ma che tutti erano ben felici di
vedere vivo e vegeto. Ci avevano appena invitati ad accomodarci ai
nostri posti, che, notai, erano leggermente separati dagli altri e
che erano, appunto, quelli centrali, che una voce dal fondo della
sala richiamò l'attenzione di tutti: --posso entrare?--. Era Bimba,
che pur non invitata, aveva ritenuto di aggregarsi al nostro piccolo
gruppo, proiettando la sua immagine nella sala del consiglio. In
realtà nessuno aveva pensato di invitarla, visto che, fino a pochi
minuti prima, non poteva neanche materializzare la sua immagine, per
l'esaurimento dell'energia della Guardiano. Ora, evidentemente, il
problema era stato risolto. In realtà c'era qualcosa di strano;
l'immagine di Bimba era addirittura più nitida e definita di quello
che ero abituato a vedere, ma forse dipendeva dai proiettori
olografici della sala, magari più avanzati di quelli della
Guardiano. Lei si stava avvicinando timidamente e mi guardava dritto
negli occhi; ok, è sempre stata una “ragazzina”, cortese e
discreta, ma ora mi sembrava decisamente intimidita; troppo. Sul suo
viso si materializzò un sorriso spettacolare e lei corse verso di
me, allargando le braccia. Quando il suo piccolo corpo mi colpì, la
sorpresa fu così grande che cademmo, tutti e due, sul divanetto di
cortesia al centro della sala. Mentre ero lì incredulo e felice, uno
dei consiglieri, che successivamente seppi chiamarsi Abel, mi spiegò:
--è una delle tante sorprese che ogni tanto ci regala il
dipartimento di ricerche avanzate, tutto opera di Bimba stessa e
delle sue scoperte, che poi è quello che sta pure costruendo la
Guardiano II, ammesso che vogliate mantenere il nome--. Guardai la
piccola Bimba che ancora era felicemente abbracciata a me e non avrei
saputo dire in cosa differiva da una ragazzina nata da una donna: era
calda, morbida, sentivo addirittura il suo cuore battere veloce e il
petto alzarsi ed abbassarsi nel respirare; le presi il viso fra le
mani, accarezzandolo; perfetta! Anche le lacrime di gioia che
scivolavano sulla sua luminosissima pelle, erano più che mai vere.
Ancora una volta la felicità, anche nei momenti più tristi,
arrivava dalle persone che amavo, perché, ormai, Bimba era vera e
reale. Percepivo una forte emozione intorno a me, che si manifestò
nella voce di Eva: --Bimba!--. Eva era lì con le braccia aperte, le
lacrime agli occhi, felice ancora più di quando aveva saputo che
Bimba rappresentava una nostra figlia futura. Bimba si staccò da me
e corse fra le braccia di Eva. Si strinsero molto forte (mi sembrò
di sentire scricchiolare qualche vertebra) e poi appoggiarono le loro
fronti l'una contro l'altra e alla fine Eva baciò la fronte della
piccola e le accarezzò il viso sorridendo.
Abel,
che aveva atteso pazientemente che quel tornado emotivo potesse
sfogarsi, ci richiamò all'ordine: --ho da mostrarvi una cosa molto
interessante...--, era alla consolle principale e stava, tramite un
comunissimo mouse, estraendo un file video, ad altissima risoluzione,
--...mentre stavamo tutti svenendo in preda alle convulsioni, la
nostra splendida Bimba ha avviato un processo di monitoraggio video e
sensoriale, che ha mantenuto per tutto il tempo, fino al rientro su
Marte; ora sappiamo esattamente cosa è successo, perché e
soprattutto sappiamo dove sta andando la nave superstite che era
occultata dietro Phobos. Infatti pur sapendo quello che stava per
succedere, non si sono allontanate in tempo; dei veri fessi, che non
solo sono sprovveduti a livello di semplice tattica militare, ma
dispongono di una intelligence imbarazzante. Comincio a pensare che
siano solo miseri esecutori e che non siano neanche gli ideatori e
sviluppatori delle tecnologie che hanno utilizzato per attaccarci--.
Intervenni, per aggiungere una idea che mi era balzata in testa
proprio a causa di quelle affermazioni riguardanti la pochezza della
strategia dei nostri attaccanti: --secondo me è pure peggio di
quello che sta emergendo; stanno infatti dimostrando il più assoluto
disinteresse per le morti umane collaterali, come fossero accettabili
o addirittura di nessun conto. Se il piano di distruggere Marte fosse
andato completamente in porto, sarebbero morti oltre un milione di
esseri umani; sulla nave andata distrutta, io credo perché non erano
stati adeguatamente informati della potenza e della rapidità
dell'esplosione, sono morti circa 500 esseri umani e chissà se anche
sull'altra non vi siano state vittime. Come minimo si può dire che
siano andati persi combattenti anti-vampiro. Credo che i nostri
nemici non siano semplici esseri umani--. Sullo schermo era mostrata
la posizione della nave superstite, in allontanamento dal Sistema
Solare. Apparentemente la sua rotta puntava verso il sistema di Alpha
Centauri. Ora, si trattava solo di stare a vedere gli sviluppi e
cercare di capire chi, di preciso, fossero i mandanti e quali altre
sorprese avessero in serbo.
La
mia idea era stata accolta con preoccupazione, da tutti i consiglieri
e anche dal nostro gruppo, perché questo portava ad un'ulteriore
livello la lotta che, nostro malgrado, combattevamo da ormai tanto
tempo.
Abel
continuò con le rivelazioni riguardo gli accadimenti: --la
frammentazione del pianeta è stata causata dalla trasformazione del
materiale depositatosi sulla superficie dopo l'attacco nucleare
iniziale. A quanto pare il decadimento della polvere ha dato vita,
reagendo con la terra che normalmente compone la superficie marziana,
ad un campo antigravitazionale, che seguendo le linee di minor
resistenza della struttura planetaria, ne ha determinato la
destabilizzazione e quindi la separazione a causa della forza
centrifuga. L'intervento di Bimba nel separare e allontanare la
polvere nucleare ha limitato i danni; sospettiamo che altrimenti il
processo di frammentazione sarebbe proseguito fino al disgregamento
totale, polverizzando letteralmente l'intera massa planetaria.
Fortunatamente, i sistemi di difesa installati nelle zone di
raccolta, che voi avete ulteriormente rafforzato, erano sconosciuti
ai nostri attaccanti, contribuendo alla salvaguardia della struttura
e riducendo al minimo i danni e le perdite umane--. Disse quelle
ultime parole con evidente tristezza, perché molti di quegli umani
deceduti nell'attacco erano stati amici e compagni, oltre che
colleghi. È questo che i nostri attaccanti non riuscivano a
comprendere della civiltà instaurata nella galassia negli ultimi
secoli: umani e vampiri stavano integrandosi in un unico popolo, con
benefici per entrambe le razze; era ora di mettere fine a tutto
questo massacro e l'unica maniera era quella di capire chi fossero
questi nostri nuovi nemici e se necessario far capire loro in quale
ginepraio si erano andati a cacciare; far infuriare e mettere alle
strette gli esseri umani e quindi i vampiri, loro cugini, significava
scatenare nell'Universo una forza primordiale che ha sempre
comportato devastazioni e morte inimmaginabili e terrificanti. Se
come stavo sospettando, i nostri nemici erano addirittura di
provenienza extra-galattica, sarebbe stata una lotta mostruosa e
sanguinosa, ma necessaria, perché il mio popolo e le persone che
amavo erano in pericolo e questo mi rendeva determinato a fare
qualunque cosa necessaria per tenerli al sicuro. Purtroppo sospettavo
che sarebbe potuta essere anche una guerra sporca, combattuta con
mezzi distruttivi assoluti, come peraltro, aveva dimostrato il
recentissimo attacco a Marte.
Abel
ci richiamò tutti all'attenzione: --adesso, visto che la giornata è
stata intensa e siamo tutti sfiniti e stressati, suggerirei di
prenderci una pausa e per chi lo vuole possiamo trasferirci nella
sala ristorante...--. Nessuno si dimostrò così stanco da non
riuscire ad accettare quella favolosa occasione di ristoro e
rilassamento. Rapidamente ma con il massimo ordine tutti si diressero
verso l'uscita della sala del Consiglio degli Anziani; una mano mi si
appoggiò su una spalla; mi girai nella direzione da cui veniva quel
richiamo e vidi che era Abel, che sorridendo, mi faceva cenno di
seguirlo alla consolle di comando. Si unirono a noi anche le tre
ragazze e Lortan. Armeggiando con i comandi fece apparire l'immagine
interna di un hangar navale non lontano da dove ci trovavamo; la nave
inquadrata sembrava la Guardiano, ma mi resi conto subito che le
dimensioni erano molto diverse, perché, nonostante l'immagine
dell'astronave fosse tutta all'interno dello schermo, vedevo
distintamente delle persone affaccendate intorno ad essa; era più
piccola, lunga circa 25 metri. Pensai che potesse essere una classe
di navi di appoggio, che prendeva il meglio, in piccolo, dalla
tecnologia applicata alla Guardiano. Così domandai: --e la Guardiano
II?--. Abel mi guardò serio e con una sfumatura divertita e mi
rispose: --è quella la Guardiano II--. Non riuscivo a crederci: --ma
è piccolina!-- ero sicuro che non potesse essere possibile e che
forse fosse addirittura uno scherzo. Abel senza battere ciglio zoomò
sulla chiglia della piccola astronave, subito sotto alla zona
frontale e il nome che si rivelò mise fine al mio stupore: Guardiano
II.
La
forma ovale era stata mantenuta, ma ovviamente le proporzioni era
state modificate; la sezione verticale era stata maggiorata, per far
fronte al fatto che ora delle persone dovevano potersi muovere
agevolmente; il ponte di comando era stato spostato davanti, per
consentire una visuale diretta dell'esterno per le manovre a vista,
dato che la Guardiano II poteva atterrare sulla superficie di un
pianeta, come anche la Guardiano I, che però eseguiva le manovre in
maniera automatizzata: selezionava l'area di dimensione adeguata più
vicina al punto di atterraggio programmato e tramite sensori
appositi, procedeva alle manovre opportune, adattando anche l'altezza
relativa dei piloni di appoggio, in maniera che fosse perfettamente
livellata; la Guardiano II la si poteva manovrare a vista, davanti, e
grazie a cavi a fibra ottica, che rimandavano la luce in maniera
analogica, in tutte le altre direzioni; date le così ridotte
dimensione poteva entrare in qualsiasi hangar; tutto questo aveva lo
scopo di permettere, anche nelle situazioni di emergenza (cioè con i
sistemi elettronici in avaria) di manovrare e atterrare. Questo ci
stava illustrando Abel, ma Eva ebbe da obiettare: --ho fame;
parliamone domani--. Siccome il tono di quell'affermazione non
prevedeva dibattiti o rifiuti, tenendo un braccio intorno alle spalle
di Bimba, si girò e si avviò verso la sala ristorante; conferenza
aggiornata. La seguimmo senza ulteriori indugi.
Dopo
la cena, pure troppo abbondante e prolungata, decisi di andare a
vedere le operazioni di soccorso a che punto stavano; vidi Lortan
dirigersi verso l'uscita del palazzo del consiglio e lo chiamai:
--stai andando agli ospedali?--; si girò verso di me sorridendomi;
mi resi conto solo allora che era a braccetto con Gloria: --no, sono
stati tutti medicati o, purtroppo, sistemati in attesa di essere
sepolti e credo che stiano perlopiù dormendo. Vado a vedere
domattina, ma se vuoi andare a dare un'occhiata, penso che troverai
la mia assistente Nadia di turno--; nel frattempo mi ero avvicinato a
loro due e non potei fare a meno di notare che Gloria era sfinita (mi
sorrise, a malapena notando la mia presenza). Decisi di rimandare la
mia visita di Capo del Consiglio a quando sarebbe stata forse più
utile a dare maggiore coscienza del sostegno del Consiglio e quindi
presi appunto mentale di recarmi agli ospedali da campo la mattina
successiva. Stavo riprendendo il completo contatto con la realtà del
mio ruolo nella comunità dei vampiri; anche se io non ricordavo
nulla, tutti sul pianeta mi conoscevano e ormai sapevano quello che
mi era accaduto e che, al momento, ero a mezzo servizio;
ciononostante, avevo compiuto delle azioni molto simili ad atti di
eroismo, così le aveva definite Abel, e nessuno si preoccupava delle
mie difficoltà mnemoniche: le mie azioni dimostravano quanto mi
importava della gente che componeva la popolazione di Marte, sia che
fossero umani o che fossero vampiri. Ero a disagio per come mi
guardava la gente mentre passavo fra di loro, perché a me era
sembrato normale agire in quel modo e anzi mi ero reso conto che la
fretta di bonificare il pianeta dalla polvere radioattiva aveva
creato le condizioni per la morte di molte persone e questo mi faceva
male. Sapevo di non avere colpe; quello che mi disturbava era la
consapevolezza di essere stato manipolato; non mi sentivo
assolutamente un eroe.
Mentre
salutavo Lortan e Gloria, venni raggiunto da Eva e Bimba,
evidentemente stanche pure loro1;
per decisione unanime il gruppo optò per ritirarsi a dormire. Quando
fummo vicini al nostro alloggio (vale a dire mio e di Eva) mi resi
conto, stimolato dall'atteggiamento di Bimba, che non accennava ad
andarsene, che l'improvviso trasferimento dell'essenza di Bimba nel
suo nuovo corpo artificiale, non aveva dato tempo a nessuno di
trovare anche per lei un appartamento (ammesso che ne volesse uno).
Guardando Eva, alla ricerca di un'approvazione di cui peraltro non
dubitavo, mi rivolsi a Bimba: --se non sbaglio, non ti è stata
assegnata una stanza, giusto?--; il perfetto sorriso di Bimba mi fece
capire che aveva capito dove stava andando a parare il mio discorso e
la sua risposta completò la mia impressione: --no; se mi ospitate
starò buona buona--; Eva sorrideva verso di me con aria saputa e
annuendo; avevamo raggiunto l'appartamento che ci avevano assegnato e
aprendo la porta accettai la promessa di buon comportamento di Bimba:
--non ne dubito minimamente; rimani quanto vuoi--. Entrammo tutti,
girando gli occhi intorno per vedere come erano disposte le camere e,
in generale, l'appartamento; fu subito evidente che mancava un letto
per Bimba; cercai e trovai il telefono dell'appartamento e digitato
lo zero, alla voce che rispose chiesi se avesse saputo indicarmi dove
andare a rimediare un letto supplementare. Quello che seguì fu una
delle conversazioni più irritanti e imbarazzanti che avessi mai
sostenuto; non era proprio la giornata adatta... Un suono (che
indicava che dall'altra parte avveniva uno squillo di chiamata) e una
voce atona che rispondeva: --in cosa posso esserle utile?--; io:
--scusi se la disturbo; il mio nome è Adam e chiamo dalla camera
145. mi servirebbe un letto aggiuntivo--; ascoltai in attesa
dell'indicazione che avevo richiesto, ma l'attesa si prolungava;
quando avevo ormai deciso di verificare la presenza del mio
interlocutore, con perfetto tempismo questi si palesò così: --mi
scusi signore, ho controllato, ma la sua camera è matrimoniale e
questo significa che prevede solo un letto per due persone...--;
smise di parlare, come se quello che aveva appena detto avesse
definitivamente risolto qualcosa, ma a me serviva un letto in più,
quindi: --me ne ero reso conto da solo entrando, ma ho deciso di
ospitare una signorina...--; lo lasciai a meditare sul fatto che la
mia decisione era già stata presa, ma di nuovo dall'altro capo del
telefono mi arrivò di rimando solo silenzio; attesi ed infine così
proseguì il mio interlocutore: --non dubito della sua perfetta
capacità analitica a riguardo della composizione dell'appartamento,
signore, ma il nostro complesso residenziale è stato progettato in
maniera precisa e meticolosa per rispettare ogni esigenza abitativa e
andare a modificare questa condizione non è possibile... forse,
domani, potremo vedere se sia possibile trovare una sistemazione per
la sua ospite supplementare...--; mi stavo decisamente innervosendo
e decisi di interrompere quello sproloquio: --mi deve veramente
perdonare, ma forse non mi sono spiegato adeguatamente; io devo
sistemare la mia ospite per questa notte, non domani; come indicato
sul foglio affisso sulla porta, ho selezionato il numero a cui
rivolgersi per QUALUNQUE necessità e lei è stata la persona che ha
risposto alla chiamata e che quindi dovrebbe cercare di risolvere la
mia necessità, che è sistemare la mia ospite, nel mio appartamento,
stanotte. Ma, comunque, se questo proprio non le è possibile, è
sufficiente che mi indichi dove posso trovare il letto extra che mi
serve; provvederò di persona al trasporto--; ancora una volta attesi
convinto di essermi espresso con la massima chiarezza; ancora una
volta mi ero sbagliato. Lui: --posso sicuramente indicarle il
magazzino dove sono stivati i materiali extra, ma questo è vietato e
poi dovrei consegnarle le chiavi del suddetto, ed è una cosa
assolutamente vietatissima anche questa; senza considerare che
abbiamo personale apposito per il trasporto del materiale che
eventualmente si rendesse necessario spostare; non posso quindi
consentirle di effettuare lo spostamento da solo; lei capisce che se
si diffondesse l'abitudine, tra i nostri ospiti, di fare da soli
quello che altre persone sono pagate per fare, si rischierebbe di
perdere posti di lavoro importanti per le famiglie dei nostri
lavoratori--. Adesso venivano fuori anche delle rivendicazioni
sindacali. Quell'uomo era un muro di gomma e io stavo prendendo una
brutta china: quella che passa per la rabbia e finisce nelle
percosse; tentai un'ultima volta, giocando la carta della
compassione: --senta, con quello che è successo oggi, è stata una
giornata molto, molto faticosa per tutti e abbiamo bisogno di riposo
e tranquillità; se potesse chiudere un occhio sulle giuste regole
del vostro complesso residenziale, saprei ricompensarla
adeguatamente. Si?--; e invece no, per l'ennesima volta: --sono
proprio spiacente, signore, ma non posso accettare compensi
extra-salariali; sono pagato, e bene, anche per fare rispettare
scrupolosamente il regolamento; buona notte--. Mi aveva riattaccato
in faccia, offeso. Stavo guardando il telefono, deciso ad atti di
ritorsione devastanti, ma contai fino a dieci... tre volte; poi
decisi di agire in maniera diversa. Mi girai verso Eva e Bimba, che
avevano seguito la mia conversazione con quel pedante e pignolo
impiegato, vedendomi sempre più preda dello sconforto e, forse, di
una certa irritazione, che poteva anche sfociare in qualcosa di
pericoloso. Invece le guardai e me ne uscii con queste parole:
--piano B--.
Cominciai
a dispiegare i punti del piano; dopo essermi di nuovo guardato
intorno ed aver individuato una porta dati, chiamai Bimba vicino ad
essa: --dovresti trovare le planimetrie di questo posto; mi serve
sapere la posizione del magazzino dove sono stivati i mobili extra
per le camere--; Bimba, senza fare una piega, infilò il dito indice
della sua mano destra nella presa dati, circolare. Vidi chiaramente
l'anatomia del dito trasformarsi per adattarsi perfettamente alla
presa, ivi compresa la composizione, vale a dire il materiale di cui
era composta: era diventata una spina dati ad alta velocità. Lo
sguardo di Bimba divenne vitreo, ma solo per alcuni istanti; sfilò
il suo dito dalla presa e guardandomi, un'espressione malignetta
apparve sulla sua faccina; si voltò verso la porta e mentre la
apriva disse: --trovato; seguitemi, non è molto lontano--. La
seguimmo.
Dopo
alcune svolte e circa 200 metri di corridoi, ci ritrovammo davanti al
segretissimo magazzino. Provai ad aprire la porta, ma era,
ovviamente, chiusa. Passai alla modalità iper;
la porta, non senza qualche lamento (il suono metallico del
chiavistello che si spezzava), si aprì, dischiudendo alla nostra
vista la caverna del tesoro: letti, comodini, sedie, qualche armadio
e, su delle scaffalature alle pareti, cuscini, lenzuola, coperte e
federe. Ci organizzammo così: io afferrai la struttura metallica del
letto, Eva il materasso, Bimba coperte cuscino e quant'altro potesse
servire.
Ma
le sorprese non erano finite, infatti, avevamo appena percorso pochi
metri in direzione del nostro appartamento, che ecco arrivare di
corsa, in una condizione di affanno totale, tre persone. Uno era
molto magro, con i capelli corti e degli occhialini dalla forma
rotonda e montatura leggera; gli altri due erano molto più massicci,
uno biondo e uno moro e la scritta “sicurezza” li qualificava
perfettamente; per esclusione fu ovvio che l'altro doveva essere il
mio interlocutore telefonico; Eva mi parlò a bassa voce: --pensa,
c'era un allarme collegato alla porta!--; aveva proprio
ragione.
Il
tipo mi si parò davanti, con tutta la sicurezza di chi si trova
dalla parte della ragione, protetto dal rango del suo ruolo, dalle
sacre regole che era sua missione far rispettare. Un classico esempio
di fallito di successo, quel tipo di persona che del proprio ruolo
lavorativo, magari anche di assoluto prestigio, ne ha fatto ragione e
UNICA giustificazione della propria vita e che quindi protegge con
ogni fibra del proprio essere, senza rendersi conto che il proprio
reale valore come persona risiede in ben altre cose: rispetto degli
altri, flessibilità nei giudizi, gentilezza fin dove possibile, che
a scatenare sante crociate c'è sempre tempo.
Ero
sicuro di avere davanti a me mezz'ora di puro e sanissimo
divertimento; dopo avermi reso la fine di una giornata, già tragica,
ancora più sofferta, adesso era il mio turno; nessuno, per quello
che io ricordi, si è mai potuto permettere di mettermi i piedi in
testa (e mi riferisco ai 15 anni che ho vissuto ignorando chi fossi
realmente), senza pagarne le conseguenze. Lo guardai di rimando,
sollevando appena un sopracciglio, in aperta sfida: doveva esporsi
fino in fondo, perché io non avevo la minima intenzione di fare un
singolo passo indietro.
Un
barlume di disappunto balenò nei suoi occhi, dato che era
sicuramente convinto che avermi preso con le mani nel vasetto dei
biscotti, mi avrebbe messo in imbarazzo e mi avrebbe fatto chinare
la testa, sottomesso. Ma in quel momento aveva difronte una faccia di
pietra. Recuperò il suo aplomb ed esordì in questa maniera:
--signore, lei si trova in grossi guai; secondo il codice di
sicurezza vigente, paragrafo 4, comma 12: “chi sottrae senza
autorizzazione materiale di appartenenza del complesso residenziale
'il buon riposo', in seguito indicato con 'il complesso', può essere
trattenuto, anche con la forza, in attesa delle forze dell'ordine,
che lo prenderanno in custodia per svolgere le opportune indagini al
fine di stabilire la pena e i danni da rimborsare, siano essi
materiali e/o morali”--; detto questo (citato perfettamente a
memoria, non ho dubbi, virgola per virgola), fece cenno ai due
vigilantes, che si avvicinarono, uno per uno, a me e ad Eva; Bimba,
che, per quanto ne sapevano loro era una indifesa ragazzina, venne
lasciata tranquilla; uno finì lungo disteso, a scivolare nel
corridoio; l'altro, si schiantò contro una parete; entrambi erano
svenuti, ma sostanzialmente incolumi. Il nostro amico era decisamente
in imbarazzo, ora che le sue guardie del corpo erano fuori gioco; lo
vidi tirare fuori da una tasca della giacca verde, di alta sartoria,
un piccolo congegno con un unico pulsante rosso, che lui pigiò
prontamente e con evidente sollievo. Era un allarme silenzioso, visto
che nel giro di pochi secondi, dalla parte di corridoio da cui erano
arrivati i nostri aguzzini, arrivarono, in successione, Lortan,
Gloria e Abel. Ora veniva il bello. Quando li vide, riprese colore e
sicurezza, così cercò di iniziare a spiegare i fatti; venne
accuratamente ignorato da tutti e tre, che invece si avvicinarono a
me e ad Eva; il colpo di grazia lo inferse, involontariamente,
Gloria, rivolgendosi a me: --che succede fratello, è stato attivato
l'allarme di massima sicurezza, ma gli schermi di controllo indicano
che tutto è a posto--. Aveva in mano un d-pad, con gli indicatori
tutti sul verde; lei aveva sicuramente notato il materiale che io,
Eva e Bimba avevamo intorno a noi, ma non poteva immaginare quale
fosse la reale natura del problema. Sul mio viso si allargò un
sorriso e non feci altro che girare gli occhi, ad indicarlo, verso il bel tomo (“te
lo spiega quello lì”), che difronte alla definizione che Gloria
aveva usato nel rivolgersi a me, era diventato bianco e rigido (credo
uno stato di rigor mortis caldo): stava cominciando a realizzare in
quale incredibile e devastante vicolo cieco si era infilato.
Gloria
e Lortan e Abel si girarono contemporaneamente verso di lui e dalle
loro espressioni nel vedere il pulsante che aveva attivato l'allarme,
esso capì chiaramente di essere spacciato. Fu quella gentile persona
che si era dimostrato Abel ad afferrarlo per un gomito e a
trascinarlo, facendogli appena appena toccare i piedi a terra, oltre
il primo angolo del corridoio (a circa una ventina di metri) e appena
svoltato, a fargli quella che fu una lavata di capo spaventosa; ebbi
modo di notare che la voce di un vampiro può raggiungere toni e
timbri capaci di incrinare pure il cemento più resistente. Nel mezzo
di quella specie di rumore bianco emesso dalle corde vocali di Abel
mi parve di riconoscere una particolare combinazione di parole:
incosciente, esaltato, pedante burocrate, inframmezzate ad alte
parole che, sono sicuro, le vostre orecchie delicate e timorate di
Dio (o Dei) troverebbero, ehm..., dolorose, nonché indecorose. Ci fu
una breve pausa, circa un minuto, ma forse era solo la relativa
differenza di volume a trarmi in inganno, e poi sia l'uno che l'altro
ricomparvero. Abel si avvicinò per primo e si mise subito alla
destra di Bimba, come una persona che invita un'altra a farsi avanti.
Il pedante burocrate si mise difronte a Bimba e fece ammenda:
--credo...--, venne interrotto da Abel, vagamente ringhiante:
--credi?--; il p.b. (pedante burocrate, povero buffone, perfetto
babbeo, ecc...) deglutì e riavvolse il nastro: --sento il bisogno di
chiederle di perdonarmi, signorina, perché mi sono comportato senza
il minimo riguardo per le sue difficoltà; la prego di credermi che
non avevo capito l'importanza della cosa...--, id est2:
“con chi avevo a che fare”, --...e di assicurarla che questo
genere di disguidi non si verificherà mai più e che qualunque
necessità le occorra di risolvere, potrà senz'altro contare sulla
mia solerte attenzione--. Nonostante avesse cercato di smorzare i
toni delle sue colpe, sembrava sincero e anche Bimba se ne era resa
conto; le sembrò normale accettare quelle scuse: --le chiedo scusa
per il disagio provocato e mi auguro che questo incidente possa
essere dimenticato presto--. Porse la mano al p.b., che la strinse
sollevato e impressionato dalla dolcezza e dalla gentilezza di quella
strana ragazzina. Poi, con un inchino da perfetto maggiordomo d'altri
tempi, si girò sui tacchi e se andò, cercando di recuperare la sua
compostezza.
Bimba
era una vera principessa e io, come tutti gli altri, ero
impressionato. Avevamo davanti a noi una persona artificiale, che
racchiudeva le più avanzate conoscenze robotiche, quantistiche e le
più deliziose caratteristiche umane in un insieme straordinariamente
perfetto di efficienza e bellezza.
L'incidente
era chiuso e tutto il nostro gruppo arrivò presso la camera 154 ed
entrò (era un appartamento piuttosto spazioso). Solo in quel preciso
momento mi resi conto che a fianco della camera matrimoniale c'era un
altra porta; la guardai con un aria un po' colpevole, appoggiai a
terra la rete del letto e avvicinatomi alla porta la aprii con
timore, era un'altra camera completamente arredata, letto escluso.
Eva e Bimba erano dietro di me, per osservare come organizzarsi,
senza essersi rese conto di quanto stavo invece realizzando io, e
quando mi girai in preda ad una certa fretta di controllare una cosa,
quasi le travolsi. Eva mi guardava con l'aria di chi non capisce che
cosa sta combinando un'altra persona, ma come tutti gli altri dovette
aspettare che potessi confermare i miei dubbi. Arrivai alla porta
principale dell'appartamento, la aprii, ancora una volta con un certo
timore, guardai il numero che indicava la camera. Cazzo, cazzo,
cazzo. 154, non 145. Mi girai verso l'interno e guardai gli altri:
--oops!--; Eva non capiva e meno che meno gli altri; spiegai: --al
pedante burocrate, al telefono, ho detto che la nostra camera era la
145 e a lui risultava che fosse solo matrimoniale--. Tutti
alzarono il loro sguardo al numero sulla porta. Mi è stato riferito
che le risate sono state sentite in tutto il complesso residenziale.
Quello
che era successo era evitabile, anche se alla fine, indipendentemente
da come era nato il problema, il p.d. aveva veramente esagerato e si
era meritato tutto quello che gli capitato, compreso il 'rimprovero'
che aveva subito da Abel. Se però c'era una lezione che poteva
essere appresa da quel fatto, era che le situazioni drammatiche, se
non addirittura tragiche, facevano sempre emergere il peggio delle
persone, che in quella maniera ponevano un muro di difesa contro il
malumore e/o il dolore che provavano a causa degli accadimenti.
Insisto a dire che poi si meritano comunque di essere punite, perché
i motivi del malumore non vanno mai usati come giustificazioni e
perché così facendo puniscono altre persone che nulla hanno a che
vedere con le cause dei drammi o delle tragedie, ma rimane il fatto
che gli esseri umani non sono perfetti e, soprattutto, non sono, se
non in rari casi (che non costituiscono statistica) minimamente
maturi e quindi in grado di porre in prospettiva fatti e persone.
Era,
ormai, molto tardi, ma comunque nessuno di noi si decideva a tornare
alla propria camera o appartamento; forse non volevamo rimanere soli,
perché quell'incidente ci aveva fatto capire che la patina di
civiltà che mostravamo al mondo era in realtà molto sottile e, in
quel giorno particolare, aveva subito un duro colpo e mostrava grandi
crepature. Come in ogni branco di mammiferi, stavamo vicini e
cercavamo conforto gli uni dagli altri. Alla fine fu Gloria a rompere
gli indugi: --ragazzi, non riesco a tenere gli occhi aperti, e anche
se ora i posti letto sono aumentati...--, guardò verso di me ma io
la ignorai accuratamente, --...non ci si sta tutti, quindi, a
domani--; cominciò ad alzarsi e a dirigersi verso la porta d'uscita,
quando Abel la bloccò: --ho una proposta: ormai è veramente
tardi...--, l'orologio indicava quasi le 2 di notte, --...e non vedo
che motivo ci possa essere di fare una levataccia, quindi aggiorno il
nostro incontro a domani dopo pranzo, diciamo verso le 14 e trenta,
così nel pomeriggio vedremo il da farsi e avrò modo di illustrarvi
le meraviglie della Guardiano II--; ma Eva non era dello stesso
avviso: --non dovremmo iniziare l'inseguimento della nave
superstite?--, la domanda era rivolta a tutti oltre che ad Abel, che
però si premurò di toglierci ogni genere di preoccupazione: --alla
massima spinta quel catorcio arriverà su Proxima III tra un minimo
di tre giorni, oggi escluso; a noi sarà sufficiente partire un'ora
prima, compresa la manovra di avvicinamento e parcheggio in orbita,
quale che sarà l'orbita che decideremo di tenere--. Eravamo tutti
letteralmente a bocca aperta: la manovra di avvicinamento e
parcheggio in orbita richiedeva, mediamente, 60 minuti; Abel ci stava
dicendo che il tempo di viaggio non era da tenere in considerazione e
quindi anche la distanza era ininfluente. Quando mi ripresi dalla
sorpresa Abel era già andato via, lasciandoci con quell'affermazione
misteriosa tutta da scoprire, chiaramente il giorno dopo. Nessuno
fece obiezioni e nemmeno ipotesi. Nel giro di un minuto io, Eva e
Bimba eravamo soli; già, Bimba. Era letteralmente svenuta dal sonno
sopra il divanetto del salotto, mentre i grandi parlavano. Anche se
conoscevo, sempre più inconsciamente, la sua natura, sempre più la
consideravo solo per la sua apparenza: ora vedevo solo una
quindicenne sfinita e placidamente addormentata. Nel frattempo che
Eva si adoperava per prepararle il letto, io preparai le poche cose
che avremmo dovuto portare con noi per il viaggio, poi aprii il
piccolo frigorifero dell'appartamento, per vedere cosa contenesse,
perché comunque avevo intenzione di rilassarmi alcuni minuti con Eva
prima di mettermi a dormire; era un'eternità che non passavamo del
tempo insieme da soli e pur non avendo intenzione di fare del sesso
con lei, avevo bisogno di stringerla a me mentre magari bevevamo
qualche cosa. Eva riemerse dalla cameretta di Bimba e mi vide proprio
davanti al minibar, che tiravo fuori due bibite fresche; mi sorrise
dicendo: --il letto è pronto; la porti tu dentro?--; le indicai il
divanetto con le bibite appoggiate sopra: --certo, mettiti comoda che
arrivo subito--.
1In
realtà Bimba non era stanca, ma aveva deciso di programmare, in
base a ore di veglia e attività svolte, di simulare l'apparenza
delle reazioni umane, compresa l'alimentazione, che comunque
trasformava in energia, poi riutilizzata nei suoi sistemi.
2Cioè,
in latino.
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