Ma
c’è anche chi di speranza non né aveva assolutamente più, ed
erano i bell’imbusti che mi trovavo difronte in quel momento.
Avevano commesso due errori imperdonabili: avermi disturbato mentre
mi facevo i fatti miei e non aver dato retta al mio consiglio di
sparire. Andiamo con ordine; era una serata come tante altre: nulla
da fare e tanto tempo libero. Quindi passeggiavo per la città con la
solita disincantata curiosità per le attività umane: una ragazza
che si prostituiva insieme ad altre dieci sulla destra, un gruppo di
ragazzi di una banda che scherzavano con le prostitute e, nel
frattempo, spacciavano un po di tutto a chi glielo chiedeva, devo
dire a prezzi ragionevoli, e così via. Ad un certo punto, avevo
svoltato sulla sinistra, qualcosa mi aveva colpito direttamente in
mezzo alla faccia e mi stava scolando sulla giacchetta di pelle,
nuova. La mia attenzione si focalizzò nella direzione di provenienza
di quello che constatai essere un panino con tonno e maionese. Il mio
sguardo colse in arrivo, questa volta, un grosso coltello; lo
afferrai al volo e me lo infilai nella tasca posteriore dei jeans,
con un unico fluido movimento. Incrociai lo sguardo del genio che me
lo aveva lanciato contro: non era felice, quindi eravamo in due.
Aggravò la sua posizione (aveva rischiato di rovinarmi la pelle, sia
quella della giacchetta che la mia e io sono piuttosto permaloso
quando si tratta delle mie cose) apostrofandomi --gira sui tacchi,
bastardo, o per te si mette molto male!--. Fu evidente che era duro
di comprendonio, o come minimo, aveva la capacità visiva di una
talpa, mentre invece notavo che un suo degno collega aveva calzoni
calati e teneva una mano sulla bocca di una ragazza, che tentava di
divincolarsi, ignorando completamente le minacce che mi erano state
rivolte, dissi: --conto fino a dieci; se a dieci non siete spariti vi
ammazzo tutti--. Li guardai, vidi occhi vitrei, e dissi --DIECI!-- Il
tutto avvenne in meno di trenta secondi: estrassi il coltello dai
pantaloni e lo recapitai nella tempia del grand’uomo coi pantaloni
calati, giusto in tempo per parare, con la stessa mano un colpo di
mazza da baseball che mi arrivava da sinistra. La strappai dalla mano
del bravaccio che mi stava assalendo per usarla nello sfondargli il
torace con il manico. Passai all’attacco con la rapidità tipica
degli automatismi da combattimento: corsa in avanti, slancio e calcio
diretto alla gola, rotazione di novanta gradi, blocco di piede di un
attacco basso con bastone sfollagente seguito da colpo di taglio alla
gola, calcio verso dietro al ginocchio, slancio e calcio volante alla
tempia. Insomma, un bel campionario del repertorio di colpi tipico di chi pratica
arti marziali, con la piccola differenza che la mia velocità di
esecuzione è, al minimo, dieci volte superiore a quella del migliore
combattente mai esistito. Era un mistero per me come per chiunque
altro, come potessi essere così rapido e forte, ma tant'è... Avevo
finito e gli unici ancora vivi eravamo io e la ragazza, che però ora
era svenuta. Mi avvicinai, la rivestii alla meglio e la presi in
braccio. Nel mio piccolo appartamento la spogliai di nuovo e infilai
sotto la doccia; era il minimo, per come era ridotta. Si svegliò di
colpo. Mi ero scordato che raramente l’acqua calda era disponibile
(pare problemi all’impianto che il proprietario non aveva
intenzione di riparare: troppo costoso). --Cazzo, è gelata--. --lo
so, abbi pazienza, ne hai bisogno--. In quel momento si rese conto
che era completamente nuda, davanti a me, evidentemente un maschio, e
quello che le era appena accaduto la mise sulla cattiva strada.
--Maledetto, anche tu--; se non fosse stato per i miei riflessi un
calcio alle parti basse mi avrebbe colpito senz’altro. Con il suo
piedino nella mano sinistra, tentai di spiegare --se volevo abusare
di te, non avevo bisogno di svegliarti o slegarti, e poi non potresti
fare nulla per evitarlo--; stringendo ulteriormente la presa, applicai
una inesorabile torsione verso la mia sinistra. Lei sbiancò e nel
tentare di bilanciarsi cadde nella doccia, ma senza emettere un
suono. --Ok, ho capito. Ma dammi la tua parola che posso fidarmi di
te--, --ti do la mia parola--. Mi guardava in una strana maniera,
tanto che quello nudo ora mi sentivo io. Ribattei: --qual‘è il
problema?--. --Non so se accettare la tua promessa, prima hai
mentito--. Mi ero perso, ma la spiegazione non tardò ad arrivare: --da quando “conto fino a dieci, poi vi ammazzo“, inizia con
‘dieci‘?-- Dalla sua espressione divertita immaginai che la mia
espressione fosse un po’ come quella del bambino pescato con le
mani nel vaso dei biscotti, ma proseguì, --e poi, pure se
apparentemente ti devo la vita e la mia virtù, sei senz’altro
molto pericoloso visto quello che sei riuscito a fare--. La sua
espressione era cambiata, la mia pure. --Dovresti uccidermi, conosco
il tuo segreto--, bleffò. La fissai alcuni istanti e replicai, rilanciando: --forse hai
ragione, ma, salvo motivi estremamente gravi, raramente torno sulle
mie decisioni--. Lei, si era finita di rivestire con le cose che le
avevo prestato, appartenenti, presumevo, ad una ex inquilina, che non
era mai venuta a reclamarle, allungò una mano, presentandosi, --Eva,
Eva Ivanova--. Sorrisi, la guardai di nuovo e feci alcune
considerazioni: l’avevo sottovalutata, i jeans che indossava erano
una taglia 44 ma le stavano aderenti e avevo avuto modo, quando
l’avevo soccorsa, di rendermi conto che la sua muscolatura era
molto forte, seppure non vistosa, ma per me non era un mistero che, a
volte, le dimensioni non contano e possono essere fuorvianti. Quindi,
era possibile che fosse stata sopraffatta oltre che dal numero, anche
e soprattutto dalle armi dei suoi assalitori; inoltre ricordavo il
contraccolpo del calcio che aveva tentato di rifilarmi poco prima.
Presi uno ad uno non avrebbero avuto scampo. Fatto numero due, anche
mezza svenuta e un po’ stravolta, aveva notato ogni dettaglio di
quello che le stava succedendo intorno, la mia azione, le mie parole,
il fatto che nonostante fossi stato anche colpito, ero del tutto
incolume. Più precisamente, neanche un graffio, e se ce ne fossero
stati si erano già rimarginati. Inoltre non sembrava minimamente
traumatizzata: scherzava (o faceva la simpatica, chissà), era
razionale e completamente lucida. --Dimmi Eva, perché mi stavi
cercando?-- Fu la volta sua di considerare che non ero da
sottovalutare, ancora meno di quello che già le risultava. --Troppe
coincidenze, vero?--, la guardavo come dire ‘andiamo oltre
l’ovvio‘, --sai che sono forte e che ti ho riconosciuto anche se
avrei potuto scambiare le tue abilità per quelle di un uomo molto
forte, come appari, ma si, ti stavo cercando quando mi sono imbattuta
in quei gentiluomini, erano un po’ troppi, tutti insieme, e l’unica
soluzione era lasciar fare il capo, e poi, nell’ilarità che ne
sarebbe seguita avrei fatto capire a quei geni cosa vuol dire essere
finiti contro la persona sbagliata, ma poi mi hai risolto il problema
tu--. Una ragazza con le palle, se mi si passa la metafora. --Se non
ti dispiace, oltre al perché, potresti aggiungere il chi sei tu, chi
ti manda, perché è ovvio che hai ricevuto un'addestrante e, direi,
anche molto efficace?--; --Ti stiamo cercando sia per le tue
‘qualità’...-- si, pronunciò la parola virgolettandola, --sia
perché c‘è chi vuole rivederti da molto tempo--. La stavo
guardando in attesa di delucidazioni, con quella che si poteva
definire una faccia da poker, così lei si trovò costretta a
proseguire senza un tipico scambio di battute, ma si sa, alcune
persone sono molto loquaci, altre meno. Io molto meno; non mi è mai
piaciuto dichiarare l’ovvio. --E’ tua sorella, Gloria--. A volte
l’ovvio è tale solo per se stessi, quindi è necessario ampliare i
concetti: --mi scuserai ma conosco perfettamente, diciamo così, la
genealogia della mia famiglia e io non ho nessuna sorella, quindi mi
pare evidente che tu abbia sbagliato persona--; mi guardò per alcuni
istanti e poi fece quella che è tipicamente la domanda da un
milione: --sapresti dirmi fino a che periodo risalgono i tuoi ricordi
e perché non oltre? 15 anni e non ne sai il motivo, suppongo--. A
questo punto mi era chiaro che aveva delle conoscenze rispetto alla
mia vita migliori delle mie. Proseguì --adesso è il tuo turno di
fidarti di me. Posso farti incontrare Gloria. E’ importante per
lei, per me e per quelli della tua famiglia, la tua vera famiglia--.
Le dissi una cosa: --se sai dirmi il mio nome completo e la mia età,
ti crederò--. Non sbagliò neanche un dettaglio.
Come
mi hai chiesto tu, ho cominciato a raccontarti tutto dal principio,
ma c'è principio e principio e finora è stato il principio di
questa storia; il principio di tutto risale, come mi avrebbe spiegato
Gloria, ad almeno 2500 anni fa. Lo so che sembra assurdo, ma, infatti
l'ho presa alla larga proprio perché altrimenti l'informazione nuda
e cruda è semplicemente incredibile, te lo avevo preannunciato.
Quelli come me venivano chiamati vampiri, ma di tante cose che si
dicevano su di noi molte erano sbagliate, altre inesatte, alcune
vere, visto che in tutte le leggende c’è sempre un fondo di
verità. Tra quelle sbagliate il fatto che noi ci si nutra di sangue;
il nostro nutrimento deriva, come per qualsiasi essere umano, dal
cibo comune, ma si integra con altre fonti come l’esposizione al
sole o anche altre fonti elettromagnetiche, fino ad energie
elevatissime, i raggi gamma, tanto per intenderci. Quindi il sole,
non solo non ci arreca danni di alcun genere, ma è essenziale per la
nostra vita. Infatti era quello il motivo per il quale Eva si era
tanto indebolita da non riuscire ad opporsi a quei criminali; erano
molti giorni che girava anche di notte per cercarmi. L’equivoco nasce
dalla necessità di segretezza che i primi di noi avevano, unita a
certe leggende preesistenti che nulla avevano a che fare con i
vampiri. I vantaggi sono molti. Il nostro corpo funziona su due
velocità diverse: per le normali attività umane attingiamo dalle
riserve alimentari normali, per gli ‘extra’ da batterie
biochimiche, presenti in ogni singola cellula, dove viene
immagazzinata l’energia assorbita dal sole o da altre fonti
elettromagnetiche; più è intensa più la ricarica è rapida. A
pieno carico possiamo agire a velocità fino a 20 volte superiori
rispetto qualunque altro essere umano, per durate di alcune
ore. Tutto il nostro corpo è modificato per poter resistere a queste
prestazioni: il sistema scheletrico è composto da ossa di densità
tale da poter resistere alle tremende forze che i nostri muscoli
applicano, il sistema neuronale è altrettanto veloce, sai, per la
necessaria capacità di elaborazione dei segnali elettrici muscolari.
Anche la nostra capacità di pensiero, di conseguenza, è altrettanto veloce,
donandoci in apparenza una superiore intelligenza. In realtà, solo
una adeguata preparazione, unita alla velocità di pensiero, ci
consentono di reagire in maniera quasi istantanea; come succedeva per
gli elaboratori elettronici antecedenti al calcolo quantistico:
venivano aumentati i componenti base e la velocità di calcolo per
ottenere più operazioni al secondo; potenza di calcolo tramite forza
bruta. Solo che l’essere umano ha già in più la capacità di
elaborare pensieri in maniera parallela. Quindi aumentare la velocità
di dieci volte porta ad un aumento di 1000 volte della reale capacità
di pensiero. L’immortalità, altra caratteristica che
contraddistingue da sempre la stirpe dei vampiri, al momento non è
dimostrata, ma lo è invece una estrema longevità. Gloria mi
raccontò che dai dati che erano emersi dalle sue ricerche, la
nostra età era approssimativamente di 1800 anni. In quel momento
eravamo gli esseri umani più anziani nell’universo e forse i più
anziani mai esistiti. Abbiamo estrapolato la nostra aspettativa di
vita, basandoci sulla nostra età apparente di circa 30 anni, quindi
60 anni per ognuno di quelli umani, e una vita media umana intorno ai
150 anni, di circa 9000 anni. Oppure, raggiunta la maturità,
l’invecchiamento si arresta e la vita prosegue in maniera
indefinita. Anche perché, le nostre capacità rigenerative sia per
le ferite che per le malattie sono praticamente istantanee. Solo la
mancanza di materia prima può impedire la riparazione delle parti
lese. Ad esempio, ed è una cosa che ho provato di persona, se
dovessi perdere un intero arto, non potrei, al momento ricostituirla,
se non in parte, ma dovrei aspettare di alimentarmi con una quantità
adeguata e proporzionale di cibo; poi il sistema del II livello
energetico provvederebbe a fornire l’energia necessaria a rimettere
le cose a posto. Nel frattempo l’emorragia si sarebbe arrestata
immediatamente e non avrei provato che un minimo dolore iniziale,
tanto per avvertimi che c’era qualche problema in atto. E’
successo nel periodo in cui io, Gloria ed Eva ci eravamo riuniti.
Sono stato attaccato e la mia gamba sinistra se ne è andata per i
fatti suoi. Ho avvertito il dolorino che ti dicevo, ho guardato in
basso e ho notato, comunque con un certo disappunto, che avevo perso
la gamba e un bicchiere di sangue; punto. Successivamente, più
tardi quel pomeriggio, avevamo medicato la ferita e ragionando di
quei fatti mi sentii prudere e formicolare la zona del taglio;
guardai e con un certo schifo, notai una sorta di indistinto
brulichio. Con una lente di ingrandimento mi venne mostrato che si
trattava non tanto di parassiti ma della ricostituzione in atto del
tessuto. Nei giorni successivi una fame incredibile mi perseguitò e
ogni volta che avevo finito uno dei miei innumerevoli e abbondanti
‘spuntini‘, l’attività rigenerativa riprendeva, per terminare
appena esaurite le scorte. La cosa fenomenale è che non mi sentii
mai debole, fame a parte, evidentemente perché nulla del mio
organismo veniva sacrificato per curare un arto, non essenziale alla
mia sopravvivenza immediata, se non in presenza di adeguato
nutrimento. Non sappiamo quale può essere la parte minima al di
sotto della quale non potrei sopravvivere neanche con il super
metabolismo. Abbiamo ipotizzato la testa, se non altro per la
conservazione della coscienza originale. L’ultima cosa che ci
accomuna con i leggendari vampiri è il trasformismo; in realtà è
una capacità stealth che consiste nel far vibrare le molecole del
nostro corpo ad una velocità tale da rendere impossibile alla luce
che ci colpisce di riflettersi in maniera coerente e renderci
visibili. In definitiva è una forma di diffrazione estrema. Ma il
suo uso comporta un dispendio di energia immenso e deve essere
necessariamente molto limitato. Questo è quanto, al momento,
sappiamo di quello che siamo e delle nostre origini--.
Mia
figlia mi stava guardando in maniera molto intensa cercando di capire
se 1) ero impazzito, 2) la stavo prendendo in giro, 3) se quello che
le avevo raccontato fino a quel momento era vero, quali poteva essere
la portata di quei fatti. Ti raccontano che sei una vampira, che sei
forte come 20 uomini, intelligente come 100, e virtualmente immortale
e invulnerabile; sono cose che cambiano la vita ad una ragazza di 18
anni, che fino a quel momento si era dovuta preoccupare solo di
scuola, amiche, ragazzi, sesso (non molto, per quello che ne sapevo).
Siccome, con il tempo non ho iniziato ad amare l’analisi
dell’ovvio, lasciai che rimuginasse quanto voleva, e che da sola mi
domandasse: --perché hai aspettato adesso per raccontarmi tutte
queste cose, non sono diventata un genio all’improvviso, diventando
maggiorenne legalmente né mi pare di aver acquisito certe
‘caratteristiche’ particolari da dovermi dare delle spiegazioni
in merito--. Come le avevo da poco raccontato a proposito di Eva,
assunsi la mia faccia da poker e la fissai aspettando di vedere un
barlume di comprensione da parte sua. L’attesa non durò a lungo,
avevo sempre stimolato mia figlia a ragionare da sola con gli
elementi che aveva a disposizione e quello che le avevo detto poteva
anche essere sufficiente a darle la soluzione, infatti: --a meno che
dovessi essere tu a dovermi necessariamente dirmi chi sono nella
realtà perché avevi bisogno di me, ma finora hai voluto darmi modo
di vivere una vita normale, intanto che imparavo le basi della
cultura e della scienza e, soprattutto, delle arti marziali--. Dissi
un semplice --proprio così, piccola--. Quando la chiamavo piccola i
suoi occhi prendevano un’espressione da bambina felice, che mi
scioglieva il cuore, ma il nostro è sempre stato un amore infinito e
nulla avrebbe potuto intaccarlo seriamente. Si avvicinò e mi si
sedette sulle gambe, non si vergognava di farlo neanche davanti ai
suoi amici e amiche, e chiese: --qual è il problema? La mamma sta
bene?-- Capii che forse l’avevo allarmata, perché a volte faccio
il genietto ma mi perdo dei particolari importanti per dare delle
cose per scontate, quindi replicai --si, si tutto a posto, ma non
dovresti neanche chiedermelo, dopo quello che ti ho detto--, mi
fermò, --ma mi hai detto che tu sei un vampiro, ma allora anche la
mamma lo è!-- Nella mia spiegazione questa parte era andata persa,
colpa mia; proseguì --sarà mica una tua cugina? Di tutti i tuoi
difetti anche incestuoso-- ma si mise subito a ridere, dandomi un
bacio. Ricambiai, ma la rimproverai: --questo è in parte vero ma
siamo parenti così alla lontana che se ne sono perse le tracce; è
nata circa 300 anni più tardi di me e di tua zia Gloria--. --Ma
allora-- chiese lei --qual è il problema?--. --Prima di tutto era
ora che sapessi queste ed altre cose, perché è ora che inizi
l’addestramento avanzato--; mi guardava con aria interrogativa,
visto che già all’età di 5 anni aveva iniziato l’addestramento
per le arti marziali, in cui io, sua madre e sua zia ci dividevamo i
compiti: sua zia le armi bianche, e sua madre il combattimento a mani
nude. Io che sono sempre stato quello dotato del talento maggiore,
supervisionavo il tutto. Proseguii con la spiegazione: --Intendo
quello con le armi da fuoco, il pilotaggio di mezzi aerei e
interplanetari, ma soprattutto l’uso e il controllo delle tue
caratteristiche di vampira: forza, velocità, pensiero. Quindi
preparati a tre anni di Accademia. Ma intanto che aspettiamo il
rientro delle valchirie (così chiamavo Gloria ed Eva unite), ma ci
sono altre persone che dovresti conoscere, ma deciderai tu, ti
finisco di raccontare come ci siamo riuniti noi tre…-- mi
interruppe lei, dicendo --la sacra trimurti…--, la ignorai,
sospirando fra me e me, raramente la passavo liscia con Angela: --ero
rimasto a me che chiedevo a Eva di convincermi che sapeva chi ero
dicendomi il mio nome completo e la mia età--.
Eva
sorrise: --così facile? Il tuo nome completo è Adam Tremec Nicolai
e la tua età approssimativa è di circa 1800 anni--. Punto; zero
errori; erano cose che sapevo, senza sapere come, ma ero sicuro che
fossero informazioni vere e reali; --O-kappa, dove sarebbe l’incontro
con mia sorella Gloria?-- L’incontro avvenne il giorno seguente, in
riva al mare di quello strano pianeta, molto simile alla vecchia
Terra, ma con una gravità leggermente inferiore, un’atmosfera più
fine ma fresca e pulita vista la minore industrializzazione e meno
abitato; in fondo era una colonia molto recente e tra le più
lontane e c’era ancora molto da fare e, volendo, da rovinare.
Quando la vidi qualcosa dentro di me mi disse che era mia sorella,
che era la mia famiglia perduta, non ci furono parole, mi corse
incontro, mi abbracciò, stringendomi forte e baciandomi; dopo alcuni
istanti mi allontanai un po’ per guardarla e vidi quanto era
incredibilmente bella, ma vidi anche che piangeva, infinitamente
felice di avermi lì fra le sue braccia. Mi guardò ancora un po‘,
poi disse --quanto tempo è che ti stiamo cercando, seguendo le tue
tracce, di pianeta in pianeta. Eri sempre un passo avanti; ma dopo
l’attacco che ha quasi distrutto il nostro pianeta rifugio, abbiamo
pensato, per quanto assurdo, che fossi morto. Ma quando è stata
fatta la conta mancavi all’appello. Abbiamo pensato che nella
confusione ti fossi cominciato a muovere senza memoria, per poi
uscire dal pianeta, e da lì sparire. Sono passati 15 anni.
--Abbiamo
una piccola serie di problemi--, dissi guardandole con la solita
faccia di chi un po' scherza, un po' anticipa un discorso molto
serio, --primo, praticamente non vi conosco; secondo, non so
assolutamente di che cosa state parlando e terzo, in realtà il
problema si risolve da solo perché, vista l'ora, sarebbe proprio il
caso di andare a cena--. Mi girai sogghignando (mi diverte spiazzare
le persone: dalle fortissime emozioni di due minuti prima, alle
necessità materiali dell'immediato). Rincarai dicendo: --ovviamente
offrite voi--. Neanche mi voltai a guardarle, sicuro che fossero a
bocca aperta. Sbagliato. Gloria, che nel frattempo mi aveva
affiancato, mi afferrò per un braccio, facendomi girare verso di
lei, e con aria decisa ma divertita, mi rimise al mio posto: --non ci
provare, quello ricco sei tu e se non sbaglio in genere è l'uomo
che paga, sempre, tutto, comunque--. Mi lasciò a bocca aperta e si
mise a braccetto con Eva, andandosene.
La
cena fu l'occasione per loro due di raccontarmi, per sommi capi, gli
avvenimenti di quegli ultimi anni. Fu Gloria ad esordire:
--Innanzitutto ti devo ringraziare per la cura che ti sei preso nei
confronti di Eva. Anche se sa badare a se stessa, in certe situazioni
un certo aiuto non è mai da sottovalutare. Se poi caratterizzato da
un tempismo pressoché perfetto, come nel caso che ti riguarda, bé
... veramente grazie--.
Cambiò
discorso: --la catastrofe è scaturita dall'attacco che i nostri
nemici hanno portato direttamente dall'orbita. Forse per
vigliaccheria, forse per coscienza dei loro limiti fisici nei nostri
confronti o forse per tutto questo oltre ad altri cento motivi. Ma
di sicuro hanno dimostrato perfetto senso pratico. Se vuoi
distruggere un nemico ogni scrupolo deve messo da parte e di
conseguenza devi sfruttare i suoi punti deboli ed avvantaggiarti
della sorpresa agendo con determinazione e rapidità. Quindi primo
attacco strategico con armi nucleari--, spalancai gli occhi, mi aveva
parlato solo di alcuni morti, --seguiti da numerosi raid aerei a
bassa quota, con le armi ad emissione di raggi gamma pesanti--,
veramente notevole, visto che solo alcuni stati sovrani potevano
permettersi quelle armi, efficaci ma dai costi proibitivi, ed il cui
uso di conseguenza deve essere più che giustificato ed impellente,
--ed infine, sbarco di truppe per lo sterminio capillare. Ma qui
hanno commesso il loro secondo errore.1
1Il
primo era stato quello di usare armi ad emissione gamma, che ci
fanno bene, non certo male, ma non lo sapevano.
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