lunedì 10 ottobre 2011

SIMBOLI: PRIMA PARTE






I simboli sono cose strane. Il contesto, il periodo storico, le interpretazioni, gli scopi dei singoli e mille altre motivazioni li caricano di innumerevoli sovrastrutture che ne ampliano il significato e l’uso. Da questo punto di vista l’otto rovesciato (Ꝏ) è piuttosto adorno. Consideratelo in due dimensioni: seguendolo con gli occhi dall’intersezione si tornerà  a passare dall’inizio all’infinito, come è ovvio; ma se la struttura viene ampliata rendendo la linea una striscia, diciamo di carta, ora abbiamo una striscia di Moebius, che se fosse un marciapiede potremmo percorrere all’infinito calpestando ambedue i lati senza scavalcare il bordo (essa infatti si ottiene da una striscia di carta sulla quale è stata effettuata una torsione di 180° e della quale sono stati collegati gli estremi). Ma se la striscia di Moebius viene trasformata in un tubo questo può essere considerato la rappresentazione di un cunicolo spaziotemporale, un wormhole, che è teoricamente utilizzabile per viaggiare nel tempo, quindi ecco che anche la 4a dimensione entra nel gioco. Ora, se questo simbolo, con una sofisticatissima tecnica olografica viene tatuato sulla pelle di un essere vivente, la cosa diventa strettamente personale, perché identifica la persona e soprattutto quello a cui appartiene: immortale, eterno. Qualcuno sostiene che l’immortalità sia una cosa del tutto impossibile, perché neanche le stelle e l’universo stesso lo sono; il termine stesso di eterno è senza senso, dato che la fisica ci dice che il tempo è legato allo spazio e quindi esiste perché esiste l’universo stesso, inteso come estensione spaziale, quindi l’eternità come espressione di un tempo senza fine è un concetto errato. Ma c'è immortalità e immortalità, e quando niente che comunemente potrebbe uccidere un essere umano, può ucciderti, quando dopo mille anni di vita il tuo aspetto e la tua forza sono ancora intatti, l’eternità non è più un concetto meramente teorico. Un giorno l’universo avrà una sua fine naturale e allora tutto ciò che vi è contenuto finirà con esso, ma a quel punto nulla avrà più importanza. Neanche l’eterna lotta che io e quelli che con me hanno sempre combattuto per far sopravvivere ciò che di più importante esiste al mondo: la speranza.
Ma c’è anche chi di speranza non né aveva assolutamente più, ed erano i bell’imbusti che mi trovavo difronte in quel momento. Avevano commesso due errori imperdonabili: avermi disturbato mentre mi facevo i fatti miei e non aver dato retta al mio consiglio di sparire. Andiamo con ordine; era una serata come tante altre: nulla da fare e tanto tempo libero. Quindi passeggiavo per la città con la solita disincantata curiosità per le attività umane: una ragazza che si prostituiva insieme ad altre dieci sulla destra, un gruppo di ragazzi di una banda che scherzavano con le prostitute e, nel frattempo, spacciavano un po di tutto a chi glielo chiedeva, devo dire a prezzi ragionevoli, e così via. Ad un certo punto, avevo svoltato sulla sinistra, qualcosa mi aveva colpito direttamente in mezzo alla faccia e mi stava scolando sulla giacchetta di pelle, nuova. La mia attenzione si focalizzò nella direzione di provenienza di quello che constatai essere un panino con tonno e maionese. Il mio sguardo colse in arrivo, questa volta, un grosso coltello; lo afferrai al volo e me lo infilai nella tasca posteriore dei jeans, con un unico fluido movimento. Incrociai lo sguardo del genio che me lo aveva lanciato contro: non era felice, quindi eravamo in due. Aggravò la sua posizione (aveva rischiato di rovinarmi la pelle, sia quella della giacchetta che la mia e io sono piuttosto permaloso quando si tratta delle mie cose) apostrofandomi --gira sui tacchi, bastardo, o per te si mette molto male!--. Fu evidente che era duro di comprendonio, o come minimo, aveva la capacità visiva di una talpa, mentre invece notavo che un suo degno collega aveva calzoni calati e teneva una mano sulla bocca di una ragazza, che tentava di divincolarsi, ignorando completamente le minacce che mi erano state rivolte, dissi: --conto fino a dieci; se a dieci non siete spariti vi ammazzo tutti--. Li guardai, vidi occhi vitrei, e dissi --DIECI!-- Il tutto avvenne in meno di trenta secondi: estrassi il coltello dai pantaloni e lo recapitai nella tempia del grand’uomo coi pantaloni calati, giusto in tempo per parare, con la stessa mano un colpo di mazza da baseball che mi arrivava da sinistra. La strappai dalla mano del bravaccio che mi stava assalendo per usarla nello sfondargli il torace con il manico. Passai all’attacco con la rapidità tipica degli automatismi da combattimento: corsa in avanti, slancio e calcio diretto alla gola, rotazione di novanta gradi, blocco di piede di un attacco basso con bastone sfollagente seguito da colpo di taglio alla gola, calcio verso dietro al ginocchio, slancio e calcio volante alla tempia. Insomma, un bel campionario del repertorio di colpi tipico di chi pratica arti marziali, con la piccola differenza che la mia velocità di esecuzione è, al minimo, dieci volte superiore a quella del migliore combattente mai esistito. Era un mistero per me come per chiunque altro, come potessi essere così rapido e forte, ma tant'è... Avevo finito e gli unici ancora vivi eravamo io e la ragazza, che però ora era svenuta. Mi avvicinai, la rivestii alla meglio e la presi in braccio. Nel mio piccolo appartamento la spogliai di nuovo e infilai sotto la doccia; era il minimo, per come era ridotta. Si svegliò di colpo. Mi ero scordato che raramente l’acqua calda era disponibile (pare problemi all’impianto che il proprietario non aveva intenzione di riparare: troppo costoso). --Cazzo, è gelata--. --lo so, abbi pazienza, ne hai bisogno--. In quel momento si rese conto che era completamente nuda, davanti a me, evidentemente un maschio, e quello che le era appena accaduto la mise sulla cattiva strada. --Maledetto, anche tu--; se non fosse stato per i miei riflessi un calcio alle parti basse mi avrebbe colpito senz’altro. Con il suo piedino nella mano sinistra, tentai di spiegare --se volevo abusare di te, non avevo bisogno di svegliarti o slegarti, e poi non potresti fare nulla per evitarlo--; stringendo ulteriormente la presa, applicai una inesorabile torsione verso la mia sinistra. Lei sbiancò e nel tentare di bilanciarsi cadde nella doccia, ma senza emettere un suono. --Ok, ho capito. Ma dammi la tua parola che posso fidarmi di te--, --ti do la mia parola--. Mi guardava in una strana maniera, tanto che quello nudo ora mi sentivo io. Ribattei: --qual‘è il problema?--. --Non so se accettare la tua promessa, prima hai mentito--. Mi ero perso, ma la spiegazione non tardò ad arrivare: --da quando “conto fino a dieci, poi vi ammazzo“, inizia con ‘dieci‘?-- Dalla sua espressione divertita immaginai che la mia espressione fosse un po’ come quella del bambino pescato con le mani nel vaso dei biscotti, ma proseguì, --e poi, pure se apparentemente ti devo la vita e la mia virtù, sei senz’altro molto pericoloso visto quello che sei riuscito a fare--. La sua espressione era cambiata, la mia pure. --Dovresti uccidermi, conosco il tuo segreto--, bleffò. La fissai alcuni istanti e replicai, rilanciando: --forse hai ragione, ma, salvo motivi estremamente gravi, raramente torno sulle mie decisioni--. Lei, si era finita di rivestire con le cose che le avevo prestato, appartenenti, presumevo, ad una ex inquilina, che non era mai venuta a reclamarle, allungò una mano, presentandosi, --Eva, Eva Ivanova--. Sorrisi, la guardai di nuovo e feci alcune considerazioni: l’avevo sottovalutata, i jeans che indossava erano una taglia 44 ma le stavano aderenti e avevo avuto modo, quando l’avevo soccorsa, di rendermi conto che la sua muscolatura era molto forte, seppure non vistosa, ma per me non era un mistero che, a volte, le dimensioni non contano e possono essere fuorvianti. Quindi, era possibile che fosse stata sopraffatta oltre che dal numero, anche e soprattutto dalle armi dei suoi assalitori; inoltre ricordavo il contraccolpo del calcio che aveva tentato di rifilarmi poco prima. Presi uno ad uno non avrebbero avuto scampo. Fatto numero due, anche mezza svenuta e un po’ stravolta, aveva notato ogni dettaglio di quello che le stava succedendo intorno, la mia azione, le mie parole, il fatto che nonostante fossi stato anche colpito, ero del tutto incolume. Più precisamente, neanche un graffio, e se ce ne fossero stati si erano già rimarginati. Inoltre non sembrava minimamente traumatizzata: scherzava (o faceva la simpatica, chissà), era razionale e completamente lucida. --Dimmi Eva, perché mi stavi cercando?-- Fu la volta sua di considerare che non ero da sottovalutare, ancora meno di quello che già le risultava. --Troppe coincidenze, vero?--, la guardavo come dire ‘andiamo oltre l’ovvio‘, --sai che sono forte e che ti ho riconosciuto anche se avrei potuto scambiare le tue abilità per quelle di un uomo molto forte, come appari, ma si, ti stavo cercando quando mi sono imbattuta in quei gentiluomini, erano un po’ troppi, tutti insieme, e l’unica soluzione era lasciar fare il capo, e poi, nell’ilarità che ne sarebbe seguita avrei fatto capire a quei geni cosa vuol dire essere finiti contro la persona sbagliata, ma poi mi hai risolto il problema tu--. Una ragazza con le palle, se mi si passa la metafora. --Se non ti dispiace, oltre al perché, potresti aggiungere il chi sei tu, chi ti manda, perché è ovvio che hai ricevuto un'addestrante e, direi, anche molto efficace?--; --Ti stiamo cercando sia per le tue ‘qualità’...-- si, pronunciò la parola virgolettandola, --sia perché c‘è chi vuole rivederti da molto tempo--. La stavo guardando in attesa di delucidazioni, con quella che si poteva definire una faccia da poker, così lei si trovò costretta a proseguire senza un tipico scambio di battute, ma si sa, alcune persone sono molto loquaci, altre meno. Io molto meno; non mi è mai piaciuto dichiarare l’ovvio. --E’ tua sorella, Gloria--. A volte l’ovvio è tale solo per se stessi, quindi è necessario ampliare i concetti: --mi scuserai ma conosco perfettamente, diciamo così, la genealogia della mia famiglia e io non ho nessuna sorella, quindi mi pare evidente che tu abbia sbagliato persona--; mi guardò per alcuni istanti e poi fece quella che è tipicamente la domanda da un milione: --sapresti dirmi fino a che periodo risalgono i tuoi ricordi e perché non oltre? 15 anni e non ne sai il motivo, suppongo--. A questo punto mi era chiaro che aveva delle conoscenze rispetto alla mia vita migliori delle mie. Proseguì --adesso è il tuo turno di fidarti di me. Posso farti incontrare Gloria. E’ importante per lei, per me e per quelli della tua famiglia, la tua vera famiglia--. Le dissi una cosa: --se sai dirmi il mio nome completo e la mia età, ti crederò--. Non sbagliò neanche un dettaglio.

Come mi hai chiesto tu, ho cominciato a raccontarti tutto dal principio, ma c'è principio e principio e finora è stato il principio di questa storia; il principio di tutto risale, come mi avrebbe spiegato Gloria, ad almeno 2500 anni fa. Lo so che sembra assurdo, ma, infatti l'ho presa alla larga proprio perché altrimenti l'informazione nuda e cruda è semplicemente incredibile, te lo avevo preannunciato. Quelli come me venivano chiamati vampiri, ma di tante cose che si dicevano su di noi molte erano sbagliate, altre inesatte, alcune vere, visto che in tutte le leggende c’è sempre un fondo di verità. Tra quelle sbagliate il fatto che noi ci si nutra di sangue; il nostro nutrimento deriva, come per qualsiasi essere umano, dal cibo comune, ma si integra con altre fonti come l’esposizione al sole o anche altre fonti elettromagnetiche, fino ad energie elevatissime, i raggi gamma, tanto per intenderci. Quindi il sole, non solo non ci arreca danni di alcun genere, ma è essenziale per la nostra vita. Infatti era quello il motivo per il quale Eva si era tanto indebolita da non riuscire ad opporsi a quei criminali; erano molti giorni che girava anche di notte per cercarmi. L’equivoco nasce dalla necessità di segretezza che i primi di noi avevano, unita a certe leggende preesistenti che nulla avevano a che fare con i vampiri. I vantaggi sono molti. Il nostro corpo funziona su due velocità diverse: per le normali attività umane attingiamo dalle riserve alimentari normali, per gli ‘extra’ da batterie biochimiche, presenti in ogni singola cellula, dove viene immagazzinata l’energia assorbita dal sole o da altre fonti elettromagnetiche; più è intensa più la ricarica è rapida. A pieno carico possiamo agire a velocità fino a 20 volte superiori rispetto qualunque altro essere umano, per durate di alcune ore. Tutto il nostro corpo è modificato per poter resistere a queste prestazioni: il sistema scheletrico è composto da ossa di densità tale da poter resistere alle tremende forze che i nostri muscoli applicano, il sistema neuronale è altrettanto veloce, sai, per la necessaria capacità di elaborazione dei segnali elettrici muscolari. Anche la nostra capacità di pensiero, di conseguenza, è altrettanto veloce, donandoci in apparenza una superiore intelligenza. In realtà, solo una adeguata preparazione, unita alla velocità di pensiero, ci consentono di reagire in maniera quasi istantanea; come succedeva per gli elaboratori elettronici antecedenti al calcolo quantistico: venivano aumentati i componenti base e la velocità di calcolo per ottenere più operazioni al secondo; potenza di calcolo tramite forza bruta. Solo che l’essere umano ha già in più la capacità di elaborare pensieri in maniera parallela. Quindi aumentare la velocità di dieci volte porta ad un aumento di 1000 volte della reale capacità di pensiero. L’immortalità, altra caratteristica che contraddistingue da sempre la stirpe dei vampiri, al momento non è dimostrata, ma lo è invece una estrema longevità. Gloria mi raccontò che dai dati che erano emersi dalle sue ricerche, la nostra età era approssimativamente di 1800 anni. In quel momento eravamo gli esseri umani più anziani nell’universo e forse i più anziani mai esistiti. Abbiamo estrapolato la nostra aspettativa di vita, basandoci sulla nostra età apparente di circa 30 anni, quindi 60 anni per ognuno di quelli umani, e una vita media umana intorno ai 150 anni, di circa 9000 anni. Oppure, raggiunta la maturità, l’invecchiamento si arresta e la vita prosegue in maniera indefinita. Anche perché, le nostre capacità rigenerative sia per le ferite che per le malattie sono praticamente istantanee. Solo la mancanza di materia prima può impedire la riparazione delle parti lese. Ad esempio, ed è una cosa che ho provato di persona, se dovessi perdere un intero arto, non potrei, al momento ricostituirla, se non in parte, ma dovrei aspettare di alimentarmi con una quantità adeguata e proporzionale di cibo; poi il sistema del II livello energetico provvederebbe a fornire l’energia necessaria a rimettere le cose a posto. Nel frattempo l’emorragia si sarebbe arrestata immediatamente e non avrei provato che un minimo dolore iniziale, tanto per avvertimi che c’era qualche problema in atto. E’ successo nel periodo in cui io, Gloria ed Eva ci eravamo riuniti. Sono stato attaccato e la mia gamba sinistra se ne è andata per i fatti suoi. Ho avvertito il dolorino che ti dicevo, ho guardato in basso e ho notato, comunque con un certo disappunto, che avevo perso la gamba e un bicchiere di sangue; punto. Successivamente, più tardi quel pomeriggio, avevamo medicato la ferita e ragionando di quei fatti mi sentii prudere e formicolare la zona del taglio; guardai e con un certo schifo, notai una sorta di indistinto brulichio. Con una lente di ingrandimento mi venne mostrato che si trattava non tanto di parassiti ma della ricostituzione in atto del tessuto. Nei giorni successivi una fame incredibile mi perseguitò e ogni volta che avevo finito uno dei miei innumerevoli e abbondanti ‘spuntini‘, l’attività rigenerativa riprendeva, per terminare appena esaurite le scorte. La cosa fenomenale è che non mi sentii mai debole, fame a parte, evidentemente perché nulla del mio organismo veniva sacrificato per curare un arto, non essenziale alla mia sopravvivenza immediata, se non in presenza di adeguato nutrimento. Non sappiamo quale può essere la parte minima al di sotto della quale non potrei sopravvivere neanche con il super metabolismo. Abbiamo ipotizzato la testa, se non altro per la conservazione della coscienza originale. L’ultima cosa che ci accomuna con i leggendari vampiri è il trasformismo; in realtà è una capacità stealth che consiste nel far vibrare le molecole del nostro corpo ad una velocità tale da rendere impossibile alla luce che ci colpisce di riflettersi in maniera coerente e renderci visibili. In definitiva è una forma di diffrazione estrema. Ma il suo uso comporta un dispendio di energia immenso e deve essere necessariamente molto limitato. Questo è quanto, al momento, sappiamo di quello che siamo e delle nostre origini--.
Mia figlia mi stava guardando in maniera molto intensa cercando di capire se 1) ero impazzito, 2) la stavo prendendo in giro, 3) se quello che le avevo raccontato fino a quel momento era vero, quali poteva essere la portata di quei fatti. Ti raccontano che sei una vampira, che sei forte come 20 uomini, intelligente come 100, e virtualmente immortale e invulnerabile; sono cose che cambiano la vita ad una ragazza di 18 anni, che fino a quel momento si era dovuta preoccupare solo di scuola, amiche, ragazzi, sesso (non molto, per quello che ne sapevo). Siccome, con il tempo non ho iniziato ad amare l’analisi dell’ovvio, lasciai che rimuginasse quanto voleva, e che da sola mi domandasse: --perché hai aspettato adesso per raccontarmi tutte queste cose, non sono diventata un genio all’improvviso, diventando maggiorenne legalmente né mi pare di aver acquisito certe ‘caratteristiche’ particolari da dovermi dare delle spiegazioni in merito--. Come le avevo da poco raccontato a proposito di Eva, assunsi la mia faccia da poker e la fissai aspettando di vedere un barlume di comprensione da parte sua. L’attesa non durò a lungo, avevo sempre stimolato mia figlia a ragionare da sola con gli elementi che aveva a disposizione e quello che le avevo detto poteva anche essere sufficiente a darle la soluzione, infatti: --a meno che dovessi essere tu a dovermi necessariamente dirmi chi sono nella realtà perché avevi bisogno di me, ma finora hai voluto darmi modo di vivere una vita normale, intanto che imparavo le basi della cultura e della scienza e, soprattutto, delle arti marziali--. Dissi un semplice --proprio così, piccola--. Quando la chiamavo piccola i suoi occhi prendevano un’espressione da bambina felice, che mi scioglieva il cuore, ma il nostro è sempre stato un amore infinito e nulla avrebbe potuto intaccarlo seriamente. Si avvicinò e mi si sedette sulle gambe, non si vergognava di farlo neanche davanti ai suoi amici e amiche, e chiese: --qual è il problema? La mamma sta bene?-- Capii che forse l’avevo allarmata, perché a volte faccio il genietto ma mi perdo dei particolari importanti per dare delle cose per scontate, quindi replicai --si, si tutto a posto, ma non dovresti neanche chiedermelo, dopo quello che ti ho detto--, mi fermò, --ma mi hai detto che tu sei un vampiro, ma allora anche la mamma lo è!-- Nella mia spiegazione questa parte era andata persa, colpa mia; proseguì --sarà mica una tua cugina? Di tutti i tuoi difetti anche incestuoso-- ma si mise subito a ridere, dandomi un bacio. Ricambiai, ma la rimproverai: --questo è in parte vero ma siamo parenti così alla lontana che se ne sono perse le tracce; è nata circa 300 anni più tardi di me e di tua zia Gloria--. --Ma allora-- chiese lei --qual è il problema?--. --Prima di tutto era ora che sapessi queste ed altre cose, perché è ora che inizi l’addestramento avanzato--; mi guardava con aria interrogativa, visto che già all’età di 5 anni aveva iniziato l’addestramento per le arti marziali, in cui io, sua madre e sua zia ci dividevamo i compiti: sua zia le armi bianche, e sua madre il combattimento a mani nude. Io che sono sempre stato quello dotato del talento maggiore, supervisionavo il tutto. Proseguii con la spiegazione: --Intendo quello con le armi da fuoco, il pilotaggio di mezzi aerei e interplanetari, ma soprattutto l’uso e il controllo delle tue caratteristiche di vampira: forza, velocità, pensiero. Quindi preparati a tre anni di Accademia. Ma intanto che aspettiamo il rientro delle valchirie (così chiamavo Gloria ed Eva unite), ma ci sono altre persone che dovresti conoscere, ma deciderai tu, ti finisco di raccontare come ci siamo riuniti noi tre…-- mi interruppe lei, dicendo --la sacra trimurti…--, la ignorai, sospirando fra me e me, raramente la passavo liscia con Angela: --ero rimasto a me che chiedevo a Eva di convincermi che sapeva chi ero dicendomi il mio nome completo e la mia età--.

Eva sorrise: --così facile? Il tuo nome completo è Adam Tremec Nicolai e la tua età approssimativa è di circa 1800 anni--. Punto; zero errori; erano cose che sapevo, senza sapere come, ma ero sicuro che fossero informazioni vere e reali; --O-kappa, dove sarebbe l’incontro con mia sorella Gloria?-- L’incontro avvenne il giorno seguente, in riva al mare di quello strano pianeta, molto simile alla vecchia Terra, ma con una gravità leggermente inferiore, un’atmosfera più fine ma fresca e pulita vista la minore industrializzazione e meno abitato; in fondo era una colonia molto recente e tra le più lontane e c’era ancora molto da fare e, volendo, da rovinare. Quando la vidi qualcosa dentro di me mi disse che era mia sorella, che era la mia famiglia perduta, non ci furono parole, mi corse incontro, mi abbracciò, stringendomi forte e baciandomi; dopo alcuni istanti mi allontanai un po’ per guardarla e vidi quanto era incredibilmente bella, ma vidi anche che piangeva, infinitamente felice di avermi lì fra le sue braccia. Mi guardò ancora un po‘, poi disse --quanto tempo è che ti stiamo cercando, seguendo le tue tracce, di pianeta in pianeta. Eri sempre un passo avanti; ma dopo l’attacco che ha quasi distrutto il nostro pianeta rifugio, abbiamo pensato, per quanto assurdo, che fossi morto. Ma quando è stata fatta la conta mancavi all’appello. Abbiamo pensato che nella confusione ti fossi cominciato a muovere senza memoria, per poi uscire dal pianeta, e da lì sparire. Sono passati 15 anni.
--Abbiamo una piccola serie di problemi--, dissi guardandole con la solita faccia di chi un po' scherza, un po' anticipa un discorso molto serio, --primo, praticamente non vi conosco; secondo, non so assolutamente di che cosa state parlando e terzo, in realtà il problema si risolve da solo perché, vista l'ora, sarebbe proprio il caso di andare a cena--. Mi girai sogghignando (mi diverte spiazzare le persone: dalle fortissime emozioni di due minuti prima, alle necessità materiali dell'immediato). Rincarai dicendo: --ovviamente offrite voi--. Neanche mi voltai a guardarle, sicuro che fossero a bocca aperta. Sbagliato. Gloria, che nel frattempo mi aveva affiancato, mi afferrò per un braccio, facendomi girare verso di lei, e con aria decisa ma divertita, mi rimise al mio posto: --non ci provare, quello ricco sei tu e se non sbaglio in genere è l'uomo che paga, sempre, tutto, comunque--. Mi lasciò a bocca aperta e si mise a braccetto con Eva, andandosene.
La cena fu l'occasione per loro due di raccontarmi, per sommi capi, gli avvenimenti di quegli ultimi anni. Fu Gloria ad esordire: --Innanzitutto ti devo ringraziare per la cura che ti sei preso nei confronti di Eva. Anche se sa badare a se stessa, in certe situazioni un certo aiuto non è mai da sottovalutare. Se poi caratterizzato da un tempismo pressoché perfetto, come nel caso che ti riguarda, bé ... veramente grazie--.
Cambiò discorso: --la catastrofe è scaturita dall'attacco che i nostri nemici hanno portato direttamente dall'orbita. Forse per vigliaccheria, forse per coscienza dei loro limiti fisici nei nostri confronti o forse per tutto questo oltre ad altri cento motivi. Ma di sicuro hanno dimostrato perfetto senso pratico. Se vuoi distruggere un nemico ogni scrupolo deve messo da parte e di conseguenza devi sfruttare i suoi punti deboli ed avvantaggiarti della sorpresa agendo con determinazione e rapidità. Quindi primo attacco strategico con armi nucleari--, spalancai gli occhi, mi aveva parlato solo di alcuni morti, --seguiti da numerosi raid aerei a bassa quota, con le armi ad emissione di raggi gamma pesanti--, veramente notevole, visto che solo alcuni stati sovrani potevano permettersi quelle armi, efficaci ma dai costi proibitivi, ed il cui uso di conseguenza deve essere più che giustificato ed impellente, --ed infine, sbarco di truppe per lo sterminio capillare. Ma qui hanno commesso il loro secondo errore.1

1Il primo era stato quello di usare armi ad emissione gamma, che ci fanno bene, non certo male, ma non lo sapevano.

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